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Autore: Oggetto: EDUCARE ON LINE (intro del 1997!)
carlo
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[*] Inviato il 22-2-2010 at 09:21
EDUCARE ON LINE (intro del 1997!)


“Comunicazione significa fare emergere e visualizzare contesti, costruire possibilità di azione su un contesto condiviso da più individui, costruire insieme mondi virtuali. Nel ciberspazio è possibile lavorare con decine di migliaia di persone, è quindi possibile pensare insieme”
Pierre Lévy


Imparare ad imparare: educare navigando

Avete mai pensato che ridurre la distanza possa significare aumentare la durata del tempo?
Da sempre l’Uomo cerca e trova soluzioni per il suo rapporto con lo spazio: per ridurlo a percorsi transitabili con i mezzi di trasporto che via via ha inventato.
Contemporaneamente ha cercato anche il modo per risolvere lo stesso problema attraversando lo spazio fisico con le più diverse forme di comunicazione, dal Tam-Tam a Internet.
Tutto questo ha ridotto lo spazio esterno per aumentare il tempo a disposizione per la ricerca di soluzioni migliori di vita. Per l’evoluzione.
No, non è prenderla troppo alla larga: è da qui che è opportuno partire per una riflessione sul rapporto tra Educazione e Telematica. Nel senso che ogni invenzione tecnologica ha svolto principalmente una funzione nella storia dell’Uomo: risolvere i suoi problemi con lo spazio esterno. E di conseguenza allargare il campo d’analisi delle possibilità in gioco, aumentando l’urgenza di apprendimento.
Un dato è indubbio: quello che sta accadendo oggi non ha paragoni per radicalità con altri passaggi della nostra evoluzione. La velocità delle trasformazioni, sia psicologiche che tecnologiche, sono tali da determinare una disponibilità ed una capacità di adattamento da cui ci sembra opportuno non prescindere se non si vuole essere tagliati fuori.
La condizione in cui ci stiamo ritrovando è allo stesso tempo affascinante ed inquietante: la comunicazione globale e istantanea delle reti telematiche libera più spazio e tempo per la interiorità, per le nostre risorse mentali e cognitive.
Ambientati in un mondo scandito dalla trasformazione meccanica delle materie in merci una condizione simile può spiazzare eppure è dimostrabile che ciò produrrà risorse, sia educative che produttive.
Navigare nel World Wide Web ci trasporta nello spazio-tempo interno della nostra conoscenza e tutto questo prima o poi sarà proficuo. Certamente non il navigare di per sè ma il nuovo ambientamento, la disinvoltura nel trattare certe procedure sempre meno tecniche, sempre più automatiche.
In questo senso s’intende educare navigando; un po’ come dire: nuotando si sta a galla. E’ come per l’apprendimento delle lingue straniere: si deve entrare nella forma mentis di quella lingua. Ci vuole la permanenza in un paese anglosassone per imparare l’inglese: girando, vivendo, parlando si acquisirà tanta di quella buona frequentazione della lingua che nessun corso potrà mai insegnare.
Nel web ci si educa fondamentalmente per auto-apprendimento , misurandosi con le potenzialità di nuova comunicazione e di articolata trasmissione ipertestuale dei saperi , navigando, ovvero svolgendo un approccio dinamico con ciò che s’incontra, si percepisce e s’interpreta.
E’ il training più elementare, da questo poi si può partire per trovare una relazione più articolata con la telematica, frequentando le procedure dell’e-mail , la posta elettronica in cui risiedono opzioni curiose, ibride tra l’oralità e la scrittura, o quelle sincroniche, ben più complesse, delle chat ( il “chiacchierare” telematico tra due o più utenti).
Abituarsi a navigare nel web, a scambiare posta elettronica, a dialogare in videoconferenza o in chat, acquisterà con il tempo un importanza strategica che trova sbocco nella figura del prosumer: il consumatore che si trasforma in produttore di comunicazione.

La convergenza dei media e delle risorse
Il fatto che gestire informazioni e conoscenza si stia profilando come uno dei modi migliori per produrre ricchezza e bene comune non può che confortarci.
