theatron: luogo dello sguardo La tradizione del nuovo

Gli interventi dei torinesi hanno tutti negato la particolarità del sud. In realta il “progetto sulle aree disagiate” dell’ETI ha scatenato contenuti estetici e ha creato una rete che ha messo in vita un modello dinamico forte diverso rispetto a quello del FUS, il Fondo Unico dello Spettacolo. C’è solo da lavorare per l’estensione del disegno ad altri territori. Certo il problema dell’impoverimento delle capacita tecniche artistiche di questo teatro c’è, e per questo occorre legare nel progetto i vecchi ai giovani protagonisti. Penso alla tradizione al nuovo (all’accezione che ci arriva da Giuseppe Bartolucci), ovvero quella tradizione del teatro italiano di ricerca che è stata sempre molto innovativa (valeriano)

Cosa può accadere nei corpi

Non guardate al sud come ad un mondo messo in una teca da am/mirare in maniera romantica o schifare grossolanamente e in maniera impietosa; provate a sporcarvi le mani e impiastricciarvi il muso con esso e vedrete cosa può accadere nelle teste, nei corpi, nelle regole, nelle esistenze. (dario)

La veemenza dello scontro

C’è bisogno di scontrarsi, farsi un po’ di male, e nella veemenza dello scontro qualche scintilla avrebbe illuminato di più alcune cose dette in questo dibattito. Insomma: carezze più decise e pugni più pericolosi. (saverio)

Fare il servizio ma anche l’arte

La Valle d’Aosta è una regione speciale basata su una ideologia etnico-linguistica che tenta di fare a meno dell’illuminsmo, e ciò accade anche nel teatro, nel bene e nel male. La nostra generazione ha il compito del traghettamento del teatro dal periodo degli scismi e delle contrapposizioni a quello delle condivisioni, ma non a tutti i costi. Dobbiamo fare il servizio, ma anche l’arte.Dobbiamo avere più tecnica dei linguaggi espressivi. Abbiamo il compito etico di permettere il riconoscimento di un nuovo Benassi, se dovesse apparire nel futuro. (valeriano)

Presenze e assenze

presenze assenze viaggi negli orizzonti (elix)

Domande e paure

Atmosfera ambigua, siamo tutti fratelli in questo mondo del teatro? No, siamo tutti santi !ma chi sa eppure dopo qualche giorno leggo che il direttore del teatro stabile di Catania viene arrestato, allora esiste qualche autentico vero responsabile, in carne e d'ossa. Che gioia, non esiste solo il Sig. sistema che come un'agente segreto dei servizi segreti avanza sempre in incognito fagocitando codificando e controllando tutto quello che per sua natura è incontrollabile .
Può ancora esistere un teatro che porta in se’ il germe della rivoluzione della palingenesi dove la parola sistema non può essere concepita dove l'arte in quanto tale è sufficiente a dare risposta a quelle domande che non riusciamo a codificare ma possiamo solo placare in quell'istante di comunione con la vera "creazione artistica".
Il nuovo, l'invenzione,la creazione dov'e'? può sbocciare in una TERRA così contratta e incapace di ascoltare, di riconoscere e di proteggere i vagiti,i primi passi di ciò che nasce e per tale motivo indifeso e abbandonato totalmente a cosa incontra. Riusciremo ancora ad amare o a odiare in maniera da creare quelle contraddizioni necessarie a partorire un vero nuovo futuro . Questa è la mia paura. (lucio)

All’interno di questa finestra dei pensieri disseminati, arrivano anche le lettere (in rete!) di alcuni di quei protagonisti che, con la testa ronzante di problematiche accese dal dibattito, hanno raccolto l’invito a non lasciar cadere la parola in gioco.

