carlo
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Il nuovo cinema italiano come sguardo sulla società contemporanea
Una presentazione
La cattedra di Storia e Critica del Cinema dell'Università di Lecce del Corso di Laurea ex DAMS, diretta dal prof. Giuliano Capani organizza un
seminario volto ad analizzare alcuni film dei nuovi registi italiani: (Silvio Soldini, Paolo Virzì, Alessandro d’Alatri, Roberta Torre, Dante
Lucchetti, Matteo Garrone, Davide Ferrario, Mimmo Calopresti, Giuseppe Piccioni, Daniele Segre, Mario Martone, Maurizio Ponzi, Dominick Tambasco,
Fulvio Wetzl, Salvatore Muccino).
Partendo dalla considerazione che gli anni ’90 sono stati caratterizzati da uno scarso interesse per i temi sociali, una sorta di claustrofilia, un
ritorno ai temi individualistici e intimistici che si manifestano un’immobilità esistenziale vissuta come un’estraneità al presente, se ne analizzano
le cause, tra cui le speranze disattese, l’impossibilità di raggiungere quegli ideali così fortemente vagheggiati (frutto di una passata attività
politica e culturale ad ampio spettro), ma anche l’incongruenza del sistema socio-economico basato sul modello di un consumismo che mostra i suoi
punti di debolezza nel mercato del lavoro in cui il tasso di disoccupazione è ormai da terzo mondo. Tutto ciò provoca un’estrema instabilità e
insicurezza che determinano una caduta dei valori forti: lavoro, famiglia, sentimenti.
In questo contesto si pongono i giovani registi degli anni ’90 che raccontano le loro storie prese dalla quotidianità e aprono uno sguardo sulle
trasformazioni sociali in atto.
Gli studenti e chiunque ne abbia interesse sono invitati alle proiezioni che si terranno il Venerdì dalle ore 15.30 presso il Teatrino del Principe
Umberto (Univ. di Lecce) e a lasciare in questo forum le loro riflessioni, reazioni e testimonianze.
E' prevista una pubblicazione e una giornata di proiezioni e dibattito nei primi giorni di Aprile all'interno del "Festival del Cinema europeo"
organizzato da Artpromo.
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Giuliano Capani
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da Giorgio Demetrio su "CASO MAI"
“CASOMAI”, C’E’ SEMPRE UNA PORTA APERTA DIETRO DI VOI…
Dopo un lungo periodo di torpore, il cinema italiano dà finalmente segni di risveglio grazie ad una serie di giovani registi capaci di coniugare
qualità artistica e successo commerciale. Parliamo dei vari Muccino, Soldini, D’Alatri, Calopresti, Faenza, Ponti, consacrati da lungometraggi
sostenuti dal convinto favore della critica e da incassi più che lusinghieri.
Se Gabriele Muccino ha ottenuto un autentico trionfo con “L’ultimo bacio”(inserito nella top-ten americana dei migliori film della scorsa stagione
cinematografica) , Alessandro D’Alatri (pur essendo lontano dai record della terza “fatica” mucciniana) può dirsi altrettanto soddisfatto della sua
quarta creazione: “Casomai”.
Leggero, minimalista, ai limiti del “crepuscolarismo” per certi versi, il film (che vede protagonisti l’esordiente Fabio Volo e la bravissima Stefania
Rocca) si rivela vincente grazie all’originale formula narrativa e all’amara attualità dell’intreccio. Il soggetto è dominato infatti dalla denuncia
della profonda crisi in cui versa l’istituto del matrimonio al giorno d’oggi. La coppia appena unita dal sacro vincolo infatti, secondo il
lungimirante pessimismo del regista romano, sembra non riesca a sottrarsi ad un triste ed ineluttabile destino: l’immediata divisione all’insorgere
dei primi ostacoli, simboleggiati, in questo caso, da due difficili gravidanze. Tommaso e Stefania, rispettivamente pubblicitario e truccatrice,
decidono di portare a termine la prima e si trovano ben presto sopraffatti dalle enormi responsabilità che gravano sulle spalle di due giovani
genitori inesperti; ma è come se D’Alatri volesse dirci che padri e madri non si nasce, che in ogni tempo e in ogni luogo la mancanza d’esperienza
abbia inevitabilmente caratterizzato tutti i genitori alle prese coi capricci del primo frugoletto. Perché Tommaso e Stefania si rivelano molto più
immaturi che inesperti, soffocati da un egoismo equamente imputabile all’attitudine bambinesca dei due e alle pressioni di una società sempre più
frenetica, sclerotica e alienante, incapace di fermarsi a riflettere per un attimo sulla drammatica sorte che l’attende.
