22.00
Teatro
Gobetti
UN ALTISSIMO SILENZIO
Conversazione con Enzo Bianchi, Paolo Debenedetti,
Lidia Maggi, Stefano Levi della Torre
“Credo nel sole, anche quando non splende;
credo nell’amore, anche quando non lo sento; credo in Dio, anche quando tace”.
Parte
da qui, da questa scritta trovata a Colonia, sul muro di una cantina nella
quale alcuni ebrei si erano nascosti per tutta la durata della guerra, un
piccolo libro dalla incredibile storia: Yossl Rakover si rivolge a Dio.
Scambiato
a lungo per il diario autentico di uno degli ultimi sopravvissuti del ghetto di
Varsavia - Yossl Rakover, appunto - studiato come un testo sacro e poi
ripudiato quando si scoprì che era opera di finzione, questo libro cresce
intorno a una questione centrale per tutte le religioni monoteiste: perché Dio
permette la sofferenza degli innocenti?
“Un
testo bello e vero, vero come solo la finzione può esserlo”, scrive Emmanuel
Lévinas in uno dei saggi sull’ebraismo raccolti sotto il titolo di Difficile
Libertà (Albin Michel 1963 e 1995) e posto in calce all’opera pubblicata in
Italia da Adelphi (1997).
Amare
la Torah più di Dio, ecco la
sintesi che il filosofo francese dà di Yossl Rakover, di questa specie
di processo a Dio fatto da un credente, a partire dalla famosa domanda. “Che
cosa significa questa sofferenza degli innocenti? Non testimonia forse di un
mondo senza Dio, di una terra dove l’uomo soltanto è la misura del Bene e del
Male? La reazione più semplice, la più comune sarebbe una una scelta di ateismo.
E sarebbe anche la più giusta per tutti coloro a cui un Dio un po’ elementare
ha finora distribuito premi, inflitto sanzioni o perdonato errori e che, nella
sua bontà, ha trattato gli uomini da eterni bambini”.
Ma
il Dio in cui Yossl crede è un Dio per adulti, che “fa appello alla piena
maturità degli uomini totalmente responsabili”. E’ sulla Legge, nella Torah,
che l’uomo fonda la relazione con questo Dio. Una legge che resta giusta anche
quando Dio nasconde il suo volto, che resterebbe giusta persino se Dio non ci
fosse.
Su questo testo, che ha la forza della denuncia e – dice Marina Bassani - il fervore della preghiera, si interrogano studiosi ebrei cattolici e protestanti. Ne parlano in teatro, a ricordare che alle radici della nostra tradizione teatrale c’è proprio l’incontro col divino.