Tre anni fa o giù di lì, mi presentai alla porta di Gino Santoro; da qualche tempo, tra i miei interessi professionali, di medico ma anche di ricercatore, la Balbuzie ricopriva un ruolo di primo piano. Con l’ AUSL LE 1, avevamo lanciato sul territorio una capillare campagna di informazione indirizzata alle famiglie ed alla scuola, con l’idea di prevenire, se possibile, il progredire del disturbo; questo, sornione, compare, in genere, all’epoca della scuola materna e procede nella seconda infanzia, nell’adolescenza e nell’età adulta, in un groviglio di sintomi, alcuni evidenti ai più, molti interiori, noti solo al soggetto che assiste al progressivo deteriorarsi delle proprie abilità di comunicazione e di relazione, e, soprattutto, all’assottigliarsi delle proprie sicurezze e della stima di sé. Quanto è difficile aiutare un balbuziente a venirne fuori! Credo che, al mondo, nessuno possa garantirne la guarigione. Orbene, avevo bisogno di qualcuno che mi desse una mano a sviluppare, concretamente, un’idea da tempo accarezzata: se e come il teatro possa aiutare il balbuziente a trarsi dai suoi impacci. Gino, per il ruolo svolto nell’Istituzione, per preparazione e doti umane, mi sembrava la persona giusta. Ero a conoscenza di esperienze, fatte altrove, di “teatro” con i balbuzienti, soprattutto di esperienze di teatro di “rappresentazione”; interpretare un “ruolo” facilita la fluenza e, almeno nell’azione scenica, chi balbetta, se riesce a “calarsi” nella sua parte di attore, che è altro da sé, balbetta molto meno o non balbetta affatto. Non solo: l’uso di linguaggi non verbali e paraverbali, decentrando l’interesse del soggetto dalla verbalità, lo colloca in un processo di disinvestimento progressivo da essa. Il problema, semmai, è capire se, come e in quanto tempo, il miglioramento “da palcoscenico” della fluenza possa essere generalizzato, trasferito cioè nella vita reale, quella di ogni giorno e se il miglioramento, ammesso che si verifichi, riguardi solo i segni visibili e udibili o anche quelli nascosti. Gino, all’inizio un poco diffidente, credo, quanto meno perplesso, per la proposta “umanistica” di un medico, mi parlò della sua idea di teatro, come luogo della libera espressione e della partecipazione, della ricerca e della sperimentazione di tutti i linguaggi possibili; un teatro diverso da quello della tradizione; non un teatro in cui “io sono altro differente da me stesso”, ma un teatro nel quale io vado alla ricerca delle parti di me che ignoro e che gli altri ignorano, in cui riesco ad essere, totalmente, me stesso, al cospetto delle mie “abilità” e delle mie “disabilità”. Poteva essere, questa idea di teatro, la chiave di volta della generalizzazione: non ho bisogno di essere aiutato a trasferire nella realtà quotidiana il ruolo che rappresento sul palcoscenico perché su questo, io “interpreto” solo me stesso! Entusiasta dell’idea, detti una mano, con Antonella, logopedista e mia collaboratrice, ad un’iniziativa che Gino aveva già in cantiere: quella della formazione di un pugno di insegnanti, fortemente interessati all’uso nuovo del teatro nella scuola ed a coinvolgere, nell’esperienza, i loro alunni “disabili”. Qualcuno, peraltro, stava già lavorando in questo senso: Beatrice ed il suo gruppo del “Galateo”, che avevano tratto un video quanto mai stimolante dalle loro attività di teatro con i disabili. Per essere sinceri, ancora non siamo riusciti ad effettuare una sperimentazione sistematica su teatro e balbuzie, anche se modalità mutuate dal “teatro della libera espressione”, le abbiamo già inserite nell’ambito dei nostri protocolli per il trattamento intensivo del disturbo nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza; al momento ne stiamo verificando l’efficacia. Nel frattempo, il nostro interesse per il teatro si allargava, e ci interrogavamo sul suo possibile uso non solo nella balbuzie, ma anche in altri disturbi o patologie della comunicazione.