E’ senza dubbio quest’ultimo infatti, il principale interrogativo sollevato da D’Alatri; dove andrà a finire questa società, segnata da un terribile
relativismo etico e pronta a fagocitare tutto e tutti? Dove andrà a finire una società che agisce in nome di un solo, assurdo principio quale il
profitto a tutti i costi? Dove andrà a finire una società che preferisce sacrificare una vita (è la scelta di Stefania che decide di abortire quando
si accorge di essere imprevedibilmente incinta per la seconda volta) piuttosto che ridiscutere un equilibrio oltretutto fittizio e dominato da mille
ipocrisie?
La risposta del giovane cineasta è affidata alla saggezza delle semplici parole pronunciate dall’anziana governante scelta da Stefania: “non mi resta
che andare via, non posso più restare in questa casa. In famiglia eravamo in otto e per dare da mangiare a tutti era sufficiente allungare la
minestra. Non è mai morto di fame nessuno.”
Probabilmente al piccolo figlio di Tommaso e Stefania, sarebbe piaciuto condividere quella minestra con il fratellino, rimasto una fragile foglia
spazzata dal vento dell’indifferenza.
Giorgio Demetrio
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samanta
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CAMPA SAMANTA
STAMMS I Anno
m. 10018751
Su: “ CASOMAI “ di Alessandro D’ Alatri
Nel “gioco sociale” (la vita quotidina) un rapporto d’amore di una giovane coppia può riuscire a rimanere “incontaminato”, puro ed eterno?
O meglio:può essere eterna una così bella forma d’amore, e può resistere alle influenze dell’ambiente circostante,allo scorrere del tempo e degli
eventi?
“Casomai” racconta la quotidianeità di un rapporto d’amore.
La nascita, casuale, di un amicizia diventata presto e spontaneamente amore
tra due persone, come si vede inizialmente,in uno scenario tutto positivo.Fa riflettere su come, nelle piccole cose, negli sguardi e nella complicità,
due persone possano trovarsi in intesa e raggiungere il “paradiso”..l’ “Heaven”,
che suona tra l’altro,come bellissima colonna sonora del film per la voce di Elisa. Tutta italiana dunque, questa pellicola. Un film spontaneo e
fresco.Ricco di particolari. Le impressioni che che suscita sono le più varie, le domande tante!
Può un amore trovare riscontro nella società e soprattutto nella società attuale? Può resistere? Quali le difese, le armi che si devono possedere?
Quale spirito?
Una coppia che decide di sposarsi, sceglie una cerimonia fuori dai canoni, religiosa; cristiana ma fuori dall’ordinario. Non a caso, la scelta è
quella di celebrare il matrimonio in una chiesetta di campagna, ciò evoca spiritualità ed armonia.
Un parroco che più che un religioso, sembra un loro confidente e consigliere, una sorta di “grillo parlante” (coscienza-morale ) che mette in luce le
problematiche e le difficoltà di una scelta che realmente dovrebbe essere per tutta la vita..
E non a caso ancora, anche se i due giurano di amarsi, riconoscono l’equilibrio labile sul quale si “regge” la coppia, proprio come..due pattinatori
sul ghiaccio, uno accompagna l’altro, danzando insieme.
E’ molto suggestiva quest’immagine che vediamo come prima scena e che viene ripresa più volte nel film.
Dicono di essere credenti, ma non praticanti e di aver scelto una cerimonia cristiana più per far piacere ai loro parenti che perché sentano
effettivamente la validità della pratica .
Quasi un voler dare un “sigillo” di stampo religioso al loro amore, per conferire ad esso una “FORMA SOCIALE” accettata appunto, da parenti, amici e
dalla società tutta.
Un sistema sociale che deve necessariamente racchiudere tutto in delle forme prestabilite, perché così è più facile capire, accettare “inquadrare” in
un ottica ovvia e standardizzata ogni cosa.
Ma, nel film, il prete sottolinea come .
Durante la cerimonia,infatti; il parroco prospetta alla coppia e agli invitati, quale “futuro possibile” i due potrebbero trovarsi a vivere (sulla
base di statistiche ben precise di divorzi e separazioni).
Nasce così, sull’invenzione del prete , una storia tutta particolare e verosimile.
Fantasia del prete, ma molto vicina alla realtà quotidina. E cosa è più coinvolgente del “quotidiano”? E’ solo uno dei futuri possibili, ed è questo
il fulcro del film. Si vedrà come i ruoli prestabiliti, gli impegni di lavoro, gli eventi come la nascita e la crescita di un figlio, cambino
moltissimo lo stile di vita della coppia ed il loro modo di vedere le cose.
