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Autore: Oggetto: Integrazione Partecipata:quale teatro
lindam
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[*] Inviato il 29-10-2002 at 10:39
ora di riflessione sulla lingua in I D


La prima parte del corso di Viganò è conclusa: ci ha suscitato molte emozioni; l'incontro con la Preside Bortone anche: abbiamo letto l'allegato, abbiamo riflettuto.
Ma ieri era l'ora di "riflessione sulla lingua" in I D.
Dovevo far capire ai ragazzi i modi verbali e ciò che esprimono: l'Indicativo un'idea certa, un fatto reale; il congiuntivo una speranza, un dubbio...
I ragazzi erano abbastanza attenti, sapevano che la lezione era importante, e cercavano nella loro memoria le conoscenze già acquisite alla scuola elementare. Francesco in quel momento per loro non c'era; non c'era neanche per me e non c'era nemmeno Beatrice a farmelo ricordare.
Per caso lo sguardo si è posato su di lui: era lì, buono, chiuso nel suo imperscrutabile e inaccessibile "io". Non chiedeva niente a nessuno, non dava niente a nessuno.
Il corso di Viganò, l'incontro con la Preside, l'attenta e ripetuta lettura dell'allegato, le molteplici domande che ci ha posto, la mia incertezza, la mia confusione sul da farsi!
Francesco c'era, non poteva rimanere lì senza dare e ricevere niente da nessuno; doveva esserci per i compagni, per me, per lui stesso.
E l'indicativo e il congiuntivo sono diventati la certezza, per noi, che Francesco era seduto nel suo banco e aspettava di comunicarci qualcosa, e la speranza di stabilire relazioni di affetto tra tutti noi presenti in quel contesto.
"Francesco è buono e ascolta la lezione:"
"Francesco è seduto nel suo banco."
"Speriamo che l'insegnante voglia bene a Francesco."
"Speriamo che i compagni della I D vogliano bene a Francesco."
"Speriamo che Francesco voglia bene ai compagni."
E intanto Francesco ascoltava sempre più attentamente; ormai c'era, in classe, c'era, per i suoi compagni ed anche per me.
Ha risposto con un gioioso: "Io voglio bene a tutti!"
Non so se questo ha a che fare con "l'integrazione partecipata".
Non so se questo ha a che fare con la "riflessione sulla lingua".
So però che in quel momento mi sono sentita una persona che doveva rispondere ai bisogni affettivi di altre persone (e perchè non anche ai miei?!) e una insegnante che doveva creare un contesto comunicativo e di apprendimento corretto.
So anche che la certezza dell'Indicativo e la speranza del Congiuntivo non verrà dimenticata facilmente dai ragazzi della I D e che quell' "io" di Francesco incomincia ad essere sempre più accessibile.
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carlo
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[*] Inviato il 31-10-2002 at 15:25
vi sono problemi tecnici?


scriveteci
a info@teatron.org !
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Emanuela g.
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biggrin.gif Inviato il 31-10-2002 at 20:28


Ciao volevo sapere se è vera la notizia dell'incontro di martedì con il prof Infante?
Credo che sia utile, utilizzare il forum, anche, per informazione tecniche!
ciao
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carlo
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[*] Inviato il 31-10-2002 at 21:09
decantare e selezionare


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Originariamente scritto da Emanuela g.
Ciao volevo sapere se è vera la notizia dell'incontro di martedì con il prof Infante?

>>> si ci sarà, ma va concertata con Antonio Viganò e Santoro e...
viosto che è im programma il laboratorio teatrale: io sono a disposizione, spero si possa trovare almeno un'ora<<<

Credo che sia utile, utilizzare il forum, anche, per informazione tecniche!
ciao

giusto,
ma perchè chiamarle tecniche?
dico di più: cogliere l'opportunità dello scambio d'informazioni sugli appuntamenti per dirci qualcosa di + preciso sul senso di questo forum.
tipo: usiamo questa piattaforma per sperimentare quella cooperazione che spesso nelle riunione non si libera.
Lanciamo qui le idee, facciamole decantare per selezionarle dopo, dal vivo, sul campo.
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bea
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[*] Inviato il 1-11-2002 at 00:41
riunione Infante


la riunione si farà martedì alle dieci presso il teatrino del Principe Umberto
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gino santoro
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[*] Inviato il 1-11-2002 at 20:26
richiesta di notizie sui laboratori


