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MERCOLEDì 2

Tra Arte e Vita

Terzo giorno del nostro diario di bordo, l'equipaggio del laboratorio di scrittura on line sta carburando e ci stiamo organizzando per seguiire i vari appuntamenti, alcuni in contemporanea.
Al centro di tutto, l'abbiamo già rilevato, c'è la memoria e la ritualità identitaria in cui l'autobiografia e le diverse espressioni (dai disegni di Luzzati in cui traspaiono le sue visioni infantili delle leggende ebraiche ai romanzi di Lia Levi, alle fotografie di Momigliano) s'intrecciano in un tutt'uno. Esiste un'arte dell'essere ebreo è stato detto. E ce ne rendiamo conto in questa rassegna in cui costantemente arte e vita s'intrecciano.

06:23 PM
Le bellissime ex-bambine

maria pia presentando Lia Levi ha riconosciuto in lei una qualità molto ebrea, il non arretrare mai di fronte alle difficoltà che la ricerca della verità comporta, l'affrontare anche le ambiguità che questa ricerca comporta... Lia Levi è apparsa come un'altra bambina d'età, solare e spiritosa... e la bambina che ha raccontato, stasera e nel suo libro che non ho ancora letto, sembra incarnare tutto il mondo dell'ingenuità, infantile e non, che vive le grandi tragedie della storia con leggerezza come fossero commedia... alcune bellissime ex bambine sono state stimolate a rievocare anche loro come vissero, o adesso sentono di vaer vissuto, le leggi razziali alle elemenatri o al liceo... c'era anche un po' di commozione mentre si scambiavano appunti personali pure in delicato contrasto... il potere della vera, autentica autobiografia... bambine che sono state 'protette' dai genitori per salvarle dal peso della vita... ho ripensato alle case dei bambini scoperte solo poche ore fa, altri figli protetti lasciandoli in qualche modo più liberi, nel nome di una utopia originata dalla sofferenza. (walt)
Lia Levi alla presentazione dei suoi due libri
(foto mirko/teatron)

09:02 PM
culture forti, meticciato, identita' e differenza

una frase, dall'apparenza marzulliana, ma che in realta' nasconde qualcosa di forte: l'amore cambia la vita, la vita cambia l'amore piu' o meno questa, pronunciata da Lia Levi che richiamava quanto scritto da Maria Pia presentandola sul catalogo di Arcastella e' questo il frammento piu' interessante dell'incontro, a parer mio, perche' si inserisce nel discorso del "misto", che in questo festival, ancora, non avevo colto. e cioe': abbiamo discusso di ebrei, di gentili, ma non di unioni fra i due insiemi sociali, non delle intersezioni risultanti. e' un nodo problematico affascinante, ci arriviamo attraverso il film di Benigni, "la vita e' bella". esistono lati del mondo ebraico che ne hanno contestato la semplicita' con cui all'interno del racconto viene vissuto e portato avanti nonostante tutto l'amore misto fra benigni e nicoletta braschi. lui ebreo, lei gentile. probabilmente e' vero, la realta' era diversa, ma il film e' un poema, e come tale qualche licenza e' lecito concedergliela. ma il punto e' ugualmente interessante: il meticciato come nodo problematico, soprattutto nel momento in cui si adotta la scellerata politica delle leggi razziali. allora scatta il cortocircuito fra memoria e attualita': che differenza passa fra i problemi di integrazione "imposti" dall'alto nel 1938 (erano tutti italiani, stessa cultura, forse fino al mese prima delle leggi razziali alcuni ignoravano addirittura che il vicino di casa fosse ebreo) e quelli invece "generati" dal basso di oggi ? (basso= incontro/scontro fra culture in origine diverse, basso= ignoranza dell'alterita') (mirko)

10:50 AM
Come i tentacoli di una piovra.

