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Autore: Oggetto: Ambienti interattivi
carlo
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[*] Inviato il 31-3-2008 at 13:00
Ambienti interattivi


L’interaction design come performance di conoscenza

L’interattività rappresenta non solo un’evoluzione delle tecnologie e dei linguaggi ma anche della progettazione degli ambienti attraverso cui interagire con informazioni ed emozioni. Oltre gli ambiti della sperimentazione artistica con i nuovi media le installazioni interattive sondano le condizioni dei processi percettivi sottilmente interrelati con quelli cognitivi. Condizioni che sollecitano al miglior grado il valore esperienziale della conoscenza.


Per secoli abbiamo centrato lo sviluppo dei nostri processi cognitivi sulla base delle dinamiche lineari della scrittura prima e dell’audiovisivo poi. Eppure sappiamo quanto la nostra sensibilità sia più sollecitata dalle combinazioni casuali, simultanee, non lineari. La nostra coscienza è dinamica e s’arricchisce di quel valore esperienziale che riguarda i processi percettivi, possibilmente connessi con l’attività motoria. Fare esperienza diretta inscrive nella nostra mente le informazioni percepite con un valore maggiore.
Queste considerazioni sono funzionali ad una valutazione del concetto d’interattività espressa dai sistemi digitali in relazione all’evoluzione delle modalità percettive e cognitive insieme.
La condizione interattiva nelle pratiche ipertestuali rilancia le possibilità combinatorie del linguaggio alfabetico, emancipandolo dalla dinamica lineare per proiettarlo in un processo di nuova elaborazione psicologica, che possiamo definire “sinaptica”, predisposta ad un moto associativo delle idee. Il pensiero si rende così più prossimo all’azione del lettore-navigatore che può selezionare le informazioni, interrogandole, seguendo la rete dei link, i collegamenti tra le varie componenti di un testo.
Qui, ora, si tratta però d’interrogarci sulle potenzialità dei sistemi interattivi per valutare alcuni aspetti che vanno ben oltre la dimensione dell’interattività all’interno dello schermo di un computer per cogliere le caratteristiche di ciò che può essere definito l’interaction design, ovvero la progettazione dei modi d’interazione “al di qua” dello schermo: in un ambiente fisico, in uno spazio pubblico. E’ un punto cardine della riflessione sul futuro digitale per sondare i termini di una nuova interazione umana con i sistemi informatici. La questione è cruciale e non può essere limitata solo ai modelli tecnologici ma a quelli psicologici e culturali. E’ per questo che è necessaria una sperimentazione poetica di queste modalità per mettere alla prova, in condizioni ludiche e creative, la nostra percezione e, di conseguenza, la nostra capacità di elaborare l’esperienza diretta in un processo di conoscenza.
In questo senso sono da considerare emblematiche le esperienze di autori come Studio Azzurro, la factory multimediale che dal 1983 tratta l’evoluzione dei linguaggi audiovisivi nella loro integrazione multisensoriale, anticipando le soluzioni dell’interattività, e N!03, il giovane gruppo che nasce all’interno della condizione interattiva dei sistemi digitali declinandoli con una particolare attitudine performativa.
Entrambe queste formazioni hanno curato all’interno di Bergamo Scienza delle installazioni interattive che si rivelano come una buona occasione per riflettere su un concetto nuovo come quello dell’interaction design, ovvero la progettazione delle modalità d’interazione tra corpo, spazio e sistemi multimediali.

