"Il funerale del poeta.
I mille giorni di Salvador Allende"


Note di regia

Del 1973 ho un ricordo vago, ma dilatato nel tempo.
L'eco del colpo di stato in Cile e del successivo sterminio di trentamila cileni innocenti rimase, in tutto il mondo, fino alla tragica fine del movimento studentesco, nella seconda parte degli anni settanta.
Poi il silenzio.
L'indignazione, lo stupore ed il dolore che pervase chiunque avesse avuto cognizione di quegli orrori, sono ancora vivi nelle coscienze dei giusti. Ma la storia straordinaria, esemplare e poetica di Salvador Allende si spense trasformandosi in mero oblio. La elezioni in Cile del 1970 avevano scolpito nella storia una possibilità unica: il sovvertimento del dominio e dello sfruttamento del popolo da parte di una oligarchia economica, attraverso libere elezioni, una rivoluzione culturale e sociale raggiunta democraticamente, volontariamente, dal popolo nel nome del suo vero leader.
L'atmosfera di quegli anni sembrava aver scoperto le carte di un sistema spaventoso. Esisteva un movimento di opinione di dimensioni incontrollabili, che era finalmente riuscito a vedere, a scoprire quale fosse il prezzo, altissimo, del benessere economico dell'occidente, quale spaventoso sfruttamento, quale occulto dominio, la società occidentale aveva ormai l' "obbligo" di difendere nei confronti di chiunque.
Il caso del Cile fu emblematico in tal senso. Probabilmente si trattava di pochi spiccioli; le miniere di rame. Ma divenne una questione di principio.
Una questione ideologica, si diceva a quei tempi. 
Ma quale fosse l'ideologia che consentisse al Governo degli Stati Uniti d'America di controllare tutta l'economia sudamericana, io non l'ho mai capito. E tuttora non capisco che cosa potesse nascondere quella stessa ideologia, che avrebbe permesso ad un improvvisato esercito cileno di massacrare trentamila persone, di torturarne milioni e di esiliarne altrettanti. Non capisco e non capirò mai in nome di quale realismo tutto ciò possa essere giustificato o semplicemente compreso.

La cosa certa è che con grande abilità il sistema mediatico mondiale ha occultato la storia del Cile, una storia epica, un mito, incarnato nella figura del grande presidente Salvator Allende. Il motivo è sotto gli occhi di tutti; in quella vicenda sono stati implicati quasi tutti gli uomini che ancora oggi governano l'economia mondiale. Il colpo di Stato in Cile è stato voluto e concepito nei palazzi del Governo Statunitense. Poi, evidentemente, la situazione è sfuggita loro di mano, ma a causa di ciò il ricordo di Allende è stato, volontariamente, stemperato, perchè avrebbe portato con sè troppi nomi eccellenti e, soprattutto, un intero "sistema" illecito e di stampo criminale che ancora oggi ha troppa voce in capitolo nel governo economico politico della società occidentale.
Il dominio mediatico, oggi, si sostituisce alla dittatura, nel controllo assoluto dell'informazione, che diventa confusione, dietrologia, opinione individuale. Di questo controllo è stato vittima, ancora una volta, Salvador Allende e il suo Cile.


Noi cantiamo la sua storia, il suo sacrificio. Raccontiamo i fatti, non le opinioni, non le polemiche. Rappresentiamo una tragedia moderna, con il suo eroe, morto per l'interesse superiore, ucciso perchè solo con la morte credeva di poter fare ancora qualcosa per le sue idee e per il suo popolo. La nostra platea è ristretta, è il teatro, che è ancora il luogo in cui si può dire qualcosa alla gente, si può condividere con il pubblico la celebrazione di un'idea.

Ninni Bruschetta