Mi piacerebbe avere notizie sull'avvio dei laboratori di libera espressione nelle tre scuole protagoniste del progetto.
In particolare vorrei sapere:
quanti e chi sono gl'insegnanti che operano;
quanti e chi sono i ragazzi che partecipano;
in quali spazi lavorano;
che cosa è accaduto nel corso del primo incontro...
buona navigazione
gino
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ritabortone
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[*] Inviato il 2-11-2002 at 08:45
prossimi incontri


da scuola abbiamo mandato un fax per l'avviso ufficiale sui prossimi incontri, ma senza dettagli organizzativi per i motivi che vi ha detto Carlo. Io sono dispiaciutissima, ma in quei giorni sono a Roma per lavoro. Comunque il bisogno di Gino, di avere notizie sull'avvio dei laboratori, è un bisogno anche mio. ciao
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lele
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[*] Inviato il 2-11-2002 at 13:23


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Originariamente scritto da Vinicio Antonio Attanasi
Ciao a tutti! Vi invio un allegato che ho scritto giorni fa! è una "sfida" a tutti voi che mi è stata suggerita da 2 miei prof!Spero non vi offendiate molto!!!
..............questa discussione sui mancini mi è sembrata in un primo momento inopportuna ,poi riflettendoci ho notato come da un pensiero cosi' "naturale" si possa dedurre una delle grandi paure dell'uomo....quella dell'alterità..........essendo anch'io mancino ho notato come la gente si arrovelli nello speculare sulla natura dei sinistrorsi attribuendogli doti o difetti quasi prodigiosi ... in passato persino "corregendone"gran parte e non considerando questa loro attitudine semplicemente come una cosa naturale...come il colore dei capelli...o della pelle....o l'essere estroverso...Da questo stupido esempio si evince il problema secondo me alla base........e cioè che l'uomo ha più"rispetto" o forse sarebbe meglio dire soggezione delle sue convenzioni sociali...piuttosto che delle sue attitudini naturali......il che per me ha del paradossale...................................e qui chiudo!
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Francesco
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[*] Inviato il 4-11-2002 at 18:41


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Originariamente scritto da Sabrina Fiore
Per la seconda volta scriviamo accoppiate:siamo Valentina e Sabrina!!
La nostra la vogliamo dire!Con tutta sincerità, pur avendo partecipato agli incontri con Carlo Infante e al forum, non avendo avuto l' esperienza diretta di Taurisano e Otranto, ci sentiamo ancora adesso delle "estranee". Non abbiamo vissuto niente che ci faccia intendere il corpo-poesia, il rapporto con i cosidetti "diversi", l' emozione di lavorare sul campo, di questo ce ne dispiace molto.
Vorremmo sentirci più partecipi, perchè senza l' esperienza diretta c'è poco da dire...Infatti nel nostro primo intervento abbiamo semplicemente detto ciò che pensavamo di fare, le nostre idee; solo dopo ci siamo rese conto che avevano poco valore in confronto a chi ha avuto modo di partecipare a questo tipo di integrazione.
Nonostante tutto le nostre emozioni ci portano a fare una breve riflessione:
sarebbe bello un teatro che ci tenga stretti in un cerchio senza alcun tipo di rapporto professore-studente o adulto-bambino, diventare tutti bambini cogliendo le emozioni fatte di attimi.
Ci è appena venuta in mente una frase di Antoine de Saint-Exupéry de Il piccolo Principe:
" tutti i grandi sono stati bambini una volta. (ma pochi di essi se ne ricordano)"
Ci scusiamo per l' emozione del momento ma tante volte è meglio seguire i sentimenti che scrivere le nostre idee ragionando. Forse anche questo è teatro!
P.S.Chiediamo scusa se approfittiamo di questo messaggio per dire la nostra riguardo l' Oistros: non ci sembra opportuno che gli incontri avvengano in orari tardi in quanto coloro che vogliono partecipare (e che purtroppo per loro sfortuna vengono da fuori!), sono impossibilitate dai mezzi di trasporto.


Ciao ragazze,
per la seconda volta mi trovo a scrivere dopo aver letto un vostro intervento. Concordo con voi sul fatto che l'esperienza è importante, però non è vero che le vostre parole avevano meno valore di quelle che gli altri avevano scritto. Tutte le parole che una persona pronuncia hanno un grandissimo valore perchè espressione di quello che ha dentro. A me è piaciuto molto quello che avete scritto l'altra volta, considerazioni che avete maturato forse non per esperienza diretta, ma che avevano dentro il vostro modo di vedere le cose. E anche questa volta dire che "sarebbe bello un teatro che ci tenga stretti in un cerchio senza alcun tipo di rapporto professore-studente o adulto-bambino, diventare tutti bambini cogliendo le emozioni fatte di attimi" è comprendere quale deve essere il fine ultimo di un teatro sociale, un non luogo in cui i vincoli che definiscono i rapporti di superiorità-inferiorità (anche se solo in ambiti culturali) non esistono.
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stefina
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[*] Inviato il 26-11-2002 at 17:44


sono la mamma di stefina. Non avevate detto che dovevate coinvolgere noi genitori? cosa state aspettando? fatevi sentire
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carlo
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[*] Inviato il 3-6-2003 at 17:44
alimentare il diario di bordo!