Ambienti Sensibili ed Echi Visivi
In molte delle realizzazioni di Studio Azzurro i dispositivi interattivi sfidano lo sguardo, creando eventi percettivi da considerare come dei trompe l’oeil. E’ in questa “rottura dello sguardo” che si rileva la qualità fondante di una ricerca che va ben oltre le categorie interpretative dell’arte. E una questione che è opportuno espandere ( e lo farò più avanti), ma concentrandola su Studio Azzurro, è quanto mai emblematico evidenziare il gioco di spiazzamento che viene ordito tra il naturale e l’artificiale. Ciò è basato sull’interazione tra azione fisica dello spettatore e rappresentazione video, dove, ad esempio, i sensori rilevano rumori o gesti, determinando l’input necessario per la reattività delle immagini.
“Ambienti sensibili” in cui commisurare la sensibilità umana con un impianto creativo che sa giocare con le soluzioni tecnologiche mimetizzandole.
Soffi su una piuma e sul soffitto un angelo videoproiettato prende il volo, batti su un tavolo dove appare un libro ed ecco che si sfoglia e ti rivela le sue storie, gridi in uno stagno e dalla pozzanghera emergono corpi che si aggrovigliano.
O come in quel tappeto che, calpestato, reagisce attraverso un sistema di sensori a contatto, svegliando i corpi dormienti che brontolano al nostro passaggio.
Nell'esperienza di Studio Azzurro c'è un'aura poetica che fa dell'elettronica una condizione da esplorare con i sensi, ma non solo. In quel loro “teatro di percezione” c'è una filigrana narrativa, una combinazione di segni che si evolvono in un processo compiuto solo nella percezione dello spettatore, a tal punto da compiere ciò che può essere definito “drammaturgia dell'interattività”. Ovvero quella strategia attraverso cui gli autori prefigurano il feedback del visitatore-spettatore, disseminando senso e sensori atti a sollecitare lo sguardo partecipato.
Da questo stesso alveo di ricerca nasce l’esperienza di N!03 (molti di loro hanno collaborato con Studio Azzurro) che rilancia il gioco su un piano ancora più performativo se non addirittura ludico.
E’ in questo “grande gioco” che risiede la chiave di volta per comprendere la valenza centrale di gran parte di una storia dell’arte che s’intreccia con la storia della scienza e l’evoluzione umana nel suo complesso. E’ il gioco delle percezioni che si commisura, da sempre, con l’avanzamento tecnologico e quell’epistemologia e filosofia della scienza capace di stabilire la nostra misura del mondo.
Al di qua degli assiomi scientifici è necessario quindi impattare con l’esperienza diretta per comprendere una fenomenologia percettiva. Ed è quello che è sta alla base di questa ricerca, come nel caso di Réflesso realizzato lo scorso anno per Bergamo Scienza, un complesso di tre ambienti videointerattivi centrato sull’esperienza del rispecchiamento. I sensori rilevano l'avvicinarsi del corpo del visitatore che diventa performer di un gioco di visione spaesante, dove l'immagine si avvicina o si allontana secondo la prossimità con lo schermo,. E’ il corpo che “zoomma” :diventa l’interfaccia attraverso cui si pilota il sistema interattivo che moltiplica la propria immagine insieme a quella degli altri spettatori, in una molteplicità di “echi visivi”, propri di un delay, un leggero ritardo digitale dell’immagine rispecchiata. Su questo s’innesta anche una metafora che evoca Pirandello e il suo Uno, nessuno, centomila, dilatando l’operazione secondo i canoni di una drammaturgia dell’interattività, divertente e intelligente. Il dato più emblematico di questa progettualità di performing media (l’azione culturale e sociale con le nuove tecnologie interattive) è infatti nella sua capacità di coinvolgere lo spettatore, sollecitandone i processi cognitivi.
Ci si interroga sul valore di un’interattività che non sia automatismo nè tantomento un cliccare a vanvera su pulsanti ma interazione progettata : pensata per un’altra composizione del pensiero. Un’interazione tra corpi e spazi intelligenti, capaci di gestire sistemi informativi e seduttivi.
E’ un interaction design di cui hanno bisogno Musei e Parchi scientifici, per andare oltre la rappresentazione di un’informazione strutturata e cercare di coglierne l’essenza cognitiva sulla base di un impatto percettivo ed emozionale, immersivo ed esperienziale. Una tendenza che Bergamo Scienza sta promuovendo, con la trilogia di Studio Azzurro e gli interventi di N!03, compreso quello di quest’anno, Bang, sul respiro assordante della natura, con soluzioni telluriche interattive che lasceranno scossi gli spettatori.

