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al Palastampa di Torino Torna la Fura dels Baus, è cyberperformance Coniugare la selvaggeria delle feste paniche catalane con le nuove sensibilità cyber: è questa la formula del micidiale cocktail extrateatrale della Fura dels Baus. |
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Dai primi happening devastanti come "Accions" sono riusciti ad evolversi sul piano spettacolare saturando la scena (campale, condivisa con il pubblico) di suoni techno ed immagini elettroniche. E’ il caso di "M.T.M", lo spettacolo che arriva al Palastampa di Torino con Musica 90 (un progetto sulle "nuove musiche" che ora tende ad espandere la propria strategia d’iniziativa) dal 15 al 17 aprile: un’ occasione per misurarsi con una spettacolarità-limite in grado di attrarre spettatori che il teatro non riesce più ad intercettare. E’ un punto, questo, sul quale vale spendere una breve riflessione. La sperimentazione teatrale in Italia è riuscita fino a qualche anno fa a generare un immaginario condiviso da una generazione di spettatori disponibili a mettersi in gioco , a proiettarsi in particolari forme di narrazione e di visionarietà . Per anni si è mantenuto un "patto", uno scambio di sensibilità, che ha fatto del teatro di ricerca una sorta di ecosistema culturale capace di soddisfare la voglia di aggregazione e di alterità ( quel sentirsi "diversi") espressa dalla generazione alla deriva degli anni Settanta. Quelle tensioni non potevano che estinguersi, come anche tutte le intemperanze ideologiche dell’Avanguardia. Ora nei confronti della nuova generazione di spettatori il teatro, nella sua accezione più aperta possibile di "spazio-tempo da condividere", si trova in difficoltà nel conquistare un’attenzione forte : non supera la soglia della scelta culturale predeterminata . Il mass-media televisivo fa troppo rumore, copre tutto. E la Fura dels Baus gioca proprio su questo. Fa più rumore. Scaraventa il proprio volume di suono e azione secondo un principio che loro stessi rivendicano come "teatro d’impatto". Occupano spazi enormi come i Palasport, o fabbriche in disuso come l’ex Ansaldo a Milano , e li riempiono di evento, oltre che di pubblico. Un pubblico che in buona parte è riconoscibile in quello dei Centri Sociali, ma non solo. Eventi furiosi della Fura, come "Accions" e "Suz a Suz" non hanno una struttura drammaturgica, procedono per onde d’energia, come coreografie adrenaliniche in cui,oltre ai corpi dei performer (spesso basati su gestualità ispirate al "butoh" giapponese), ad agire sono macchinerie mostruose, "macchine celibi" ed ordigni che producono rumori od odori. Una pratica di "automatics" (così chiamano le loro macchine) che fa pensare ai mitici californiani del Survival Research Laboratories che organizzano veri e propri rodei automatici. "M.T.M" si annuncia come una "techno-opera" e tende a potenziare quella sensibilità cyber che già uno di loro, Marcel.lì Antunez Roca, sta sviluppando per suo conto in performance come "Epizoo" recentemente passata al "Fura" (già nel nome risuona il cult) di Desenzano del Garda e il "Link" di Bologna. Spazi che, anche se in modo diverso (megadiscoteca uno, centro autogestito l’altro), stanno facendo intravedere un modo nuovo di concepire la programmazione spettacolare: più integrata all’idea di ambiente in cui stare, ascoltare, bere, fumare... "M.T.M" ,dicevamo, sarà una cyber-performance a tutti gli effetti: spettacolarità satura di visioni elettroniche proprio per esasperare fino al parossismo psichico il danno provocato dalla telecrazia globale. E’ un modo drastico per denunciare che il potere mediatico annichilisce le coscienze. La Fura rilancia coprendo il potere delle immagini con il caos sonoro, più fisiologico, rivendicando un’ispirazione: ricreare il "Gran Teatro del Mondo" di Calderon de la Barca, in una proiezione tecnologica, digitale, di fine millennio. (L'Unità, aprile 1996) ^ |
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