il FORUM di TEATRON.org

Integrazione Partecipata:quale teatro

carlo - 8-10-2002 at 11:42

apriamo il forum sul progetto
"per un'integrazione partecipata: quale teatro?"
che si sta sviluppando a Lecce, coinvolgendo sia gli studenti di Scienze e Tecnologie dello Spettacolo (dove si è appena appena aperto l'insegnamento di Informatica Multimediale: tra memoria e mutazione dei linguaggi ") e gli insegnanti che stanno seguendo il progetto INDIRE/BDP (Biblioteca Documentazione Pedagogica).
http://www.indire.it/

Il tutto confluirà in un web e un cd-rom in cui esporre la mappatura multimediale dell'esperienza.

Siete invitati (mi rivolgo agli studenti di questa mattina) ad intervenire sulle parole chiave diffuse dal mio intervento e da quello di Viganò.

Qualche istruzione x l'uso:
- x iscriversi basta solo nome, una password da inventarsi lì x lì ed un'email
attraverso cui essere informati quando ti risponderanno nel forum.
- x intervenire fate solo NEW REPLY!
il new topic apre nuovi argomenti e questo lo fa solo l'admistrator.
- x far intervenire qualcun altro dallo stesso PC fate LOGOUT e a quel punto se chi deve intervenire è già iscritto fa LOGIN ed entra.

per ora è tutto
a tra un pò
nel forum!

Ciao

integrazione partecipata

oistros lecce - 8-10-2002 at 14:19

L'oistros è presente nel forum, attendiamo nuovi spunti di riflessione dopo l'incontro di stamane.
Integrazione, noi a Taurisano, per ora, sperimentiamo molta disintegrazione.
Partecipata? Nello Stato di Taurisano neanche quelli che sono addetti a sborsare i quattrini partecipano. Figuriamoci gli insegnanti, da anni hanno rinunciato al loro compito di educatori, lasciando alla deriva identità dimenticate (vedi rom," malati mentali", disabili, derelitti della società...) e piangendo, ora, sette suicidi per impiccagione. Le amministrazioni finanziano progetti faraonici per l'integrazione e la valorizzazione delle diversità! Noi dal campo non possiamo che riportare un senso di frustrazione generale che ha colpito una società intera. Forse solo Viganò, per ora, ha dimostrato interesse (ha una perversa mania verso i casi disperati!) ha dato una serie di consigli ma ci chiediamo:
- un esperienza di questo tipo ci mette nelle reali condizioni che, in una situazione di "zero assoluto" qualsiasi "teatro" possa già apparire come una grande conquista. (Anche la recita parrocchiale, ad esempio, in questo momento sarebbe qualcosa in più per quel paese e per la sua gente). La domanda quindi è quanti teatri sono possibili? E' possibile creare un modello di teatro valido per cercare di "ri-magliare" quel tessuto sociale smembrato da anni di assenza di teatro inteso come forma di socializzazione e narrazione. Quale teatro può rappresentarsi e raccontarsi per poi raccontare ad altri il proprio modello?
Un tetaro di denuncia? Denunciare i giri di finanziamenti e speculazioni sarebbe anche allettante!
Un tetaro d'avanguardia e ricerca? In un territorio che più conservatore non si trova!
Un teatro realistico- documentaristico? Dove la gente si possa rispecchiare per dover provare quel senso di disgusto e indignazione scomparso da tempo.
Anche noi ci chiediamo quale teatro per l'integrazione, anzi per la ri-cucitura?

Oistros Lecce

oistros lecce - 8-10-2002 at 15:12

Non siamo riusciti a PARTECIPARE al forum molto bene...(forse è ancora presto)
Stiamo partendo per lo Stato di Taurisano alla ricerca del teatro perduto.
Vi faremo sapere ulteriori sviluppi. Buon Lavoro!

Valentina - 8-10-2002 at 16:19

Siamo Valentina e Sabrina: premettendo che non abbiamo partecipato all' esperienza di Taurisano e quindi non abbiamo osservato la realtà di questo paese, troviamo difficoltà nell' esprimere le nostre opinioni in riguardo. Occorre mettere in evidenza tutta una serie di situazioni che portano il bambino disabile a considerarsi ed essere considerato "diverso";possiamo prendere in considerazione il caso dell' insegnante di sostegno:come integrare un bambino che viene isolato in una classe a parte, con giochi a parte, con una maestra a parte, con esperienze a parte?La loro "diversità" non deve estraniarli da questo mondo, essi ne fanno parte. Lo stare con gli altri porta il bambino ad interagire, ad imparare a stare in società senza chiudersi in un mondo tutto suo. E' per questo che abbiamo bisogno di un teatro nuovo, capace di far sentire il bambino partecipe. E' lui che deve vivere il teatro insieme a noi, è lui il protagonista assieme ai suoi compagni. Il nostro teatro dovrebbe lavorare sugli spunti che ci vengono offerti dalle piccole menti creatrici!Quindi facendo esperienza con gli stessi bambini, potremmo cogliere tratti di alcune situazioni particolari che si verificherebbero durante la giornata.
Ecco di cosa c' è bisogno: IL TEATRO DELLE PICCOLE MENTI CREATRICI.
In tutto ciò non c' è niente di utopistico e irrealizzabile, basta solo un po' di fantasia per realizzare esperienze teatrali sempre più particolari.
P.S. Per registrare in questo forum una nuova persona dallo stesso computer cosa bisogna fare?
Valentina e Sabrina

considerazioni generali!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Vinicio Antonio Attanasi - 8-10-2002 at 17:49

Ciao a tutti!
Io ho passato l'intera estate a "partecipare all'integrazione" nel paese di Taurisano! Il primo tentativo è avvenuto prima di tutto tra noi "normodotati": non eravamo certo "amici di vecchi data!" Una volta tentato ciò, è arrivata la fase più difficile integrarci con chi non vuole integrare estranei al territorio e alla loro "razza"!Mi spiego: Ci siamo trovati di fronte ad una situazione molto particolare, il gruppo di ragazzi da gestire era molto vario : rom, disabili, ragazzi con problemi di disagio familiare e non solo. Come se non bastasse, ho subito notato che esistevano all'interno di questa "REALTA'" ulteriori sottogruppi che si chiudevano entrando in conflitto fra loro, ed emarginandosi a vicenda! Gli stessi operatori del posto (che, in teoria, avrebbero dovuto conoscere le difficoltà di quella realtà) erano pieni di pregiudizi!...Come fare a superare un muro così resistente e con solide fondamenta...infondate? E' stata dura, (e lo è ancora!) perchè lottare contro i pregiudizi e l'indifferenza è sempre molto difficile e delicato! Cose banali da dirsi, forse, ma reali e presenti al di là di ogni immaginazione!!!
Io sono stato fortunato perchè ho avuto la grande occasione di rapportarmi ad un ragazzo semi autistico. Ho capito molte cose e ho riflettuto molto. Ho lasciato spazio dentro di me per pensare a qualcosa fino a quel momento troppo distante! Ho messo in gioco le mie certezze e cambiato il modo di percepire ciò che mi sta intorno! GRAZIE AD AMEDEO! Se qualcuno è interessato a conoscere la mia esperienza, le mie emozioni e perchè no, anche i momenti di sconforto, io sono qui!

carlo - 8-10-2002 at 19:42

Quota:
Originariamente scritto da Valentina
Siamo Valentina e Sabrina: premettendo che non abbiamo partecipato all' esperienza di Taurisano (...) Occorre mettere in evidenza tutta una serie di situazioni che portano il bambino disabile a considerarsi ed essere considerato "diverso";possiamo prendere in considerazione il caso dell' insegnante di sostegno:come integrare un bambino che viene isolato in una classe a parte, con giochi a parte, con una maestra a parte, con esperienze a parte?La loro "diversità" non deve estraniarli da questo mondo, essi ne fanno parte. Lo stare con gli altri porta il bambino ad interagire, ad imparare a stare in società senza chiudersi in un mondo tutto suo. E' per questo che abbiamo bisogno di un teatro nuovo, capace di far sentire il bambino partecipe.

>>>ecco questa definizione del bambino partecipe corrisponde proprio a quello che stiamo cercando di definire in quest'attività di studio appena avviata.
ci torneremo su...



E' lui che deve vivere il teatro insieme a noi, è lui il protagonista assieme ai suoi compagni. Il nostro teatro dovrebbe lavorare sugli spunti che ci vengono offerti dalle piccole menti creatrici!Quindi facendo esperienza con gli stessi bambini, potremmo cogliere tratti di alcune situazioni particolari che si verificherebbero durante la giornata.
Ecco di cosa c' è bisogno: IL TEATRO DELLE PICCOLE MENTI CREATRICI.


>>> per alcuni versi può inquietare questa definizione ma a me piace moltissimo
mi fa pensare al "kid power" di cui parla Seymour Papert, sapete chi è?


In tutto ciò non c' è niente di utopistico e irrealizzabile, basta solo un po' di fantasia per realizzare esperienze teatrali sempre più particolari.
P.S. Per registrare in questo forum una nuova persona dallo stesso computer cosa bisogna fare?
Valentina e Sabrina


>>>ho appena messo delle istruzioni x l'uso nel mio intervento in apertura.
dategli un'occhiata!

In questo mio intervento ho fatto QUOTE che permette di "conversare" con alcuni specifici interventi.
E' un buon modo ma fatelo con parsimonia perchè addensa troppo testo e appare poco leggibile.

Ricordate poi che con EDIT potete correggere i vostri interventi anche dopo!
il bello del forum è scrivere di getto, al volo, davanti allo schermo.
Poi si rilegge, si corregge, si precisa...


bea - 8-10-2002 at 21:32

vi sto leggendo. Sono l'insegnante tutor della scuola capofila del progetto I.N.D.I.R.E. (la Media "A. Galateo" di Lecce). Domani conto di intervenire anch'io. Per il momento un forte grazie. Conto su di voi e sui vostri contributi.

vigano - 8-10-2002 at 21:40

bene...bene... parto per la francia sapendo di tenere aperta questa possibilità di contattarvi e di inviare riflessioni.
Sperando di non perdermi tra questa tecnologia .
A presto ....prestissimo

vigano - 8-10-2002 at 21:45

Quota:
Originariamente scritto da oistros lecce
L'oistros è presente nel forum, attendiamo nuovi spunti di riflessione dopo l'incontro di stamane.
Integrazione, noi a Taurisano, per ora, sperimentiamo molta disintegrazione.
Partecipata? Nello Stato di Taurisano neanche quelli che sono addetti a sborsare i quattrini partecipano. Figuriamoci gli insegnanti, da anni hanno rinunciato al loro compito di educatori, lasciando alla deriva identità dimenticate (vedi rom," malati mentali", disabili, derelitti della società...) e piangendo, ora, sette suicidi per impiccagione. Le amministrazioni finanziano progetti faraonici per l'integrazione e la valorizzazione delle diversità! Noi dal campo non possiamo che riportare un senso di frustrazione generale che ha colpito una società intera. Forse solo Viganò, per ora, ha dimostrato interesse (ha una perversa mania verso i casi disperati!)

>>> perversa mania ??????? mi sembra che ci siano situazioni che meritano di essere osservate con attenzione ; partiamo da lì, dalla presenza di alcuni adolescenti che sono costretti dal tribunale a darci ascolto ma sopratutto noi possiamo ascoltare. Forse lì troviamo delle tracce per intervenire .<<<


ha dato una serie di consigli ma ci chiediamo:
- un esperienza di questo tipo ci mette nelle reali condizioni che, in una situazione di "zero assoluto" qualsiasi "teatro" possa già apparire come una grande conquista. (Anche la recita parrocchiale, ad esempio, in questo momento sarebbe qualcosa in più per quel paese e per la sua gente). La domanda quindi è quanti teatri sono possibili? E' possibile creare un modello di teatro valido per cercare di "ri-magliare" quel tessuto sociale smembrato da anni di assenza di teatro inteso come forma di socializzazione e narrazione. Quale teatro può rappresentarsi e raccontarsi per poi raccontare ad altri il proprio modello?
Un tetaro di denuncia? Denunciare i giri di finanziamenti e speculazioni sarebbe anche allettante!
Un tetaro d'avanguardia e ricerca? In un territorio che più conservatore non si trova!
Un teatro realistico- documentaristico? Dove la gente si possa rispecchiare per dover provare quel senso di disgusto e indignazione scomparso da tempo.
Anche noi ci chiediamo quale teatro per l'integrazione, anzi per la ri-cucitura?

Oistros Lecce

a proposito di "perversa mania"

bea - 9-10-2002 at 07:14

Ieri, quando Viganò ci ha chiesto di raccontare una "storia d'amore" con le mani, avrei voluto raccontarne una.
Me l'aveva raccontata Damiano, a scuola. Lui raccontava ed io scrivevo sul suo quaderno.
Faceva una gran fatica, Damiano.
Non sempre riuscivo a capirlo.
E lui ripeteva... e ripeteva... finchè io non capivo.
E poi mi ha chiesto di leggere io (per lui) la sua storia d'amore ai compagni del nostro laboratoorio teatrale/di libera espressione, agli altri insegnanti.
E poi ha portato il quaderno a casa, e l'ha fatta leggere alla sua mamma.
E ora io la racconto a voi...
"... Di notte io mi alzo e vado nel salotto, apro la porta e controllo la luna, lontano... lontano... Mi piace la luna. Sembra un pallone.
Io immagino di buttare lontano la luna e poi di prenderla e poi di portarla a casa mia e metterla in un quadro. Così, io la guardo sempre, la luna."
La bocca di Damiano ha raccontato una storia d'amore.
Le mie mani l'hanno tradotta in segni.
Altre orecchie hanno ascoltato.
Può essere questa l'"integrazione partecipata"?
E questo, che tipo di teatro è?
E' forse (la mia), una "perversa mania..."?

frammento di vita che non fa volume

LLuiss - 9-10-2002 at 10:12

Talvolta e' inspiegabile l'ineffabile bellezza
e la forte sensazione di sicurezza che ti deriva dall'armonia di un ragionamento..
aver trascorso qualche ora con Gino, Carlo, Antonio, Giuliano e Beatrice, gli studenti, le insegnanti, ha significato questo....un piccolo frammento di vita, di quelli che non fanno volume!!
Grazie

Qualcosa di nuovo e unico

Francesco - 9-10-2002 at 10:55

Ciao a tutti!
Sono Francesco. Io non ho collaborato all'esperienza di Taurisano, ma ho avuto già a che fare con soggetti disabili quando ho partecipato in qualità di collaboratore esterno ad un progetto di musicarterapia presentato ad un convegno a Riccione.
Il rapporto con queste persone non è affatto semplice e ne siamo tutti consapevoli, credo. La difficoltà per me non è stata nella ricerca di un rapporto anormalità-normalità: questi concetti NON ESISTONO, si tratta di puri e semplici pre-concetti che nascono all'interno del singolo uomo o della comunità a cui egli appartiene e che personalmente non mi piacciono. La difficoltà che io ho riscontrato è stata un'altra, ovvero far capire loro che per essere accettati da un'altra persona non è necessario comportarsi come lei. Avevo notato, e alcuni dialoghi me lo hanno dimostrato, che alcuni dei ragazzi cercavano in tutti modi di imitare, più che i responsabili, me e una mia amica, cioè gli ultimi due arrivati. In sintesi per relazionarsi con noi tendevano a comportarsi come noi. Io credo che una persona debba sempre comportarsi per quella che è, mostrarsi agli altri per quelle che sono le sue caratteristiche al di là se queste siano poi quelle che la gente considera buone o belle e al di là se la persona in questione abbia qualche handicap o meno. Pertanto concordo pienamente con Valentina e Sabrina, estendendo il discorso anche ai disabili giovani ed adulti, che è necessario ci sia un'interazione tra loro e il mondo che li circonda, non vanno trattati diversamente dalle persone che invece disabili non sono (anche se su questo vorrei precisare che non esiste una persona non disabile, in quanto tutti abbiamo difetti o problemi o handiacp che magari per il solo fatto che non sono visibili ci collocano in quello che il gregge definisce normalità assimilandoci alla massa degli "abili"). Pertanto parlando prettamente di teatro, credo che sia necessario trarre idee da quella che è la loro mente, la loro capacità di inventare ( che nella piccola esperienza che ho maturato ho riscontrato essere notevole) le loro caratteristiche, perchè solo smettendo di trattarli da altri (nel senso di membri di una comunità limitata, esterna alla propria, che va aiutata perchè caratterizzata da incapacità) si potrà raggiungere l'obiettivo finale dell'integrazione, intesa non come inserimento in qualcosa che già c'è, ma come costruzione di un qualcosa di nuovo e unico.

Francesco - 9-10-2002 at 11:07

Inserisco un canto che facciamo in diocesi negli incontri di Azione Cattolica, mi sembra appropriato all'Integrazione Partecipata... si intitola "E' più bello insieme"

Dietro ai volti sconosciuti
della gente che mi sfiora:
qaunta vita quante attese di felicità,
quanti attimi vissuti,
modni da scoprire ancora,
splendidi universi accanto a me

E' più bello insieme,
è un dono grande l'altra gente,
è più bello isieme

E raccolgo nel mio cuore
la speranza ed il dolore,
il silenzio, il pianto della gente attorno a me.
In quel pianto, il quel sorriso
è il mio pianto il mio sorriso:
chi mi vive accanto è un altro me

E' più bello insieme
è un dono grande l'altra gente
è più bello insieme

La mia esperienza.

