Laboratorio intorno alla figura di Orlando

LA RADIOCRONACA DELLA FURIA D'ORLANDO
28 attori ed attrici selezionati da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari per un laboratorio concentrato in 5 giorni sull' Orlando rinascimentale del Morganti di Pulci. Un testo della metà del 1400 toscano, prima dell'Orlando Furioso dell'Ariosto e dopo la lunga tradizione popolare franco italiana della Chanson del Roland, dato in pasto a 28
giovani con 28 cantori da "mettere in scena" liberamente.
Una sfida molto ardua sia per i partecipanti che per la coppia responsabile delle Albe di Ravenna.
Ed ecco un altro piccolo miracolo di questa Biennale nessuno mi ha costretto a dirne bene eppure eccomi qui a scodinzolare).
Tre ore e mezza di presentazione recitata del lavoro svolto dai ragazzi e ragazze sotto la spinta critica dell'attrice Montanari e del regista Martinelli, in mezzo alla Piscina vuota dell'Isola di S.Giorgio, la stessa del laboratorio di Punzo, senza luci, senza musiche di supporto, soli e sole con i loro corpi, voci, visi e capacità comunicative.
Una sequenza forte, efficace, molte volte esilarante, altre decisamente forte nella alternanza di interpretazioni le più diverse: dalla radiocronaca della battaglia, alla descrizione casalinga dell'evento, dalla tensione drammatica del fante traumatizzato dal sangue, alla trasposizione giullaresca fino alla coralità sinfonica. Frammenti preziosi di teatro di buon livello da godere nella traccia comune di una comicità diffusa che hanno sorpreso chi era andato a spiare la conclusione di un laboratorio senza aspettarsi il raggiungimento di uno stadio cui poco bastava da aggiungere per andare in tournèe con successo. Bravi tutti e tutte, conduzione e partecipanti.Spero che qualche altro spettacolo di questa Biennale non mi piaccia o soddisfi se no comincerò a preoccuparmi di me. (Gianguido P.)

L'ECO DELLE AVVENTURE INCASINATE
Ci sono giganti e bambini e statue. C'è il presente e il passato. Ci sono Orlando e i Paladini, ci sono i nomi di mille animali. Voci rotte, frasi fatte, volti già visti, gesti già consumati.
Dov'ero? Ad uno spettacolo, ad un laboratorio? No, ero in una piscina vuota, prosciugata, che in questi tempi ha ospitato voci di sogni di uomini passati, trascorsi e morti di cui i pensieri però ci sono rimasti in testa, di cui le fantasticherie ci affascinano ancora. Proviamo ancora meraviglia per questo gioco di altezze, stature, deformità, dismisure, colori, tradimenti, giochi, amicizie, amori. (…)
In tutto questo l'eco delle avventure incasinate degli incantati eroi del Morgante e dello spirito che sottende all'opera del Pulci ci raggiungeva: i punti di contatto sono tanti, a partire dalla disorganicità del poema, dal suo essere costituito da distinti tasselli che nella "presentazione" del laboratorio andavano a costituirsi in momenti teatrali; fino ad arrivare alla paradossalità comica, ma a volte anche desolata, dei personaggi.
Un work in progress che mi ha lasciato la voglia di scoprire come potrebbe andare a finire ma che già di per se mi ha fatto sentire spettatrice di una performance teatrale. (Marianita P.)
IL MITO FUORI MODA
Un regista nero, nero in una piscina vuota, vuota, bianca, bianca. Un sacco di ragazzi colorati, colorati ma che si divertivano soprattutto, ma che faticavano soprattutto. Ho visto un laboratorio teatrale, di questo sono sicura. E mi è piaciuto molto, ho riso tanto. Mi sono immedesimata molto nelle scelte dei ragazzi. Scelte di cosa, scelte rispetto ad un testo da interpretare, un testo mastodontico, non per niente la storia di un gigante: Morgante, del Pulci. (…)
Foscolo dice che la mitizzazione, la divinizzazione è un prodotto umano, è un nostro meccanismo tipico. E quando il mito è "fuori moda"? Allora lo si ricorda sorridendo come si fa al risveglio da un brutto sogno. (Rosa D.S.)
I BISOGNI UMANI D'AMORE
Ventotto attori (poi sono stati ventisei), uno per ogni canto del "Morgante" del Pulci, poema basato sulla Canzone di Orlando. Ventotto attori, ognuno dei quali rappresenta, a modo suo e in dieci minuti, uno dei ventotto canti dell'opera, generando un caotico e geniale intruglio di comicità e drammaticità. Scopriremo, quindi, che il paladino Oliviero ha smesso di fumare erba e che ora si fa solo di spade (ai tornei), che il Pulci ha dimenticato un personaggio dentro una piscina vuota e che sta diventando pazzo per colpa di una statua che da anni gli canta nelle orecchie e che la musica pacifica le menti più tristi.
Bravissimi è dire poco, anche se le osservazioni di Martinelli fatte tra una scena e l'altra, riescono a far notare dei difetti minimi, ma abbastanza visibili.
Ma, a parte questo, ognuno di loro ha tirato fuori l'anima nel tentativo di rendere attuale e coinvolgente un'opera vecchia di seicento anni, che rappresenta i millenari bisogni umani d'amore, onore e gloria. (Jacopo P)
VINO E MIELE
La sensazione è che di deciso, di predefinito ci siano solo le basi, come blocchi, partiti dai quali i percorsi da seguire saranno molteplici. 5 giorni e le informazioni sulla tradizione dei poemi, poi il lavoro sugli incipit, lo yoga e la respirazione in una piscina che di acqua ora non ne contiene, poi il canto, il lavoro sulla "sporcizia ", perchè la banalità è come un'oscenità sulla scena e poi ancora la riflessione: esiste attualità nei poemi epici o è solo filologia?
28 cantari e 28 ragazzi…qualcosa deve pur nascere;
E, infatti, osserviamo il prodotto della fantasia dei ragazzi, in un ventaglio di proposte che li coinvolgono da soli o in gruppo, in silenzio o urlanti, immobili o geometricamente in corsa ma con un tema che ricorre sempre, forse casualmente, la comunicazione e i media. Cosa interessante (poi tema di partenza per il confronto tra insegnanti-attori-registi-spettatori) è l'ironia, la voglia di far ridere, di evitare il dramma: mi chiedo se così è più facile , Marco Belpoliti parla del comico come esorcizzazione, come risposta alla morte. Dopo le proposte di realizzazione di un episodio del poema da parte dei tre registi partecipanti al seminario, l' incontro e il seminario si concludono ma lasciano nella mia mente alcune immagini nitidissime e forti; si concludono con un rito abituale del Teatro delle albe : vino e miele, simboli di Dioniso "sfalenante" e un augurio così dolce che devo necessariamente trascriverlo:…e che l'angel di dio vi tenga pel ciuffetto! (Anna B.)