Siamo al round finale x esami e per la composizione del web


Sarebbe opportuno sollecitare tutti loro a fare un intervento nel forum che poi verrà tradotto qui
Qui nel canale diario di bordo
http://www.teatron.org/integrazione/forumIniz.html

è importante che scriva sia chi ha partecipato direttamente al lab di Viganò che anche gli altri

poi la cosa + intensa si scriverà nel forum dopo l'evento del 14.06
ma sarà dopo l'esame...
(ma varrà per il prossimo come credito...)

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carlo
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[*] Inviato il 7-6-2003 at 11:00
le iniziative ad ITACA


ecco la locandina

itacaf.jpg - 99kB
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Paola
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[*] Inviato il 10-6-2003 at 19:21


Questi sono alcuni stralci dell’intervista al Prof. Cannoletta: lascio sul forum solo le tracce che mi sembrano più significative per avere un quadro generale (credo comunque che sia utile leggere per intero la testimonianza sull’esperienza di quegli anni, per cui se qualcuno è interessato può chiedermela!).

“ […] Nel 1969 cominciammo ad avvertire la necessità di portare fuori dalle strutture chiuse, i ragazzi portatori di handicap […] sempre più emarginati all’interno delle strutture cosiddette protette: le scuole speciali e le scuole differenziate […] Ci accorgemmo che i ragazzi in queste strutture, non partecipavano attivamente: […] vedevano gli altri compagni nella loro stessa situazione e quindi non avevano nessuno stimolo al confronto […] ”

“[…] Nel 1970, avviammo il progetto. […] Sicuramente le insegnanti non erano preparate ad affrontare la situazione. Erano abituate alla “patologia” dello stare sedute in cattedra riducendo il rapporto con i propri alunni alla cosiddetta “risposta mera” ovvero al semplice rapporto formale con il ragazzo benestante secondo le regole classiche della buona educazione.
Era necessario preparare gli insegnanti ad acquisire una nuova mentalità sul genere umano […] ”

“ […] All’inizio, quando i “diversi” entrarono nella scuola comune facemmo degli incontri con i genitori per spiegare loro cosa stesse succedendo […] Molti furono gli atteggiamenti di chiusura, altri, invece, si resero conto che i loro figli si sarebbero potuti arricchire con quella esperienza […] ”

“ […] Ricordo che molti genitori non uscivano da casa per paura di essere additati: sentimenti che si confondevano con la filantropia, col pietismo e con il paternalismo da parte dello stato e del potere politico […] ”

“ […] In realtà la frequenza del diverso nella scuola comune non significava necessariamente imparare a scrivere a leggere e a far di conto ma rappresentava un momento forte di socializzazione […] ”

“ […] Nel frattempo, l’esperienza si allargava in tutta Italia. Il Ministero della Pubblica Istruzione aveva sempre considerato la scuola elementare come un EDEN educativo, un posto tranquillo. Quando iniziarono ad emergere le prime contraddizioni, che la presenza dell’handicappato provocava, […] si cercò di far rientrare tutto nella logica del potere, istituzionalizzando la figura dell’insegnante di sostegno […] ”

“ […] Sarebbe opportuno assegnare ad ogni Collegio dei docenti tre o quattro insegnanti di sostegno come consulenza, come aiuto diretto agli insegnanti per trovare, autonomamente, soluzioni specifiche per ogni ragazzo […] ”

“ […] Era proprio quello il periodo del dibattito sulla non-scolarizzazione del ragazzo […] Questo dimostrava che, privilegiando un rapporto semplice basato sul SUO linguaggio, si poteva comunicare […]”

“ […] Sono stati fatti molti progressi: il fanciullo che ha frequentato la scuola comune ha perduto molto della sua aggressività trasformandola, mano a mano, in creatività; […] ”

“ […] In fondo, l’handicap è un ostacolo e non una malattia […] ”