E soprattutto, come i pareri degli amici e dei parenti, carichi di luoghi comuni, influenzino l’agire dei protagonisti sino ad “ingabbiarli” in dei
ruoli ed indurli in atteggiamenti non loro. La coppia diventa sterile,l’individuo “paralitico” e smorto, si è visto sia nel ruolo maschile che in
quello femminile.
Ma come fare ad unire questi due mondi, se si può dire; quello del reale, del sociale con quello dello spirito, dell’intimità?
Con l’amore,viene da pensare! ..Cosa che l’uomo, come sottolinea qui il prete, sta dimenticando.Questo sentimento di scambio profondo è stato
sovrastato da altri “valori”;ha lasciato il posto ad un individualismo sterile, una stima di sé basata sul successo e sull’affermazione nel
lavoro,nelle relazioni sociali (questa figura è ben sottolineata dal ruolo maschile,interpretato da Fabio Volo),nell’industria dei sentimenti.
Non a caso i due protagonisti sono dei creativi,lui art director di uno studio pubblicitario e lei truccatrice;creano illusioni per facile
consumo,veloce ed immediato;pubblicità e moda.
Mi chiedo se sia possibile diversificare i ruoli di lavoratore-lavoratrice, moglie-marito,padre-madre e chissà quanti ancora…senza che nessuno prenda
il sopravvento sull’altro, facendo interagire con armonia tutti questi apetti della vita di una singola persona, per poter così pensare di poter
forse, avere un rapporto sano che dia buoni frutti, basato sul rispetto di se e dell’altro. Perché è dell’influenza dell’ambiente (in senso
sociologico) che si parla in questo film, di come l’individuo viene condizionato nel suo agire e pensare innumerevoli volte.
Il discorso si ripercuote sulla coppia, che dalla crisi di valori o riformulazione di alcuni, a mio parere ne è una vittima evidente. (..le convivenze
ormai tendono a sostituire il matrimonio classico, considerato da molti, più un vincolo che un piacere, una tappa obbligata per altri) Speriamo
bene!
Il film fa riflettere e fa pensare a modi nuovi di vedere l’amore, il matrimonio.
I protagonisti sono consapevoli delle difficoltà che potranno incontrare, e che non sempre tutto andrà liscio, ma accettano con serenità di “giocare”
in questo “gioco sociale” e di coppia.
Il matrimonio diventa per loro promessa intima , che non ha dei canoni prestabiliti; IL PRETE NON PRONUNCIA LA FORMULA IN PRESENZA DEI PARENTI E
NEANCHE ALLO SPETTATORE E’ DATO SAPERE QUELLO CHE I DUE SI PROMETTONO.
LA REALTA’ SOCIALE E’ MOLTO VASTA, VIVIAMO IN UN MONDO SOCIALIZZATO , anche troppo! Dove in ogni momento,tutti, o quasi tutti, possono fare molte
scelte, realizzarle in modo piu’ veloce di prima. Ed ogni scelta del PRESENTE crea un FUTURO (alla “Sliding doors” per capirci!).
Un mondo dove la comunicazione è alle stelle e la socializzazione quasi obbligata. E l’ intimità della coppia? Esiste ancora la coppia? (quali i modi
nuovi di risolvere i problemi di sempre? dice la protagonista in una scena. Gelosie, bugie, desideri.)
In un mondo dove tutto è sempre più “interazione”, è possibile, per un individuo agire nel sociale senza sacrificare quella parte di propria intimità
,
di amor proprio,di “sani valori”, quella parte di spirito?
In una forte socializzazione ci sono pro e contro. Ogni interazione sociale (socializzazione,educazione,cura) è potenzialmente un processo
d’influenza.
Una sorta di apertura può fare solo bene, ma riservarsi una propria intimità (dello spazio per pensare e dei limiti di “integrità”) è sacrosanto!
Decidere cioè, cosa fare entrare dentro il proprio mondo, la propria testa, dentro di sé, e cosa no,decidere..selezionare, non è grettezza! Potrebbe
essere una soluzione, non facile ovviamente, ma creativa e sensoriale e razionale allo stesso tempo.
