carlo - 17-10-2007 at 09:37
Il punto di vita
L'interattività propria dei sistemi digitali rilancia il principio attivo della teatralità: quello della percezione condivisa.
E' qui la discriminante, la grande differenza, con le altre forme di riproducibilità audio-visuale di un'azione (cinema, televisione, video).
L'interattività digitale rende evidente il flusso biunivoco dei segnali, nei due sensi: in andata verso il computer e di ritorno da questo verso noi .
Non solo, imprime un senso di realtà nella visione tanto da farla avvicinare fortissimamente all'azione, esaltando le potenzialità estreme della
vitalità sensoriale della comunicazione.
Proprio come nell’interattività teatrale basata sull’empatia, lo scambio biunivoco di energia, di senso ed emozione.
E' in fondo da qui che trova origine il concetto di punto di vita che afferma la relatività del punto di vista dello spettatore, immobile e racchiuso
nella cornice mentale fondata sull’idea prospettica della visione.
Pensate a quello che si fa quando si naviga in un buon ipermedia, o ancora meglio in uno di quei videogame (di quelli basati su una fiction
interattiva di qualità) veloci nella reattività del mouse, del nostro occhio e della nostra mente.
Se vi manca questa esperienza, osservate con attenzione e umiltà uno di quei ragazzi navigatori. C'è da imparare.
Superata la soglia dell'interfaccia grafica si abbandona il punto di vista preordinato per dare luogo ad un “punto di vita” in cui pensiero (la
valutazione dell’infodesign dello scenario) e azione (la reattività del mouse che esprime la nostra funzionalità remota) sono prossimi, esprimendo
un’operatività che non è solo simulata ma reale per la particolare esperienza senso-motoria della mano con il mouse che opera per noi.
Si tratta, lo ripeto, del superamento di una soglia: si va oltre la visione per fare esperienza nella visione stessa, compenetrandola.
Si va oltre l'interpretazione per fare azione, fisica e mentale, insieme.
Per altri versi è questo, in fondo, l'essenza del migliore teatro di ricerca.
Se la peculiarità del virtuale risiede in un cortocircuito sensoriale per cui la vitalità organica dell'esperienza arriva a operare all'interno del
massimo grado di artificialità, come cercare, se non per opposizione , un rapporto con il teatro?
E perché cercarlo?
Certo, se il teatro nasce come simulazione fisica di uno stato mentale, il virtuale può ben essere concepito anche come il suo speculare sviluppo,
rendendo possibile la simulazione mentale di uno spazio fisico.
La misura concreta dell'azione e quella astratta della visione si coniugano in ambedue le condizioni.
E' qui il dato sostanziale.
Era forse questo il sogno che il vecchio surrealista Aragon vide realizzato sulla scena da Bob Wilson, trent’anni anni fa circa, al Festival di Nancy.
Chissà cosa avrebbe provato con un sistema di realtà virtuale.