Originariamente scritto da agiovann
Lo spettacolo incomincia prima che io possa rendermene conto: gli attori sono riconoscibili, hanno i capelli ossigenati e si aggirano tra il pubblico
del foyer del Teatro Gobetti. Recitanono la parte delle maschere: ora ti accompagnano dentro la sala del Gobetti. Poi più in là. Lo spettacolo,
infatti, si terrà dentro una scatola-navicella posizionata sopra il palco. Dentro il Teatro ? Forse. Sicuramente è un esperienza nuova quella dentro
cui mi hanno condotto i Marcido. Dentro la scatala lo spazio scarseggia, l'aria scarseggia: sono scomoda, sono stanca, sono infestata dal troppo
profumo che si è messa la tizia seduta vicino a me. Hanno inizio le danze o meglio lo spettacolo o meglio come definirlo?
>>>sai cosa penso?
penso che in quel disagio risieda una delle proprietà dei Marcido: rompere lo status quo del teatro, spiazzare le consuetudini, anche quello che ti
fanno definire le cose secondo categorie predefinite.
Non è cosa facile definire il teatro dei Marcido. Nasce con loro.
e con l'inquietudine e il disagio che ti trasmettono.<<<
Una danza evocatrice, un canto continuo. Labbra prominenti prestate alla voce di un altro, alla gola di un altro ad un unica voce. Con una tecnica di
recitazione, di canto, di danza perfette sublimi, quasi irritanti.
>>>tra il sublime e l'irritazione, ben detto.
E' il cortocircuito che cercano<<<
Chissà quali riti iniziatici, chissà quale e quanta disciplina nella preparazione di questo spettacolo. Ma la tecnica così esasperata non è priva di
passione. Anzi . Una passione tale che talvolta sembra di trovarsi davanti ad un teatro non per il teatro, non per il pubblico: un teatro non per
essere visto ma per essere vissuto.
>>>è un problema che mi sono posto per tanti anni (li conosco da 15 anni almeno)
quel teatro lo fanno per loro e noi al massimo possiamo accettare d'entrare nel loro vortice<<<
Gli attori ti fissano negli occhi senza paura ma sono distanti. Sono sotto, sopra di te, quasi ti toccano ma sono impalpabili. Come se fossero lì per
sbaglio.
Vedo che Carlo scrive o li ami o li odi. Io direi tutti e due.
Voglio uscire dalla scatola
Popi |