Trovo bellissima l’idea del Prof. Cannoletta sulla necessità di acquisire una NUOVA MENTALITA’ SUL GENERE UMANO poiché penso che lo sviluppo e la crescita civile si fondino proprio sull’affermazione di “umanità diverse”.
A volte mi sembra che ognuno di noi trovi (istintivamente e involontariamente) più facile, concentrare i suoi affetti, le sue relazioni umane nell’ambito di una sicura “normalità” che spesso si manifesta, però, come indifferenza al destino degli altri.
Mi fa un certo effetto pensare che molte famiglie siano state costrette ad affrontare tutti i problemi nell’isolamento delle loro abitazioni, recluse, come se avessero commesso delle colpe di cui vergognarsi e per cui difendersi.
Mi sembra così terribile e assurdo; ho scoperto che l’indifferenza mi fa realmente paura.
Una vera e propria assistenza ai disabili, dovrebbe andare molto al di là del pietoso e antipatico concetto di “beneficenza”, perché assistenza significa anche combattere le cause di certi fenomeni, siano esse culturali, strutturali o politiche.
Nell’ottica dell’immedesimazione, della necessità di riuscire a vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri, mi piace immaginare “la diversità” come “quel modo non convenzionale di organizzare il mondo e di dargli un senso” a cui faceva riferimento Sabrina.
Naturalmente so bene che questa è una visione utopistica, e che bisogna fare i conti con difficoltà oggettive e svariati problemi da superare, ma credo comunque che la ricerca costante di una nuova percezione di umanità dovrebbe costituire un traguardo importante della nostra crescita.

Come ultima cosa, vi segnalo un testo bellissimo, toccante e profondo che mi è capitato di leggere di recente per l’esame di Lab. di teatro sociale e delle comunità: “FRATELLI” di C. Samonà (Mondadori).
Vi assicuro che alla fine di questa lettura vi sentirete più ricchi!
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Tambouriner
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[*] Inviato il 11-6-2003 at 19:19
DATA & ORARIO! E LUOGO ESAME?


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Originariamente scritto da Tambouriner
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Originariamente scritto da carlo
[...]ci vediamo il 13 mattina all'esame, alle ore 11
MA DOVE SI TERRA' L'ESAME? CI CONFERMA LA SEDE "PRINCIPE UMBERTO"?!?
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carlo
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[*] Inviato il 11-6-2003 at 21:54
13.06 alle 11 al p.umberto


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Originariamente scritto da Tambouriner
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Originariamente scritto da carlo
[...]ci vediamo il 13 mattina all'esame, alle ore 11
MA DOVE SI TERRA' L'ESAME? CI CONFERMA LA SEDE "PRINCIPE UMBERTO"?!?


si
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Smemorina
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[*] Inviato il 17-6-2003 at 19:21
Mi permettete?


Salve a tutti, sinceramente non so se posso inserirmi e non so nemmeno se quello ke dirò è giusto o possa servire, se non è così chiedo scusa...
Vi vorrei solo far conoscere la mia esperienza!!
Si parla di persone "diverse", ok, certo,hanno qualcosa di più o di meno dalle persone "normali", ma la loro diffidenza è forse causata dall'imbarazzo che i "normali" provano al primo impatto....
Non mi riferisco agli ignoranti che prendono in giro chi ha qualcosa di diverso da loro, parlo di chi ci mette la buona volontà, ma che cmq all'inizio ha lui stesso delle difficoltà!
Perché la gente non riesce a trattare (quando possibile ovviamente, ci sono casi particolari...) tutti nello stesso modo?
Invece c'è quasi un blocco, si tende a trattare in modo diverso solo perché si teme di ferire o sbagliare, certo non solo questo...
Ora vorrei raccontarvi la mia storia...
Sono nata con un difetto in bocca (labbro leporino e palato schisi) che mi causa un problema di linguaggio nonostante 12 interventi. Da piccola (classico!) mi prendevano spesso in giro e mi facevano il “verso” e lasciamo perdere le battutine sul mio viso...., gli adulti dicevano "poverina" e mi trattavano come se dovevo rompermi da un momento all'altro...., io piano piano mi son chiusa in me stessa.
Detesto parlare (anche se un pò sono migliorata), non amo mettermi in mostra, anzi...meno mi si vede meglio stò, ma a questo non ci sono arrivata da sola...io mi vedevo come gli altri...
Cmq ho trovato in me la forza di usare un corpo e un viso che non amo,non solo per uscire dal mio mondo ma anche per far capire che un handicap non deve fermare nessuno!!!
Alla mia età(bè non è mai troppo tardi!) ho iniziato a crearmi un personaggio su misura, una me stessa un pò più coraggiosa,una spalla, non so come spiegarmi....
Ora faccio la clown mimo, non facile per chi non è abituato al mondo...perché lo faccio?:
1°) Voglia di ridere di me prima degli altri, ridere degli altri....e far ridere chi non ne ha più voglia o ha perso il gusto di farlo.
2°) Il clown ha il viso dipinto, per cui è un pò nascosto...(si è meno esposti)
3°) Il mimo non parla, esprime con il corpo, i gesti e con gli sguardi......(forse il modo più facile di comunicare)
Amo molto improvvisare, mi creo un’idea in testa ma poi la posso cambiare all’ultimo momento.
Mi piacerebbe tanto provare a lavorare in teatro,e chissà, magari un giorno……
Per chi ha paura di esporsi, di mettersi in gioco o per chi non riesce a esprimere ciò ke ha dentro per svariati motivi (fisici o psicologici), e per cui la gente lo ha sempre "guardato strano", credo che iniziare (parlo di scuola, teatro, corsi) con il viso leggermente truccato ma non nascosto, il mimare, rende tutto più facile per tutti, basta voler farsi capire e capire....(dipende dalla mente personale di chi ha problemi)
Sono riuscita anche a stare sopra un palco, con un centinaio di persone che mi guardavano…certo, non è stato psicologicamente facile, ma posso dire che ho vinto una sfida con me stessa!
Il fare teatro aiuta, sia se stessi, sia chi ti guarda ….
Vorrei dare di più, ma non tutti capirebbero come parlo, dunque per evitare imbarazzi vari e magari un po’ di dispiacere a me, continuerò a fare il mimo, e a lottare per far sbloccare anche altri, sia i “diversi” sia aiutare i “normali”!!!!
Chi fa l’insegnante, non si comporti in modo diverso, i bambini lo sentono, e crescendo si sentiranno un po’ tali, e cmq saranno diffidenti verso di voi…
Credo che tutti abbiamo qualcosa da insegnare e tanto da imparare…
In quale teatro?
La vita stessa è un palcoscenico!!
Chiedo scusa se non mi sono espressa bene, non so spiegarmi a parole, sono un mimo……….
E scusatemi l'intrusione...ciao e buon lavoro a tutti!
Smemorina
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carlo
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[*] Inviato il 17-6-2003 at 21:31
uno sguardo sullo spettacolo!