La coppia di questi “bombardamenti” di valori poco educativi (eccessivo individualismo, sesso facile e sterile e bla bla bla..)ne risulta ferita.Si
dovrebbe essere sempre più forti,attenti alle “voci” che vengono da fuori,che si insediano nella nostra mente, proprio come i tanti luoghi comuni che
, nel film, i conoscenti dei due protagonisti usano per definire queata storia d’amore , quella tra Tommaso e Stefania. Bisognerebbe cioè pensare con
la propria testa. Si parla d’amore dunque nel film, ma anche di “ruoli” e “attori sociali”.
I due protagonisti decidono di intraprendere questa nuova vita insieme, col sorriso, consapevoli di ciò che stanno facendo in quel momento.
Sorridono, dopo aver celebrato (soli col prete) il loro matrimonio,nella scena in cui escono dalla chiesa, consapevoli della loro scelta ed avendo
appreso che il rapporto d’amore è “un fatto loro”, è soltanto un fatto loro ,privato.
grida il prete verso gli invitati, gli spettatori,in una scena finale del film.
UN ELOGIO ALLA SACRALITA' DEL SENTIMENTO E DELL'UNIONE, IN UN EPOCA IN CUI SPENDIAMO DI PIU' E PRODUCIAMO DI PIU' SE SIAMO DIVISI.
E l’abuso di divorzi, causa di matrimoni che forze non aveveno senso di essere chiamati tali è anche quello un business?!
Ciò è sottolineato dalle figure di due avvocati che, nella scena della discussione in chiesa, affermano di lavorare quotidianamente con divorzi e che
quello è comunque un lavoro che qualcuno deve pur fare, e che spesso, anche per alcuni versi finanziari, risulta una soluzione addirittura
conveniente! (“L’industria dei sentimenti”!)Come è chiaro in un’altra scena che vede Tommaso (Fabio Volo) a consulto di un commercialista-amico, o
anche, come si è visto in modo paradossale nella scena dell’iscrizione del figlio al nido, quando dicono a Stefania(Stefania Rocca) che l’iscrizione
sarebbe stata possibile con un punteggio più alto che, il figlio avrebbe potuto raggiungere qualora i genitori fossero stati divorziati!
E’ una forma scherzosa del regista per presentare a mio parere, quella che io definisco “ L’INDUSTRIA DEI SENTIMENTI “ (il socile la include).
Questa l’ “omelia”!
Le considerazioni del prete sono molto interessanti e lasciano riflettere a lungo lo spettatore. Proprio come la gente che nel film, dopo aver
ascoltato questo “sermone” è invitata dal prete ad uscire fuori. All’improvviso è come se qualcosa in loro si risvegliasse...
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Paola
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PATTINARE IN EQUILIBRIO PRECARIO...fa riflettere!
Buio in aula. Inizia.
“CASOMAI” di A. D’Alatri.
Io il film l’ho già visto al cinema, ma lo rivedo volentieri perché la storia di Tommaso e Stefania è un po’ comune a tante coppie…ed è facile
immedesimarsi!!!
C’è il prete della piccola chiesetta di paese…bellissimo stratagemma narrativo per raccontare in maniera assolutamente originale questa storia come
presa di coscienza dei pro e contro delle proprie scelte…
Così, mentre le immagini scorrono veloci sullo schermo, mi ritrovo, come in uno specchio, a confrontarmi con questa generazione di trentenni, forse
ancora un po’ troppo bambini, coi loro zainetti sulle spalle, ma abbastanza grandi per decisioni “importanti”, sempre di corsa fra mille impegni e
mille problemi.
Sorrido a me stessa: la situazione mi è particolarmente familiare…
Sto pensando alla difficoltà di “crescere”…
Esiste veramente un’età in cui si è “pronti” per l’Amore?
Amore con la A maiuscola, attenzione!
Come si può essere pronti ad affrontare qualcosa che non si conosce assolutamente?
A gestire emozioni, passioni, difficoltà a cui non si è preparati?
E mentre cerco una risposta, che sinceramente non credo esista, continuo a pensare…
Ehi, ma perché una cosa così vitale e pulsante come l’Amore deve essere così complicata?
Certo è, che molto spesso abbiamo paura di amare…e di essere felici, mi dico.
Più semplicemente scegliamo, a volte inconsapevolmente, di camminare (e con i piedi di piombo!) sulle nostre certezze, su quel terreno che meglio
conosciamo e che ci da più stabilità.
E’ sempre difficile mettersi in discussione, scardinare il proprio io, ribellarsi a se stessi, rischiare.
Anche perché non sempre possiamo scegliere di tornare indietro CASOMAI ci avessimo ripensato!…e questo spaventa!
…Un attimo: caspita che bella la scena dei due pattinatori alla ricerca di un perfetto equilibrio sulla pista ghiacciata…Penso che questa metafora,
renda perfettamente l’idea! Si, si, mi piace! Mi appartiene tanto che vorrei averla pensata io!