Potrà apparire ancora come un’astratta utopia ma se consideriamo quante risorse circolano oggi nel business televisivo ,nell’indotto pubblicitario e nell’entertainment (termine che in italiano non riusciamo decentemente a tradurre, riguarda un ampio segmento dell’industria culturale, dal cinema ai parchi tematici) non si è lontani dall’abbracciare l’entità dell’affare.
Una volta tutto questo era dotazione esclusiva dei grandi broadcasting televisivi, di agenzie pubblicitarie d’alto bordo, di ricchi editori, di istituzioni inavvicinabili mentre ora sta accadendo qualcosa di scardinante ed è in buona parte riconducibile all’avvento del digitale. E’ accaduto talmente velocemente che molti sistemi istituiti hanno perso terreno : sia la Televisione che la Pubblicità stanno infatti rivedendo le loro strategie d’iniziativa, diversificandole. Non si gioca tutto sul piano della televisione generalista ma anche su quelle tematiche presenti oggi sul mercato con i decodificatori per pay-tv o parabole per le trasmissioni via satellite, per non parlare della ancora più ampia convergenza dei media che sta vedendo le reti telematiche come ossatura della piattaforma digitale futura.
Tutto questo sta creando una fluidità, un’agitazione : il cosiddetto fenomeno turmoil che oltre a significare tumulto, scompiglio, disordine, inquietudine è stato utilizzato come un istruttivo acronimo .
T come Technology complexity, ovvero la complessità tecnologica che pervade sempre più mercato e società;
U come User empowerment, l’autoconsapevolezza degli utenti, la loro responsabilizzazione e il loro progressivo protagonismo;
R come Re-engineering of business, la re-ingegnerizzazione delle imprese a partire dalla armonizzazione delle risorse umane;
M come Market volatility, l’instabilità dei mercati per il continuo adeguamento all’offerta di tecnologia;
O come Obsolescence factor, quei fattori di obsolescenza che comportano l’assenza di standard tecnologici e di applicazioni sempre più avanzate;
I come Internet phenomenon, il fenomeno internet che si sta diffondendo a macchia d’olio come medium universale;
L come Leadership challenge, la sfida per la leadership in un mercato ad alta competizione.
In questo scompiglio si stanno creando spazi di cui oggi si può solo presagire la fortuna economica. Ma come per l’alfabetizzazione delle popolazioni che dalle campagne arrivavano nelle grandi città per il lavoro industriale oggi è sapiente proiettarsi nella dimensione telematica per impugnare il proprio futuro.
Si stanno rimescolando le carte ed è importante acquisire una competenza, non solo tecnologica, per collocarsi nel mondo del lavoro in trasformazione.
Il fatto che gli scenari economici diano così risalto alla riconfigurazione degli assetti delle telecomunicazioni convergenti ( pay-tv, internet, trasmissioni cellulari e via satellite) , in cui vediamo proiettarsi i maggiori investimenti post-industriali, dovrebbe far riflettere.
Internet ha quasi novanta milioni di utenti secondo un tasso esponenziale di accessi che non vede ancora rallentamenti.
Se pensiamo solo al fatto che la rete telematica, con cavi ad alta banda come le fibre ottiche o la trasmissione digitale via satellite, riuscirà a far convergere diversi media come Televisione , Telefono e Computer non ci vuole molto a rendersi conto quanto valga la pena mettersi in gioco.
Il mondo, il lavoro e la conoscenza, sarà sempre più in rete.

Il web come nuovo ambiente
Si è venuta a creare un’urgenza educativa che riguarda non solo le nuove generazioni in fase scolare ma fondamentalmente tutti quelli che hanno capito che nella ridefinizione dei propri ruoli professionali c’è qualcosa da guadagnare. E non è solo una questione di soldi.
In primo luogo c’è da scoprire, o potenziare, la virtù della flessibilità, l’elasticità mentale in grado cioé di misurarsi agilmente con l’incognito.
Imparare ad imparare significa questo.
Significa mettersi in gioco, fare esperienza attraverso procedure collaborative, immergersi, imparare dagli errori, confrontarsi.
Accogliere l’idea che le reti telematiche stiano diventando un nuovo ambiente, un ulteriore spazio-tempo in cui agire e condividere azioni , è il principio sul quale si basa questa disponibilità da mettere in campo.