carissime pietra selva e mariagrazia,

volevo ringraziarvi ancora una voltra per la bella tavola rotonda di ieri e per avermi invitato. al tema, sapete bene, tengo particolarmente, non soltanto perché per tanti di noi, emigrati e non, il sud resta un'ancora, un rifugio, un'utopia che ci tiene desti - e non soltanto il sud geografico, ma il sud come geografia dell'anima, dell'etica, della passione - ma anche perché credo, come spero di aver ribadito nel mio intervento, che le nuove processualità innescate al sud, nel teatro del e al sud, possano darci utili suggerimenti per rimettere nella giusta direzione il timone del teatro del futuro, il teatro tout court, seppur caratterizzato dal suo essere plurale, delle differenze e quant'altro.
peccato che non si ha mai il tempo, in questo tipo di incontri, di raccogliere le conclusioni. comunque, è più che mai necessario, in questi tempi di azzeramenti e rinascite, avere occasioni come questa di ieri, dove scambiare impressioni e dubbi, più che verità e anatemi. insomma, grazie per l'opportunità che ci avete dato e a presto. buon lavoro (antonio calbi)

"Bisognerebbe prendersi una vacanza dai problemi del Mezzogiorno..." (Carmelo Bene)

Il sistema? Meglio i sistemi. La rete? Meglio le reti. Il Mediterraneo piuttosto che il Sud. Il progetto, le identità, le radici? Meglio il movimento del mare ed il viaggio.
Abbiamo fatto un convegno epidermicamente molto reattivo, profondamente "vero": ogni posizione produceva e si rispecchiava in una contrapposizione, ogni definizione sfuggiva subito a facili condivisioni.
E' giusto che sia così. E' bello che sia stato così.
Forse una briciola di pensiero comune lo abbiamo condiviso: un Sud del teatro esiste, al di là delle politiche, delle geografie e delle regole. E' nel fuoco sacro delle tensioni, delle pulsioni che il nostro lavoro, il nostro teatro accende e trasmette.
Fuori dalle ipocrisie il teatro è sempre stato una speciale sintesi dove convivono originali sistemi organizzative e forme di spreco, il tema ed il "fuori tema", tradizione e innovazione, responsabilità e s-ragionamento, ricerca del consenso e linguaggi delle differenze e delle minoranze.
E' questa la storia e la natura del teatro. (franco ungaro)

A ognuno la propria geografia, i propri confini

Mi sono detto e dico: occorre non avere paura. A me stesso lo dico. Occorre non avere paura di questi tempi. Sono tempi in cui le difficoltà non mancano e il futuro che sembra annunciarne di peggiori. Eppure nell'incontro ho sentito crescere una tensione che ritengo sana e vitale, capace di rendere più dense, più consistenti le situazioni. Questa tensione va alimentata, non sedata. Deve crescere, e noi con lei. Se vogliamo avvicinarci dobbiamo scavare nelle differenze, fino in fondo, renderle evidenti, quasi insostenibili, esaltarle. Se davvero vogliamo essere vicini, é indispensabile allontanarci prima, fino a vederci per intero, per quel che siamo e non per quello che sembriamo. Ad ognuno la propria geografia. Per ognuno le proprie mappe e i propri confini. Questo panorama ancora non mi appaga. Voglio andare oltre, più in là. Voglio vedere cosa c'é dopo, dove la mappa s'intuisce ma non porta ancora segni, ancora non é tracciata. Quando c'é un confine, sempre c'é un oltre e un altrove dove cercare, un altro punto di vista da immaginare. Non sempre un'ottima rete garantisce una pesca copiosa. E a volte una pesca troppo ricca porta il pesce in eccedenza a marcire sulla spiaggia. A volte rompere le reti é tanto indispensabile quanto costruirle. Lo sai bene, con i paradossi é facile andare lontano, quasi come con gli enunciati o con le idee. Andarci davvero lontano-e con le azioni-é più difficile, eppure si può tentare. Sicuramente per arrivare occorre mettersi in viaggio, occorre non avere paura. Se questo é un cerchio che gira su se stesso, il suo girare può creare tensione. Nel ruotare insistentemente può nascere un vortice o una spirale, allora si scende oppure si sale. Ancora non si sa. Per scoprirlo occorre provare. Occorre mettersi in cammino e osare. Di teatro c'é sempre tempo per parlare. (vincenzo amato)