La scena e lo spazio-tempo digitale.
L’estensione del pensiero teatrale,
tra memoria multimediale e nuove forme di condivisione.

Seminario con ricognizioni video, multimediali e telematiche
Università di Urbino 5-6-7 maggio 1999
Corso di Sociologia dello Spettacolo e della Comunicazione
a cura di Carlo Infante

Abbiamo imparato, da secoli, a condividere lo spazio-tempo fisico, partecipando a liturgie e a riti teatrali o agonistici. Ora iniziamo a interrogarci se è possibile concepire la condivisione di un altro spazio-tempo, come quello digitale delle reti telematiche in particolare.

In che termini il nostro corpo si mette in gioco nella dimensione elettronica delle telecomunicazioni e della simulazione virtuale?

Chi pensa che venga solo sottratta fisicità non intende cogliere le sottili modificazioni che produce l’interazione con i sistemi digitali, partendo dall’estensione protesica del mouse, un’estensione sia fisica che mentale del nostro interagire con il computer. Si, è proprio accettando la complessità data dal modo di estendere le funzioni del nostro corpo e della nostra mente che possiamo comprendere il senso reale dell’evoluzione umana.

E’ infatti proprio attraverso le "protesi" (un martello, una penna, l’automobile possono essere considerate tali) che si può scandire l’evoluzione del rapporto corpo-mondo, nella risoluzione fisica del rapporto con le materie o con lo spazio.

Avete mai pensato, a proposito, che ridurre la distanza possa significare aumentare la durata del tempo?

Sottrarre lo spazio a sempre più velocità è stato ad esempio il compito della tecnologia dei trasporti: compito oggi esaltato dalla telematica, un’espressione del trasporto all’ennesima potenza.

Tutto ciò acquisisce un aspetto ancor più determinante quando queste protesi sono anche cognitive, se estendono cioè le funzioni della mente: il libro, per intendersi, è una protesi cognitiva. Ma al di là delle soluzioni funzionali ciò che determina i salti di qualità d’ordine psicologico sono quegli atti, quei fatti, che "rendono comprensibile il possibile". Si tratta di eventi che spostano radicalmente in avanti i termini della nostra percezione delle cose e dello spazio-tempo. In questo senso la storia dell’arte può essere letta come storia delle visioni del mondo e dei tanti modi per reinventarle.

Oggi, dopo il grande intervallo meccanicistico imposto dalla rivoluzione industriale del secolo scorso, possiamo riuscire a far convergere di nuovo ciò che definiamo storia dell’arte con quella delle scienze e delle tecnologie. Finalmente.

E’ per questo che oggi è necessario trovare spazi in cui liberare nuove energie creative per dare forma culturale e sociale alla comunicazione digitale.

Bisogna in primo luogo sottrarre all’idea che si ha delle nuove tecnologie quella dimensione meccanicistica che tende a distanziarla dall’esperienza umana. Non ci si può più arroccare sulla contraddizione uomo-macchina. Andiamo oltre. E la direzione non è quella tecnologica avanzata ma quella interumana.

Il grande vecchio Marshall McLuhan lanciò una lucida intuizione: "surriscaldare il medium!". Rendere caldi i mezzi di comunicazione, usandoli, per non farsi usare come è successo con la televisione pervasiva.

Gli ambienti digitali elaborati dal computer e ancor più quelli messi in atto nelle reti telematiche offrono straordinarie opportunità per svolgere un ruolo psicologicamente attivo, creando procedure che investono di fatto il concetto stesso di comunicazione alla sua radice ("comunicare con" piuttosto che "comunicare a"). Lo rifondano attraverso l’interattività: lo scambio biunivoco di relazioni. E’ attraverso questo potenziale rapporto, che riguarda principalmente il corpo stimolato a "cliccare" per fare accadere qualcosa, che si sta delineando una ricerca tra teatro (la prima grande "tecnologia" di comunicazione) e nuovi media.

A tutto ciò s’innesta oggi l’emergenza di una domanda forte, fortissima, incalzata da un’accelerazione storica sull’onda della quale stanno crescendo le nuove generazioni: è la domanda di un nuovo ambiente educativo in grado d’interpretare la mutazione in atto. Un ambiente in cui i processi cognitivi possono interagire in modo creativo con soluzioni multimediali che espandono la coscienza percettiva.

In questo senso è opportuno pensare di rilanciare il principio attivo che stava alla base dell’animazione teatrale che negli anni Settanta cercava un rapporto ludico-educativo tra corpo e spazio (dalla scuola alla città) e che oggi potrebbe sperimentarlo con i nuovi spazi multimediali e telematici.

L’occasione evolutiva

Esperienze come quelle del catalano Marcel.lì Antunez Roca (ex Fura dels Baus), le coreografie interattive di EXP di Prati-Vidach o quelle ironiche progettate con il software "life forms" da Roberto Castello (ex Sosta Palmizi), gli interventi del burattino digitale di Verde-Roveda e le nuove ambientazioni interattive di Studio Azzurro o quelle, esclusivamente digitali, dei tedeschi di Knowbotic Research aprono a riflessioni inedite sulla nuova complessità della scena contemporanea.