Ci è sembrato perciò naturale offrire come AUSL, al fianco di altre istituzioni, il nostro contributo ad un progetto-sperimentazione che prevede il teatro come strumento, nella scuola, per perseguire l’obiettivo di una “integrazione partecipata”. E lo abbiamo fatto assumendoci, come fisiopatologi della comunicazione umana, il ruolo ingrato di osservatori animati dalla volontà di verificare, soprattutto, l’esportabilità del metodo e la sua possibile collocazione in un pacchetto di “terapie” utili per l’abilitazione/educazione alla comunicazione, la riabilitazione/rieducazione di essa, comunque la rimediazione dei suoi disturbi: parte, certamente non minoritaria, di tutte le possibili cause di difficoltà di integrazione. Credo valga la pena sottolineare che del nostro pacchetto di terapie possono far parte solo strumenti affidabili, che consentano la migliore soluzione possibile del problema e che abbiano passato positivamente la verifica in ordine a criteri di efficacia, efficienza e, seppur più raramente, di crucialità. Malgrado non sia interamente gradevole accettarla come idea, nella sanità il vecchio “paziente” sta divenendo un “cliente”, inteso come persona che richiede direttamente o indirettamente un intervento professionale, del quale occorre rendere conto, per una patologia vera o presunta. Progressivamente, per ragioni culturali, ma anche per ragioni economiche, che almeno per una volta soffiano a favore del cittadino, la medicina si sta, quindi, trasformando da “opinion based” in “data based medicine”. Il che vuol dire che occorre rivedere le opinioni in merito alle cosiddette medicine alternative, opposte alla medicina tradizionale dal suo fallimento in numerosi ambiti, dall’insufficienza mentale all’instabilità dei comportamenti, dai disturbi dell’umore alle patologie dei rapporti interpersonali, ai gravi disturbi della motricità. Discipline e filosofie orientali, yoga, musicoterapia, teatroterapia ed arteterapia in genere, pranoterapia, omeopatia, ippoterapia e via discorrendo: pratiche talvolta esotiche, esoteriche, poco conosciute, senza alcuna base razionale; pratiche mistico-magiche, spesso accettate con troppo incondizionato entusiasmo da clienti e medici; pratiche che andrebbero riviste e rivisitate nell’ottica di una scienza moderna che sappia individuare gli strumenti di cui servirsi per perseguire un obiettivo che, in una visione unitaria dell’uomo, è rappresentato dalla promozione del suo stato di benessere psico-fisico.
Allora il teatro come farmaco, per stimolare, per calmare? Il teatro per educare i sensi, la motricità, per coltivare l’intelligenza, per favorire l’educazione a comportamenti sociali? Il teatro come ambiente gratificante per canalizzare ed esprimere le emozioni, per imparare nuovi linguaggi, per rafforzare la stima di sé? Il teatro come che? Qual è il razionale del teatro di libera espressione? Altri esprimeranno le proprie idee sul teatro e sulla scuola, sul ruolo della didattica tradizionale o curriculare; e su quello di didattiche diverse, sull’idea di comunità e su quella di comunità scolastica, sui ruoli che il canone attribuisce ai vari membri della comunità. Credo che per loro e per noi, comunque, tentare di rispondere alla domanda sull’utilità del teatro come strumento non sarà, poi, tanto semplice.
Ho tentato, nel mio lavoro di verifica, di essere il meno coinvolto possibile nelle attività che il Progetto ha previsto, tant’è che ho deciso di partecipare solo alle riunioni di indirizzo e di programmazione tra gli enti partners. Non ho mai preso parte ad attività “sul campo”, non ho mai voluto conoscere i ragazzi che hanno aderito all’iniziativa, non ho voluto sapere chi, fra loro, presentasse disabilità e di che tipo. Ho scelto di valutare gli effetti dell’esperienza, limitatamente alle modalità di Comunicazione dei ragazzi partecipanti, utilizzando, come strumento, la percezione di eventuali cambiamenti da parte delle famiglie di appartenenza. Avrei voluto anche il parere degli insegnanti curriculari, ma non è stato possibile. La valutazione percettiva, in questo caso la etero-valutazione dei risultati, ci è sembrata affidabile sia per evidenziare gli effetti dei processi, sia per dedurre gradimento e soddisfazione del cliente che potrebbe, a fronte di minimi cambiamenti, godere di più ampi e favorevoli vantaggi, spesso legati a miglioramento della compliance nei confronti del disturbo. Naturalmente, ci rendiamo conto di aver ristretto, così facendo, un campo di analisi che si presterebbe a molteplici e varie considerazioni ed all’inclusione di più numerose variabili, non tutte, peraltro, verificabili con rigore; purtroppo il progetto ha presentato delle scadenze, scolastiche, amministrative ed editoriali che potrebbero inficiare, almeno dal nostro punto di vista, sia i processi che sottendono i comportamenti, sia, ancor più, le loro modificazioni e quindi i risultati derivanti dai processi; risultati che, probabilmente, hanno tempi lunghi di latenza prima di manifestarsi.
Metodologia. Alle famiglie è stato somministrato un questionario (allegato 1), diviso in tre sezioni, A-B-C.
Ø Sez. A: dedicata a ricavare informazioni generali relative alla comunicazione ed ai suoi linguaggi
Ø Sez. B: dedicata a tracciare un sommario profilo educativo della famiglia e a descrivere i processi di interazione
Ø Sez. C: dedicata a tracciare un profilo comunicativo
31 i questionari consegnati, 27 (87%) quelli restituiti compilati, 4 (13%) quelli consegnati in bianco (3 per motivi inerenti la tutela della privacy).
Dei 27 compilati, 19 riguardano alunni di scuola media, 8 alunni di scuola elementare.
Questionario genitori.
Suo figlio/a sta vivendo, insieme ad altri ragazzi e ad adulti, un’ esperienza di “Teatro”.
Risponda, cortesemente, alle domande del questionario e ci aiuti a capire, se e in che modo, la partecipazione all’iniziativa sta modificando o ha modificato le capacità e le modalità di comunicazione di Suo figlio/a. Le informazioni che Le chiediamo di fornirci, riguardano prevalentemente, più che i contenuti, la quantità, la qualità della comunicazione e la voglia di comunicare di Suo figlio/a.