ragazzi
l'esame, la prima sessione di giugno,
è fatto
ma è importante raccogliere dei vostri sguardi allo spettacolo di Viganò che ha chiuso il progetto e che troveranno luogo
nel web/mappa dell'esperienza nel suo complesso
http://www.teatron.org/integrazione

ci conto

chi c'era?
chi scriverà?

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Sabry
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sad.gif Inviato il 18-6-2003 at 12:44


Quota:
Originariamente scritto da carlo
ragazzi
l'esame, la prima sessione di giugno,
è fatto
ma è importante raccogliere dei vostri sguardi allo spettacolo di Viganò che ha chiuso il progetto e che troveranno luogo
nel web/mappa dell'esperienza nel suo complesso
http://www.teatron.org/integrazione

ci conto

chi c'era?
chi scriverà?



come promesso ci ritroviamo su internet!purtroppo non posso rispondere alle sue richieste, perchè per impegni non sono riuscita a vedere lo spettacolo di Viganò. a presto
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Sabry
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wink.gif Inviato il 18-6-2003 at 13:02
vai smemo!


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Originariamente scritto da Smemorina
Salve a tutti, sinceramente non so se posso inserirmi e non so nemmeno se quello ke dirò è giusto o possa servire, se non è così chiedo scusa...
Vi vorrei solo far conoscere la mia esperienza!!
Si parla di persone "diverse", ok, certo,hanno qualcosa di più o di meno dalle persone "normali", ma la loro diffidenza è forse causata dall'imbarazzo che i "normali" provano al primo impatto....
Non mi riferisco agli ignoranti che prendono in giro chi ha qualcosa di diverso da loro, parlo di chi ci mette la buona volontà, ma che cmq all'inizio ha lui stesso delle difficoltà!
Perché la gente non riesce a trattare (quando possibile ovviamente, ci sono casi particolari...) tutti nello stesso modo?
Invece c'è quasi un blocco, si tende a trattare in modo diverso solo perché si teme di ferire o sbagliare, certo non solo questo...
Ora vorrei raccontarvi la mia storia...
Sono nata con un difetto in bocca (labbro leporino e palato schisi) che mi causa un problema di linguaggio nonostante 12 interventi. Da piccola (classico!) mi prendevano spesso in giro e mi facevano il “verso” e lasciamo perdere le battutine sul mio viso...., gli adulti dicevano "poverina" e mi trattavano come se dovevo rompermi da un momento all'altro...., io piano piano mi son chiusa in me stessa.
Detesto parlare (anche se un pò sono migliorata), non amo mettermi in mostra, anzi...meno mi si vede meglio stò, ma a questo non ci sono arrivata da sola...io mi vedevo come gli altri...
Cmq ho trovato in me la forza di usare un corpo e un viso che non amo,non solo per uscire dal mio mondo ma anche per far capire che un handicap non deve fermare nessuno!!!
Alla mia età(bè non è mai troppo tardi!) ho iniziato a crearmi un personaggio su misura, una me stessa un pò più coraggiosa,una spalla, non so come spiegarmi....
Ora faccio la clown mimo, non facile per chi non è abituato al mondo...perché lo faccio?:
1°) Voglia di ridere di me prima degli altri, ridere degli altri....e far ridere chi non ne ha più voglia o ha perso il gusto di farlo.
2°) Il clown ha il viso dipinto, per cui è un pò nascosto...(si è meno esposti)
3°) Il mimo non parla, esprime con il corpo, i gesti e con gli sguardi......(forse il modo più facile di comunicare)
Amo molto improvvisare, mi creo un’idea in testa ma poi la posso cambiare all’ultimo momento.
Mi piacerebbe tanto provare a lavorare in teatro,e chissà, magari un giorno……