Paola - 9-10-2002 at 11:46

Avete mai pensato che se il mondo non fosse "plurale" non ci sarebbe opportunità di CONOSCERE? Se non esistesse la "diversità", non ci sarebbe nessuna possibilità di CRESCERE? In realtà su una cosa così ovvia non mi ero mai soffermata a riflettere...La mia esperienza diretta, si riferisce al Lab. nell'Istituto Alberghiero di Otranto, contro la dispersione scolastica.
E' qui che sono venuta in contatto con una realtà assolutamente diversa dalla mia e che fino a quel momento non avevo mai preso in considerazione. Stabilire un rapporto con quei ragazzi non è stato facile. Nessun portatore di handicap fisico ma sulle spalle gravi problemi familiari o psicologici dovuti ai più diversi motivi (ma questi li abbiamo compresi solo molto tempo dopo!). La prima cosa che mi ha scioccata, così subito, è stato sentire che nessuno di loro avesse sogni o desideri...non so, ma pensare che un ragazzino di 14 anni possa vivere senza sogni, mi ha fatto scivolare improvvisamente in una profonda riflessione su me stessa e sul perchè, fino a quel momento, avevo dato per scontato una serie di cose. Che rispondi a chi, con gli occhi sgranati ti domanda: "Perchè dobbiamo soffrire?" Non avevamo una soluzione, e per quanto cercassi dentro di me, continuavo a sentirmi nuda, spogliata dalle mei certezze. Mi ha fatto bene. Ero assolutamente impotente. Mi sono chiesta, allora, cosa potessi fare io per prima, per capirli. Immediatamente, d'istinto, ho cercato di trasmettere sicurezza, disponibilità e amicizia. Ma questo non bastava. Ho capito che per poter trovare una chiave d'accesso alla loro vita, dovevo integrarmi per prima io. Avrei dovuto parlare il loro stesso "linguaggio" (e non mi riferisco solo al linguaggio verbale, ma a quello silenzioso degli sguardi e delle paure espresse attraverso il corpo), cercare di vedere il mondo attraverso i loro occhi. Accidenti, che peso questa immedesimazione! Dentro di me è successo qualcosa di assolutamente imprevedibile: stavo crescendo, e grazie a loro! Ho iniziato a domandarmi se quei ragazzini fossero davvero così lontani dalla "normalità", oppure ero stata indotta a pensarlo perchè qualcuno me li aveva presentati in quel modo? Forse quei comportamenti, quel disagio, erano solo una barriera per difendersi da persone e situazioni troppo grandi e dolorose? Tirar fuori qualcosa sui loro sentimenti, è stato un processo lunghissimo e solo parziale. Insieme abbiamo giocato (seppur con grandi difficoltà), abbiamo cercato di mettere il luce le forze individuali e scoprire la fiducia in se stessi da contrapporre alla passività. Un giorno eravamo tutti seduti a terra, in cerchio, e abbiamo fatto un gioco: abbiamo provato a inventare una poesia in rima; ognuno proponeva una frase, tema "IL TEATRO". Il risultato è stato un pò sistemato nella forma, e questa è solo una quartina, che mi sembra molto significativa:

"Dal destino triste e umano,
con il GIOCO DELLE PARTI,
potrai avere nella mano
l'occasione di salvarti".

Non bisogna solo domandare, ma anche ascoltare e "farsi interrogare", sempre; rispettare la personalità dell'altro e la SUA umanità. Almeno, oggi, questo vale per me!


L'incontro con l'altro

marina - 9-10-2002 at 16:06

Mi ritrovo in una nuova realtà, in una nuova dimensione e questo mi mette ansia, molta ansia. Mi si chiede di muovermi, di fare gesti liberamente e di occupare uno spazio sempre più ampio.
Si chiede questo a me, a una persona molto timida, riservata, che ha sempre evitato di mettersi al centro dell'attenzione.
Mi si chiede di" mettermi in gioco ", di "giocare per non essere giocati ", va bene: accetto il gioco! lo accetto perchè penso che serva a me per cercare di superare dei blocchi personali e penso che servirà ancora di più per favorire tra ragazzi, tra docenti e ragazzi un contatto, un "incontro con l'altro", spesso così difficile da trovare.
OK: GIOCHIAMO!

Tutti in gioco

rosi - 9-10-2002 at 16:14

finalmente ritorno a giocare, a giocare con il mio corpo. Il mio corpo nello spazio: provo, sento, vivo esperienze, sensazioni, stati d'animo.
Di nuovo nel laboratorio teatrale: volti nuovi, tanta ansia, tutti in gioco e voglia di riprovare.

Lontana dalle barriere

teresa - 9-10-2002 at 16:25

Eccomi libera, consapevole di utilizzare il mio corpo nello spazio che mi circonda.
lontana da quelle"barriere" che ti comprimono,lasciando libere quelle sensazioni che"hai dentro" di venir fuori esprimendole attraverso i gesti e i movimenti.
Sensazioni perdute e poi ritrovate quasi per gioco

sintonia con me stessa

Guagnano - 9-10-2002 at 16:36

Durante le attività di questi due giorni ho percepito di poter realizzare una maggiore sintonia con me stessa.
Ho avuto la consapevolezza che una parte di me ha delle potenzialità inespresse.
Allora ho pensato che trovare un accordo con i colleghi per realizzare queste attività a scuola, sarebbe un intervento formativo notevole per i ragazzi in età evolutiva.
Guagnano

unione tra corpo e mente

gua - 9-10-2002 at 16:39

In questi due primi giorni di laboratorio posso dire di aver vissuto per la prima volta un momento pratico importante, poiché ci sono alcune cose, alcuni atteggiamenti che non possono essere capiti, assimilati e trasmessi se non li abbiamo vissuti attraverso il corpo, in una situazione in cui siamo fisicamente e non astrattamente impegnati.

Il disagio nell'espressione

bianca - 9-10-2002 at 16:43

Questa esperienza, per alcuni aspetti da me già vissuta, mi ha fatto riflettere sul mio modo di avvicinarmi agli altri, su come vivo il mio corpo e lo spazio. Ho provato disagio nell’espressione individuale mentre in gruppo ho lavorato con maggiore sicurezza.
Gli stimoli offerti, essendo stati numerosi, mi hanno procurato disorientamento. Le mie aspettative erano diverse, tuttavia, spero di riuscire a mettermi in discussione per accogliere tutto ciò che questo laboratorio di formazione mi offre.

parte integrante del tutto

rosanna - 9-10-2002 at 16:47

L'impressione iniziale che ho avuto durante il primo incontro con Viganò, è stata di disorientamento; non riuscivo a capire la validità dei movimenti che ero invitata a fare. Man mano che passavano i minuti ho iniziato a partecipare con più entusiasmo sino a giungere, alla fine della prima serata, a sentirmi parte integrante del tutto.
Nel secondo giorno la mia disponibilità è stata totale e ho eseguito con piacere ciò che mi si chiedeva di fare.
Sentivo il mio corpo rispondente ai messaggi esterni e soprattutto riuscivo a capire che intorno a me c'era uno spazio di cui dovevo appropriarmi.
Mi sono resa conto che non era necessario usare le parole per parlare, ma che il mio corpo poteva esprimere le mie emozioni con semplici movimenti e che riuscivo a portare all'esterno, nel mio spazio, ciò che prima era chiuso dentro di me.
Quello che ho capito in questi due incontri, credo che mi servirà ad avvicinarmi di più ai miei alunni per entrare più facilmente in relazione con essi, capendo, dai movimenti del loro corpo, ciò che nascondono dentro.

Rosanna

il corpo è poesia

mary - 9-10-2002 at 16:56

Il corpo è poesia! Devo crederci. Voglio crederci. Il corpo parla.
Il corpo racconta…
Io gli ho dato raramente la parola e, se l’ho fatto, non l’ho fatto parlare a lungo.
E allora, quali alfabeti avrà appreso? Forse usa ancora i geroglifici!
Non ho avuto, si capisce, un buon rapporto col mio corpo.
Dopo aver curato, però, troppo a lungo la mente, lo spirito, l’analisi introspettiva,
mi trovo oggi a fare i conti con un corpo che vuole parlare, che vuole occupare
uno spazio vivo. Vuole recuperare emozioni!
Sono passata attraverso il teatro, l’altro, quello di rappresentazione.
Ora so il perché. Volevo uscire dal mio corpo ed entrare in altri cento
corpi diversi, più gradevoli, più graditi.
Ma per farlo… avrei dovuto conoscere meglio il mio, capire le sue
rigidezze, i suoi blocchi, la sua voglia di nascondersi… e superarli, scioglierli.
Essi mi avevano impedito di farlo esprimere, di liberarlo come avevo permesso
di fare alla mia mente, alla mia anima.
Sono qui perché voglio cominciare a muovere i passi giusti verso la
“mia integrazione partecipata” quella del mio corpo e del mio spirito:
Vorrei arrivare a dire anch’io : “Il mio corpo è poesia”.
Grazie a tutti voi. Grazie Antonio!

io, in volo, in uno stormo d'uccelli

lucetta - 9-10-2002 at 17:00

Ho sempre pensato al teatro come forma di recitazione da parte di un soggetto che interpreta una parte, che si cala in quella parte, che non è se stesso, ma finge di essere l’altro.
Ho scoperto un teatro nuovo, un teatro che aiuta a tirar fuori le mie emozioni, ad essere più me stessa, il mio io.
Al momento mi sento più leggiadra; ero io, ieri, in volo in uno stormo di uccelli.

giocare x giocare

jolanda - 9-10-2002 at 17:04

L’esperienza di partecipazione teatrale, realizzata, mi ha dato modo di pensare a quanto, molto spesso, diamo importanza alle apparenze e non all’essere persona.
Molti sono i condizionamenti che noi adulti abbiamo, che ci portano ad essere convenzionali e che ci obbligano a determinate scelte.
Giocare per giocare, come fanno i bambini, crea in molti adulti disagio e apprensione, perché non vogliamo che “l’altro” che ci guarda ci giudichi.
Sono maestra in una scuola dell’infanzia, progetto e organizzo le attività e le esperienze con i bambini motivandole con il gioco, non potrei altrimenti. A volte però, i giochi che si fanno non sono spontanei e diventano routine quotidiana, queste sere mi sono servite per arricchirmi come persona, per caricarmi di entusiasmo e per “RUBARE” nuovi modi per far conoscere se stesso nel- lo spazio al bambino e farglielo vivere giocando, nel miglior modo possibile.

si parte....

Lucy - 9-10-2002 at 17:07

Impressioni…pensieri…riflessioni su due giornate di lavoro. "Teatro alternativo"? Di getto, lo confesso, non ho "voluto" registrare quello che mi era passato "attraverso" il corpo e non solo…, travolgendo gli schemi, l'abitudine, la routine.
Ieri sera, a conclusione di un primo modulo di esperienza, ero troppo stanca, confusa e …destabilizzata. Ho preferito rimandare a tempi migliori, più sereni, forse…Oggi lo stato d'animo non e' cambiato. Col senno di poi certamente l'emozione non è cancellata e mi sento ancora addosso l'ansia di chi si appresta a partire, anzi è già partita per un viaggio la cui meta non è ben nota e definita. Si parte, si ma dove…come…quando…? Ciò nonostante mi sento fortemente attratta e …ho già caricato il mio bagaglio!

muoversi, giocare, entrare nello spazio

mariantonietta - 9-10-2002 at 17:09

Che dire quando si entra in un mondo mai vissuto, mai sperimentato prima?
All'inizio ti stupisce, poi ti prende e cominci a fare, a gustare.
E' stato ed è difficile sciogliersi, rompere gli schemi che ci appartengono, perché siamo noi gli "schemi"; è difficile non essere più quello che si è sempre stati, "come" si è sempre stati e, quindi, muoversi, giocare, entrare nello spazio e con esso ed in esso "sentirsi".
Riuscirò a ripetere ciò, a trasferirlo nel mio lavoro, con i miei alunni?

partecipo al progetto....

dino - 9-10-2002 at 17:14

Partecipo al progetto perché è coinvolta la mia classe, per un senso di dovere. Mi era stato detto che in fondo l’unica condizione era di mettersi in gioco. In effetti, è così: trovo difficoltà ma mi diverto. Chissà poi se riuscirò ad essere utile ai ragazzi. Anche in questo ci proverò.

uscire dalla paralisi della quotidianità

pulli - 9-10-2002 at 17:33

Lo spazio, il ritmo e il tempo, quello dei corpi e dei luoghi, escono dalla paralisi della quotidianità rompendo ritmi personali e istituzionali.
Leggiamo” in quale teatro? un tentativo di riappropriazione dell’esser/ci diversamente nello spazio (istituzionale) con nuovi ritmi e intenti nella dialettica tra gioco e regola.
Pinuccia Farilla e Consilia Pulli

Il disagio visibile

giuliano - 9-10-2002 at 20:07

Uei! siete traboccanti ragazzi! Per me è la prima volta che partecipo a un Forum e devo dire che è un’esperienza coinvolgente. Ho la possibilità di leggervi tutti, dire la mia e conservare i vostri vibranti pensieri. Da quelli di Paola (non avevamo avuto più occasione di parlarne dell’esperienza di Otranto) agli altri che si sono accostati da poco alle attività teatrali. Mi sembra stia uscendo fuori un concetto che ho sempre pensato: PER INTEGRARE BISOGNA PRIMA INTEGRARSI. Ci rendiamo conto che i ritmi della nostra vita ci portano a dividere, separare, analizzare scindendo, e noi? Dove siamo? Di qui, di li? Dentro? Fuori? Meno male che ogni tanto c’è qualche occasione per sentirci (dico sentirci dal di dentro vivi e vitali).
Cos’è questa? Toh! la mia mano, si, la conosco bene, quante volte l’ho usata per scrivere, per farmi la barba, per guidare, per carezzare, … ma guarda, può diventare leggera come una piuma e posso agitarla nell’aria, ma anche l’altra. Ehi, mi sono spuntate le ali!! Sto volando!!!
Questo incontro con Antonio è stato vivificante un po’ per tutti visto quello che scrivete. Ora dobbiamo vivere capendo, probabilmente portare maggiormente a coscienza i nostri comportamenti e quello che essi possono provocare.
Ma un altro elemento mi sembra molto interessante per me: prende sempre più corpo l’idea del “DISAGIO INVISIBILE” che poi è quello più diffuso. Accettare la diversità allora può diventare riconoscere la propria individualità ed aprirsi con essa al mondo dell’alterità. Nelle mie esperienze nel “DISAGIO VISIBILE” ho sempre pensato di trovarmi di fronte a persone che vivono in uno stato meno fortunato del mio dal punto di vista funzionale ma i loro comportamenti e il mio erano su un terreno di parità: del dire e fare qualcosa insieme superando il concetto di aiutare ma instaurando quello del cooperare ognuno con le cose che sapeva fare. Forse il terreno del fare si presta di più all’incontro tra le persone. E ho visto che di cose ne stiamo facendo!!!
[Per gli insegnanti partecipanti al Corso] Ho sempre dimenticato di dirvi che con la mia telecamera vi ho ripresi nelle vostre azioni ed anche nelle vostre riflessioni senza neanche chiedervi il permesso. Non ho trovato il momento per dirvi quello che sto facendo:
La mia scommessa è: Come trasformare (attraverso il film) un’esperienza personale in un’esperienza partecipata!
Alla prossima
Giuliano

Giù la maschera! Riflessioni sull'incontro del 09-10

alstaja - 9-10-2002 at 21:56

La mia avventura in questo progetto è iniziata solo oggi, ma mi sono accorto da subito che il livello di coinvolgimento generale è già abbastanza alto. Io stesso non ho potuto fare a meno di restare colpito dalla sincerità e dalla genuinità della testimonianza della Prof. di Taurisano. Del resto stiamo parlando di mettersi in gioco (non in mostra), di "insegnare insegnandoci" e quello di oggi mi è sembrato un valido esempio. Teatro, per me, è spesso stato sinonimo di tutt'altro. Qualcosa di connesso all'ambizione, all'esibizionismo, alla voglia di apparire ciò che non si ha il coraggio di essere. Parlo dell'esperienza professionale in senso stretto, ma ho dovuto ricredermi in fretta, scoprendo l'altra "faccia" del teatro: quella che dovrebbe stare dietro la maschera dell'attore. A volte basta uno sguardo fugace nella vetrina di un negozio perchè un mondo intero ti crolli addosso. Il protagonista della notissima vicenda pirandelliana inizia a scoprirsi e a scoprire il mondo proprio così: con una rapida occhiata al riflesso di una vetrina. Quanti di noi sarebbero disposti a farlo in un mondo così anestetizzato dalle consuetudini, dai formalismi, dall'esasperazione dell'immagine e degli status-simbols?! Beh, questo è un vero e proprio campo minato e la cosa curiosa e che le mine le abbiamo piazzate noi stessi e ce ne siamo dimenticati. Sono convinto della validità del laboratorio teatrale, non tanto per la sua valenza sul piano socio-culturale (che è assai concreta), ma per l'opportunità che offre a ciascuno di noi di porsi su un piano completamente nuovo, con un nuovo punto di vista: non quello dell'attore ma, questa volta, quello della maschera. "Perchè non dello spettatore?" vi potreste domandare. La mia risposta contempla, in effetti, proprio quel nuovo punto di vista: penso che porsi nei confronti degli altri non significhi indossare una maschera per apparire come vorremmo che "gli altri" ci vedano. Piuttosto fare una scelta coraggiosa e costosissima: svelare la nostra identità, guardandoci allo specchio ed, in primo luogo, (ri)conoscendoci; amandoci nuovamente e prendendone coscienza aprendoci al mondo così come siamo. Qual'è il rischio? Lo sappiamo benissimo! Le critiche altrui ci potrebbero distruggere. Ma gli "altri" non siamo noi?!
Forse è questo il motivo per cui la nostra immagine riflessa ci piace sempre di meno. Credo che sia il presupposto che conduce alla proliferazione di programmi spazzatura (evito di fare nomi, ma li trovate su tutte le reti televisive) nei quali i nostri figli si identificano con una velocità e totalità allarmanti. Che fare allora?
Questo progetto è una risposta plausibile a tutte queste domande e, probabilmente, a tante che ne scaturiranno. Partire da noi per donare agli altri, donarsi agli altri. Forse è questo il teatro che ho scoperto; forse è questo teatro che ha scoperto l'identità dietro la mia maschera.
Alessandro Stajano

OISTROS è SOLO UNA COMBRICCOLA DI AMICI

nessuno - 10-10-2002 at 08:19

Vorrei sottolinare che oistros è stato creato come un'associazione rivolta alla partecipazione libera di tutti gli studenti ma alla fine grazie a solite pagliacciate è stato occultato tutto! è diventato il circolo privato di una ristrettissima cerchia di studenti che hanno il privilegio di lavorare e di fare esperienza, mentre il 90% degli studenti è allo scuro di tutto!!FORSE CHI STA PORTANDO AVANTI LA CROCIATA DELL'UGUAGLIANZA IN REALTà COMBATTE SE STESSO..XKè DISCRIMINARE STUDENTI A RISPETTO DI ALTRI?

precisazioni per nessuno

gino santoro - 10-10-2002 at 11:53

Non è bello rispondere a "nessuno", anche perché è difficile capire l'utilità di quanto scrive "nessuno" nel forum sull'integrazione partecipata: quale teatro? Forse "nessuno" non era ancora nato quando, era 1969, è stato creato l'OISTROS, ma questo non giustifica affermazioni apodittiche.


Si è chiesto "nessuno" se chi è all'oscuro vuole entrare nella zona illuminata? Quanti studenti ( il 90%?) sono disposti a sottoscrivere quel messaggio?Quanti sono disposti a mettersi in gioco, magari imparando ad usare bene la lingua italiana?