E’ chiaro che sono i più giovani a muoversi correntemente in questo contesto formativo dove si impara facendo, “toccando” ,con l’estensione protesica del mouse, le parole, le cose (i loro simulacri digitali).
Per loro è semplice, anche perchè questo corrisponde all’impostazione filogenetica dell’apprendimento, quella senso-motoria, fondata sull’esperienza diretta del fare.
Per gli altri, quelli cresciuti con l’ esclusivo ausilio didattico del libro, è più difficile e nonostante la buona volontà in alcuni manca quella duttilità propria di chi sa fare dell’immersione sensoriale in uno scenario virtuale una reale esperienza percettiva.
Un buon modo per affrontare la situazione è quella di operare collettivamente, unendo le diverse competenze e le diverse attitudini. Attuare insomma esperienze didattiche co-operative tra insegnanti e studenti, magari nella realizzazione di un web scolastico.
La produzione multimediale e telematica favorisce questo networking, il lavoro connettivo: la capacità di condividere un progetto in tutta la sua risoluzione.
Si auspica perciò che il mondo della scuola riesca per tempo ad abbattere le sue mura epistemologiche , come evoca Ivan Ilich, ricostruendosi come edificio culturale , considerando l’ambiente aperto dell’ipermedialità in rete.
Gli insegnanti stanno già vivendo sulla loro pelle questa condizione di crisi.
Ma la crisi può essere concepita positivamente: è un apice del cambiamento, il suo significato deriva dal greco “krinein” per cui s’intende “decidere, valutare”.
Una crisi come quella della messa in discussione del sapere statico scolastico può quindi rivelarsi come un atto di nuova consapevolezza.
S’impone un salto di qualità del sistema educativo specialmente se si considera il prossimo arrivo a scuola delle generazioni cresciute con videogames, computers e modem , così come la precedente era cresciuta con la televisione.
Ma è un problema che non riguarda solo gli insegnanti, eroica categoria di frontiera transgenerazionale, schierata sul punto di guado dell’istituzione scolastica, decisamente inadeguata a sostenere l’ondata mutante delle prossime generazioni con le loro domande inaudite di formazione.
Riguarda tutti o perlomeno chi è disposto ad affrontare le complessità dell’era digitale con le opportunità di cui può far tesoro .
Non a caso si parla sempre più diffusamente di educazione permanente coinvolgendo diverse figure professionali sollecitate dal cambiamento accelerato.
Nella società che si sta annunciando le tecnologie di comunicazione digitale offriranno soluzioni per un mondo complesso, saturo di immagini e informazioni da selezionare. Il problema , al contrario di ciò che pensano gli angosciati dal caos informativo, non è però quello di incamerare sempre più input , secondo quell’acquiescenza a cui i mass-media ci hanno abituati , ma ricondurli a valori d’uso. Estrarre insomma le informazioni che ci riguardano, orientandole verso la domanda consapevole di conoscenza.
I nuovi media, attraverso l’interattività, permettono la selezione personalizzata, offrendo la possibilità di fare percorsi cognitivi a misura d’uomo. E’ in questo senso che opportunità straordinarie come Internet possono essere comprese come uno scatto in avanti del processo educativo.
Se i mass-media ci hanno fatto diventare grandi consumatori, i nuovi media ci solleciteranno a diventare produttori e distributori di informazioni e di saperi.

Pensare in linea
"Capitale e lavoro sono state le variabili centrali nella societa' industriale, cosi' informazione e conoscenza saranno quelle cruciali nella societa' postindustriale".
Questa affermazione di Daniel Bell ci sostiene nella nostra affermazione : una delle ricchezze del futuro sara' l'informazione.
E' per la sua distribuzione che si giocheranno le scommesse piu' importanti negli scenari del prossimo millennio.
Oggi però ,in questa fase di passaggio epocale, stiamo assistendo ad un andamento discontinuo, scisso tra entusiasmi e diffidenze, inibito ulteriormente da troppa offerta tecnologica.
Uno dei modi migliori per misurarci con questa complessità è quello di creare nuove domande da porre di fronte a tutte queste potenzialita' offerte e promesse.