Per chi ha paura di esporsi, di mettersi in gioco o per chi non riesce a esprimere ciò ke ha dentro per svariati motivi (fisici o psicologici), e per cui la gente lo ha sempre "guardato strano", credo che iniziare (parlo di scuola, teatro, corsi) con il viso leggermente truccato ma non nascosto, il mimare, rende tutto più facile per tutti, basta voler farsi capire e capire....(dipende dalla mente personale di chi ha problemi)
Sono riuscita anche a stare sopra un palco, con un centinaio di persone che mi guardavano…certo, non è stato psicologicamente facile, ma posso dire che ho vinto una sfida con me stessa!
Il fare teatro aiuta, sia se stessi, sia chi ti guarda ….
Vorrei dare di più, ma non tutti capirebbero come parlo, dunque per evitare imbarazzi vari e magari un po’ di dispiacere a me, continuerò a fare il mimo, e a lottare per far sbloccare anche altri, sia i “diversi” sia aiutare i “normali”!!!!
Chi fa l’insegnante, non si comporti in modo diverso, i bambini lo sentono, e crescendo si sentiranno un po’ tali, e cmq saranno diffidenti verso di voi…
Credo che tutti abbiamo qualcosa da insegnare e tanto da imparare…
In quale teatro?
La vita stessa è un palcoscenico!!
Chiedo scusa se non mi sono espressa bene, non so spiegarmi a parole, sono un mimo……….
E scusatemi l'intrusione...ciao e buon lavoro a tutti!
Smemorina


cara smemorina, prima di tutto non ti creare problemi per come scrivi e ti esprimi, qui tutti si esprimono col cuore!credo che i tuoi consigli siano sempre ben accetti e preziosi,data la tua esperienza. Io non sono un' insegnante, sono una studentessa, ma mi sono diplomata all' istituto magistrale, faccio doposcuola da 3 anni e faccio l' animatrice-catechista; quindi ho sempre a che fare con i bambini e i tuoi consigli mi possono aiutare in futuro. Mi è piaciuto quando hai scritto che non bisogna comportarsi in modo diverso, perchè i bambini lo sentono. Io so pure che viene spontaneo a tutti "trattenersi" in presenza dei "diversi", ma credo anche che con un pò di esperienza e con un pizzico di coraggio ci si inizia a fare l' abitudine! E' davvero difficile comportarsi da subito "facendo finta di nulla", ma prima o poi mi capiterà e allora... ti chiederò consiglio!!! La tua esperienza mi ha fatto capire quanto è odioso, tante volte, quel senso di pietà della gente: è proprio quella pietà, quella compassione, che scandaglia il diritto d' uguaglianza facendo sentire il normale "superiore" al diverso.
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Smemorina
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smile.gif Inviato il 18-6-2003 at 18:05
Grazie Sabry


Ciao Sabry,
grazie sia x quello che mi hai detto sia x quello che un domani farai...
Si, è forse la cosa peggiore sentire che una persona prova x te pietà o pena...ti guarda con quel sorrisetto che nn si sa bene cosa voglia dire, il sorriso vero lo senti dentro,quello che ti dice "camminiamo la stessa strada"...capisci?
Certo, non è facile, pure io che nonostante sia abituata a vedere persone con problemi gravi (un giorno a Roma in ospedale,mi son chiesta come definire un bambino, che ti assicuro del bambino aveva ben poco) a volte mi trovo in difficoltà...ma poi basta un'attimo, un sorriso (vero) una parola tipo dire "ciao" e tutto diventa quasi "normale"....non è così semplice lo so!!!
Le diversità le creiamo noi, certo non puoi far saltare alla corda un ragazzo in sedia a rotelle, ma non crede di fargli gran male se gli dici che lui si stanca meno a fare tanta stada.....o ke cmq corre più forte di te!! Fai peggio se dici"scusami ora faccio smettere anke gli altri"...
Vedrai Sabry,appena riesci a fare un pò di esperienza, sono sicura che sarai una persona fantastica..........
Per quanto riguarda i consigli, io sarò sempre a disposizione, almeno per quanto posso fare...quì o in privato è lo stesso!
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carlo
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[*] Inviato il 19-6-2003 at 08:00
la comunità in vita