Siamo sulla soglia di un passaggio culturale attraverso cui è inevitabile misurarsi con delle modificazioni psicologiche che le tecnologie digitali pongono come occasione evolutiva.

L’ibridazione tra i sistemi delle arti e quelli delle tecnologie della comunicazione, il fatto che possano coniugarsi dando luogo ad una nuova natura espressiva come quella multimedia, è da affrontare al di là di quelle sovrastrutture culturali che li hanno tenuti separati. La cultura occidentale è dopotutto il luogo delle dicotomie, si pensi solo alla separazione tra corpo e mente oltre che a quella tra saperi umanistici e scientifici. Ma è ora di superarle, lo abbiamo già detto.

Nel concetto stesso di teatro possiamo vedere come questo punto sia stato affrontato all’origine; qui, nel teatro, sia il rapporto corpo-mente sia quello arte-tecnologia trovano un loro equilibrio. La scena nasce infatti come simulazione fisica di una condizione psicologica: come modo per portare fuori di sé, in un’azione, attraverso il corpo e la sua voce, una dimensione mentale in cerca di condivisione.

Il teatro è "percezione condivisa", come suggerisce Peter Brook.

Un valore difficile da esprimere oggi, in un mondo dove il dominio televisivo ha annichilito la ricerca di comunicazione attiva. Ma l’interattività sta superando sul fronte tecnologico il sistema di rappresentazione televisiva permettendo di riattivare delle risorse creative che nel gioco di comunicazione rifondino il concetto di condivisione. Questo andamento determina di conseguenza una ridefinizione della nostra percezione di spazio e di tempo: è qui che risiede il nodo epistemologico che ci conduce verso la necessità di indagare intorno alla relazione profonda che intercorre tra scena ed elettronica.

Il ciberspazio può essere così riconosciuto come un ulteriore spazio-tempo che esiste nella memoria digitale di un computer o all’interno delle reti e l’interfaccia multimediale ne è la soglia. E’ la zona epistemologica d’accesso prima dell’immersione in un ambiente grafico e audiovisuale che grazie all’interattività ci permette di agire in un contesto simulato.

Ecco che, ripescando la definizione che avevamo dato a proposito della scena teatrale in quanto simulazione fisica di uno spazio mentale, possiamo rilanciare il discorso nel trattare della scena virtuale in quanto simulazione psicologica di uno spazio fisico.

Qui si apre a ventaglio uno spettro ampio di linee di sviluppo.

Dallo sviluppo di teorie inerenti l’evoluzione del concetto stesso di tecnologia della rappresentazione ( arte rupestre, pittura, fotografia, cinema, televisione, realtà virtuali...) alle possibilità di usare per gli allestimenti teatrali soluzioni di scenografia elettronica.

Dal concetto astratto (ancora troppo teorico, mi rendo conto...) di "interfaccia grafica" come teatro, ovvero come soglia di un’immersione sensoriale che produca "teatro di percezione" attraverso l’emozione stupefatta dello sguardo (teatro deriva in fondo dal greco "theatron" luogo dello sguardo) al fatto che nelle reti, in ambienti tridimensionali, possano agire degli "avatar" o "knowbot" (gli agenti-software), fino alle potenzialità dell’animazione in tempo reale di burattini digitali.

Oggi sta accadendo quello che in queste ultime decine di anni la sperimentazione delle arti elettroniche e dell’avanguardia teatrale avevano solo intuito: il fatto cioé che dalla contaminazione tra diversi specifici linguaggi, come quelli scenici ed elettronici, potessero emergere nuove forme di spettacolarità e di cultura.

Carlo Infante

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Il corpo nell'elettronica:
verso la percezione condivisa dello spazio-tempo digitale

1. La scena artificiale

L’ibridazione tra teatro ed elettronica : le nuove costanti performative del videoteatro e delle radioscene.

2. I teatri della memoria

La memoria dell' avanguardia come ipertesto : il paesaggio non-lineare della ricostruzione multimediale di un’esperienza scenica sinestesica.

3. La cyber-performance

La mutazione teatrale delle ultime generazioni della scena: dalle ascendenze artaudiane dell’estremizzazione del corpo alle pratiche dell’interattività e delle tele-operazioni nel nuovo spazio-tempo digitale.

4. La rete come nuova scena virtuale

Il principio della percezione condivisa sulla quale si fonda l’idea stessa di teatro si misura con altri spazi-tempo come quelli offerti dalle reti telematiche

5 maggio

ore 15/17

introduzione al seminario di Carlo Infante

dibattito su "La mutazione dei teatri. Corpo,memoria,virtualità

presiedono Graziella Mazzoli ed Emilio Pozzi

intervengono: Boccia-Artieri, Ragone,Valli, Gemini

6 maggio

ore 9/11

seminario con ricognizioni video

ore 15/18

navigazione guidata nel cd-rom "Percorsi cifrati" sulla memoria dell’avanguardia teatrale

7 maggio
ore 9/11

seminario con ricognizioni multimediali e telematiche

 

 

 

 

 

 

 

Marceli in afasia

 

 

 

doors of perception