Mentre Lia Levi raccontava i suoi due libri "Una bambina e basta" e "L'albergo della magnolia" due sono stati i momenti che ho sentito infrangersi dentro di me come un urlo. Il primo ha coinciso con il momento nel quale Lia raccontava la gioia infantile e innocente con la quale, da bambina,apprende di non poter più frequentare la scuola normale:ho sentito l'eco di una risata spezzata,improvvisamente,dalla disillusione nell'apprendere di doversi iscrivere alla scuola ebrea, ignorando e senza concepire che la semplice esistenza potesse essere fattore discriminante. Ho visto una macchia di inchiostro nero violare una pagina bianca di un libro ancora da scrivere di una bambina delle elementari, ho percepito l'inquietudine subentrata rapidamente alla gioia ignara per le frasi dette a metà e sussurrate dai genitori,nel tentativo di mascherare l'orrore,ma che,in realtà,seminavano solo incertezza e dubbi a chi, come Lia, percepiva l'atmosfera senza riuscirne a trovare i perchè. Il secondo momento invece è stato identificato dal secondo libro, autobiografia solo per quanto riguarda l'eco delle sensazioni ed emozioni percepite e assorbite da Lia in quel periodo e poi trasfuse e distribuite tra i personaggi di un'esperienza che non è stata propriamente la sua, ma che è stata vissuta quasi empaticamente:un uomo ebreo che vive da 20anni in Israele in un kibbutz ripercorre la sua vita, illuminata da un amore che è stato dalla vita stessa modificato, trascorsa in un mondo Altro che lo aveva inghiottito, annichilito e quasi del tutto digerito: costretto a disconoscere la paternità su suo figlio affinchè non venga inserito nella lista delle classi di bambini misti, incrociati o meticci, grazie all'influenza e potere che detiene la famiglia"gentile" della moglie, esponente di un'importante famiglia cattolica romana. Ho sentito il disperato tentativo di trovare un perchè o un origine che giustificasse tutto ciò e l'unica conclusione che ho raggiunto è stata che per noi, o per lo meno per me, troppe sfumature quotidiane sono date per scontate e i fili che intrecciano i nostri passati con i nostri molteplici presenti possono permettersi di essere meno saldi, quasi come se fosse garantita una sorta di continuità di fondo. Il mio pensiero si è poi spostato al protagonista, figlio di un popolo che per secoli ha dovuto soffocare il proprio orgoglio, nascondere il proprio nome ma che è riuscito a non perdere mai di vista il proprio punto di partenza e di arrivo. Improvvisamente, sebbene possa apparire buffo, nella mia mente ha preso forma l'immagine di una piovra, con lunghi, intrecciati e sfilacciati tentacoli, che si muoveva agitandosi nel silenzio delle profondità marine, solo apparentemente qiuete, nell'estremo ma ormai noto per la sua stessa natura, tentativo di non perdere l'origine, il senso e il valore di ogni singolo prolungamento della sua essenza. Questa è la sensazione che mi sta comunicando questo festival:indicibile tenacia, perseverante ma critica Fede e soprattutto una coerenza nuova, intima e collettiva insieme che, anche se si sfilaccia nel tempo e per il tempo, non tarda a ricostituirsi. (morgana)

 

01:47 PM
frammenti
All'incontro con Lia Levi la partecipazione delle donne presenti è stata commovente. la scrittrice ha raccontato la sua infanzia, che è poi l'argomento del suo libro "una una bambina e basta", di come ha vissuto la terribile vicenda delle leggi razziali con gli occhi di una bambina che non si rendeva conto di quello che succedeva attorno a lei. i genitori, nel tentativo di proteggere i figli, non spiegavano loro perchè non potevano frequentare la scuola dove erano stati alunni fino a quel momento. molte signore in sala hanno raccontato la loro esperienza, il loro vissuto, il loro passato da bambine ignare e la loro successiva presa di coscienza. è stato un momento molto emozionante per me, dai loro racconti trasudava la "storia vera", non i fatti storici da manuale ma come le cose venivano vissute da chi troppo spesso non viene considerato: dai bambini. e mentre queste donne si raccontaveno e condividevano con noi dei momenti così intimi ho pensato alla definizione che lia levi ha dato della scrittura: un far emergere le emozioni che ti hanno condizionato e che ti hanno reso quello che sei, un dare ordine al vissuto. e ho pensato che (comunque) queste emozioni andrebbero davvero condivise con la scrittura, con il dibattito, con il racconto (come è successo oggi), per regalare un pò del nostro essere individui agli altri (chiara)
la statua di un uomo e un uomo statua
(foto Angelo Morelli)
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