Sarebbe, forse, più utile prendere atto che le crociate sono fuori moda e chiedersi con un pizzico di umiltà: quale contributo posso dare al progetto che si sta realizzando? "nessuno" vuole entrare nel gioco? Come primo passo deve uscire da "nessuno" e diventare persona.
Gino Santoro

Le visioni convergenti. Dopo il caos, l'ordine (ma ludico-partecipativo)

carlo - 10-10-2002 at 11:59

Per quanto io possa amare l'idea del "pensiero divergente",
ovvero quel modo di agire e pensare che spiazza e rilancia i ragionamenti,
credo che in un forum di questo tipo sia importante trovare il modo per far convergere gli elementi del discorso che ci sta + a cuore.

Ovvero il progetto sul rapporto tra integrazione partecipata e teatro, in vista del prodotto multimediale, e del web in particolare, attraverso cui dare una forma compiuta a questa esperienza.

Detto ciò è affascinante come molti insegnanti abbiano scoperto che, accanto al mettersi in gioco proprio del teatro ( e del particolare, intenso, laboratorio di Antonio Viganò) ce ne sia un altro (un diverso mettersi in gioco) che consiste nell'entrare in un forum on line con la propria impronta soggettiva dei pensieri in libertà.

A questo punto abbiamo visto emergere le prime contraddizioni,
ossia quelle che indicano approcci, sensibilità, velocità diverse nel ragionare in rete. Anche con diversificati stili, più o meno aggressivi o ambigui.

Si sta creando un vero labirinto di motivazioni e proiezioni diverse, una condizioine che rivela la realtà delle nostre intenzioni: far incontrare su queste problematiche sia gli insegnanti che gli studenti universitari interessati al rapporto tra il teatro sociale e la multimedialità.

Quando si comporrà il diario di bordo si farà un lavoro di selezione, facendo un pò d'ordine, sistematizzando le varie opininioni.
ma prima dell'ordine è necessario un pò di caos, l'espressione libera della partecipazione attiva a questo progetto, un gioco.
Si, un gioco che espanda la coscienza ludico-partecipativa: un elemento decisivo per fare di questo progetto qualcosa di vero ed originale, per farne uno strumento didattico di nuova sensibilità.

Perchè accada dobbiamo, dopo questa prima fase di slancio, cercare di lavorare sulla convergenza delle visioni e se vi sono contraddizioni e punti di crisi rilevarle, estrarle ed esaminarle, isolandole.

Questo forum è il nostro zibaldone, il campo delle libere espressioni, d'accordo.
ma allo stesso tempo dobbiamo concepirlo come l'ambiente in cui iniziare ad edificare il progetto.
Essere costruttivi e convergenti quindi è l'indicazione che vi lancio.

il tocco di scrittura-pensante

carlo - 10-10-2002 at 14:09

Quota:
Originariamente scritto da alstaja
La mia avventura in questo progetto è iniziata solo oggi, ma mi sono accorto da subito che il livello di coinvolgimento generale è già abbastanza alto. Io stesso non ho potuto fare a meno di restare colpito dalla sincerità e dalla genuinità della testimonianza della Prof. di Taurisano.

>>> anch'io
e noi tutti,credo.
Anche perchè quell'insegnante ha centrato la prima delle contraddizioni in campo:
il fatto di mettere in relazione
studenti universitari, in buona parte disillusi dopo anni di scuole superiori poco stimolanti
e insegnanti che vivono quotidianamente nella trincea faticosa di un sistema educativo troppo poco flessibile<<<



Del resto stiamo parlando di mettersi in gioco (non in mostra), di "insegnare insegnandoci" e quello di oggi mi è sembrato un valido esempio.
(...)
Questo progetto è una risposta plausibile a tutte queste domande e, probabilmente, a tante che ne scaturiranno. Partire da noi per donare agli altri, donarsi agli altri. Forse è questo il teatro che ho scoperto; forse è questo teatro che ha scoperto l'identità dietro la mia maschera.
Alessandro Stajano


>>>al
tocchi i tasti giusti
il laboratorio teatrale è servito
per gli insegnanti principalmente
proprio x sondare la propria disponibilità
è qui che va trovata la prima risposta didattica a tutte le domande intorno al senso di questo progetto
il fatto poi che si confronti così intensamente anche nel forum è un buon segno.
ma attenti a non inciampare nei pietroni delle contraddizioni (salutari, ma non devono viziare la serenità della partecipazione)

il tono del tuo intervento può aiutare non poco a procedere nella discussione

contiamo sul tuo tocco di scrittura-pensante, al!

giuliano - 10-10-2002 at 16:46

Quota:
Originariamente scritto da gabriele
La discussione svaria e diventa piccante a quanto vedo...
Io non sono molto vicino al teatro e tantomeno credo di poter essere d\'aiuto,

>>>secondo me sei molto più vicino di quanto pensi<<<

mi piace partecipare e vedere forse perchè nella mia vita ho sempre osservato dall\'elementari alle superiori chiedevo ai professori di poter essere messo in un banco in disparte, poichè non riuscivo a sentire i miei compagni vicini...e tutt\'ora non m\'importerebbe granchè ricevere comprensione, mi piace guardare

>>>forse è per questo che ti dedichi al video<<<

Tonia - 10-10-2002 at 22:18

Sono sempre stata diffidente,a volte impaurita,da questo modo di "rapportarsi"con gli alti,ma come tutto ciò che poco si conosce,mi affascina e mi incuriosisce.Nei due incontri qulcuno mi ha fatto cadere un pò di (pre)giudizi...non tutti...
-L'alfabeto non è stato creato per scrivere poesie-
Questa frase mi ha aperto una porta...staremo a vedere.

l'alterità come risorsa

carlo - 10-10-2002 at 23:10

gli interventi di antonio viganò,
in particolare quello nella mattinata del 9 ottobre con gli studenti del corso di laurea in scienze e tecnologie dello spettacolo,
mi hanno fatto riflettere e ripescando alcuni appunti presi con il mio palmare, rilascio qualche traccia qui nel forum.

La prima considerazione riguarda le definizioni come "teatro sociale", in cui possiamo far rientrare questo progetto sull'integrazione partecipata.

Antonio dice "la parola teatro basta da sola" per intendere, credo, che il teatro è teatro e basta
e gli aggettivi a volte non servono

ma c'è un ma

ha ragione anche se delle volte le parole ci aiutano a centrare alcune sfumature, importanti, almeno per noi, qui

il teatro sociale,
lui stesso l'ha suggerito, sulla base di un'esperienza consolidata in anni di lavoro con gli Oiseaux Mouche, il gruppo di danza francese composta in parte da portatori di handicap,
accade quando sovrapponiamo questa parola ad un intervento di carattere sociale, come quando si opera con persone soggette ad handicap.

A questo punto il suo ragionamento fa un salto di qualità,
quando afferma di lavorare "sul corpo poetico", quando cioè il lavoro fisico interviene sullo sguardo spiazzandolo , rivelando "altre prospettive."
E dice che il disequilibrio vale sia per l'attore normodotato che per quello che ha problemi di mobilità.
Qui chiama in aiuto un libro importante: "Il corpo" di Galimberti.
L'inquietudine o il dolore che si evoca con il corpo può arrivare a riscattarsi in un atto poetico.

Emblematico in tal senso il lavoro di Pippo Delbono (reduce di un successo notevole al Festival teatrale di Avignone), un regista (ma non solo) che ha trovato in Bobo (un microcefalo che ha incontrato al al manicomio di biscieglie e che da allora è in compagnia a tutti gli effetti).
E' diventato un attore che
quando entra in scena produce un campo d'attrazione inesorabile.

Antonio parla poi dell'alfabeto coreografico che come i principi basilari dell'arte ha bisogno di togliere.

E qui cita Carriére, il drammaturgo di Peter Brook, che descrive un bambino che di fronte ad uno scultore che sta creando un cavallo gli dice:
"ma tu come facevi a sapere che li dentro c'era un cavallo?"

Per concludere rilevo un altro bel concetto lanciato da Antonio:
"l'attore deve essere portatore non solo di luce ma anche dell'ombra"
Per intendere quanto sia importante destabilizzare piuttosto che rassicurare con le belle forme compiute lo spettatore.

Pensate solo a quanto sia importante operare sul principio dell'alterità, del pensiero divergente, sulle inquieteudini
e pensate ad alcuni grandi artisti, sottovalutati in vita e morti in manicomio o in abbandono...
Maestri capaci di fare dell'alterità una risorsa:
artaud
van gogh
campana

Sarebbe utile se alcuni dei ragazzi presenti a quell'incontro mettessero in campop un pò delle loro riflessioni.
Per confrontarci.

In questo forum è evidente che viaggiano diverse linee, Questa sulla riflessione su teatro ed alterità è certamente una di queste.

Un altro ottimo spunto è poi il video "Tessitore di nuvole" che abbiamo visto tutti, studenti universitari ed insegnanti, ci sono elementi da sviluppare.
Il forum li attende.

Poi più avanti, a novembre (il 4 e 5) quando ci reincontreremo si farà un pò di selezione tra le diverse linee del discorso
per comporle nel diario di bordo.







coniugare informazioni ed emozioni

carlo - 11-10-2002 at 13:21

Quota:
Originariamente scritto da gabriele
non sono pienamente concorde con te tonia

>>> gabriele, scusami se ti scelgo come occasione x chiarire meglio l'uso del forum (ma + avanti commenterò le tue, stimolanti, riflessioni)
Quando si risponde a qualcuno in particolare
Cliccate su QUOTE!
permette di fare come in questo mio intervento,
si cita l'intervento e vi si può intervenire tra le righe!
A questo punto sarà chiaro a tutti l'oggetto della discussione...
potrebbero esserci state decine d'interventi in mezzo e sarebbe quindi difficile collegare tra loro i termini del dibattito.<<<



sai l'alfabeto è "un'arma" credo...Benedetto croce diceva che le poesie le scrivono i ragazzi fino a diciotto anni dopo solo due categorie continuano a scriverle: i poeti e l'idioti....

>>> era un riferimento ad una mia affermazione: l'alfabeto non è nato x scrivere poesie.
l'ho definito altresì :tecnologia della memoria
ma ciò non toglie che una delle prerogative dell'evoluzione umana passi attraverso la capacità di coniugare le informazioni con le emozioni<<<




per rispondere a giuliano, si forse hai ragione ma per me c'è qualcosa di più...nel video cerdco di inserire cose nascoste, il video rappresenta una forza che ti scuote ti prende ti fa suo e poi quando ci sei hai quasi timore...è come un mare in tempesta...non so quanti di voi l'hanno visto..intendo visto veramente, da dentro...prima di arrivare al molo lo intravedi e ti sa di vernice e di nuvole, e non vedi l'ora di salirci di essere suo, senti perfino il profumo della salsedine dentro, lo vuoi, poi quando ci sei sopra ecco che in un lampo in un secondo tutto cambia, ti rendi conto che non era come credevi e non è più un amico, lo senti che ti vuole che cerca di strapparti con se ed hai paura..ma quando sei a riva crepi dalla voglia di tornarci e l'attesa diventa una sfida.....forse quello che ho detto per molti non ha senso ma per me......non saprei dirlo.....


ha senso e come
anche a partire dalla differenza

io ad esempio metto in moto il mio immaginario a partire dal piacere per le altezze alpine (ho una casa in valle d'aosta, sotto il Cervino)
credo infatti che una delle condizioni ideali per l'agire umano sia camminare in altitudine (sopra i 2000 metri)
perdonatemi l'insert personale...
ma quando sento parlare di mare come condizione privilegiata del desiderio ci tengo a metterci in mezzo questa considerazione...
e poi conosco molti salentini che adorano le montagne

giuliano - 11-10-2002 at 14:24

Quota:
Gabriele ha scritto:
per rispondere a giuliano, si forse hai ragione ma per me c'è qualcosa di più...nel video cerdco di inserire cose nascoste, il video rappresenta una forza che ti scuote ti prende ti fa suo e poi quando ci sei hai quasi timore...è come un mare in tempesta...non so quanti di voi l'hanno visto..intendo visto veramente, da dentro...prima di arrivare al molo lo intravedi e ti sa di vernice e di nuvole, e non vedi l'ora di salirci di essere suo, senti perfino il profumo della salsedine dentro, lo vuoi, poi quando ci sei sopra ecco che in un lampo in un secondo tutto cambia, ti rendi conto che non era come credevi e non è più un amico,
>>> E' proprio qui il punto! Noi ci facciamo delle immagini di quelloche vorremmo trovare, creiamo delle aspettative, ma quando ci si mette in gioco bisogna accettare l'imprevisto. Il non prevedibile spesso va in conflitto con le aspettative. Allora quello è il momento più difficile: accettare quello che non credevi accedesse (come dici tu Gabriele) In altre parole essere più flessibili, ma questa abilità si conquista con molta fatica e soprattutto umiltà. Non vedere la diversità o tutto ciò che non va secondo le tue aspettative come un nemico, ma soltanto come "diverso" dal tuo modo di percepire. Questo "diverso" ti permetterà forse di confrontarti e di autodefinirti non credi? <<<

lo senti che ti vuole che cerca di strapparti con se ed hai paura..ma quando sei a riva crepi dalla voglia di tornarci e l'attesa diventa una sfida.....forse quello che ho detto per molti non ha senso ma per me......non saprei dirlo.....
>>> Se lo hai scritto sicuramente avrà senso per te. Per gli altri vedremo <<<

La libera espressione

ritabortone - 11-10-2002 at 21:51

Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).

Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione" è consentita anche a me?
In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?


Il Teatro: uno scrigno colmo di tesori

alstaja - 12-10-2002 at 01:21

Anche una normalissima riunione con tanto di “ordine del giorno” può trasformarsi in qualcosa di emozionante. Certamente non avrei potuto immaginare gli sviluppi, durante l’incontro con i ragazzi della Oistros, di quella che credevo una partecipazione da semplice “osservatore”. Pensavo che si sarebbe discusso circa l’opportunità di proseguire il progetto, avviato la scorsa estate presso una scuola di Taurisano, secondo nuove e meglio definite modalità: resoconto del lavoro già sviluppato; analisi dei risultati; commenti; nuove proposte e via discorrendo. Beh, in linea di massima è ciò che è avvenuto. Soltanto, non avevo fatto i conti con ciò che realmente si stava realizzando dinanzi ai miei occhi e, soprattutto, dentro di me. Tra le nuove presenze, oltre la mia, quelle di un ragazzo e una ragazza che, devo ammettere, hanno attratto in modo speciale la mia attenzione. Il loro rispettivo intervento, lucido e motivato, ha fatto calare nella sterile “sala audiovisivi” un alone di magia che, penso, abbia coinvolto tutti quanti. L’esperienza raccontata dal ragazzo, oltre a richiamarne in pieno la figura, descriveva con dovizia di particolari l’attività del Cantastorie che, egli stesso, ha avuto modo di praticare durante una permanenza di due anni nella bellissima città di Granada. Le atmosfere calde e fumose dei locali, forse un po’ spartani, ma assai accoglienti; la diffidenza degli astanti, meravigliati da un personaggio in parte mimo, in parte musico, alcune volte giocoliere, altre narratore. Comico? No! Ironico e scanzonato, mesto e gioioso, travolgente e disarmante nella sua semplicità. Così, mentre le sue parole sfioravano la mia mente, scorgevo quei ragazzi coraggiosi alla ricerca di una tradizione orale che si sta pian piano allontanando dalla memoria collettiva per far spazio ad iperbolici effetti speciali e mirabolanti scenografie che, purtroppo, non raccontano altro che se stesse. Li “Cunta Cunti” si chiamavano dalle nostre parti. Ma chi erano questi fiabeschi personaggi, mi chiedevo nel contempo, se non già i nostri nonni, e i loro nonni e via così fino ad arrivare in una fredda e scomoda caverna dove, alla rosseggiante luce d’un fuoco di legna, preistorici individui “cuntavano”, con concitate espressioni del corpo e del viso, la caccia a quella creatura con le corna che, adesso, li stava sfamando e che avrebbe sfamato tutte le generazioni a venire perché sulla parete di quella caverna, d’ora in avanti, assieme al disegno del cervo si sarebbe accompagnato il significato “commestibile”. Potrà apparire arduo richiamarsi a quei lontani parenti vestiti di pelliccia, ma in fin dei conti è questo il bello di un racconto: la capacità di scatenare la fantasia di chi ascolta, di suscitarne i ricordi, di costruire nuovi mondi o riproporne di passati; soprattutto la possibilità di essere tramandati e di tramandare con essi il luogo della memoria. In altre parole ciò che accomuna il teatro alla letteratura e queste al cinema, alla televisione, alla radio, alla pittura, alla fotografia o a qualsivoglia espressione dell’umana esigenza di comunicare, altro non è che la narratività: ossia la peculiare valenza insita nel significante che, mi perdoni Mc Luhan, questa volta sì, è il messaggio! Ma tornando a quanto si diceva in quella sala dell’edificio universitario, mi rendevo conto, tra una storia e l’altra, che avrei avuto ben poco da raccontare al mio turno. Avrei potuto evitare, ma qualcosa di nuovo e di bellissimo si stava facendo strada dentro di me: il desiderio irrefrenabile di raccogliere, per un istante solamente, quelle stille di vita e farle mie per sempre esclamando: mi rendo conto, per la prima volta, di non avere nulla da raccontare; le esperienze che avete vissuto valgono più di un tesoro e ora una parte di quel bottino prezioso è anche mia, per il semplice fatto di essere stato qui ad ascoltarvi in quella che poco tempo prima credevo fosse un’aula e che ora, come per magia, era un magnifico teatro.

Alessandro Stajano

il non luogo del forum

carlo - 12-10-2002 at 22:55

Quota:
Originariamente scritto da ritabortone
Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).

>>>è permesso a tutti!
e poi una tua presenza, rita, in quanto figura di riferimento per il progetto può essere molto utile x raggiungere quella "convergenza" di cui parlavo in un mio intervento precedente<<<


Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione" è consentita anche a me?

>>> certo, in particolare ora che siamo in questa prima fase in cui è importante scendere in campo con più libertà possbile,
perchè sia fluida la partecipazione.
L'importante sarà poi, quando apriremo la seconda fase (dal 4 novembre) cercare di individuare i nodi di sviluppo tematico del progetto.<<<

In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?


>>>no, bisogna andare oltre le inibizioni.
Sarebbe opportuno che le insegnanti ritornino in pista x confrontarci magari sul video "tessitore di nuvole", procedere ancora sul piano delle libere espressioni.
Ci troviamo qui, nel "non luogo" del forum... "non luogo" già sentita questa paroletta...




Vinicio Antonio Attanasi - 13-10-2002 at 13:39

Quota:
Originariamente scritto da ritabortone
Ci sono anche io (Mi ha dato Carlo il permesso di iscrivermi al forum!).

Vi sto leggendo e mi piace leggervi. E mi vengono in mente molte cose da dirvi, e molte cose da chiedervi, ma secondo voi, una "libera espressione" è consentita anche a me?
In parole povere, secondo voi io posso partecipare al forum e dirvi o chiedervi quello che mi suggerite voi stessi con i vostri interventi? o vi sentite in qualche modo inibiti nella "libera espressione" vostra?