Il punto decisivo è ,come si è già affermato , quello determinato dalla necessita' di produrre valori d'uso e non solo overdose di consumo nell’ipermercato tecnologico.
I nuovi media ci promettono un ampliamento delle possibilita' di vita, renderanno piu' risolutive i diversi della produzione e dello scambio sociale. Ma l’automazione industriale lo ha dimostrato: si risparmia forza-lavoro. Però da qualche parte questo risparmio dovrebbe essere reinvestito per creare nuovo lavoro eppure questo non accade.Il problema principale è qui: fare in modo che accada. E’ un problema di controllo sociale , di formazione e di incontro e armonizzazione tra la domanda e l’offerta di lavoro. In questo quadro è pienamente inscritta tutta la necessità d’inventare nuovi ambiti per la promozione e la formazione professionale, attivando nuove opportunità produttive in cui, accanto ai servizi ad alto valore aggiunto tecnologico, serviranno sempre più creatività e flessibilità.
Perchè questo accada è necessario che emerga però una consapevolezza che vada oltre l'idea di utilizzare semplicemente dei nuovi strumenti tecnologici per cogliere la novità di una rivoluzione digitale in cui si va ridefinendo il rapporto tra uomo e mondo.
Non è semplice accettare l'idea di essere all'interno di una generale mutazione culturale e comportamentale, a tal punto da modificare la cornice mentale, quella "forma mentis" programmata per il riconoscimento alfabetico. Il fatto stesso di svolgere delle attività, produttive e sociali, attraverso la rete telematica ci sta già abituando a pensare in linea, e questo può favorire molto l’approccio collaborativo. In questo cambiamento che si sta vivendo è possibile cogiere un’emancipazione che conduce verso un superamento dell’alienazione propria della dimensione meccanicistica. Attraverso un rapporto piu' stretto, grazie a interfacce sempre piu' amichevoli (friendly) tra la nostra mente,il nostro corpo, e le tecnologie a disposizione , le diverse interazioni uomo-macchina diventano meno meccaniche, piu' fluide, piu' sensibili. La mutazione dei linguaggi operativi multimediali corre quindi di pari passo a quella dei nostri comportamenti e delle nostre percezioni. Sta cambiando il nostro "sentire" il nostro rapporto con lo spazio esterno.

Il “Ma”, una misura armonica dello spazio-tempo
Può sembrare strano ma è proprio nello studio del rapporto tra corpo e spazio, dall’invenzione rinascimentale della Prospettiva al “modulor” (il design a misura d’uomo) di Le Corbusier, che le tecnologie determinano il loro grado d’impatto con l’evoluzione umana. Seguire questa traccia è quello che più ci interessa perchè rivela l’entità psicologica del problema e di conseguenza della risposta educativa da progettare.
In altre culture, diverse da quella eurocentrica, questa problematica gode di tutt’altre sfumature, e può essere utile individuarle.
Nella tradizione giapponese esistono condizioni particolari che permettono di stabilire in forma rituale delle relazioni con l’ambiente.
Tra queste la più emblematica è quella definita "Ma": una parola per intendere la misura armonica dello spazio-tempo.
Per un occidentale non e' facile comprendere una concezione che sottende l'estetica,le arti marziali,le proporzioni dei giardini,la cerimonia del tè.
"Il Ma - sostiene Michel Random (uno dei maggiori studiosi di cultura giapponese) e' percepito dietro ogni cosa come un indefinibile accordo musicale, un senso dell'esatto intervallo capace di provocare la risonanza perfetta".
Possiamo cosi' individuare nel "Ma" un'attitudine psicologica in grado di coniugarsi con la dimensione ambientale, al di la della sua connotazione naturale o artificiale.
In questo senso può essere utile alla nostra riflessione sull’ambientamento nello spazio telematico.
La dimensione elettronica sta producendo alterazioni profonde: cambia la velocità dei movimenti ottici e ancor più la funzione sinaptica del nostro cervello. Si tratta quindi di capire in che misura la nostra psicologia assume queste modificazioni come nuova fisiologia, come nuova natura sensoriale.
Per intenderci: qualsiasi interazione a distanza (gia accadde all'inizio del secolo per il telefono) tende a riconfigurare il nostro rapporto con lo spazio esterno.