Il Ma, una misura armonica dello spazio-tempo
Sono esperienze di un ricerca che va contestualizzata nel quadro di un’evoluzione dei sistemi di rappresentazione, rimessi in gioco attraverso l’interattività. Fino a ciò che definiamo il virtuale nei confronti del quale queste esperienze di interaction design sono propedeutiche
E’ infatti nello studio del rapporto tra corpo e spazio, dall'invenzione rinascimentale della Prospettiva al modulor (il design a misura d'uomo) di Le Corbusier, che le diverse tecnologie (comprese quelle del teatro, della pittura e del design) determinano il loro grado d'impatto con l'evoluzione culturale e scientifica.
Seguire questa traccia è strategico perché rivela l'entità psicologica del problema dell'ambientamento umano e di conseguenza della risposta educativa e creativa da progettare.
In altre culture, diverse da quella occidentale, questa problematica gode di altre sfumature, e può essere utile individuarle.
Nella tradizione giapponese, ad esempio, esistono condizioni particolari che permettono di stabilire in forma rituale delle relazioni con l'ambiente esterno. Cercando in primo luogo una comunicazione sensibile tra l'ambiente interno psichico e quello esterno.
Tra queste la più emblematica è quella definita Ma: una parola per intendere la misura armonica dello spazio-tempo.
Per un occidentale non è facile comprendere una concezione che sottende l'estetica, le arti marziali, le proporzioni dei giardini, la cerimonia del tè.
"Il Ma - sostiene Michel Random (uno dei maggiori studiosi di cultura giapponese) è percepito dietro ogni cosa come un indefinibile accordo musicale, un senso dell'esatto intervallo capace di provocare la risonanza perfetta".
Si può individuare nel Ma un'attitudine psicologica in grado di coniugarsi con la dimensione ambientale, al di là della sua connotazione naturale o artificiale.
In questo senso può essere utile questa riflessione sull'ambientamento nello spazio digitale.
La dimensione elettronica sta producendo alterazioni profonde: cambia la velocità dei movimenti ottici e ancor più la funzione sinaptica del nostro cervello. Si tratta quindi di capire in che misura la dimensione psicologica assume queste modificazioni come nuova natura sensoriale.
Qualsiasi interazione con un ambiente particolare tende a riconfigurare il rapporto percettivo con lo spazio esterno: impone una revisione radicale delle impostazioni di status quo ma dopo un po' tutto si riassorbe, supera la frattura, lo spiazzamento, diventa naturale.
Oggi, attraverso diversi programmi di modellizzazione tridimensionale ormai usuali, è possibile creare “oggetti” virtuali da condividere anche con stazioni remote; per quanto digitali, non fisici, quegli oggetti possono essere “toccati” e spostati via Internet.
Il salto paradigmatico è in questa nuova coscienza: saper vivere una simulazione come un'esperienza a tutti gli effetti, abitando spazi-tempo digitali. Nell'immersione sensoriale all'”interno” di un ambiente virtuale accade infatti qualcosa di molto preciso: si è dentro. Non si sta a guardare, si è lì, non c'é punto di vista prospettico a mediare. E' a questo punto che si stabilisce il valore dell'esperienza: si agisce. Quel cliccare è un atto che produce effetti, feedback precisi. Non c'é più punto di vista ma “punto di vita”, in quell' ambiente digitale si esiste: opera qualcosa del soggetto che vi sta operando: una sua estensione protesica. Essere dentro l'ambiente digitale esprime così un punto di vita che ci permette di agire nella visione. Ecco, “agire nella visione”, è questo il concetto forte.