Già è difficile mantenersi in equilibrio quando si è da soli…figuriamoci in coppia!!!
E nel frattempo mi chiedo se, almeno, sono in grado di “ascoltare” me stessa.
Mmmh…se CASOMAI mi trovassi in equilibrio precario, cosa sarei in grado di fare?
Mentre la storia prosegue, cerco di capire, m'interrogo su quanto contino gli “altri”, le persone che ci circondano, nella nostra vita e per le nostre
scelte…Quanto pesano quei consigli, magari quelle mezze frasi dette a denti stretti da un amico in un momento “particolare”…quanto pesa la
consapevolezza dell’impossibilità di fare cose che prima potevamo concederci?
Ecco, lo so, questa è una parola chiave…CONSAPEVOLEZZA!!!
Tutto quello che ci ruota attorno fa parte di noi! E’ quasi impossibile restarne “immuni”…del resto chiudersi, barricarsi all’interno di una coppia,
non è auspicabile…Ogni piccolo mondo deve confrontarsi sempre con l’esterno, con la vita…altrimenti come “cresce”?
Arrivo alla conclusione che i muri non servono…forse, servono solo i giusti FILTRI!
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Paola
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CASCA IL MONDO, CASCA LA TERRA.....
TUTTI GIU’ PER TERRA!
Mi viene in mente una frase famosa di O. Wilde:
“Vivere è la cosa più rara di questo mondo;
molta gente esiste: ecco tutto”
Walter e la vita: sembra che le sue giornate scorrano sempre uguali; scivolino via pigre e indolenti e al tempo stesso piene, occupate dalla ricerca
di qualcosa: forse del lavoro, forse dell’amore…forse di se stesso, forse di un sogno!
La sua storia, rappresenta lo spaccato di una realtà giovanile fatta di paure e incertezze, abbandoni e solitudini affettive…sicuramente di profonda
insoddisfazione; un sognatore atipico Walter, in una società che lo circonda superficiale e clientelare.
Siamo di fronte ad un giovane che si discosta dalle frenesie comuni, chiuso con la sua pigrizia in una sorta di disagio che gli impedisce di
confrontarsi direttamente con gli altri e che gli impedisce di scegliere, di trovare una soluzione.
Emerge subito il rapporto conflittuale con i genitori e col padre soprattutto: lo scontro è più che altro con quel “modo di pensare” da cui ogni
giovane scappa e da cui lui si difende con un muto isolamento, con una ricercata “noncuranza”.
Le prime due cose che vengono in mente sono sicuramente una forte incapacità di comunicare (molto spesso ascoltiamo solo i suoi pensieri!) e ancora
una volta la difficoltà di crescere (il titolo stesso richiama alla mente una filastrocca infantile), di diventare adulti con tutte le problematiche e
le responsabilità che questo comporta.
Mi sembra che ci siano due avvenimenti essenziali che segnano la crescita, quasi forzata e casuale (è la vita!) di Walter: il sesso e la morte.
La perdita della verginità (conservata fino a 24 anni!) e la morte di zia Caterina l’unica “adulta” in grado di stargli vicino con garbato distacco,
senza l’invadenza di un genitore, l’unica “adulta” più simile a lui.
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Paola
Member
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Vi mando in allegato, un breve trafiletto di E. Berselli sul cinema italiano d'oggi, pubblicato sull'Espresso del 6/02/2003.
Allegato: Il ciack in una stanza.doc (24kB)
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Fulvio Wetzl
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Quota: | Originariamente scritto da carlo
Una presentazione
La cattedra di Storia e Critica del Cinema dell'Università di Lecce del Corso di Laurea ex DAMS, diretta dal prof. Giuliano Capani organizza un
seminario volto ad analizzare alcuni film dei nuovi registi italiani: (Silvio Soldini, Paolo Virzì, Alessandro d’Alatri, Roberta Torre, Dante
Lucchetti, Matteo Garrone, Davide Ferrario, Mimmo Calopresti, Giuseppe Piccioni, Daniele Segre, Mario Martone, Maurizio Ponzi, Dominick Tambasco,
Fulvio Wetzl, Salvatore Muccino).
Partendo dalla considerazione che gli anni ’90 sono stati caratterizzati da uno scarso interesse per i temi sociali, una sorta di claustrofilia, un
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le cause, tra cui le speranze disattese, l’impossibilità di raggiungere quegli ideali così fortemente vagheggiati (frutto di una passata attività
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