torniamo al topic (argomento) matrice di questo forum

"per una integrazione partecipata: quale teatro?" è un progetto che ha visto sabato 14 giugno il momento conclusivo della sua prima fase
l'"inizio di un nuovo fine"
s'è detto nella tavola rotonda della mattinata

s'è inaugurata Itaca, spazio che va ben oltre l'idea di ostello per proiettare, x quanto possibile, una progettualità futura in quanto "piattaforma galleggiante"
di nuove opportunità culturali e sociali

ma fondamentalmente la sera è andato in scena
l'evento diretto da Antonio Viganò
"Canto per le radici in fiore"
con cinquanta attori
tra performer,insegnanti,bambini e genitori
e su cui lancio alcune immagini e pensieri

per invitare chi di voi era presente a fare lo stesso

serviranno per il sito web-mappa dell'intera esperienza
già visibile su
http://www.teatron.org/integrazione
ma anche per la rivista "Teatro e Diversità" che sta predispondendo un servizio sull'operazione.




la comunità in vita

si dice mettere in scena e se invece dicessimo "mettere in vita" per rilanciare una buona idea espressa tempo fa da Marco Martinelli del Teatro delle Albe?
Si, il teatro può arrivare a doppiare la sua condizione originaria di simulazione per ritrovarsi a far accadere la vita di chi vive quell'opportunità per esprimere la propria condizione vitale.
E' una questione di verità e di energia pura.
E' quello che accaduto quella sera ad Itaca: in quel gruppo che agiva nel giardino c'era la vita condivisa in quei giorni di prove febbrili ed eccitanti.
C'era una comunità che si metteva in vita.


La ronde

Come un girotondo (la ronde) non contro qualcosa ma per il desiderio d'esserci e di giocare. Lo spettacolo s'apre con uno straordinario piano sequenza, a decine (sono cinquanta in scena!) scorrono davanti alla parete di pietra leccese della palazzina di Itaca, vanno e rivanno (appena dietro l'angolo corrono per risbucare di nuovo). Per minuti e minuti sul suono di una bella ballata ci scorrono davanti con tutta la loro umanità, le loro facce, i loro tic, i passi incerti, i sorrisi, gli ammiccamenti. La ronde del teatro fatto di niente se non dei corpi e delle anime che lo abitano.


Perchè non ridono?

Partono in missione, si staccano dal gruppo con delle piccole torce elettriche ed un cartello con un disegno al collo.
E' il quadro di Bruegel che ha ispirato l'intero progetto, "Jeux d'Enfants".
C'è una piazza affollata di bambini che gioca decine di giochi diversi, una sorta di campionario dei giochi infantili.
Ma i bambini in missione tra gli spettatori delle prime file pone una domanda rivelatrice ed inquietante: "perchè non ridono?"

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Sabry
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smile.gif Inviato il 20-6-2003 at 12:51
grazie... SORRIDIAMO


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Originariamente scritto da Smemorina
Ciao Sabry,
grazie sia x quello che mi hai detto sia x quello che un domani farai...
Si, è forse la cosa peggiore sentire che una persona prova x te pietà o pena...ti guarda con quel sorrisetto che nn si sa bene cosa voglia dire, il sorriso vero lo senti dentro,quello che ti dice "camminiamo la stessa strada"...capisci?
Certo, non è facile, pure io che nonostante sia abituata a vedere persone con problemi gravi (un giorno a Roma in ospedale,mi son chiesta come definire un bambino, che ti assicuro del bambino aveva ben poco) a volte mi trovo in difficoltà...ma poi basta un'attimo, un sorriso (vero) una parola tipo dire "ciao" e tutto diventa quasi "normale"....non è così semplice lo so!!!
Le diversità le creiamo noi, certo non puoi far saltare alla corda un ragazzo in sedia a rotelle, ma non crede di fargli gran male se gli dici che lui si stanca meno a fare tanta stada.....o ke cmq corre più forte di te!! Fai peggio se dici"scusami ora faccio smettere anke gli altri"...
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grazie per la tua completa disponibilità! sai, nella vita tante cose possono sembrare difficili fino a quando non si fanno per davvero... sarà arduo, ma credo che la prima cosa da tener sempre presente per farcela è IL SORRISO!
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Sabry
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biggrin.gif Inviato il 26-6-2003 at 20:25
I GIOCHI DI BRUEGEL!


Disneyland e Las Vegas, le città di cartapesta,
i parchi e i templi destinati ai forzati del gioco,
non avrebbero più senso. Sarebbe la fine dei giochi
standardizzati, identici in ogni parte del globo.
E la riscoperta di giochi antichi, come quelli
descritti nel celebre dipinto di Bruegel (1560):
giochi semplici, che non richiedono grandi mezzi
e per i quali non c’è bisogno di playstation,
di computer
e di cd-rom, perché per divertirsi bastano una trottola
e una pietra da rotolare.