>>>Certo che può intervenire nella discussione del forum e rivolgerci delle domande!Anzi chi meglio di una persona che non ci conosce (infondo tra di noi bene o male ci conosciamo tutti, e a volte ci si risponde basandoci anche in parte ai pregiudizzi che abbiamo l'uno nei confronti dell'altro!!!)può farci riflettere ancora di più su noi stessi, le nostre esperienze e i nostri sentimenti!Infondo siamo su un forum "una piazza" dove tutti dicono la propria su di un argomento e se giunge qualcuno dall'esterno è il ben venuto!Perchè se non ci aiutiamo tra di noi a superare i nostri ostacoli ed integrarci gli uni agli altri non potremo mai uscire fuori ed aiutare gli altri ad integrarsi, poichè prima di conoscere gli altri dobbiamo conoscere noi stessi,solo così potremo essere veramente d'aiuto a qualcuno!Quindi lei è libera di chiederci (almeno per quel che mi riguarda!)tutto quello che vuole e soprattutto farci notare tutti gli errori, le contraddizioni ed i dubbi che involontariamente e "volontariamente" esprimiamo sul forum!!!!!!!!!!Grazie!!!!!!!!!!!<<<

Tonia - 13-10-2002 at 18:51

...il mare,prima ti culla e poi..ti vuole ingoiare...ogni cosa ha le sue facce sinistre che a volte è bene rimangano tali.ogni essere ha i suoi terreni di sfogo,il mio sono le parole,quasi sempre inespresse e soffocate in qualche "contenitore"credo ormai colmo,in attesa che qualcosa o qualcuno lo smuova facendone uscire il contenuto,misero,stupido e "in"significante che sia.ma,la miseria è bella e i significati soggetivi.

intorno al teatro di partecipazione

gino santoro - 13-10-2002 at 21:31


Interrogativi, ovvero capriole nel passato futuro

E’ bello che in un ‘forum’ ci siano voci diverse. Ma quanto diverse? Anche fino al punto da poter stare in un forum con un altro titolo?
Il titolo non è il risultato di una serie di scelte?
Condivise da chi interviene nel forum?
I nuclei semantici del titolo sono “Integrazione” e “Teatro”. L’una è specificata da “partecipata”, l’altro è dissolto da un interrogativo.
Semplificando con l’accetta la risposta potrebbe essere: la vera integrazione si può ottenere non attraverso il teatro della rappresentazione, ma della partecipazione. Facile a dirsi. Ma, come, quando e con chi si può fare?
Sappiamo (?) come la capacità e la voglia di rappresentare (rifare qualcosa davanti a qualcuno) si sia condensata in "teatro". Ma la capacità e la voglia di partecipare ha mai assunto forma teatrale, oppure il teatro è stato esclusivamente una galleria di forme della rappresentazione?
L’uomo si è fatto attore per attrarre tutta l’energia della partecipazione sottraendola all’uomo che si fa spettatore?
E qual è la natura di quell’energia? E’ forse collegata alla capacità di costruire e impersonare personaggi?
Perché il titolo del progetto e del forum ci proietta nella preistoria del teatro? Solamente del teatro o anche agli albori della convivenza umana?
La pratica di collocare il diverso fuori dal discorso dei normali (o dentro un discorso speciale), fuori dalle relazioni normali (o dentro relazioni speciali) è più vicina al comportamento del ‘branco’ o a quello della comunità, o a quello della società?

Qualche passo nel labirinto degli specialismi

Se il disabile psicofisico nel rapporto terapeutico con i professionisti della riabilitazione viene inscritto e circoscritto all'interno di un sistema di pratiche e di discorsi incentrati sui suoi deficit psicofisici, nel rapporto didattico, proprio del mondo della scuola, dovrebbe essere inserito in pratiche e discorsi inerenti le sue abilità e il suo vissuto fatto di esperienze e relazioni.
Ma spesso la scuola non riesce a trovare un terreno che prescinda dalle etichette - diagnosi elaborate dagli specialisti e finisce col fondare ogni progetto educativo proprio su quelle diagnosi. I risultati, nella maggior parte dei casi (potrebbe essere diversamente?), non vanno mai oltre la conferma della diagnosi medica.
La medicalizzazione della didattica è un processo subdolo e pervasivo perché si espande attraverso i luoghi comuni dello scientismo e dello specialismo. E’ attraverso questi ‘luoghi comuni’, indiscussi e perciò indiscutibili, che qualunque ‘progetto di vita’ collassa nelle tecniche di acquisizione (o non acquisizione) di abilità e saperi disciplinari e nelle defatiganti strategie di controllo dei comportamenti ‘anomali’ nella normale vita scolastica. Per cui, un insegnante (normale o di sostegno) che non riesce ad insegnare ad un ragazzino a leggere e scrivere, le capitali europee o la formula dell’area del triangolo, è un fallito; a meno che non possa contare su una diagnosi che ha escluso ogni possibilità di apprendere per il paziente/alunno.

Per finire, due passi nel non luogo

Qualche volta è accaduto che nel non luogo dell’arte, e in particolare del teatro, è stato possibile sospendere il potere del discorso medico e progettare un percorso di conoscenza in grado di ristrutturare le relazioni fra il soggetto diverso, disabile, folle e il mondo, dopo aver incorporato le relazioni fra il soggetto e il piccolo gruppo coinvolto in tale percorso. Questo non è accaduto nel teatro di rappresentazione. Ma contro. Contro il testo, contro i ruoli, contro i personaggi, contro il sipario, la scenografia, il regista, gli attori. Teatro come la peste, teatro della crudeltà, teatro vivente, teatro di Odino, teatro del pungiglione o del morso…Artaud, Benjamin, Pirandello, Grotowski, Scabia, Bene, Barba… una galleria d’irregolari, questa volta?
Chi ci garantisce che siamo sulla via che porta al teatro della partecipazione?
Riflettiamo, gente, riflettiamo.

partecipazione: tra identità e alterità

carlo - 13-10-2002 at 22:12

l'intervento di gino traccia il solco in cui far convergere questo nostro lavoro-gioco del forum nella direzione giusta.

Riflettiamo sul senso del teatro come rito di partecipazione ed insieme a questo su come l'ambiente educativo possa trovare il modo per attuare dei processi virtuosi per riqualificare i rapporti di scambio culturale ed umano capaci di "tirar fuori risorsa".

E' da qui che si può procedere verso il concetto d'integrazione partecipata: trovando la misura per coniugare l'identità (sia quella soggettiva ed emozionale che quella culturale di cui si è parte, per impegno e connotazione)
con l'alterità (che riguarda la ricerca dell'altro, a partire da chi è ai margini dei sistemi istituiti).

Sarà importante da questo punto fare uno sforzo per fare confluire il dibattito su questo piano.
Magari cerchiamo di farlo attraverso l'analisi di ciò che è già accaduto in questo primo tratto di laboratorio, sia quello teatrale che quello che riguarda la mappatura degli indizi (i ragionamenti fatti, il video, le esperienze correlate al progetto).

Emanuela g. - 14-10-2002 at 22:42

Il teatro, luogo e mezzo di evasione dalla realtà. Un unico luogo dove sentirsi liberi, uguali, per dare voce alle proprie tensioni, uscire dal ghetto e confrontarsi.
Mezzo d'integrazione per tutti "normali" e "non", se così vogliamo definirci, un terreno su cui puoi neutralizzarti ed essere altro.
Coltivare l'ascolto, ascoltarsi ma soprattutto saper ascoltare..........




Entra nella storia!

lindam - 15-10-2002 at 09:41

Mi dicevano:"Un'esperienza forte, questa! Un'esperienza che ti farà entrare in crisi, ti metterà in discussione!"
Mi incuriosiva, perchè mi piace mettermi in discussione: sono ancora alla ricerca di me stessa, dei miei lati forti, dei miei punti deboli.
Mi credevo inibita; mi dicevo: non ce la farò mai!
Ma tutto è stato semplice, forse più del previsto.
Quei gesti strani! Cosa vorranno dire? Avranno un significato per lui (Viganò), rappresentano la sua storia, ma non la mia.
Mi sentivo un cagnolino ammaestrato!
Ma poi le parole chiave: entra nella storia!mettiti in gioco!
E ho giocato.
Ha giocato la mia immaginazione, la mia emotività, la mia fantasia, ed ho iniziato il viaggio.
Un viaggio dentro me stessa, alla scoperta di ciò che era mio, ma che sembrava non appartenermi più: la corporeità, la potenza della corporeità e della sua espressività nello spazio.
Lo spazio, il tempo!
Concetti codificati nella mia mente, da me, insegnante di storia e di italiano, ma non posseduti veramente, hanno iniziato a prendere forma.

Non è facile costruire geometrie nello spazio e ritrovarsi subito dopo.
E' facile perdersi, non sai dove andare, cosa fare. Ti chiedi chi sei.
E intanto continuo a cercarmi, continuo a trovarmi, continuo a perdermi...
Incomincio a capirmi di più?
Non lo so.

Ma come capire gli altri
quando si è ancora alla ricerca di se stessi?

sei sulla buona strada

giuliano - 15-10-2002 at 10:43

Quota:
Originariamente scritto da lindam
...
..... Non è facile costruire geometrie nello spazio e ritrovarsi subito dopo.
E' facile perdersi, non sai dove andare, cosa fare. Ti chiedi chi sei.
E intanto continuo a cercarmi, continuo a trovarmi, continuo a perdermi...
Incomincio a capirmi di più?
Non lo so.

Ma come capire gli altri
quando si è ancora alla ricerca di se stessi?


<<< lindam secondo me sei sulla strada giusta. Io credo che non si può cercare se stessi in astratto, ma insieme agli altri. Non esiste un prima e un dopo. Non ci si può preparare e poi sciorinare quello che si è pensato o le conclusioni a cui si è arrivati. Tutto ciò avviene insieme agli altri:
l'alterità allora diventa una occasione di autodefinizione e di crescita collettiva!
mi è difficile concepire un prima e un dopo nell'autoformazione in attività di gruppo ad approccio socio-educativo. Probabilmente si tratta di osservarsi, aprirsi al nuovo e al diverso e vedere se i nostri comportamenti cambiati provocano nuove conoscenze. Ogni nuova conoscenza, infatti, comporta un cambiamento. E' un'interazione continua!
Ma non sarete soli. Presto verremo nelle classi e lavoreremo insieme. Stiamo organizzando, ma siete voi in prima persona i protagonisti di questo nuovo modo di fare apprendimento attraverso l'esperienza.
A presto
Giuliano Capani>>>

P.S. C'è un sito interessante che potete visitare: l'URL è:
http://www.educare.it

come la panna

carlo - 15-10-2002 at 11:58

evviva!
il dibattito sta montando
come la panna
ottima cosa

appena ho un pò di tempo (sono appena tornato da una delle mie solite missioni...)
voglio intervenire su 2-3 sfumature:
c'è qualcosa che non mi torna sul cinismo del "io spero che..."

nel frattempo voglio sottolineare l'ottimo spunto di giuliano nell'indicare un link nel web
è un modo eccellente per far procedere la discussione facendo riferimenti che apportino conoscenze, link mentali

mi raccomando però prima del www
va inserito http:// e poi date uno spazio
in questo modo cliccando lì si va direttamente sul sito

e poi sarebbe saggio indicare delle pagine specifiche (in questo caso la cosa migliore da fare è il CopiaIncolla dalla barra degli indirizzi e poi dentro lo spazio del forum)
in questo modo sie entra nello specifico del discorso e dei link correlati

io ho fatto così
ho seguito l'indicazione di giuliano e ho cercato qualcosa d'interessante
l'ho trovata:
http://www.educare.it/Handicap/articoli/integrazione_scolastica_eur...

e poi ho trovato nella nota sull'autore di quel testo una bibliografia da iniziare a prendere in considerazione nel nostra lavoro di ricerca
http://www.educare.it/Handicap/articoli/integrazione_scolastica_eur...

ciao

Dalla disintegrazione alla integrazione

Danila - 15-10-2002 at 19:51

Non ho alunni disabili, ma mi sembrano spesso dis-integrati.

Francesca (I superiore) la volta scorsa è andata via dopo la 4a ora pensando di poterlo fare senza un permesso.
I ragazzi entrano tutti in ritardo. Sono distratti. Non amano la SCUOLA.

Oggi entro in classe con una breve esperienza di laboratorio teatrale fresca di vita che mi ha seminato qualcosa dentro.
La sensazione di dover destrutturare il luogo classebanchicattedrasedie è forte, ma mi rendo conto di quanto siano confortevoli i gesti automatici come la firma sul registro (pre-contatto) o sedermi dietro la mia cattedra/barricata...
Ma il bisogno è forte.
In fondo l'ho voluto io il momento di rottura; nessuno mi ha imposto la partecipazione al laboratorio di teatro con mia figlia e Beatrice due anni fa, all'atelier di Alex Cormansky, e a questo corso di formazione.

Li guardo i piccoli di primo anno: i loro corpi sono distratti con una buona percentuale di pensieri FUORI di qui.

Devo prima farli entrare per poterli accogliere.
Allora... Fuori dai banchi!
Penso: E adesso che faccio? Con Viganò era facile. Qui comando io.
Una battuta potrebbe compromettere tutto, ma sento una grande energia e non ci sarà battuta che potrà smontarmi.

Mi guardano e questa volta gli occhi sono un po' disorientati, ma non distratti.
Ne approfitto.

Cerchiamo di stare ben piantati per terra Chiudiamo un momento gli occhi e pensiamo al nostro corpo, a noi che respiriamo. Ci concentriamo sul nostro respiro per escludere cio' che è intorno, per concentrarci sul nostro essere
QUI,ORA. Apriamo gli occhi. Ognuno è parte di un cerchio. Se Giuseppe fa due passi in avanti il disegno nello spazio cambia. Come ci si sente dentro?...E fuori? Ne parliamo e poi scivoliamo nella rap-presentazione di noi stessi, tutti interi però... e visto che gli schemi comunicativi sono rotti, perchè non farlo in francese!?!

Non voglio dilungarmi sulla mia "leziazione" , ma quello che voglio dirvi è che erano PRESENTI. Me lo hanno detto: non sono usciti con la testa nel frattempo. E so che non sono state le mie parole, ma la convinzione che c'era nella mia voce (e nei miei movimenti) a far funzionare il gioco.

Ho molti giochi in MENTE che non escludono il CORPO: entrare nelle sfere degli altri, volare, entrare in un quadro, far parlare le mani...
Le mani parlano anche francese.



distratti da mondi che a scuola non entrano

ritabortone - 16-10-2002 at 14:02

Quota:
Originariamente scritto da Danila
Non ho alunni disabili, ma mi sembrano spesso dis-integrati.

Francesca (I superiore) la volta scorsa è andata via dopo la 4a ora pensando di poterlo fare senza un permesso.
I ragazzi entrano tutti in ritardo. Sono distratti. Non amano la SCUOLA.

Oggi entro in classe con una breve esperienza di laboratorio teatrale fresca di vita che mi ha seminato qualcosa dentro.
La sensazione di dover destrutturare il luogo classebanchicattedrasedie è forte, ma mi rendo conto di quanto siano confortevoli i gesti automatici come la firma sul registro (pre-contatto) o sedermi dietro la mia cattedra/barricata...
Ma il bisogno è forte.
In fondo l'ho voluto io il momento di rottura; nessuno mi ha imposto la partecipazione al laboratorio di teatro con mia figlia e Beatrice due anni fa, all'atelier di Alex Cormansky, e a questo corso di formazione.

Li guardo i piccoli di primo anno: i loro corpi sono distratti con una buona percentuale di pensieri FUORI di qui.

Devo prima farli entrare per poterli accogliere.
Allora... Fuori dai banchi!
Penso: E adesso che faccio? Con Viganò era facile. Qui comando io.
Una battuta potrebbe compromettere tutto, ma sento una grande energia e non ci sarà battuta che potrà smontarmi.

Mi guardano e questa volta gli occhi sono un po' disorientati, ma non distratti.
Ne approfitto.

Cerchiamo di stare ben piantati per terra Chiudiamo un momento gli occhi e pensiamo al nostro corpo, a noi che respiriamo. Ci concentriamo sul nostro respiro per escludere cio' che è intorno, per concentrarci sul nostro essere
QUI,ORA. Apriamo gli occhi. Ognuno è parte di un cerchio. Se Giuseppe fa due passi in avanti il disegno nello spazio cambia. Come ci si sente dentro?...E fuori? Ne parliamo e poi scivoliamo nella rap-presentazione di noi stessi, tutti interi però... e visto che gli schemi comunicativi sono rotti, perchè non farlo in francese!?!

Non voglio dilungarmi sulla mia "leziazione" , ma quello che voglio dirvi è che erano PRESENTI. Me lo hanno detto: non sono usciti con la testa nel frattempo. E so che non sono state le mie parole, ma la convinzione che c'era nella mia voce (e nei miei movimenti) a far funzionare il gioco.

Ho molti giochi in MENTE che non escludono il CORPO: entrare nelle sfere degli altri, volare, entrare in un quadro, far parlare le mani...
Le mani parlano anche francese.

>>>danila, tutto il tuo intervento mi trova in forte sintonia. la mia direzione di pensiero è questa: poco importa un quadro o che so io, importa la disponibilità alla provocazione e alla destrutturazione, credo, per una rivisitazione del fare lezione che "acchiappi" le persone intere, come dici tu. essendo intera tu, ovviamente, altrimenti non si può! forse la domanda non è come far entrare il teatro di partecipazione nella scuola, ma piuttosto come rendere la scuola un teatro di partecipazione, anche quando Viganò non potrà tutorarci. hai ragione tu: i ragazzi non amano la scuola, spesso, e sono distratti da mondi che a scuola non entrano, e nei quali la scuola non entra. ma a volte la amano, la scuola, e ci entrano: quali sono le condizioni date le quali ciò accade? ciao, ci vediamo il 21?

il buco nero

carlo - 17-10-2002 at 12:02

Quota:
Originariamente scritto da gabriele
oggi stranamente ho letto il giornale ed ho captato una notizia sconvolgente (...)