Ci costringe ad una revisione radicale della nostra impostazione psichica ma dopo un pò tutto questo si riassorbe, diventa naturale.
Oggi è già possibile attraverso diversi programmi di modellizzazione tridimensionale a basso costo creare oggetti virtuali da condividere anche con stazioni remote. Per quanto digitali, non fisici, quegli oggetti possono essere “toccati”, spostati via rete telefonica.
L'impatto di realta' di questa azione è resa da un acronimo che suona cosi': WYSIWIG (What you see is what you get : vedete quello che fate), un termine coniato quando si diffuse l’interfaccia grafica dei personal computer, con la cosiddetta scrivania virtuale, un cestino e la possibilità di spostare i files da una cartella all’altra. Oggi lo scenario tecnologico è avanzato ma il principio è lo stesso: il piccolo-grande paradosso dell’agire in un mondo non fisico si perpetua. Con un data-glove, il guanto innervato di sensori inventato per le Realtà Virtuali, tocchiamo quegli oggetti che sappiamo però non esistere se non nella memoria di un computer e lo facciamo con ancora più realtà operativa.
Il salto paradigmatico e' in questa nuova coscienza: saper vivere una simulazione come un'esperienza reale, abitando spazi-tempo digitali. Nell’immersione sensoriale all’”interno” di un ambiente telematico o virtuale accade infatti qualcosa di molto preciso: si è dentro. Non si sta a guardare, si è lì, non c’é punto di vista prospettico a rassicurarci. E’ a questo punto che si stabilisce il valore dell’esperienza: si agisce in prima persona, quel nostro cliccare è un atto che produce effetti, feedback precisi. Non c’é più punto di vista ma “punto di vita”, in quell’ ambiente digitale si esiste: opera qualcosa di noi.
Il puntatore di un mouse è un nostro simulacro, e ancora di più lo è l’avatar, una sorta di pupazzetto che negli ambienti telematici realizzati in VRML (il Virtual Reality Modelling Language che permette la tridimensionalità interattiva) svolge in tempo reale con le “cliccate” le nostre funzioni on line.

Le protesi cognitive
Le tecnologie della comunicazione sono a tutti gli effetti una protesi, un’estensione del nostro corpo-mente. Definirle protesi cognitive non è improprio se si considera il fatto che non si tratta solo di amplificazione quantitativa di un gesto, di un’azione, ma di una profonda modificazione qualitativa della nostra percezione.
Il libro può tranquillamente essere considerato una protesi cognitiva: estende la nostra memoria in un oggetto che con il suo avvento ,cinquecento anni fa , ha destabilizzato l’intero sistema di trasmissione delle conoscenze fondato sull’oralità. Seguendo questa pista possiamo quindi riconoscere che lo stesso alfabeto possa essere a tutti gli effetti una tecnologia. Si, proprio una tecnologia, un dispositivo complesso che il sistema educativo ci trasmette come una delle cose più naturali del mondo ma che invece rappresenta un vero filtro artificiale attraverso cui decodificare l’esperienza esterna.
Non ci facciamo più caso ma leggere e scrivere sono una complessa sovrastruttura mentale, un “brainframe” la definisce Derrick De Kerckhove, di cui non possiamo comunque fare a meno perchè le parole sono fondamentali per interpretare il mondo. Le acquisiamo da piccolissimi, inscrivendo di fatto nel nostro cercello una tecnologia che ci consenta di condividere la descrizione della nostra esperienza. Una procedura d’apprendimento faticosa ma necessaria. Leggere è difficile ma è diventato una pratica corrente nonostante siano in molti, moltissimi, a non esercitarla se non per le funzioni indispensabili. Si leggono poco i giornali, pochissimo i libri.
D’altronde le informazioni arrivano direttamente nella nostra casa, e nella nostra testa, dalla televisione che ormai ha affermato un generalizzato dominio .
Davanti al televisore però il nostro corpo tende all’inerzia cognitiva : ci si fa attrarre dal flusso fotonico, tendiamo a non selezionare, ci rilassiamo, generalmente non organizziamo il nostro pensiero in modo complesso.
L’unico strumento attivo è il telecomando, altra protesi grazie a cui facciamo zapping componendo le possibili soluzioni combinatorie di un palinsesto personale ma coatto.
