MARTEDI’ 1 OTTOBRE
17.15
Teatro
Gobetti
Sala delle Colonne
SEGNI/DISEGNI
mostra di lettere ebraiche di Gabriele Levy
Presentazione di Ernesto Pezzi
Davanti a una delle lettere in
rilievo di Gabriele Levy, la commistione dei materiali, la presenza a volte di
microprocessori inseriti nella materia modellata, si lascia in primo luogo
interpretare come una specie di macchina immobile, un dispositivo in cui la
combinazione delle parti non può avere altro scopo che quello di un
funzionamento. Già l’attenzione che è richiesta oscilla tra due polarità: se la
scrittura in quanto tale richiederebbe più la comprensione che non la
contemplazione, un carattere alfabetico isolato dall’articolazione della
scrittura, si offre come emblema, insegna, come nodo di una relazione per il
momento assente. Ma la sua precisa identità culturale, in quanto lettera
dell’alfabeto ebraico, fa sì che l’emblema sia un segnale che indica un
varco, la possibilità di accesso a un sistema di riferimento. La lettera è una
porta, in definitiva, una soglia. Ma chi è che passerebbe attraverso una
lettera ebraica? Se si considera la scrittura come soglia, non ci può essere
che l’ebreo come passante (l’etimologia della parola ebraica ‘iVRi
significherebbe appunto “nomade”, “che passa”), e il linguaggio è il vettore
del suo esilio. Se la Scrittura è una storia di uscite e di attraversamenti,
ogni sua lettera è probabilmente una porta girevole che conduce altrove.
Le lettere di Levy, con i loro materiali, con i loro circuiti, elaborano e
custodiscono una memoria che, aldilà di esprimere un radicamento, ricorda la
distanza che ci separa tanto dall’origine quanto dalla meta.