>>> sono andato a leggere
x chi voglia sapere di più della questione di cui tratta gabriele
ecco un link
http://www.bari.repubblica.it/archivio/20021017/cronaca/055bapre.ht...
è il tipico caso che ci fa riflettere su quel buco nero che riguarda il rapporto tra disagio sociale e istituzioni
proprio quel punto di crisi verso cui guardiamo con il nostro progetto<<<


Altro spunto interessante riguarda il Crollo della famiglia, si vedano le stragi accadute in questi giorni.
Cosa sta accadendo all'essere umano?
Siamo destinati a scomparire per mano nostra?
Ma soprattutto come aiutarci?
Con il teatro sociale?
La situazione credo che sfugga di mano, penso che sia importante parlarne

grazie per l'attenzione concessa



Il fatto che l'istituto della famiglia sia in crisi non rappresenta il problema
anzi
credo che spesso nella "prigione" delle famiglie che non ascoltano risiedano le peggiori contraddizioni
ma non è qui il punto
non credo sia il caso di aprire dibattito su questo bensì sulle diverse forme del disagio giovanile, degli squilibri, delle "disintegrazioni" di cui si parlava all'inizio di questo forum

mentre cercavo informazioni sul caso segnalato su repubblica.it
mi sono imbattuto in questo articolo di una mia cara amica
credo possa essere un buon spunto

http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/adole/adole/ad...

SFIDA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Vinicio Antonio Attanasi - 18-10-2002 at 13:33

Ciao a tutti! Vi invio un allegato che ho scritto giorni fa! è una "sfida" a tutti voi che mi è stata suggerita da 2 miei prof!Spero non vi offendiate molto!!!

Allegato: Vi sfido a provarci !!!.doc (21kB)
Questo file è stato scaricato 744 volte


in pista !

mary - 18-10-2002 at 15:26

Torno in forum dopo qualche giorno per ristabilire il giusto voltaggio dei miei circuiti emotivi (sigh!).
E ripensando al video "TESSITORE DI NUVOLE"...
Cercansi fili per tessere nuvole. Le conoscenze (culturali ),a volte, sembrano non bastare e spesso rimaniamo a lungo appollaiati sull'albero, sospesi tra cielo e terra.
Bisogna trovare i fili, bisogna...tramare, ordire...creare il tessuto o ... cucire lo strappo. Ma il filo è esterno al tessuto o fa parte di esso?
Tessitore- filo- tessuto,un "ensamble "che
realizza e si realizza solo quando ogni elemento mette in gioco se stesso.
Ma "con cosa" mettersi in gioco? E in "quale luogo " farlo?
Un passo indietro.
Domande:Cosa si "scambiano "Giovanni e Beatrice in aula?
Cosa si "scambiano" Giovanni e i compagni in aula?
E cosa si "scambiano" invece nel Laboratorio?
Il laboratorio permette di stabilire una nuova modalità di approccio,di contatto,di incontro utilizzando libera-mente l'alfabeto del corpo.
E' il corpo, nel teatro partecipato e nella sua Utopia (non luogo)che diventa il filo che cuce o ri-cuce!?
Questo è il teatro che, come dice Giovanni,ci vuole conoscere. Questo è il teatro dove ognuno di noi si guarda guardando l'altro; si conosce conoscendo l'altro; si ri-conosce ri-conoscendo l'altro.
Oggi,a scuola , nel nostro non luogo io e i miei alunni (2a elementare), abbiamo giocato a raccontare storie con il corpo.
I bambini erano conquistati e stupiti nello stesso tempo.La voce ci ha sostenuto all'inizio,poi le mani hanno fatto da sole e...hanno raccontato di amici, di giochi, di paure,di affetti.
Era comunque "raccontare storie" anche mettere in sequenza i "disegni nello spazio" suggeriti da Antonio. E...abbiamo raccolto mele,riacchiappato un uccellino che stava cadendo dal nido, pianto, disegnato il viso come gli indiani...
Le parole magiche sono state,oggi,"raccontare una storia".
Avevamo e sicuramente abbiamo tutti una storia,forse tante storie che il nostro corpo tiene prigioniere e che dobbiamo a tutti i costi riportare a casa.
Ne vogliamo parlare? mary

giuliano - 18-10-2002 at 17:53

Quota:
Originariamente scritto da Mary
Il laboratorio permette di stabilire una nuova modalità di approccio,di contatto,di incontro utilizzando libera-mente l'alfabeto del corpo.
E' il corpo, nel teatro partecipato e nella sua Utopia (non luogo)che diventa il filo che cuce o ri-cuce!?
E’ vero Mary, quando siamo ‘veri’ con gli altri, cioè quando è la nostra vita, i nostri pensieri che mettiamo in gioco, si spalanca un nuovo panorama non prevedibile, ma solo intravedibile. Queste nuove energie che tu stai facendo uscire fuori devi cercare la maniera di ri-metterle in gioco in azioni che devono rivolgersi all’esterno. Mi spiego: ogni gioco, e quindi anche quello dell’apprendimento attraverso le attività che chiamiamo teatrali, deve avere un obiettivo, una motivazione per giungere ad uno scopo. Uno dei nostri obiettivi è quello di allargare i processi cognitivi per uno sviluppo della persona, non dimentichiamolo. Quindi il focus del nostro intervento dovrebbe tendere a partire dall’uomo come individuo specifico (soggettività) passare per l’uomo come individuo sociale (relazioni sociali, ambiente etc.) ed approdare all’uomo come individuo cosciente (conoscere i processi culturali, storici e sociali, che sono accaduti prima di noi; il mondo in cui viviamo etc. e che ci hanno portato a vivere nella situazione in cui ci troviamo oggi). Nel nostro teatro si parte dal corpo, o meglio dal corpo-mente che difficilmente mente! (che bisticcio cacofonico) Ma è solo uno strumento, non mitizziamolo. Cerchiamo di allargare il nostro orizzonte e chiederci ogni tanto che ci stiamo a fare in questa classe, in questa casa, in questa città… in questa palla che gira intorno al sole! E se ci sta bene così com’è o possiamo pensare a qualcosa che funzioni meglio. Allora le nostre azioni, i nostri comportamenti lasceranno delle tracce, delle traiettorie, delle direzioni … ma non dimentichiamoci che il punto di partenza per ogni viaggio verso la conoscenza è l’ignoto! Buon lavoro a te Mary e a tutti gli altri… che spero si facciano sentire
Giuliano Capani

cipriana - 18-10-2002 at 19:08

Bellissimo il gioco serio di Attanasi. Cosa posso aggiungere adesso...... dopo tante riflessioni di persone che lavorano da anni nel settore........ sono felice di esserci.
I primi incontri a scuola, sull'integrazione partecipata, mi hanno fatto sentire tra amici, di cui non era necessario sapere neppure il nome, siamo entrati in sintonia, ognuno a cedere un poco della propria sfera privata, a prendere e restituire energia. Questo viaggio l'ho intrapreso per me, perchè mi intriga, perchè voglio focalizzare meglio quello che ho sempre pensato, perchè non esiste il diverso, l'altro siamo noi, fortunatamente tutti un pò anormali.

riflessione

gabriele - 19-10-2002 at 09:03

ho visto dei servizi in tv interessanti.
Uno trattava la pericolosità dei media nella formazione di un uomo, mentre l'altro trattava il potere nascosto della musica.
Mi è subito balzato in testa l'esperimento che ho fatto anni fa nella mia scuola durante un'occupazione di cuoi mi resi promotore a mio malgrado.
Dovete sapere che nella via scuola il "diverso" era il cosidetto "normale", tutti avevano problemi con il mondo esterno, chi i genitori tossico-dipendenti chi in galera chi problemi mentali, direte voi ma che cos'era "nu carceru", non proprio ma ci mancava poco.
Insomma con dei miei compagni facemmo un gioco ascolammo al buoi una canzone e poi cercavamo di estrarre le nostre paure...bhe il risultato fu terrificante ve lo assicuro.. cmq nel prossimo messaggio vi invio il testo

testo

gabriele - 19-10-2002 at 09:10

CANTICO DEI DROGATI

Ho licenziato Dio
gettato via un amore
per costruirmi il vuoto
nell'anima e nel cuore.

Le parole che dico
non han più forma né accento
si trasformano i suoni
in un sordo lamento.

Mentre fra gli altri nudi
io striscio verso un fuoco
che illumina i fantasmi
di questo osceno giuoco.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Chi mi riparlerà
di domani luminosi
dove i muti canteranno
e taceranno i noiosi

quando riascolterò
il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi
che la sera raccoglie.

Io che non vedo più
che folletti di vetro
che mi spiano davanti
che mi ridono dietro.

Come potrò dire la mia madre che ho paura?

Perché non hanno fatto
delle grandi pattumiere
per i giorni già usati
per queste ed altre sere.

E chi, chi sarà mai
il buttafuori del sole
chi lo spinge ogni giorno
sulla scena alle prime ore.

E soprattutto chi
e perché mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte
con un anticipo tremendo?

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Quando scadrà l'affitto
di questo corpo idiota
allora avrò il mio premio
come una buona nota.

Mi citeran di monito
a chi crede sia bello
giocherellare a palla
con il proprio cervello.

Cercando di lanciarlo
oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell'infinito.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Tu che m'ascolti insegnami
un alfabeto che sia
differente da quello
della mia vigliaccheria.


*i drogati in questo caso sono coloro che sono diversi, la droga è la diversità ci tenevo a fare qusta precisazione per non incorrere in errori



per chi voglia consultare altri testi dell'album :
http://www.viadelcampo.com/html/testi_v2.html





per chi voglia vederli tutti :

http://www.viadelcampo.com/html/discografia.html


testo promesso

ritabortone - 21-10-2002 at 21:27

ora provo a mandarvi l'allegato, ma non so se ci riuscirò. stasera sono tornata a casa molto stanca, ma abbastanza soddisfatta. sentivo che c'era tensione positiva, e mi piace. mi piace anche che si confrontino punti di vista diversi: le "regole" del teatro e le "regole" pedagogiche. troveranno un punto di equilibrio? secondo me sì. la scommessa è bella, proviamo! sono a vostra disposizione.

Allegato: integrazione partecipata.doc (54kB)
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l'era della disponibilità

carlo - 21-10-2002 at 22:53

Quota:
Originariamente scritto da ritabortone
ora provo a mandarvi l'allegato, ma non so se ci riuscirò.

>>> benissimo!
ci sei riuscita e come
hai inaugurato un'ulteriore procedura del forum
mandare testi in attach
è un passo importante<<<

stasera sono tornata a casa molto stanca, ma abbastanza soddisfatta. sentivo che c'era tensione positiva, e mi piace.

>>> è stato un vero peccato non esserci
dopotutto la geohgrafia non è un'opinione
ma spero di ritrovare questa tensione positiva il 4-5 novembre
quando tornerò per rilanciare con voi la pratica del laboratorio di scrittura on line x la mappatuta multimediale dell'esperienza<<<


mi piace anche che si confrontino punti di vista diversi: le "regole" del teatro e le "regole" pedagogiche. troveranno un punto di equilibrio?

>>>non dimentichiamoci delle "regole" del web
dopotutto è questa rete che ci sta tenendo insieme
è qui, accanto a quella del teatro di partecipazione, uno dei coefficenti più utili da tradurre nella didattica di domani>>>


secondo me sì. la scommessa è bella, proviamo! sono a vostra disposizione.


>>> bene, inauguriamo l'era della disponibilità: è un buon slogan pedagogico<<<

mi presento

giorgio - 23-10-2002 at 09:46

salve, mi presento sono Giorgio, sono un obiettore di coscienza. Oggi dico così perché quando cominciai non ero molto convinto dell’utilità dell’esperienza e mi spaventava l’idea di dovermi confrontare con problemi che non immaginavo neanche. Come avrei potuto aiutare un uomo di cinquant’anni quasi paralitico che a malapena riesce a parlare? O una sedicenne che sa di non avere speranze e che è destinata, prima o poi, a diventare come quel cinquantenne? Certo ero abituato a convivere con persone diverse, sono cresciuto con un ragazzo affetto da nanismo, ma dovevo ffrontare un mondo a parte, era diverso. Cosa avrei potuto fare?
Iniziò l’avventura, malgrado non avessi il coraggio, dovevo farlo comunque, e …….. mi aiutò proprio quell’uomo che parlava a malapena: “Trattami come gli altri, non avere paura, io sono così”.
Ho imparato molto e sono diverso, gli chiedevo di rincorrermi o di tirarmi un pugno e non avevo paura di offenderlo lui mi chiamava fiammifero, ho i capelli rossi, e così con tutti. Vi assicuro che la loro malattia, sclerosi multipla, non è regredita con il mio aiuto, ma non erano soli, c’era chi, con me, li rendeva partecipi della vita, semplicemente, con i mezzi che ognuno aveva a disposizione: chi guidava il pulmino, chi cantava, chi curava solo l’amministrazione e non aveva contatti con loro.
Ora tutto questo perché? Mi sembra che ci sia una latente paura di non essere in grado o di mancare il bersaglio da parte di chi dovrebbe partecipare al progetto. L’ottimismo si sente, forse serve meno timore e la sicurezza che lo si sta facendo perché da soddisfazione e perché non accada che rimangano soli come è successo a Ugento, e per ogni buona ragione che ci piace.
Io ho insegnato informatica a disabili e a docenti scuola superiore e il teatro l'ho sfiorato sostenendo l’esame del Prof. Santoro e per aver frequentato alcuni attori, ma mi piacerebbe poter dare una mano alla realizzazione del Cd relativo all’esperienza in corso.

regole del web?

ritabortone - 23-10-2002 at 13:52

dice Carlo le regole del web. io mi sto chiedendo quali siano e come interpretarle, visto che peronalmente non sono proprio il top della competenza telematica! voglio dire che è la prima volta che partecipo a un forum con interesse. altre volte ho cominciato e poi mi sono annoiata. qui la cosa mi interessa davvero. allora: intanto dichiaro il mio disagio a intervenire a distanza così breve dal mio precedente intervento, e mi ritrovo a pormi, per il forum, gli stessi problemi che mi pongo in qualunque riunione o salotto: in cuor mio commento tutti gli interventi che ascolto, e aderisco o dissento, ma poi mi sembra brutto dire sempre la mia, quindi rinuncio in attesa di cose che mi sembrino più importanti. e qualche volta finisce che i miei pensieri hanno fatto già il loro tempo, all'interno della conversazione, e non sono stati proprio detti e me ne dispiaccio, altre volte sono più coraggiosa. certo non sono una che tace facilmente. per quanto mi riguarda, quindi, il mio rapporto sentimentale con questo forum è esattamente lo stesso che ho con la conversazione in genere: mi piace sentire quello che dicono gli altri, se hanno ascoltato o condiviso le mie posizioni, o se invece dissentono, mi piace spiare il forum frettolosamente e spiare se la conversazione va avanti, mi piace provare a conoscere le persone attraverso quello che dicono, ecc. certo il forum da un lato "copre", rispetto al salotto (non c'è il linguaggio mimico, l'espressione dello sguardo, ecc., dall'altro"scopre" molto di più perchè ti leggono tutti e se hai scritto una sciocchezza non puoi più tornare indietro. va be', ma in fondo, che fa? se uno pensa di dover dire sempre e comunque cose correttissime e sacrosante, allora ha paura, se si dà come dimensione possibile anche quella di sbagliare e quindi di essere bacchettato, senza per questo perdere dignità, allora uno si sente più libero. ma mi vengono in mente due cose: se noi adulti non ci riconosciamo la possibilità di dire qualche fesseria senza paura di sminuirci, come possiamo promuovere negli alunni la convinzione che l'errore non è il MALE, ma una ordinaria condizione di ciascuno, su cui lavorare? Seconda cosa. Forse sto facendo considerazioni improprie, ma oggettivamente c'è da rilevare che il forum sta avendo un ristagno: perché? siete in fase di riflessione? di decisione? di problematizzazione? di confusione? forse se i problemi vengono fuori, o le ipotesi di lavoro, può essere utile discuterne insieme, no?
chiedo scusa per non aver mandato ancora ai tutors il fax promesso, con l'ipotesi di laboratorio del Galateo, ma sono stata fuori scuola oggi e ieri. ho mancato anche un'altra promessa: la poesia da mandare a Gino sui sogni. ma non ho dimenticato. la devo trovare.
carlo, io sono per una riflessione che segue l'esperienza: ora siamo in situazione (nuova!) e ancora le regole del gioco non le abbiamo scoperte! e se non le abbiamo scoperte noi, come possiamo pensare al loro trasferimento? certo, se la situazione la fuggiamo, non le scopriremo mai! ma secondo voi, Viganò che fine ha fatto?

il circolo dell'empatia

carlo - 23-10-2002 at 14:40

Quota:
Originariamente scritto da ritabortone
dice Carlo le regole del web. io mi sto chiedendo quali siano e come interpretarle, visto che peronalmente non sono proprio il top della competenza telematica!

>>>non vorrei dire che le regole del web siano come il codice stradale... non è mai solo un fatto di segnaletica e di funzioni...
eppure sappiamo che s'impara a guidare
guidando
e non studiando i cartelli stradali<<<



voglio dire che è la prima volta che partecipo a un forum con interesse. altre volte ho cominciato e poi mi sono annoiata. qui la cosa mi interessa davvero. allora: intanto dichiaro il mio disagio a intervenire a distanza così breve dal mio precedente intervento, e mi ritrovo a pormi, per il forum, gli stessi problemi che mi pongo in qualunque riunione o salotto: in cuor mio commento tutti gli interventi che ascolto, e aderisco o dissento, ma poi mi sembra brutto dire sempre la mia, quindi rinuncio in attesa di cose che mi sembrino più importanti. e qualche volta finisce che i miei pensieri hanno fatto già il loro tempo, all'interno della conversazione, e non sono stati proprio detti e me ne dispiaccio, altre volte sono più coraggiosa. certo non sono una che tace facilmente.


>>>hai toccato il tasto giusto
credo infatti che il forum possa essere inteso come
un circolo dell'empatia
un luogo (non-luogo) della conversazione e dello scambio di idee
un posto dove, però, le cose possono uscire + facilmente uscire:
parlare in pubblico è in problema x molti<<<



per quanto mi riguarda, quindi, il mio rapporto sentimentale con questo forum è esattamente lo stesso che ho con la conversazione in genere: mi piace sentire quello che dicono gli altri, se hanno ascoltato o condiviso le mie posizioni, o se invece dissentono, mi piace spiare il forum frettolosamente e spiare se la conversazione va avanti, mi piace provare a conoscere le persone attraverso quello che dicono, ecc. certo il forum da un lato "copre", rispetto al salotto (non c'è il linguaggio mimico, l'espressione dello sguardo, ecc., dall'altro"scopre" molto di più perchè ti leggono tutti e se hai scritto una sciocchezza non puoi più tornare indietro.