La diffusione delle reti telematiche e del multimedia inizia però a scardinare questo gioco bloccato e a denotare ,nel processo biunivoco di comunicazione, una nuova possibilità evolutiva, una presenza attiva, dinamica, anche nei confronti del linguaggio alfabetico.
Marshall McLuhan già negli anni Sessanta lo aveva presagito: “In quest’era elettrica ci vediamo sempre più trasformati in informazione, in marcia verso l’estensione tecnologica della coscienza”.
Non c’è pretesa metafisica in questa tesi: il fatto di poter condividere a distanza delle esperienze più o meno complesse sviluppa quel “pensare in linea” di cui prima si parlava. E’ in questa facoltà che il concetto stesso di globalizzazione può essere sottratto ad una logica meramente ecomica e capitalista e declinata in nuove forme di organizzazione sociale e cognitiva.
L’ipermedia on line può così diventare metafora della mente e la rete un ambiente ideale per pensare e , perchè no, anche agire con il pensiero organizzato in forma collettiva .
I “nostri sistemi nervosi estesi” ,come suggeriva ancora McLuhan, sono quindi inscritti nelle cablature, le nostre sinapsi (le trasmissioni chimiche del nostro cervello) viaggiano nella grande ragnatela dell’ipertesto più grande del mondo:internet.

I net-pc, leggeri in rete
Abbiamo visto quanto sia opportuno interpretare il termine tecnologia indipendentemente dall’idea di macchina a cui la cultura occidentale, meccanicistica, ci ha abituato.
E’ un buon modo per affrontare l’ampia problematica delle reti telematiche andando oltre le proprietà specifiche di computers più o meno intelligenti. I sistemi digitali saranno infatti sempre meno connotati dalla macchina.
Si pensi solo al fatto che le pratiche on-line nel prossimo futuro si svilupperanno attraverso approcci sempre più amichevoli, facili, con i cosiddetti net-pc, network computer : leggeri, progettati per operare esclusivamente in rete con le nuove funzionalità di linguaggi di programmazione per il web come Java, il linguaggio di programmazione per applicazioni on line.
Soluzioni ideali per chi opera in rete, affidando il proprio desktop e il proprio hard-disk (si fa per dire), con applicazioni, files e tutto, pronti per essere scaricati via connessione telefonica ogni volta che serve.
Le nuove generazioni affinate alle consolles dei videogames e non più solo a televisioni e videoregistratori tendono già ad esprimere questa attitudine: agire attraverso il colpo d’occhio, riconoscendo le valenze grafiche dell’interfaccia, cliccando su pulsanti e icone che permettono la navigazione interattiva.
Il sistema educativo inizia a porsi di fronte a queste attitudini e in ordine sparso si sviluppano esperienze che , basate principalmente sull’utilizzo del web, creano progetti didattici di importante riferimento. Ma nonostante questa forte spinta, determinata anche dal recente Programma per le Tecnologie Didattiche promosso dal Ministero Pubblica Istruzione con i suoi mille miliardi, si coglie l’assenza di una tensione culturale che forse il mondo della scuola ,per come è stato concepito finora, non potrà esprimere.
Eppure c’è da riflettere su cosa sarebbe necessario far accadere nel sistema scolastico, qualcosa di paragonabile alle attività di animazione teatrale che negli anni Settanta riuscirono non solo a svecchiare le rigidità curricolari ma a scoprire le valenze della pedagogia cooperativa.
L’importanza di quelle esperienze fu mettere in campo alcune delle istanze più forti e vitali di quegli anni: il rapporto tra corpo e spazio, l’aggregazione spontanea come embrione di socialità , il gioco come forma liberatoria e cooperativa.
