GIOVEDì 3
Dall'Etica all'Integralismo
In questa full immersion nella cultura ebraica il prisma
del nostro diario di bordo può arrivare a riflettere, in una stessa giornata,
un arco di contraddizioni spaesanti che dalla coscienza etica ci porta
all'integralismo induttore di morte, in una deriva, mistica o ortodossa
, che nega il senso vitale delle cose. Dalla lezione magistrale della
mattina ispirata da Levinas
alla serata sugli integralismi con Dacia
Maraini passando per un pomeriggio di riflessione su autobiografia
e letteratura con Clara
Sereni. Le nostre scritture iniziano a liberare le potenzialità della
rete, con i link ipertestuali, sia interni al sito per le informazioni
di contesto, che fuori per approfondimenti ulteriori. Prende così forma
la scrittura connettiva
di cui si parlerà domenica nell'incontro finale su La
Scrittura, la Memoria e la Rete prima del "reading", la lettura di
questo diario di bordo on line.
01:59 PM
il pensiero che produce pensiero
L'incontro con haim
baharier mi spalanca una finestra sul pensiero di levinas,
da considerare ben più di un filosofo. anche perchè nella tradizione ebraica
non c'è filosofia: c'è pensiero che produce pensiero. e quel pensiero
ha senso se si fa impegno, inteso sia come atto mentale che etico, nonchè
presa di coscienza ecologica. Il pensiero quindi oltre a determinare conoscenza
determina il comportamento, tanto per sintetizzare un percorso intricatro
e affascinante che passa per il laborinto dei commentari propri del talmud.
E quando levinas esorta la sua comunità dicendo: siate un popolo colto,
non pensa alla cultura delle sovrastrutture ma a quella che cementa l'identità,
non quella individuale ma quella collettiva. Un'altra lezione magistrale.
Che mi fa ronzare la testa e correre in libreria a cercare i suoi testi.
(carlo)
08:21 PM
La sapienza sull'altare della conoscenza
Un’immagine per un pensiero che, come leggo in un precedente intervento,
frutta altri pensieri. Ho condiviso lo stesso incontro, nella sala conferenze
dell'Archivio di Stato. L’immagine è quella di Haim Baharier che si muove,
nella sala conferenze dell’Archivio di Stato, imitando chi nel giardino
dell’Eden mangiava, senza troppo pensarci, tutti i frutti che aveva davanti,
compreso quello dell’albero della conoscenza, per poi vergognarsene e
temere. Il pensiero è sorto spontaneo: era quell’Adamo quest’uomo di oggi
che divora ogni risorsa, senza ritegno, approfittando di un tuttora splendido
paradiso terrestre? La lezione di Levinas, che esorta Israele ad essere
un popolo colto, viene commentata e arricchita da Baharier e riporta a
un solido principio levinassiano: “l’etica come norma di conoscenza”.
Accedere alla conoscenza deve essere anche pratica di impegno morale.
E certamente anche civile, sociale. Altrimenti non resta che vergognarsi
della reiterazione del peccato originale. E temerne le conseguenze. Viene
ricordata anche la citazione talmudica che invita a “Non sacrificare la
sapienza sull’altare della conoscenza”. Quasi che la capacità di sviluppo
del pensiero debba recedere davanti alle istanze di quella capacità ancestrale
di sapere e sentire le cose “con tutto il proprio cuore, tutta la propria
anima, tutte le proprie forze”. E mi domando: questa piena coscienza della
conoscenza dovrebbe essere anche il limite naturale della scienza? C’è
da scoprire cosa ne pensano i dotti… (alan biko)
Clara Sereni: il gioco dei regni (foto
Angelo Morelli)
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10:05 PM
La scrittura è arroganza?