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Sabry
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smile.gif Inviato il 26-6-2003 at 20:32
UNA GIUSTA DOSE DI GIOCO!!!


Da almeno tre decenni assistiamo alla
«carnevalizzazione»
della vita e, nello stesso tempo
, alla
scomparsa del carnevale (quello vero, non la
caricatura finto-trasgressiva proposta ogni anno
dagli assessorati al turismo, con i carri e le majorettes).
E la stessa cosa accade per il gioco. «Il gioco,
come momento di esercizio disinteressato,
che giova al corpo o, come dicevano i teologi,
toglie la tristitia dovuta al lavoro, e sicuramente
affina le nostre capacità intellettive, per essere tale
ha bisogno di essere parentetico», ha ricordato
recentemente Umberto Eco. Ma se siamo condannati
a giocare, che gioco è? Come il sonno e il cibo, anche
il gioco, nelle giuste dosi, ritempra; in eccesso,
abbrutisce. E allora, bonjour tristesse!

Per una parte dell’umanità – quella più ricca
– c’è un’alienazione che non si sperimenta
più – o non soltanto – nel lavoro, ma che si vive
nel gioco ridotto a consumo di tempo, di beni,
di alcol, di droghe, a ripetizione ossessiva
di gesti senza senso. E questa incapacità di pensare
il tempo libero come tempo sottratto al dominio
del denaro e del mercato è forse una delle
sconfitte più gravi delle grandi ideologie nate
dall’illuminismo. Finora si è sempre voluto modificare
l’organizzazione del lavoro, ma cosa succederebbe
– si chiede il teologo Jürgen Moltmann – se la liberazione
dell’uomo cominciasse dal gioco?
«Significherebbe sottrarre i giochi al controllo
di coloro che si sono specializzati nell’industria
del tempo libero. Significherebbe passare da un’
immaginazione semplicemente riproduttiva
– che ripete
anche nel tempo libero gli schemi
del mondo del
lavoro – a un’immaginazione produttiva, in vista di
un mondo più libero».
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Sabry
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wink.gif Inviato il 26-6-2003 at 20:40
ricerca


Riporto una pagina dove è stato scritto
questo sul quadro di Bruegel:


Come copertina per questo numero de "Il Tempo
dell'infanzia", dedicato ai giochi e ai giocattoli,
abbiamo scelto il quadro del pittore fiammingo
Pieter Bruegel il Vecchio, perché è una testimonianza
storica eccezionale: il dipinto viene, infatti,
definito una "enciclopedia di giochi infantili".
Vi sono infatti raffigurati più di 80 tra giochi e passatempi.

La famosissima opera, quindi, ci permette di entrare
nel mondo dei bambini di secoli fa e di conoscere
e capire meglio le loro attività ludiche: ma, sorprendentemente,
ci rendiamo conto di quanto I giochi e I giocattoli
siano universali ed eterni, perché uguali ieri come oggi.

La tela presenta una grande quantità di fanciulli che,
in modo quasi folle, invade lo spazio di una grande
piazza con I propri giocattoli e divertimenti:
chi si rincorre con i cerchi, chi cerca l'equilibrio
su botti vuote, chi si diverte con palle e bocce.
Mentre alcuni avanzano in fila indiana, mimando
cerimoniali di qualche festa religiosa, o scherzando
a far capitomboli o solo confusione, altri si esercitano
a camminare sui trampoli o a montare a cavalcioni
l'uno sull'altro, come al gioco della cavallina.

L'indagine sul significato reale della tela ha portato
a interpretazioni disparate: alcuni critici vedono
nel quadro un'allegoria dell'infanzia, altri una allegoria
della follia oppure una satira del genere umano.

Il mondo infantile del 1500 era un mondo giocoso,
libero e burlone, meno legato a costrizione o
divieti, dove grandi e piccoli si mescolavano
insieme senza una rigorosa distinzione di età o una
separazione tra giochi riservati ai bambini e agli adulti.

I fanciulli vengono rappresentati mentre giocano
a pallamaglio, a pallacorda, al gioco della rana,
al gioco della candela, al salto delle botti, per citare
alcuni esempi ormai sconosciuti, ma, come
I bambini di ogni epoca, si divertono anche
facendo ginnastica:
in quella
società dura e spietata, volta soprattutto alla lotta
e alla guerra, i giochi di destrezza, di agilità,
di forza e resistenza allo sforzo o al dolore
fanno parte della preparazione sia fisica che caratteriale
dei giovani.



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