Pensare ad una sorta di “animazione” che possa ricercare le relazioni possibili tra corpi e computer, sondando i termini della telecomunicazione attraverso la condivisione di giochi ed eventi di forte relazione interpersonale, è una delle strade che sarebbe importante intraprendere. Se uno dei problemi oggi in esame è quello del solipsismo, dell’ idea di isolamento di chi opera davanti ad un personal computer, si fa urgente la creazione di inedite forme di aggregazione che ,anche se attive nella rete (le varie comunità virtuali), non appaiono con evidenza nella considerazione pubblica. Sarebbe utile inventare delle modalità spettacolari per rendere comprensibile le possibilità di nuova interrelazione creativa che stanno emergendo. In questo senso tra le varie strade da intraprendere ci sarà quella di dare visibilità proprio a quei momenti di comunità virtuale che possono essere attuati in varie forme. Uno di questi è l’IRC (Internet Relay Chat) che può attivare multiconferenze , oppure i webchat , in cui scambiarsi messaggi in HTML (HyperText Markup Language, il software per l’ ipertestualità on line) nel world wide web o ancora i MUD (Multi User Dungeon o Dimension, secondo le interpretazioni) in cui avventurarsi in giochi di ruolo d’evocazione medievale. Un ulteriore modo è quello di utilizzare software di videoconferenza come Net Meeting e CUSeeMe per giochi condivisi in rete.
E’ qui , in alcuni di questi esempi purtroppo molto poco utilizzati in Italia , che si può cogliere il valore di esperienze che seppure estranee ai canoni della cultura umanistica e a quelli delle pratiche tecno-scientifiche riescono a creare forme e linguaggi di nuova sensibilità ancora inedita.

La creatività connettiva
La connettività, l’attitudine propria del libero scambio di comunicazione telematica e della partecipazione collaborativa o human networking può quindi aprire ad un nuovo approccio con le politiche educative.
Il dato più forte da rilevare è nella capacità di mettere in relazione le diverse specificità dei linguaggi grazie a una tecnologia di comunicazione, qual è Internet, che si sta rivelando come un medium vettore di nuova cultura e nuovi comportamenti.
Si parla di intelligenza connettiva, ovvero di un’evoluzione psicologica e cognitiva che attraverso la telematica crea condizioni inedite di scambio sociale che vanno anche oltre lo stesso principio “collettivo” sul quale anni fa si erano fondate molte buone utopie di nuova socialità creativa.
Si stanno insomma già delineando fattori che caratterizzeranno l’ espressione culturale , diffondendola negli ambiti sociali ed educativi, contribuendo di fatto ad una generalizzata espansione della coscienza percettiva . In un processo che sta vedendo gli ambiti, dicotomici per alcuni , della cultura e della comunicazione avvicinarsi sempre di più.
La creatività giovanile nel contesto multimediale tende già a svolgere un ruolo decisivo nell’affermazione di un linguaggio che nonostante sia estraneo alle discipline culturali tradizionali sta creando in tempi velocissimi nuove piattaforme epistemologiche. E’ infatti evidente che l’intero assetto umanistico non potrà più prescindere dalla rivoluzione che l’ipertesto ha creato all’interno delle pratiche della scrittura; come anche il concetto stesso di Sapere sarà sempre più determinato dalla dinamica reticolare della connettività telematica.
Entrando nel particolare delle mutazioni generazionali è emblematico individuare come certe radicalità di fenomeni che potremmo definire cyber stiano trasformando strutturalmente i modi di comunicare e di sentire.
Fenomeni sempre accaduti si dirà, sono state definite Mode e Contestazioni giovanili ma ora si tratta di qualcosa di molto più radicale. L’impatto epocale della rivoluzione digitale non può essere paragonabile a ciò che ha prodotto il Rock, per quanto straordinario medium di immaginario collettivo e neanche alle ideologie comuniste metabolizzate dai giovani occidentali nella fase di rottura degli status quo ,ma ormai dissolte nella deriva storica.
Le sensibilità cyber possono essere considerate come degli indicatori di una forte mutazione antropologica che non riguarda solo i modi di vestirsi e di conciarsi i capelli ma fondamentalmente un’attitudine sensoriale, una predisposizione al futuro antropologico della specie. Sembra eccessivo ma è di questo che si tratta.
In questo quadro la telematica permette di liberare energie creative, offrendo opportunità aggregative come le comunità virtuali e rendendo possibile la produzione di web d’autore a bassissimo costo. Si tratta di creare momenti pubblici per valorizzare queste esperienze, accogliendole anche all’interno del contesto scolastico per rilanciarle come palestra educativa e quindi sottraendole al solipsismo: all’isolamento in cui rischiano di marginalizzarsi le pratiche solitarie e randage al computer.