Oggi l'incontro con Clara Sereni è cominciato con alcune letture tratte
dal suo libro catapultandomi in trame e storie a me sconosciute. Mi ci
è voluto un pò per capire e per orientarmi. Mi ha affascinato molto l'idea
della scrittrice di creare un libro unendo agli aspetti del romanzo delle
parti scritte dai protagonisti, per dar voce a questi uomini che hanno
letteralmente scritto un pezzo della nostra storia. Un'altra cosa che
mi ha colpito è stata la definizione che Clara Sereni ha dato della scrittura:
un grande atto di arroganza perchè nasce con l'idea di immaginarsi che
qualcuno userà una parte non indifferente del suo tempo per leggere quello
che l'autore pensa. Questa frase apparentemente cinica mi ha colpito perchè
non ho mai pensato alla scrittura in questi termini. Eppure non posso
negare che contenga del vero. Anche se spero di avere conferma che così
non è, che, invece, la scrittura è un condividere, un lasciarsi "sbirciare"
un pochino dentro, anche se attraverso mille lenti deformanti, un regalare
un pezzetto di noi agli altri, uno svelarsi quel poco che basta a creare
un confronto, a far sorgere un dubbio. (chiara)
11:24 PM
ingegneria del legame sociale ed ebraismo
in questo periodo sto leggendo, anzi rileggendo, "L'intelligenza
collettiva" di Pierre
Levy,e mi imbatto in una frase che mi fa pensare. il contesto in cui
compare e' l'inizio del libro, in cui Levy cita ad esempio delle sue argomentazioni
l'episodio biblico di Sodoma e Gomorra, le citta' del peccato che Dio,
prima di distruggere, decide di far "scandagliare" da Abramo alla ricerca
di 50 giusti che con la loro semplice presenza, le risparmierebbero dalla
catastrofe. 50 giusti salverebbero Sodoma e Gomorra. "Mercanteggiando"
con Dio Abramo riesce a portare la soglia a soli 10 giusti. Ebbene Levy
in coda al suo ragionamento piazza questa frase, semplice ma forte: La
trattativa di Abramo con Dio rappresenta la prima tecnologia di ottimizzazione
degli effetti, di massima valorizzazione delle piu' piccole qualita' positive
insite in un collettivo umano. Abramo inventa l'ingegneria del legame
sociale. Mi tornano allora in mente i discorsi di questi primi giorni
all'interno del gruppo di lavoro del diario di bordo: la sensazione di
una compattezza assoluta della comunita' ebraica al proprio interno, compattezza
che pero' non sfocia nel monolitismo, quanto piuttosto in una Rete chiusa.
Assistendo alla passeggiata letteraria di qualche giorno fa, era tangibile
la percezione di un substrato di legami (parentela, amicizia, conoscenza)
fra i partecipanti e chi invece aveva scritto i passi citati. Assistendo
alla conversazione con Israel De Benedetti, anche qui, una rete sotterranea
di esperienze comuni, interlacciate fra loro. Allora mi chiedo se non
sia questa consapevolezza estrema del legame sociale a rendere la cultura
ebraica - per come si e' presentata in questi giorni ad ebraicafestival
ad un gentile come me - compatta ma non monolitica, forte nell'affermarsi.
Se non sia questa consapevolezza dell'importanza del legame sociale minimo
fra due punti a renderla cosi' affascinante e carismatica. E, in negativo,
se non sia questa consapevolezza del legame sociale a renderla non abbastanza
aperta alla divulgazione verso l'esterno delle proprie peculiarita'. (mirko)
23:54 PM
Gli integralismi che annullano
Il velo bianco di Caterina da Siena mi appare come un burka. E’ il velo
degli integralismi che annullano.
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Musulmani o cattolici o ebraici. E’ sotto
il segno dell’integralismo subito dalle donne che si svolge la serata
al teatro Gobetti, dopo la lettura di “Ripudiata” di Elette
Abécassis un dialogo tra Elena Bartolini e Dacia Maraini di cui
viene messo in scena infine “I
digiuni di Santa Catarina”. Si parla di donne che scelgono la
morte, una, Rachele perché ripudiata dal marito per via di figli che
non arrivano, l’altra perché ha scelto di sposarsi con il Cristo che
ambisce raggiungere in un’estasi senza fine. |
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I digiuni
di Santa Caterina
(foto Angelo Morelli) |
Dacia
Maraini discute di integralismi
(foto Angelo Morelli) |
Catarina poteva ottenere ciò che voleva, ambasciatrice della
chiesa, autorevole, colta e raffinata, ma si lascia morire di fame. “Fare
la mistica può essere una cosa conveniente” dice, caustica, Elena Bartolini.