Pertanto, Le chiederemo, a volte, di dare due riposte alle questioni, relativamente al “prima” dell’inizio e al “dopo” la fine dell’esperienza.
Siamo, peraltro, consapevoli, che alcuni cambiamenti hanno bisogno di lungo tempo, per essere visibili.
Poiché il questionario è rivolto alle famiglie di ragazzi di età diversa, frequentanti la scuola elementare, media e superiore, alcune domande potrebbero risultare non pertinenti.
I dati saranno trattati in forma anonima ai sensi della legge che tutela la privacy.
Alunno/a___________________________________________nato/a il______________________
frequentante la Scuola______________________________classe__________________________
Nucleo familiare costituito da:
___________________________________________________________________________________________
Il compilatore
Data______________ • Padre ٱMadre
Sez. A
_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Irrilevante ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10--- essenziale
6. Provi a quantificare l’importanza che hanno per Lei “gli altri linguaggi” in base a questa scala:
Irrilevante ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10--- essenziale
Sez. B
• Occorra proteggere i figli rispetto alle opinioni diverse da quelle della famiglia
• Sia utile impedire ai figli di sperimentare gli aspetti più duri e difficili della vita
• I figli abbiano il diritto di esprimere e difendere le proprie idee, ma che le opinioni dei figli e dei genitori sulla vita debbano coincidere
• Che la vita sociale dei figli si debba svolgere prevalentemente in famiglia
• Che sia utile che i figli abbiano anche altre esperienze di socializzazione all’esterno della famiglia
• Che i figli vadano incoraggiati a cercare, accettare o rifiutare la conoscenza, ad avere proprie opinioni e a difenderle anche se non coincidono con quelle dei genitori
Prima
• mostri solidarietà con gli altri, dia aiuto agli altri
• sia rilassato, scherzi, rida di frequente, mostri soddisfazione
• sia accondiscendente, partecipe, spesso d’accordo con gli altri, li comprenda
• dia suggerimenti e direttive, richieda autonomia per gli altri
• dia opinioni, valuti, analizzi, esprima sentimenti e desideri
• dia orientamenti e informazioni, ripeta, chiarisca, confermi
• chieda orientamenti, informazioni, ripetizioni, conferme
• chieda opinioni, valutazioni, analisi, espressione di sentimenti
• chieda suggerimenti, orientamenti, possibili modi di agire
• sia spesso in disaccordo con gli altri, faccia resistenza passiva alle loro iniziative, sia formale, non dia aiuto
• sia teso, chieda aiuto, non abbia entusiasmo
• mostri antagonismo, sminuisca gli altri, tenda a difendersi o ad imporsi
Dopo
• mostri
solidarietà con gli altri, dia aiuto agli altri
• sia
rilassato, scherzi, rida di frequente, mostri soddisfazione
• sia
accondiscendente, partecipe, spesso d’accordo con gli altri, li comprenda
• dia
suggerimenti e direttive, richieda autonomia per gli altri
• dia
opinioni, valuti, analizzi, esprima sentimenti e desideri
• dia
orientamenti e informazioni, ripeta, chiarisca, confermi
• chieda
orientamenti, informazioni, ripetizioni, conferme
• chieda
opinioni, valutazioni, analisi, espressione di sentimenti
• chieda
suggerimenti, orientamenti, possibili modi di agire
• sia
spesso in disaccordo con gli altri, faccia resistenza passiva alle loro
iniziative, sia formale, non dia aiuto
• sia
teso, chieda aiuto, non abbia entusiasmo
• mostri
antagonismo, sminuisca gli altri, tenda a difendersi o ad imporsi
Sez. C
1. Suo figlio/a reagisce o risponde abitualmente
a. al saluto con il saluto? Prima *SI *NO Dopo *SI *NO
b.
*ad una domanda con una risposta?
Prima *SI *NO
Dopo *SI *NO
c. **ad un’ offerta o ad un invito Prima * con l’accettazione * con il rifiuto
Dopo *
con l’accettazione *
con il rifiuto
d. **ad una richiesta Prima * con l’accordo * con la protesta * con il rifiuto
Dopo *
con l’accordo * con la protesta
*
con il rifiuto
e. **ad un ordine Prima * con l’obbedienza * con la protesta * con il rifiuto
Dopo *
con l’obbedienza * con la protesta
*
con il rifiuto
f.
ad una accusa
Prima * con l’ammissione * con la confessione * con la difesa * con la negazione
Dopo *
con l’ammissione * con la
confessione * con la
difesa *
con la negazione
2. * In caso affermativo, fa richieste di conferma, di ripetizione della domanda o di ripetizione di specifici dettagli?
Prima * NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
Dopo * NO *
SI, raramente *
SI, spesso *
SI, sempre
3. ** In caso di protesta o rifiuto,
fornisce, come giustificazione, una qualsiasi spiegazione?
Prima * SI * NO
Dopo * SI * NO
4. