Roberto Terracini, torinese, classe 1900, entra a quattordici anni come garzone nello studio dello scultore Alloati. Frequenta l’Accademia Albertina e, dopo un soggiorno a Firenze, approda nel 1920 all’Accademia Inglese di Roma. Terracini si allontana dal simbolismo floreale degli scultori torinesi del periodo, puntando a una plastica realistica ispirata a modelli classici italiani dal Quattrocento al Settecento. Fino al 1938 partecipa alle mostre collettive della Promotrice di Belle Arti, alle Quadriennali di Roma e, nel ’34 e nel ’36, alla Biennale di Venezia. Ma con la promulgazione delle leggi razziali le sue opere non possono più partecipare ad alcuna esposizione pubblica. L’acuirsi delle persecuzioni razziali e la distruzione del suo studio torinese nel bombardamento del 13 luglio ’43, lo costringono a rifugiarsi in Val Pellice, dove entra in contatto con le bande partigiane della zona. Dopo la liberazione riprende la sua attività espositiva in Italia e all’estero, fino alla scomparsa nel 1976. La città di Torino gli ha dedicato numerose mostre postume. I suoi disegni del periodo partigiano saranno presto esposti al Centro Studi Gobetti.