E ripenso a quella teoria sulla “teodemagogia” di cui si parlava qualche
giorno fa. Di come si possa investire troppo sulla "politica" del miracolo
o del misticismo, per altri versi, Di come si possa negare la vita e l’etica
per un’integralismo. Insostenibile. (carlo)
02:02 PM
frammenti e tentativi gentili di interpretazione
Forse, il fatto che Clara Sereni concepisca la scrittura come atto di
arroganza, perchè presuppone che qualcuno dedicherà del tempo ai tuoi
pensieri, l'ha spinta a iniziare la sua trattazione dei libri senza prima
una contestualizzazione definita..forse non voleva rubare troppo tempo,
ma io ammetto di aver faticato parecchio prima di riuscire a trovare le
fila da seguire..in ogni caso persiste in me questa sensazione di introflessione
dei partecipanti ebrei agli incontri: talvolta mi sento esclusa da questo
mondo così profondamente incorniciato nella ritualità che sembra pensare
essere forse troppo scontato che un "gentile" non sia perfettamente al
corrente di cosa si sta parlando e abbia bisogno di qualche delucidazione
in più.. Ancora una volta, come il giorno precedente, Clara Sereni ha
commistionato la sua esperienza a invenzione romanzesca, ma, a differenza
delle volte precedenti, l'esperienzariportata non è sua personale ma della
sua famiglia, in particolare dei suoi zii. Un libro, e forse una fetta
di vita, scritta a più mani, che riporta impressioni vissute diversamente,
da persone diverse ma accomunate tutte dallo stesso destino e dallo stesso
sangue. L'unità nella molteplicità, l'elemento singolo nel mosaico da
cui deriva, fatti reali che scioccano a talvolta possono scandalizzare
i bempensanti, come l'ultima lettera scritta dallo zio Emilio al P.C.I.che
chiede di curare la moglie, ma che, in realtà, vengono assorbiti dalla
perturbante esperienza vera che i protagonisti hanno vissuto e trasposto,
giustificando anche questi particolari insoliti. Ancora una volta la collettività
crea il testo, reale e letterale, ancora una volta è la memoria, in questo
caso addirittura di una discendente, a essere protagonista, ad animare
il ricordo che vive, nei testimoni di quel tempo, presenti ieri all'incontro.
Io, estranea, giovane e "gentile" mi avvicino, affino l'udito e tante
emozioni, così come tante voci e situazioni prendono forma nella mia mente.
Ma è come se mancasse un pezzo al mio mosaico fatto di un flusso imprecisato,
indefinito, mi manca uno spiraglio che forse loro non riescono ad aprire
o, molto più probabilmente, io non riesco a trovare. (morgana)
00:04 AM
Un valzer che alza alto nel cielo
Una sciarpa rossa e giri di perle, i dettagli che raccolgo dagli incontri
con Lia Levi e Clara Sereni.
Ritorna,emergendo dallo strato spesso di tante altre parole, l'immagine
di una grande porta. il senso dell'essere dentro o dello stare fuori,
del voler entrare e dell'essere cacciati.
Peter Pan ... il bussare per farsi aprire ... i bambini cacciati da scuola
(evoca Lia)
E Clara "...cancelli che si aprono e si chiudono con clangore ...
E intanto, dietro la grande tenda nera, si celebra, forse,un qualche rito
arcano (Gulliver o Polifemo?...) Entra un omino che porta un enorme lampada,
esce un altro con una scala interminabile, si levano a intermittenza brusii,
ronzii, colpi di martello...La tenda chiude un altro mondo e ci lascia
fuori.
"La scrittura, ha detto Clara, e un grande atto di arroganza" O forse
anche la voce della timidezza, se scriviamo non dobbiamo guardare in faccia
l'altro, nessuno ci puo interrompere o chiedere perche...
"Un valzer di Chopin si alza alto nel cielo che va imbrunendo" (luisa)
11:52 AM
abécassis e maraini ci colpiscono con la brutta fine di due donne vittime
dell'integralismo... insostenibile, ha giustamente scritto carlo... ma
si è anche parlato della forza di questa catarina, come donna... a me,
infedele, è sembrata invece debole, molto debole per doversi autodistruggere
nel raggiungimento dell'estasi... e quindi il tutto ancora più sconvolgente,
come in certi film giapponesi di erotismo estremo e definitivo. il gobetti
era così semivuoto, nonostante la presenza della più 'famosa' tra le presenze
della rassegna... forse dacia non è ebrea?
qualche ora prima... nel corso dell'incontro che mi sembra fino ad ora
il più 'letterario', clara sereni presenta il suo interessante mélange
di scrittura romanzesca e documenti presi dalla vita vera... e anche qui,
in una lettera autentica scritta dallo zio ebreo ortodosso poi comunista
ortodosso, una donna moglie la cui salute e sopravvivenza sono sottoposte
al vaglio della Storia.
non mi scandalizza chi antepone l'interesse comune a quello privato, dice
clara sereni, sopratutto ora che l'interesse privato si fa governo.
una frase bellissima.
... ma nel buio del teatro il volto, illuminato dal faro, dell'attrice
rachele e catarina, si è rivelato anche quello sconosciuto della zia malata.
(walt)
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