La sinestesia multimediale
Questa azione nella visione è in qualche modo paragonabile a qualcosa che accade nello spettatore teatrale quando seleziona i dettagli del movimento scenico, sinestesico per eccellenza.
A teatro si seleziona con lo sguardo, si esprime una condizione vissuta che - a differenza della percezione cinematografica dove si stabilisce una relazione esclusivamente con il punta di vista dato dal regista - comporta un'adesione emozionale condivisa nello spazio e nel tempo condiviso.
La multimedialità immersiva, d'altro canto, ci pone di fronte ad un'evidenza paradossalmente simile.
I piani percettivi sono simultanei: leggo, vedo, sento, agisco. E' in questa sinestesia, interpretata ed agìta, che si può dare luogo ad una fortissima interazione tra processi cognitivi e sensoriali, riscoprendo il valore dell'approccio naturale con la realtà, anche se virtuale.
Nella vita, sempre, siamo multisensoriali; la nostra educazione monomediale ci ha però abituato ad operare settorialmente. Se va rilevata artificialità è piuttosto in questa segmentazione della percezione parcellizzata che tende a separare le diverse dimensioni dell'esperienza, arrivando a suddividerla in un riduzionismo che inibisce l'apprendimento. La realtà non è divisa per discipline.
Il mondo è complesso, lo è sempre stato, ma il futuro digitale con la molteplicità delle risorse informative e la velocità dei processi comunicativi rischia di rendere sempre più inadeguato l'assetto psicologico predefinito dal sistema esclusivamente alfabetico.
E' per questo che è importante progettare ambienti multimediali capaci di sollecitare la dimensione percettiva attraverso azioni culturali ed educative che sappiano armonizzare lo sviluppo cognitivo con la sensorialità. Una tendenza che trova nell'edutainment (l'educational coniugato con l'entertainment:il principio attivo del gioco e della spettacolarità) una via di sviluppo fondamentale per fare delle nuove tecnologie della comunicazione un'opportunità evolutiva, arginandone la pericolosa deriva verso l'automatismo.
E’ qui il dato importante: fare in modo, attraverso la progettazione creativa, di compensare la tecnologia con una psicologia basata sul nuovo ambientamento sociale e culturale in ambito digitale.
La dimensione elettronica ispira sentimenti astratti e freddi ma è possibile, secondo le intuizioni di Marshall McLuhan, “surriscaldare il medium”, far accadere qualcosa che coinvolga la nostra sfera esistenziale, fisica.
L'ambiente digitale può essere quindi contemplato come un nuovo spazio-tempo con cui interagire, inventando forme nuove di relazione (interaction design) che vanno oltre l'ergonomia del rapporto uomo-macchina per affermare i gradi di libertà del corpo in azione attraverso le interfacce.
Il fatto che l'interfaccia grafica di uno schermo interattivo possa essere quindi concepita come una soglia d'entrata in un ambiente digitale, entro cui fare esperienza, è decisivo per aprire un fronte di riflessione culturale sul futuro della Società dell'Informazione che si sta delineando e che vedrà i più giovani protagonisti. E' vitale investire attenzione su questo, per non correre il rischio di ritrovarsi in un mondo indotto: un mondo dove quei giovani, senza la formazione adeguata, rischiano di cliccare a vanvera, in un automatismo psichico che non prevede raccordi psicologici, cognitivi ed emozionali.
Traslare, ad esempio, il concetto di ergonomia dal design d'interni (dalla sedia al volante) all'interaction design teso a progettare il rapporto che intercorre tra la nostra percezione e la nostra azione con “oggetti” e ambienti digitali è indicativo in tal senso.
Ecco la necessità di riflettere sulle caratteristiche dei dispositivi, sia tecnici che poetici, che stabiliscono tali processi d'interazione, iniziando a sperimentare ambienti multimediali in cui si possano creare occasioni di nuova sensibilità, sia pedagogica che culturale.
E' attraverso la tecnologia di rappresentazione chiamata teatro che si è presa coscienza del mondo, fisico ed immaginario, grazie ad un sistema di simulazione che di fatto ha svolto una funzione educativa a tutti gli effetti, insegnandoci a condividere lo spazio comune nell'integrazione tra l'uso del corpo e della parola.
Anche oggi il teatro ( o meglio la performance, per usare un termine oiù libero dai canoni della raprresentazione) può rilanciare la propria prerogativa di palestra di ambientamento sociale, iniziando ad interrogarci se è possibile concepire la condivisione di un nuovo spazio-tempo, come quello digitale. Un ambiente inconcepibile fino a due decenni fa. Un ambiente in cui diventa sempre più importante inventare nuovi contesti di relazione, percettiva e cognitiva, per via di un’interattività che può rivelarsi (grazie alla poetica di autori capaci di giocare le soluzioni tecnologiche appropriate) una via di conoscenza basata sull’esperienza diretta, ludica e performativa.

Carlo Infante

approfondimenti su http://www.performingmedia.org e nel libro Performing Media 1.1.Politica e poetica delle reti di Carlo Infante (Memori, 2006)


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