>>> no!
qui puoi anche correggere: cliccando su EDIT<<<


va be', ma in fondo, che fa? se uno pensa di dover dire sempre e comunque cose correttissime e sacrosante, allora ha paura, se si dà come dimensione possibile anche quella di sbagliare e quindi di essere bacchettato, senza per questo perdere dignità, allora uno si sente più libero. ma mi vengono in mente due cose: se noi adulti non ci riconosciamo la possibilità di dire qualche fesseria senza paura di sminuirci, come possiamo promuovere negli alunni la convinzione che l'errore non è il MALE, ma una ordinaria condizione di ciascuno, su cui lavorare? Seconda cosa. Forse sto facendo considerazioni improprie, ma oggettivamente c'è da rilevare che il forum sta avendo un ristagno: perché? siete in fase di riflessione? di decisione? di problematizzazione? di confusione? forse se i problemi vengono fuori, o le ipotesi di lavoro, può essere utile discuterne insieme, no?
chiedo scusa per non aver mandato ancora ai tutors il fax promesso, con l'ipotesi di laboratorio del Galateo, ma sono stata fuori scuola oggi e ieri. ho mancato anche un'altra promessa: la poesia da mandare a Gino sui sogni. ma non ho dimenticato. la devo trovare.
carlo, io sono per una riflessione che segue l'esperienza: ora siamo in situazione (nuova!) e ancora le regole del gioco non le abbiamo scoperte! e se non le abbiamo scoperte noi, come possiamo pensare al loro trasferimento? certo, se la situazione la fuggiamo, non le scopriremo mai! ma secondo voi, Viganò che fine ha fatto?



>>>quel riflusso di cui parli
è fisiologico
serve carburante
lo metteremo

nel frattempo sarebbe importante che moltre delle insegnanti presenti all'incontro e lo stesso viganò
vengano sollecitate,
una vecchia lettera cartacea, una telefonata, un caffe al bar...

una foto

giuliano - 23-10-2002 at 18:51

Il dibattito si fa interesante. Ci ritornerò con calma. per ora vi mando unja foto. Cliccate sull'allegato
Giuliano

Esercizi.jpg - 26kB

giuliano - 23-10-2002 at 19:03

Ci ritorno.
l'allegato di Rita è quasi un manuale di ottime intenzioni.
Il problema potrebbe essere come trasformarlo in comportamenti congruenti e azioni. Ma a questo ci si arriva per gradi!
In un gruppo ci sono diversi gradi di consapevolezza che non possono essere trasferiti in tempi brevi e poi ci si deve sperimentare. Io credo che occorre fare una scelta fondamentale: quella di vivere con tutto ciò che essa comporta.
Allora mi chiedo: quanto ho vissuto oggi e quanto ho vegetato?
Per vivere intendo rendersi conto di quello che si sta facendo e calibrarsi aggiustando il tiro continuamente.

L'intervento di Giorgio è esemplare. Molte volte lasciarsi vivere senza pregiudizi e paure provoca una forza incredibile ed è l'inizio del cammino....

Sarebbe bello, come ha fatto Danila, sapere in pratica cosa succede nelle scuole! Ma Danila è rimasta un caso isolato.
Forse occorrerà spostare i nostri corpi e agire insieme. Ma facciamolo! La settimana prossima mi dichiaro disponibile il Martedì ad andare in una scuola. Fatemi sapere in quale.
Porterò la mia telecamera.
Giuliano Capani
P.S. vi mando il mio e mail perchè vedo che non compare sollo la stringa del testo, e poi un'altra foto del Seminario

e mail:
gicapani@tin.it

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trasferire esperienze o pensieri?

gino santoro - 23-10-2002 at 21:38

Il 'fare' unisce; il parlare divide, separa. Credo di sapere come si trasferiscono i concetti, ho molti dubbi sulla possibilità di trasferire 'esperienze'. Per trasferire esperienze occorre prima 'tradurle/ tradirle' in concetti? E se la 'diversità', come qualche intervento ha sottolineato, richiedesse di essere vissuta?Se rifiutasse di essere circoscritta in concetti?
Vi propongo in allegato alcune riflessioni (promemoria) collegate ad un laboratorio realizzato un paio di anni fa.
Gino Santoro

Allegato: listruzioni teatrali.doc (27kB)
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l'allegato non si scarica. come mai?

giuliano - 23-10-2002 at 23:11

Quota:
Originariamente scritto da gino santoro
Il 'fare' unisce; il parlare divide, separa. Credo di sapere come si trasferiscono i concetti, ho molti dubbi sulla possibilità di trasferire 'esperienze'. Per trasferire esperienze occorre prima 'tradurle/ tradirle' in concetti? E se la 'diversità', come qualche intervento ha sottolineato, richiedesse di essere vissuta?Se rifiutasse di essere circoscritta in concetti?
Vi propongo in allegato alcune riflessioni (promemoria) collegate ad un laboratorio realizzato un paio di anni fa.
Gino Santoro


purtroppo l'allegato non si riesce a scaricarlo

clicca su APRI IL FILE

carlo - 23-10-2002 at 23:44

Quota:
Originariamente scritto da giuliano

purtroppo l'allegato non si riesce a scaricarlo


visualizzalo (lo abbiamo già fatto in 4...)
cliccando
su APRI IL FILE...

giuliano - 24-10-2002 at 21:29

La domanda di Gino stimola molte riflessioni. Si possono trasferire esperienze? o solo i concetti?
Ed ancora: Pensa e poi agisci o agisci e poi pensa?
Forse è la nostra formazione fortemente razionale che ostacola un agire pensando.
Mi vado domandando da un po’ di tempo se sia possibile questa condizione.
Io trovo che nella tecnica dell’improvvisazione teatrale questa situazione dell’agire pensando e del pensare agendo viene pienamente realizzata.
Non c’è un prima e un dopo, ma un’interazione continua, ed è proprio questo loop continuo che innesca quell’energia che provoca nuovi comportamenti e nuovi pensieri.
L’uno e l’altra sono collegate naturalmente e la compresenza di entrambe (inclusa la verifica dei propri pensieri e azioni) sono segno di dinamicità, di vitalità.
Riguardo al trasferire poi, dal composto latino trans – fero (portare a) questo verbo indicherebbe l’azione di passare ad altri una qualche cosa, ma occorre arrivarci e le azioni da compiere possono essere molteplici.
Allora, secondo le istruzioni teatrali allegate, mi sembra che questo trasferimento non possa che avvenire attraverso quelle azioni indicate nei vari punti che mi sembra si possano in qualche modo sintetizzare nei verbi:

- Istruire (latino: in-struo, cioè costruire sopra l’esistente)

- Formare (l’azione creativa di dare una forma alle azioni o ai pensieri)

- Educare (latino: e-duco, cioè trarre da; far uscire le risorse. Giacchè siamo tutti d’accordo che l’educando non è un vaso vuoto da riempire ma un vaso pieno da formare)

- Comprendere (latino: cum-prahendere, cioè prendere insieme, includere)

Naturalmente dobbiamo tramutare in azioni questi verbi, ma mi sembra che rendano abbastanza bene l'idea che in essi è compresa.

Mi accorgo che si è fatto tardi, anche se l'orario che ne vien fuori è quello americano, ma qui è quasi mezzanotte
Buona notte a tutti
Giuliano Capani


Cercansi fili per tessere nuvole...

bea - 27-10-2002 at 08:42

Da lunedì 28 ottobre partono, nelle tre Scuole coinvolte nel Progetto, i Laboratori di libera espressione previsti.
Non so per gli altri insegnanti, ma per me si tratta di una ripartenza, della ripresa di un viaggio iniziato nella mia scuola 4 anni fa'.
Dovrei avere, quindi, la tranquillità dei vecchi naviganti, che hanno già affrontato la navigazione, sia in condizioni di bonaccia che di tempesta. E invece non è così.
Scrivo queste righe per dare un senso agli interrogativi, ai disorientamenti che mi accompagnano.
So che questa partenza non è come le altre. Intanto perchè da una parte il tempo promette tempesta (vedi i tagli di risorse e personale previsti per la scuola), dall'altra però l'equipaggio è consistente.
Non parto da sola. Ci sono altre persone che con me si imbarcano sulla "navicella del teatro". Sono ragazzi, insegnanti, genitori, sono i nostri "partners", si chiamano Rita, Gino, Carlo, Antonio, Maura... c'è Francesco!
In partenza dal porto della Scuola verso il mare della vita.
La nostra rotta sarà quella dell'integrazione, quella zona di turbolenza dove le diversità si incontrano.
L'equipaggio è ben attrezzato, si sta allenando già dal 7 ottobre.
Sono stati caricati i bagagli.
Si parte!
Terrò un diario di bordo.
Cosa farò lunedì mattina quando sulla banchina del Laboratorio incontrerò i ragazzi, e Linda, Dino, Francesca, Rosanna? Cosa accadrà? Non lo so. In questo momento le incertezze superano di gran lunga le certezze, come in tutti i progetti di ricerca... come in tutti i viaggi...
Alcune cose però ho imparato.
Ho imparato, per esempio, che bisogna avere occhi e orecchie ben aperti.
Aprire le finestre del corpo.
Dare voce ai pensieri.
Farli incontrare con altri corpi, con altri pensieri...
Buon vento!!!

buon vento,sì!

ritabortone - 27-10-2002 at 09:14

buon vento sì, beatrice, a te e a tutti voi. sono con voi anch'io. anche quando mi "metto in cattedra", sono comunque con voi, lo sai, lo sapete. e qualunque problema o domanda o incertezza, (o meglio burrasca, visto che siamo in metafora...), la rotta la aggiustiamo insieme, se è necessario. ma siete tutti ottimi navigatori, e anche se le vostre "specialità" sono diverse, e proprio perchè sono diverse, metterle insieme sarà una grande ricchezza. E' più difficile essere bravi "insieme" che essere bravi da soli: quest'anno, la tua scommessa, la vostra scommessa, è questa: dai che andrete benissimo! ciao. rita

la poesia abbonda!

cipriana - 27-10-2002 at 12:02

Cosa potrebbe accaderci di così burrascoso? Dal caos sicuramente nascono cose buone, non così dall'ordine.
NON voglio sentirmi un'insegnante, NON voglio parlare di alunni, di genitori, di scuola.
Intanto, gettàti per terra, con tutto il materiale che riusciamo a raccogliere o inventarci vediamo di partorire qualcosa che abbia a che fare con la creatività, poi certamente la ricaduta in classe non si farà attendere.
Se non ci riusciamo noi, che senza arte nè parte siamo stati scaraventati tra i banchi e ancora oggi siamo pronti a metterci in discussione, chi potrebbe riuscire?

Tutti i grandi sono stati bambini una volta

Sabrina Fiore - 28-10-2002 at 17:14

Per la seconda volta scriviamo accoppiate:siamo Valentina e Sabrina!!
La nostra la vogliamo dire!Con tutta sincerità, pur avendo partecipato agli incontri con Carlo Infante e al forum, non avendo avuto l' esperienza diretta di Taurisano e Otranto, ci sentiamo ancora adesso delle "estranee". Non abbiamo vissuto niente che ci faccia intendere il corpo-poesia, il rapporto con i cosidetti "diversi", l' emozione di lavorare sul campo, di questo ce ne dispiace molto.
Vorremmo sentirci più partecipi, perchè senza l' esperienza diretta c'è poco da dire...Infatti nel nostro primo intervento abbiamo semplicemente detto ciò che pensavamo di fare, le nostre idee; solo dopo ci siamo rese conto che avevano poco valore in confronto a chi ha avuto modo di partecipare a questo tipo di integrazione.
Nonostante tutto le nostre emozioni ci portano a fare una breve riflessione:
sarebbe bello un teatro che ci tenga stretti in un cerchio senza alcun tipo di rapporto professore-studente o adulto-bambino, diventare tutti bambini cogliendo le emozioni fatte di attimi.
Ci è appena venuta in mente una frase di Antoine de Saint-Exupéry de Il piccolo Principe:
" tutti i grandi sono stati bambini una volta. (ma pochi di essi se ne ricordano)"
Ci scusiamo per l' emozione del momento ma tante volte è meglio seguire i sentimenti che scrivere le nostre idee ragionando. Forse anche questo è teatro!
P.S.Chiediamo scusa se approfittiamo di questo messaggio per dire la nostra riguardo l' Oistros: non ci sembra opportuno che gli incontri avvengano in orari tardi in quanto coloro che vogliono partecipare (e che purtroppo per loro sfortuna vengono da fuori!), sono impossibilitate dai mezzi di trasporto.

i punti, le linee e i nodi

carlo - 29-10-2002 at 00:20

vi leggo a distanza, grazie a questo forum,
non è un bel paradosso che internet possa tenerci insieme così ?
non so quanti di voi avrebbe scommesso sul fatto che una tecnologia potesse essere così vicina all'idea d'intensità di relazione...
eppure sta funzionando

vedo tanti punti di vita, diversi tra loro, intensi grazie alla soggettività che emerge
e vedo le linee potenziali di un progetto pedagogico che raccorda le potenzialità del teatro-laboratorio e quelle della rete in un ambiente di nuova didattica
e vedo i nodi, le contraddizioni, sui quali sarà necessario confrontarci

spero che il 5 novembre ci si possa incontrare "dal vivo"
per individuarli e magari scioglierne qualcuno

ora di riflessione sulla lingua in I D

lindam - 29-10-2002 at 10:39

La prima parte del corso di Viganò è conclusa: ci ha suscitato molte emozioni; l'incontro con la Preside Bortone anche: abbiamo letto l'allegato, abbiamo riflettuto.
Ma ieri era l'ora di "riflessione sulla lingua" in I D.
Dovevo far capire ai ragazzi i modi verbali e ciò che esprimono: l'Indicativo un'idea certa, un fatto reale; il congiuntivo una speranza, un dubbio...
I ragazzi erano abbastanza attenti, sapevano che la lezione era importante, e cercavano nella loro memoria le conoscenze già acquisite alla scuola elementare. Francesco in quel momento per loro non c'era; non c'era neanche per me e non c'era nemmeno Beatrice a farmelo ricordare.
Per caso lo sguardo si è posato su di lui: era lì, buono, chiuso nel suo imperscrutabile e inaccessibile "io". Non chiedeva niente a nessuno, non dava niente a nessuno.
Il corso di Viganò, l'incontro con la Preside, l'attenta e ripetuta lettura dell'allegato, le molteplici domande che ci ha posto, la mia incertezza, la mia confusione sul da farsi!
Francesco c'era, non poteva rimanere lì senza dare e ricevere niente da nessuno; doveva esserci per i compagni, per me, per lui stesso.
E l'indicativo e il congiuntivo sono diventati la certezza, per noi, che Francesco era seduto nel suo banco e aspettava di comunicarci qualcosa, e la speranza di stabilire relazioni di affetto tra tutti noi presenti in quel contesto.
"Francesco è buono e ascolta la lezione:"
"Francesco è seduto nel suo banco."
"Speriamo che l'insegnante voglia bene a Francesco."
"Speriamo che i compagni della I D vogliano bene a Francesco."
"Speriamo che Francesco voglia bene ai compagni."
E intanto Francesco ascoltava sempre più attentamente; ormai c'era, in classe, c'era, per i suoi compagni ed anche per me.
Ha risposto con un gioioso: "Io voglio bene a tutti!"
Non so se questo ha a che fare con "l'integrazione partecipata".
Non so se questo ha a che fare con la "riflessione sulla lingua".
So però che in quel momento mi sono sentita una persona che doveva rispondere ai bisogni affettivi di altre persone (e perchè non anche ai miei?!) e una insegnante che doveva creare un contesto comunicativo e di apprendimento corretto.
So anche che la certezza dell'Indicativo e la speranza del Congiuntivo non verrà dimenticata facilmente dai ragazzi della I D e che quell' "io" di Francesco incomincia ad essere sempre più accessibile.

vi sono problemi tecnici?

carlo - 31-10-2002 at 15:25

scriveteci
a info@teatron.org !

Emanuela g. - 31-10-2002 at 20:28

Ciao volevo sapere se è vera la notizia dell'incontro di martedì con il prof Infante?
Credo che sia utile, utilizzare il forum, anche, per informazione tecniche!
ciao

decantare e selezionare

carlo - 31-10-2002 at 21:09

Quota:
Originariamente scritto da Emanuela g.
Ciao volevo sapere se è vera la notizia dell'incontro di martedì con il prof Infante?

>>> si ci sarà, ma va concertata con Antonio Viganò e Santoro e...
viosto che è im programma il laboratorio teatrale: io sono a disposizione, spero si possa trovare almeno un'ora<<<

Credo che sia utile, utilizzare il forum, anche, per informazione tecniche!
ciao

giusto,
ma perchè chiamarle tecniche?
dico di più: cogliere l'opportunità dello scambio d'informazioni sugli appuntamenti per dirci qualcosa di + preciso sul senso di questo forum.
tipo: usiamo questa piattaforma per sperimentare quella cooperazione che spesso nelle riunione non si libera.
Lanciamo qui le idee, facciamole decantare per selezionarle dopo, dal vivo, sul campo.

riunione Infante

bea - 1-11-2002 at 00:41

la riunione si farà martedì alle dieci presso il teatrino del Principe Umberto

richiesta di notizie sui laboratori

gino santoro - 1-11-2002 at 20:26

Mi piacerebbe avere notizie sull'avvio dei laboratori di libera espressione nelle tre scuole protagoniste del progetto.
In particolare vorrei sapere:
quanti e chi sono gl'insegnanti che operano;
quanti e chi sono i ragazzi che partecipano;
in quali spazi lavorano;
che cosa è accaduto nel corso del primo incontro...
buona navigazione
gino

prossimi incontri

ritabortone - 2-11-2002 at 08:45

da scuola abbiamo mandato un fax per l'avviso ufficiale sui prossimi incontri, ma senza dettagli organizzativi per i motivi che vi ha detto Carlo. Io sono dispiaciutissima, ma in quei giorni sono a Roma per lavoro. Comunque il bisogno di Gino, di avere notizie sull'avvio dei laboratori, è un bisogno anche mio. ciao

lele - 2-11-2002 at 13:23

Quota:
Originariamente scritto da Vinicio Antonio Attanasi
Ciao a tutti! Vi invio un allegato che ho scritto giorni fa! è una "sfida" a tutti voi che mi è stata suggerita da 2 miei prof!Spero non vi offendiate molto!!!
..............questa discussione sui mancini mi è sembrata in un primo momento inopportuna ,poi riflettendoci ho notato come da un pensiero cosi' "naturale" si possa dedurre una delle grandi paure dell'uomo....quella dell'alterità..........essendo anch'io mancino ho notato come la gente si arrovelli nello speculare sulla natura dei sinistrorsi attribuendogli doti o difetti quasi prodigiosi ... in passato persino "corregendone"gran parte e non considerando questa loro attitudine semplicemente come una cosa naturale...come il colore dei capelli...o della pelle....o l'essere estroverso...Da questo stupido esempio si evince il problema secondo me alla base........e cioè che l'uomo ha più"rispetto" o forse sarebbe meglio dire soggezione delle sue convenzioni sociali...piuttosto che delle sue attitudini naturali......il che per me ha del paradossale...................................e qui chiudo!