La frequentazione telematica sta avviando importanti occasioni di comunicazione “orizzontale” (opposte a quella “verticale” del broadcasting televisivo) creando non solo nuovi linguaggi ma nuove forme di scambio sociale. E’ forse il caso di parlare di nuove sensibilità : altri modi di concepire l’esperienza creativa in relazione ad una domanda culturale in trasformazione. Le nuove sensibilità comportano però una mutazione della stessa definizione di arte, resa sempre più ibrida nella contaminazione tra i diversi specifici artistici, sempre più multiculturale nella complessità dello scambio sociale interetnico, sempre più multimediale nell’interazione con i diversi linguaggi di comunicazione.

Edutainment: imparare giocando
Per concludere : riprendiamo gli elementi basilari della nostra riflessione per sottolineare i punti cardine.
Alla radice della parola educare c' e’ l'idea di condurre, portare:
qualcosa che sembra confermare il principio attivo che sta alla base del
nuovo concetto di navigazione interattiva. Da sempre educare significa
quindi stimolare un approccio dinamico con le conoscenze, tirare fuori
risorse piu’ che mettere dentro dati.
L'esperienza pedagogica ha centrato la sua attenzione su questo aspetto,
trovando proprio nelle dinamiche del gioco uno dei perni della funzione
educativa.
Oggi, con l'avvento delle tecnologie digitali e delle reti telematiche in particolare, le procedure di apprendimento stanno cambiando vertiginosamente, invitandoci a riconfigurare gli assetti del sistema educativo.
I nuovi media mettono in campo nuove opportunita’ , piu’complesse e piu’
semplici al contempo, in grado di mettere in relazione il facile consumo
di immagini e suoni con architetture cognitive qualificanti.
Le nuove generazioni sono piu’ disponibili a misurarsi con la multimedialita’,
dato l'approccio sensoriale, piu’ diretto, seguendo la linea
filogeneticamente primaria alla conoscenza.
In natura, nella nostra predisposizione psico-fisiologica, si apprende vedendo, toccando, facendo.
Attraverso la simulazione virtuale è possibile ricostruire
artificialmente gli approcci naturali all'apprendimento, potenziando il
principio di attenzione, di coinvolgimento, di motivazione.
L'elemento decisivo sta quindi nel fatto che la rivoluzione digitale puo’
rimettere in gioco la componente cognitiva in relazione a quella
percettiva, creando nuove forme di consumo culturale coniugate con le
modalita’di comunicazione avanzata, come quella interattiva.
L'aspetto sensoriale e’ quindi determinante: qui l'aspetto
ludico acquista un valore strutturale, secondo quel principio attivo che
tutti riconosciamo al gioco come occasione scatenante di risorsa umana
attiva e collaborativa.
La multimedialita’ sta sviluppando questo aspetto ed è proprio l'edutainment (educational piu’ entertainment) il settore trainante di un'editoria digitale che sta inventando un nuovo rapporto con il sistema scolastico.
Chi pensa che i sistemi multimediali e le reti telematiche siano solo
nuovi strumenti fa un errore di valutazione: e’ opportuno bensi’ concepirli
come estensioni delle strutture psichiche, funzioni simili a quella che
per secoli ha espresso la tecnologia-libro.
Agire dentro Internet e’ emblematico in tal senso, al suo interno si sviluppano
nuovi contesti relazionali, linguaggi di comunicazione a tutti gli effetti
che permettono di colmare la distanza con soluzioni di videoconferenza attraverso cui condividere anche scenari, applicazioni e giochi.
La grande mole di opportunità inedite ci invita così a metterci in gioco, ad accogliere la sfida di questa rivoluzione permanente che non è solo tecnologica ma anche psicologica. E’ forse l’occasione per affrontare una crisi di crescita: una crisi che produce una continua riconfigurazione psicologica dei nostri sistemi interpretativi stabilizzati, attivando però nuove disponibilita’ cognitive in grado di liberare energie che trovano ragione in uno slogan che risuona in testa come una piccola verità : "imparare a imparare".

Carlo Infante
(da “Educare on line”, Netbook, 1997)

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