Francesco - 4-11-2002 at 18:41

Quota:
Originariamente scritto da Sabrina Fiore
Per la seconda volta scriviamo accoppiate:siamo Valentina e Sabrina!!
La nostra la vogliamo dire!Con tutta sincerità, pur avendo partecipato agli incontri con Carlo Infante e al forum, non avendo avuto l' esperienza diretta di Taurisano e Otranto, ci sentiamo ancora adesso delle "estranee". Non abbiamo vissuto niente che ci faccia intendere il corpo-poesia, il rapporto con i cosidetti "diversi", l' emozione di lavorare sul campo, di questo ce ne dispiace molto.
Vorremmo sentirci più partecipi, perchè senza l' esperienza diretta c'è poco da dire...Infatti nel nostro primo intervento abbiamo semplicemente detto ciò che pensavamo di fare, le nostre idee; solo dopo ci siamo rese conto che avevano poco valore in confronto a chi ha avuto modo di partecipare a questo tipo di integrazione.
Nonostante tutto le nostre emozioni ci portano a fare una breve riflessione:
sarebbe bello un teatro che ci tenga stretti in un cerchio senza alcun tipo di rapporto professore-studente o adulto-bambino, diventare tutti bambini cogliendo le emozioni fatte di attimi.
Ci è appena venuta in mente una frase di Antoine de Saint-Exupéry de Il piccolo Principe:
" tutti i grandi sono stati bambini una volta. (ma pochi di essi se ne ricordano)"
Ci scusiamo per l' emozione del momento ma tante volte è meglio seguire i sentimenti che scrivere le nostre idee ragionando. Forse anche questo è teatro!
P.S.Chiediamo scusa se approfittiamo di questo messaggio per dire la nostra riguardo l' Oistros: non ci sembra opportuno che gli incontri avvengano in orari tardi in quanto coloro che vogliono partecipare (e che purtroppo per loro sfortuna vengono da fuori!), sono impossibilitate dai mezzi di trasporto.


Ciao ragazze,
per la seconda volta mi trovo a scrivere dopo aver letto un vostro intervento. Concordo con voi sul fatto che l'esperienza è importante, però non è vero che le vostre parole avevano meno valore di quelle che gli altri avevano scritto. Tutte le parole che una persona pronuncia hanno un grandissimo valore perchè espressione di quello che ha dentro. A me è piaciuto molto quello che avete scritto l'altra volta, considerazioni che avete maturato forse non per esperienza diretta, ma che avevano dentro il vostro modo di vedere le cose. E anche questa volta dire che "sarebbe bello un teatro che ci tenga stretti in un cerchio senza alcun tipo di rapporto professore-studente o adulto-bambino, diventare tutti bambini cogliendo le emozioni fatte di attimi" è comprendere quale deve essere il fine ultimo di un teatro sociale, un non luogo in cui i vincoli che definiscono i rapporti di superiorità-inferiorità (anche se solo in ambiti culturali) non esistono.

stefina - 26-11-2002 at 17:44

sono la mamma di stefina. Non avevate detto che dovevate coinvolgere noi genitori? cosa state aspettando? fatevi sentire

alimentare il diario di bordo!

carlo - 3-6-2003 at 17:44

Siamo al round finale x esami e per la composizione del web


Sarebbe opportuno sollecitare tutti loro a fare un intervento nel forum che poi verrà tradotto qui
Qui nel canale diario di bordo
http://www.teatron.org/integrazione/forumIniz.html

è importante che scriva sia chi ha partecipato direttamente al lab di Viganò che anche gli altri

poi la cosa + intensa si scriverà nel forum dopo l'evento del 14.06
ma sarà dopo l'esame...
(ma varrà per il prossimo come credito...)


le iniziative ad ITACA

carlo - 7-6-2003 at 11:00

ecco la locandina

itacaf.jpg - 99kB

Paola - 10-6-2003 at 19:21

Questi sono alcuni stralci dell’intervista al Prof. Cannoletta: lascio sul forum solo le tracce che mi sembrano più significative per avere un quadro generale (credo comunque che sia utile leggere per intero la testimonianza sull’esperienza di quegli anni, per cui se qualcuno è interessato può chiedermela!).

“ […] Nel 1969 cominciammo ad avvertire la necessità di portare fuori dalle strutture chiuse, i ragazzi portatori di handicap […] sempre più emarginati all’interno delle strutture cosiddette protette: le scuole speciali e le scuole differenziate […] Ci accorgemmo che i ragazzi in queste strutture, non partecipavano attivamente: […] vedevano gli altri compagni nella loro stessa situazione e quindi non avevano nessuno stimolo al confronto […] ”

“[…] Nel 1970, avviammo il progetto. […] Sicuramente le insegnanti non erano preparate ad affrontare la situazione. Erano abituate alla “patologia” dello stare sedute in cattedra riducendo il rapporto con i propri alunni alla cosiddetta “risposta mera” ovvero al semplice rapporto formale con il ragazzo benestante secondo le regole classiche della buona educazione.
Era necessario preparare gli insegnanti ad acquisire una nuova mentalità sul genere umano […] ”

“ […] All’inizio, quando i “diversi” entrarono nella scuola comune facemmo degli incontri con i genitori per spiegare loro cosa stesse succedendo […] Molti furono gli atteggiamenti di chiusura, altri, invece, si resero conto che i loro figli si sarebbero potuti arricchire con quella esperienza […] ”

“ […] Ricordo che molti genitori non uscivano da casa per paura di essere additati: sentimenti che si confondevano con la filantropia, col pietismo e con il paternalismo da parte dello stato e del potere politico […] ”

“ […] In realtà la frequenza del diverso nella scuola comune non significava necessariamente imparare a scrivere a leggere e a far di conto ma rappresentava un momento forte di socializzazione […] ”

“ […] Nel frattempo, l’esperienza si allargava in tutta Italia. Il Ministero della Pubblica Istruzione aveva sempre considerato la scuola elementare come un EDEN educativo, un posto tranquillo. Quando iniziarono ad emergere le prime contraddizioni, che la presenza dell’handicappato provocava, […] si cercò di far rientrare tutto nella logica del potere, istituzionalizzando la figura dell’insegnante di sostegno […] ”

“ […] Sarebbe opportuno assegnare ad ogni Collegio dei docenti tre o quattro insegnanti di sostegno come consulenza, come aiuto diretto agli insegnanti per trovare, autonomamente, soluzioni specifiche per ogni ragazzo […] ”

“ […] Era proprio quello il periodo del dibattito sulla non-scolarizzazione del ragazzo […] Questo dimostrava che, privilegiando un rapporto semplice basato sul SUO linguaggio, si poteva comunicare […]”

“ […] Sono stati fatti molti progressi: il fanciullo che ha frequentato la scuola comune ha perduto molto della sua aggressività trasformandola, mano a mano, in creatività; […] ”

“ […] In fondo, l’handicap è un ostacolo e non una malattia […] ”


Trovo bellissima l’idea del Prof. Cannoletta sulla necessità di acquisire una NUOVA MENTALITA’ SUL GENERE UMANO poiché penso che lo sviluppo e la crescita civile si fondino proprio sull’affermazione di “umanità diverse”.
A volte mi sembra che ognuno di noi trovi (istintivamente e involontariamente) più facile, concentrare i suoi affetti, le sue relazioni umane nell’ambito di una sicura “normalità” che spesso si manifesta, però, come indifferenza al destino degli altri.
Mi fa un certo effetto pensare che molte famiglie siano state costrette ad affrontare tutti i problemi nell’isolamento delle loro abitazioni, recluse, come se avessero commesso delle colpe di cui vergognarsi e per cui difendersi.
Mi sembra così terribile e assurdo; ho scoperto che l’indifferenza mi fa realmente paura.
Una vera e propria assistenza ai disabili, dovrebbe andare molto al di là del pietoso e antipatico concetto di “beneficenza”, perché assistenza significa anche combattere le cause di certi fenomeni, siano esse culturali, strutturali o politiche.
Nell’ottica dell’immedesimazione, della necessità di riuscire a vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri, mi piace immaginare “la diversità” come “quel modo non convenzionale di organizzare il mondo e di dargli un senso” a cui faceva riferimento Sabrina.
Naturalmente so bene che questa è una visione utopistica, e che bisogna fare i conti con difficoltà oggettive e svariati problemi da superare, ma credo comunque che la ricerca costante di una nuova percezione di umanità dovrebbe costituire un traguardo importante della nostra crescita.

Come ultima cosa, vi segnalo un testo bellissimo, toccante e profondo che mi è capitato di leggere di recente per l’esame di Lab. di teatro sociale e delle comunità: “FRATELLI” di C. Samonà (Mondadori).
Vi assicuro che alla fine di questa lettura vi sentirete più ricchi!

DATA & ORARIO! E LUOGO ESAME?

Tambouriner - 11-6-2003 at 19:19

Quota:
Originariamente scritto da Tambouriner
Quota:
Originariamente scritto da carlo
[...]ci vediamo il 13 mattina all'esame, alle ore 11
MA DOVE SI TERRA' L'ESAME? CI CONFERMA LA SEDE "PRINCIPE UMBERTO"?!?

13.06 alle 11 al p.umberto

carlo - 11-6-2003 at 21:54

Quota:
Originariamente scritto da Tambouriner
Quota:
Originariamente scritto da Tambouriner
Quota:
Originariamente scritto da carlo
[...]ci vediamo il 13 mattina all'esame, alle ore 11
MA DOVE SI TERRA' L'ESAME? CI CONFERMA LA SEDE "PRINCIPE UMBERTO"?!?


si

Mi permettete?

Smemorina - 17-6-2003 at 19:21

Salve a tutti, sinceramente non so se posso inserirmi e non so nemmeno se quello ke dirò è giusto o possa servire, se non è così chiedo scusa...
Vi vorrei solo far conoscere la mia esperienza!!
Si parla di persone "diverse", ok, certo,hanno qualcosa di più o di meno dalle persone "normali", ma la loro diffidenza è forse causata dall'imbarazzo che i "normali" provano al primo impatto....
Non mi riferisco agli ignoranti che prendono in giro chi ha qualcosa di diverso da loro, parlo di chi ci mette la buona volontà, ma che cmq all'inizio ha lui stesso delle difficoltà!
Perché la gente non riesce a trattare (quando possibile ovviamente, ci sono casi particolari...) tutti nello stesso modo?
Invece c'è quasi un blocco, si tende a trattare in modo diverso solo perché si teme di ferire o sbagliare, certo non solo questo...
Ora vorrei raccontarvi la mia storia...
Sono nata con un difetto in bocca (labbro leporino e palato schisi) che mi causa un problema di linguaggio nonostante 12 interventi. Da piccola (classico!) mi prendevano spesso in giro e mi facevano il “verso” e lasciamo perdere le battutine sul mio viso...., gli adulti dicevano "poverina" e mi trattavano come se dovevo rompermi da un momento all'altro...., io piano piano mi son chiusa in me stessa.
Detesto parlare (anche se un pò sono migliorata), non amo mettermi in mostra, anzi...meno mi si vede meglio stò, ma a questo non ci sono arrivata da sola...io mi vedevo come gli altri...
Cmq ho trovato in me la forza di usare un corpo e un viso che non amo,non solo per uscire dal mio mondo ma anche per far capire che un handicap non deve fermare nessuno!!!
Alla mia età(bè non è mai troppo tardi!) ho iniziato a crearmi un personaggio su misura, una me stessa un pò più coraggiosa,una spalla, non so come spiegarmi....
Ora faccio la clown mimo, non facile per chi non è abituato al mondo...perché lo faccio?:
1°) Voglia di ridere di me prima degli altri, ridere degli altri....e far ridere chi non ne ha più voglia o ha perso il gusto di farlo.
2°) Il clown ha il viso dipinto, per cui è un pò nascosto...(si è meno esposti)
3°) Il mimo non parla, esprime con il corpo, i gesti e con gli sguardi......(forse il modo più facile di comunicare)
Amo molto improvvisare, mi creo un’idea in testa ma poi la posso cambiare all’ultimo momento.
Mi piacerebbe tanto provare a lavorare in teatro,e chissà, magari un giorno……
Per chi ha paura di esporsi, di mettersi in gioco o per chi non riesce a esprimere ciò ke ha dentro per svariati motivi (fisici o psicologici), e per cui la gente lo ha sempre "guardato strano", credo che iniziare (parlo di scuola, teatro, corsi) con il viso leggermente truccato ma non nascosto, il mimare, rende tutto più facile per tutti, basta voler farsi capire e capire....(dipende dalla mente personale di chi ha problemi)
Sono riuscita anche a stare sopra un palco, con un centinaio di persone che mi guardavano…certo, non è stato psicologicamente facile, ma posso dire che ho vinto una sfida con me stessa!
Il fare teatro aiuta, sia se stessi, sia chi ti guarda ….
Vorrei dare di più, ma non tutti capirebbero come parlo, dunque per evitare imbarazzi vari e magari un po’ di dispiacere a me, continuerò a fare il mimo, e a lottare per far sbloccare anche altri, sia i “diversi” sia aiutare i “normali”!!!!
Chi fa l’insegnante, non si comporti in modo diverso, i bambini lo sentono, e crescendo si sentiranno un po’ tali, e cmq saranno diffidenti verso di voi…
Credo che tutti abbiamo qualcosa da insegnare e tanto da imparare…
In quale teatro?
La vita stessa è un palcoscenico!!
Chiedo scusa se non mi sono espressa bene, non so spiegarmi a parole, sono un mimo……….
E scusatemi l'intrusione...ciao e buon lavoro a tutti!
Smemorina

uno sguardo sullo spettacolo!

carlo - 17-6-2003 at 21:31

ragazzi
l'esame, la prima sessione di giugno,
è fatto
ma è importante raccogliere dei vostri sguardi allo spettacolo di Viganò che ha chiuso il progetto e che troveranno luogo
nel web/mappa dell'esperienza nel suo complesso
http://www.teatron.org/integrazione

ci conto

chi c'era?
chi scriverà?


Sabry - 18-6-2003 at 12:44

Quota:
Originariamente scritto da carlo
ragazzi
l'esame, la prima sessione di giugno,
è fatto
ma è importante raccogliere dei vostri sguardi allo spettacolo di Viganò che ha chiuso il progetto e che troveranno luogo
nel web/mappa dell'esperienza nel suo complesso
http://www.teatron.org/integrazione

ci conto

chi c'era?
chi scriverà?



come promesso ci ritroviamo su internet!purtroppo non posso rispondere alle sue richieste, perchè per impegni non sono riuscita a vedere lo spettacolo di Viganò. a presto

vai smemo!

Sabry - 18-6-2003 at 13:02

Quota:
Originariamente scritto da Smemorina
Salve a tutti, sinceramente non so se posso inserirmi e non so nemmeno se quello ke dirò è giusto o possa servire, se non è così chiedo scusa...
Vi vorrei solo far conoscere la mia esperienza!!
Si parla di persone "diverse", ok, certo,hanno qualcosa di più o di meno dalle persone "normali", ma la loro diffidenza è forse causata dall'imbarazzo che i "normali" provano al primo impatto....
Non mi riferisco agli ignoranti che prendono in giro chi ha qualcosa di diverso da loro, parlo di chi ci mette la buona volontà, ma che cmq all'inizio ha lui stesso delle difficoltà!
Perché la gente non riesce a trattare (quando possibile ovviamente, ci sono casi particolari...) tutti nello stesso modo?
Invece c'è quasi un blocco, si tende a trattare in modo diverso solo perché si teme di ferire o sbagliare, certo non solo questo...
Ora vorrei raccontarvi la mia storia...
Sono nata con un difetto in bocca (labbro leporino e palato schisi) che mi causa un problema di linguaggio nonostante 12 interventi. Da piccola (classico!) mi prendevano spesso in giro e mi facevano il “verso” e lasciamo perdere le battutine sul mio viso...., gli adulti dicevano "poverina" e mi trattavano come se dovevo rompermi da un momento all'altro...., io piano piano mi son chiusa in me stessa.
Detesto parlare (anche se un pò sono migliorata), non amo mettermi in mostra, anzi...meno mi si vede meglio stò, ma a questo non ci sono arrivata da sola...io mi vedevo come gli altri...
Cmq ho trovato in me la forza di usare un corpo e un viso che non amo,non solo per uscire dal mio mondo ma anche per far capire che un handicap non deve fermare nessuno!!!
Alla mia età(bè non è mai troppo tardi!) ho iniziato a crearmi un personaggio su misura, una me stessa un pò più coraggiosa,una spalla, non so come spiegarmi....
Ora faccio la clown mimo, non facile per chi non è abituato al mondo...perché lo faccio?:
1°) Voglia di ridere di me prima degli altri, ridere degli altri....e far ridere chi non ne ha più voglia o ha perso il gusto di farlo.
2°) Il clown ha il viso dipinto, per cui è un pò nascosto...(si è meno esposti)
3°) Il mimo non parla, esprime con il corpo, i gesti e con gli sguardi......(forse il modo più facile di comunicare)
Amo molto improvvisare, mi creo un’idea in testa ma poi la posso cambiare all’ultimo momento.
Mi piacerebbe tanto provare a lavorare in teatro,e chissà, magari un giorno……
Per chi ha paura di esporsi, di mettersi in gioco o per chi non riesce a esprimere ciò ke ha dentro per svariati motivi (fisici o psicologici), e per cui la gente lo ha sempre "guardato strano", credo che iniziare (parlo di scuola, teatro, corsi) con il viso leggermente truccato ma non nascosto, il mimare, rende tutto più facile per tutti, basta voler farsi capire e capire....(dipende dalla mente personale di chi ha problemi)
Sono riuscita anche a stare sopra un palco, con un centinaio di persone che mi guardavano…certo, non è stato psicologicamente facile, ma posso dire che ho vinto una sfida con me stessa!
Il fare teatro aiuta, sia se stessi, sia chi ti guarda ….
Vorrei dare di più, ma non tutti capirebbero come parlo, dunque per evitare imbarazzi vari e magari un po’ di dispiacere a me, continuerò a fare il mimo, e a lottare per far sbloccare anche altri, sia i “diversi” sia aiutare i “normali”!!!!
Chi fa l’insegnante, non si comporti in modo diverso, i bambini lo sentono, e crescendo si sentiranno un po’ tali, e cmq saranno diffidenti verso di voi…
Credo che tutti abbiamo qualcosa da insegnare e tanto da imparare…
In quale teatro?
La vita stessa è un palcoscenico!!
Chiedo scusa se non mi sono espressa bene, non so spiegarmi a parole, sono un mimo……….
E scusatemi l'intrusione...ciao e buon lavoro a tutti!
Smemorina


cara smemorina, prima di tutto non ti creare problemi per come scrivi e ti esprimi, qui tutti si esprimono col cuore!credo che i tuoi consigli siano sempre ben accetti e preziosi,data la tua esperienza. Io non sono un' insegnante, sono una studentessa, ma mi sono diplomata all' istituto magistrale, faccio doposcuola da 3 anni e faccio l' animatrice-catechista; quindi ho sempre a che fare con i bambini e i tuoi consigli mi possono aiutare in futuro. Mi è piaciuto quando hai scritto che non bisogna comportarsi in modo diverso, perchè i bambini lo sentono. Io so pure che viene spontaneo a tutti "trattenersi" in presenza dei "diversi", ma credo anche che con un pò di esperienza e con un pizzico di coraggio ci si inizia a fare l' abitudine! E' davvero difficile comportarsi da subito "facendo finta di nulla", ma prima o poi mi capiterà e allora... ti chiederò consiglio!!! La tua esperienza mi ha fatto capire quanto è odioso, tante volte, quel senso di pietà della gente: è proprio quella pietà, quella compassione, che scandaglia il diritto d' uguaglianza facendo sentire il normale "superiore" al diverso.

Grazie Sabry

Smemorina - 18-6-2003 at 18:05

Ciao Sabry,
grazie sia x quello che mi hai detto sia x quello che un domani farai...
Si, è forse la cosa peggiore sentire che una persona prova x te pietà o pena...ti guarda con quel sorrisetto che nn si sa bene cosa voglia dire, il sorriso vero lo senti dentro,quello che ti dice "camminiamo la stessa strada"...capisci?
Certo, non è facile, pure io che nonostante sia abituata a vedere persone con problemi gravi (un giorno a Roma in ospedale,mi son chiesta come definire un bambino, che ti assicuro del bambino aveva ben poco) a volte mi trovo in difficoltà...ma poi basta un'attimo, un sorriso (vero) una parola tipo dire "ciao" e tutto diventa quasi "normale"....non è così semplice lo so!!!
Le diversità le creiamo noi, certo non puoi far saltare alla corda un ragazzo in sedia a rotelle, ma non crede di fargli gran male se gli dici che lui si stanca meno a fare tanta stada.....o ke cmq corre più forte di te!! Fai peggio se dici"scusami ora faccio smettere anke gli altri"...
Vedrai Sabry,appena riesci a fare un pò di esperienza, sono sicura che sarai una persona fantastica..........
Per quanto riguarda i consigli, io sarò sempre a disposizione, almeno per quanto posso fare...quì o in privato è lo stesso!
Ciaoooooooo a tutti

la comunità in vita

carlo - 19-6-2003 at 08:00

torniamo al topic (argomento) matrice di questo forum

"per una integrazione partecipata: quale teatro?" è un progetto che ha visto sabato 14 giugno il momento conclusivo della sua prima fase
l'"inizio di un nuovo fine"
s'è detto nella tavola rotonda della mattinata

s'è inaugurata Itaca, spazio che va ben oltre l'idea di ostello per proiettare, x quanto possibile, una progettualità futura in quanto "piattaforma galleggiante"
di nuove opportunità culturali e sociali

ma fondamentalmente la sera è andato in scena
l'evento diretto da Antonio Viganò
"Canto per le radici in fiore"
con cinquanta attori
tra performer,insegnanti,bambini e genitori
e su cui lancio alcune immagini e pensieri

per invitare chi di voi era presente a fare lo stesso

serviranno per il sito web-mappa dell'intera esperienza
già visibile su
http://www.teatron.org/integrazione
ma anche per la rivista "Teatro e Diversità" che sta predispondendo un servizio sull'operazione.




la comunità in vita

si dice mettere in scena e se invece dicessimo "mettere in vita" per rilanciare una buona idea espressa tempo fa da Marco Martinelli del Teatro delle Albe?
Si, il teatro può arrivare a doppiare la sua condizione originaria di simulazione per ritrovarsi a far accadere la vita di chi vive quell'opportunità per esprimere la propria condizione vitale.
E' una questione di verità e di energia pura.
E' quello che accaduto quella sera ad Itaca: in quel gruppo che agiva nel giardino c'era la vita condivisa in quei giorni di prove febbrili ed eccitanti.
C'era una comunità che si metteva in vita.


La ronde

Come un girotondo (la ronde) non contro qualcosa ma per il desiderio d'esserci e di giocare. Lo spettacolo s'apre con uno straordinario piano sequenza, a decine (sono cinquanta in scena!) scorrono davanti alla parete di pietra leccese della palazzina di Itaca, vanno e rivanno (appena dietro l'angolo corrono per risbucare di nuovo). Per minuti e minuti sul suono di una bella ballata ci scorrono davanti con tutta la loro umanità, le loro facce, i loro tic, i passi incerti, i sorrisi, gli ammiccamenti. La ronde del teatro fatto di niente se non dei corpi e delle anime che lo abitano.


Perchè non ridono?

Partono in missione, si staccano dal gruppo con delle piccole torce elettriche ed un cartello con un disegno al collo.
E' il quadro di Bruegel che ha ispirato l'intero progetto, "Jeux d'Enfants".
C'è una piazza affollata di bambini che gioca decine di giochi diversi, una sorta di campionario dei giochi infantili.
Ma i bambini in missione tra gli spettatori delle prime file pone una domanda rivelatrice ed inquietante: "perchè non ridono?"


grazie... SORRIDIAMO

Sabry - 20-6-2003 at 12:51

Quota:
Originariamente scritto da Smemorina
Ciao Sabry,
grazie sia x quello che mi hai detto sia x quello che un domani farai...
Si, è forse la cosa peggiore sentire che una persona prova x te pietà o pena...ti guarda con quel sorrisetto che nn si sa bene cosa voglia dire, il sorriso vero lo senti dentro,quello che ti dice "camminiamo la stessa strada"...capisci?
Certo, non è facile, pure io che nonostante sia abituata a vedere persone con problemi gravi (un giorno a Roma in ospedale,mi son chiesta come definire un bambino, che ti assicuro del bambino aveva ben poco) a volte mi trovo in difficoltà...ma poi basta un'attimo, un sorriso (vero) una parola tipo dire "ciao" e tutto diventa quasi "normale"....non è così semplice lo so!!!
Le diversità le creiamo noi, certo non puoi far saltare alla corda un ragazzo in sedia a rotelle, ma non crede di fargli gran male se gli dici che lui si stanca meno a fare tanta stada.....o ke cmq corre più forte di te!! Fai peggio se dici"scusami ora faccio smettere anke gli altri"...
Vedrai Sabry,appena riesci a fare un pò di esperienza, sono sicura che sarai una persona fantastica..........
Per quanto riguarda i consigli, io sarò sempre a disposizione, almeno per quanto posso fare...quì o in privato è lo stesso!
Ciaoooooooo a tutti


grazie per la tua completa disponibilità! sai, nella vita tante cose possono sembrare difficili fino a quando non si fanno per davvero... sarà arduo, ma credo che la prima cosa da tener sempre presente per farcela è IL SORRISO!

I GIOCHI DI BRUEGEL!

Sabry - 26-6-2003 at 20:25

Disneyland e Las Vegas, le città di cartapesta,
i parchi e i templi destinati ai forzati del gioco,
non avrebbero più senso. Sarebbe la fine dei giochi
standardizzati, identici in ogni parte del globo.
E la riscoperta di giochi antichi, come quelli
descritti nel celebre dipinto di Bruegel (1560):
giochi semplici, che non richiedono grandi mezzi
e per i quali non c’è bisogno di playstation,
di computer
e di cd-rom, perché per divertirsi bastano una trottola
e una pietra da rotolare.


UNA GIUSTA DOSE DI GIOCO!!!

Sabry - 26-6-2003 at 20:32

Da almeno tre decenni assistiamo alla
«carnevalizzazione»
della vita e, nello stesso tempo
, alla
scomparsa del carnevale (quello vero, non la
caricatura finto-trasgressiva proposta ogni anno
dagli assessorati al turismo, con i carri e le majorettes).
E la stessa cosa accade per il gioco. «Il gioco,
come momento di esercizio disinteressato,
che giova al corpo o, come dicevano i teologi,
toglie la tristitia dovuta al lavoro, e sicuramente
affina le nostre capacità intellettive, per essere tale
ha bisogno di essere parentetico», ha ricordato
recentemente Umberto Eco. Ma se siamo condannati
a giocare, che gioco è? Come il sonno e il cibo, anche
il gioco, nelle giuste dosi, ritempra; in eccesso,
abbrutisce. E allora, bonjour tristesse!

Per una parte dell’umanità – quella più ricca
– c’è un’alienazione che non si sperimenta
più – o non soltanto – nel lavoro, ma che si vive
nel gioco ridotto a consumo di tempo, di beni,
di alcol, di droghe, a ripetizione ossessiva
di gesti senza senso. E questa incapacità di pensare
il tempo libero come tempo sottratto al dominio
del denaro e del mercato è forse una delle
sconfitte più gravi delle grandi ideologie nate
dall’illuminismo. Finora si è sempre voluto modificare
l’organizzazione del lavoro, ma cosa succederebbe
– si chiede il teologo Jürgen Moltmann – se la liberazione
dell’uomo cominciasse dal gioco?
«Significherebbe sottrarre i giochi al controllo
di coloro che si sono specializzati nell’industria
del tempo libero. Significherebbe passare da un’
immaginazione semplicemente riproduttiva
– che ripete
anche nel tempo libero gli schemi
del mondo del
lavoro – a un’immaginazione produttiva, in vista di
un mondo più libero».

ricerca

Sabry - 26-6-2003 at 20:40

Riporto una pagina dove è stato scritto
questo sul quadro di Bruegel:


Come copertina per questo numero de "Il Tempo
dell'infanzia", dedicato ai giochi e ai giocattoli,
abbiamo scelto il quadro del pittore fiammingo
Pieter Bruegel il Vecchio, perché è una testimonianza
storica eccezionale: il dipinto viene, infatti,
definito una "enciclopedia di giochi infantili".
Vi sono infatti raffigurati più di 80 tra giochi e passatempi.

La famosissima opera, quindi, ci permette di entrare
nel mondo dei bambini di secoli fa e di conoscere
e capire meglio le loro attività ludiche: ma, sorprendentemente,
ci rendiamo conto di quanto I giochi e I giocattoli
siano universali ed eterni, perché uguali ieri come oggi.

La tela presenta una grande quantità di fanciulli che,
in modo quasi folle, invade lo spazio di una grande
piazza con I propri giocattoli e divertimenti:
chi si rincorre con i cerchi, chi cerca l'equilibrio
su botti vuote, chi si diverte con palle e bocce.
Mentre alcuni avanzano in fila indiana, mimando
cerimoniali di qualche festa religiosa, o scherzando
a far capitomboli o solo confusione, altri si esercitano
a camminare sui trampoli o a montare a cavalcioni
l'uno sull'altro, come al gioco della cavallina.

L'indagine sul significato reale della tela ha portato
a interpretazioni disparate: alcuni critici vedono
nel quadro un'allegoria dell'infanzia, altri una allegoria
della follia oppure una satira del genere umano.

Il mondo infantile del 1500 era un mondo giocoso,
libero e burlone, meno legato a costrizione o
divieti, dove grandi e piccoli si mescolavano
insieme senza una rigorosa distinzione di età o una
separazione tra giochi riservati ai bambini e agli adulti.

I fanciulli vengono rappresentati mentre giocano
a pallamaglio, a pallacorda, al gioco della rana,
al gioco della candela, al salto delle botti, per citare
alcuni esempi ormai sconosciuti, ma, come
I bambini di ogni epoca, si divertono anche
facendo ginnastica:
in quella
società dura e spietata, volta soprattutto alla lotta
e alla guerra, i giochi di destrezza, di agilità,
di forza e resistenza allo sforzo o al dolore
fanno parte della preparazione sia fisica che caratteriale
dei giovani.




canto per le radici in fiore

rita e dami - 5-7-2003 at 18:51

Sono passati quasi tre settimane da quando si è concluso il nostro viaggio a “Itaca”. E’ stata la conclusione di un progetto scolastico (scuola elementare, media e superiore, genitori e insegnanti di ragazzi disabili e non).
Abbiamo lavorato diversi mesi, preparandoci scrupolosamente accompagnati da due persone “speciali”. Antonio Viganò, che del teatro con i disabili ha fatto la sua bandiera, e Gino Santoro, il professore dell’Università di Lecce, anche lui molto sensibile a queste persone speciali, che quando vuole realizzare qualcosa dà l’anima pur di riuscirci, accompagnato sempre da Beatrice, anche lei molto speciale: quando vuole arrivare a qualcosa, lotta, litiga, fino allo sfinimento, ma è felice quando ce la fa (non per niente è una prof. di sostegno speciale, anzi specialissima!)
Della rappresentazione finale facevano parte anche gli attori della compagnia di Antonio Viganò.
La settimana finale è stata bellissima: abbiamo messo insieme tutte le “improvvisazioni” degli ultimi mesi di lavoro e si è provato mattina e sera. Ci siamo stancati da matti, si andava a casa solo per dormire, la nostra casa era diventata “Itaca”.
Vedere con quanto impegno i ragazzi seguivano i consigli degli attori e come noi adulti ci mettevamo in gioco…!
E’ stato bellissimo quando dovevamo gridare il nostro desiderio più grande e vero. E dovevamo gridarlo con forza e crederci veramente, per sperare che un giorno si avverasse.
Che emozione vedere Simone cinguettare con la testa chiusa in una gabbia! Ho immaginato che quello fosse un canto, il suo canto, per dire a tutti che anche lui vorrebbe volare verso una vita migliore.
Che gioia constatare che il mio Dami ha acquisito consapevolezza di sé, vederlo emozionato, accorgermi che seguiva i consigli che gli venivano dati, attento a non sbagliare, tanto da perdere l’appetito!!!
Il teatro mi ha dato tanto. Mi sono accorta di come mio figlio anno dopo anno sia maturato. Lo vedo diverso, cambiato, e per questo ringrazio chi mi ha dato questa grande opportunità, altrimenti io avrei visto sempre mio figlio come un bambino, per sempre dipendente da qualcun altro pronto a pensare al posto suo.
E la mia piccola grande Serena?! Ha urlato finalmente a tutti il suo desiderio… e come si muoveva, lei che è sempre così rigida nei movimenti!
E io? Che dire di me, che, madre di questi due meravigliosi ragazzi, a cinquant’anni ho avuto il coraggio di fare questo viaggio nel mondo del teatro? E ho scoperto che mi piace, perché il teatro ti dà coraggio, e nessuno ti giudica, il teatro è comunicazione, in tutti i sensi.
Nel nostro spettacolo c’era tutto, si potevano ascoltare anche le emozioni di ciascuno e toccare l’impegno di tutti, perché noi non siamo attori veri, ma attori di vita vera. La vita che viviamo tutti i giorni, ognuno con i suoi piccoli e grandi problemi. La vita vera, quella in cui io combatto tutti i giorni, contro una società che a volte preferisce chiudere gli occhi. E anche le orecchie!


rita e dami - 5-7-2003 at 18:53

Mi è piaciuto molto.
Fare l’attore.
Far mangiare il lecca-lecca alle mamme alla fine dello spettacolo.
Mi è piaciuto il gioco dei cerchi e i bambini tutti intorno. Il gioco della cavallina, la botte, il gioco della “bambina che canta”.
Tutti attori.
Mi ricordo… Viganò. Il girasole e Joseph passava e in mano aveva il girasole. Le figure piccole piccole sulla parete: “giochi di bambini”.
Mi ricordo… io vado con la bicicletta, Simone fa l’uccellino.
Mi ricordo… le fiaccole grandi in mani ai bambini.
Mi ricordo… ero tranquillo, non ero emozionato. Ero sicuro di me.
Ha detto la mamma che faremo un viaggio, andremo a Tagliacozzo a fare il nostro spettacolo.
Sono poco poco emozionato.
Damiano

WORKSHOP PER ATTORI E DANZATORI

SCALODIECI - 9-12-2003 at 17:11




Workshop per attori e danzatori
Condotto da Manfredi Perego


19-20-21 dicembre 2003
Venerdì ore 19/23; Sabato e Domenica ore 10/18
Totale ore: 20
Costo: 100 € + tessera associativa 5 €


L’obiettivo del workshop è quello di spingere l´attore ad instaurare un nuovo rapporto con persone ed oggetti scenici.
Il training è quasi esclusivamente fisico e si basa su elementi di danza contemporanea: lo studio del contact porta l´attore ad una nuova conoscenza delle proprie possibilità corporee, mentre la pratica dell’improvvisazione costringe il corpo a ritornare al movimento istintivo e a trovare un proprio linguaggio espressivo diverso da quello mentale/verbale.

“Abbiamo bisogno di lavorare in una spirale di respiro ed animalità. Dobbiamo recuperare la fisicità animale che abbiamo perso, partire dall’imitazione della natura per poi giungere ad una personale elaborazione del movimento. Non possiamo non tener conto del rapporto tra noi e l’altro, tra noi e l’oggetto. Non possiamo occultare la nostra relazione con l’istinto.”

Manfredi Perego nasce a Parma nel 1981. Studia danza contemporanea presso la scuola della “Compagnia Era Acquario” di Parma con Lucia Nicolussi, Sandra Soncini, Roberta Voltolina e Giacomo Saccenti; frequenta diversi seminari, tra cui si segnalano quelli con Anna Boschetti, Gigi Caciuleano, Nienke Reehorst, Roberto Castello, Corinne Taraud; collabora con il Teatro delle Briciole di Parma, nello spettacolo “Abracadabra”, regia di Letizia Quintavalla; è borsista presso il Corso di Perfezionamento dell’accademia “Isola Danza” della Biennale di Venezia, sotto la direzione di Carolyn Carlson; partecipa, anche in qualità di solista, al “Progetto Shakespeare”, spettacolo presentato da Vittoria Ottolenghi, e coordinato da Arturo Cannistrà di “Aterballetto”; studia con Ariella Vidach, partecipando allo spettacolo “Globo remake”, per le coreografie di A. Vidach, presentato al Festival “Oriente Occidente” di Rovereto; è interprete in “Canto d’amore in opera”, spettacolo con coreografie di Lucia Nicolussi, realizzato dalla “Compagnia Era Acquario” all’interno di un progetto di collaborazione con danzatori disabili; partecipa in qualità di ospite, invitato da Arturo Cannistrà, alla lezione di Emio Greco tenuta presso “Aterballetto”;
Attualmente sta proseguendo gli studi di danza classica e contemporanea con Cècile Bargiarelli e Ariella Vidach. E’ laureando in Progettazione per lo Spettacolo, presso l’Accademia delle Belle Arti di Bologna.


Info: Scalodieci – via Chieti 10 – Milano. Tel 02/312650

Sabry - 3-6-2009 at 23:08

uno due tre...questa è una prova
è stato un pò il primo facebook sul quale ci incontravamo questo forum e non lo scorderò mai!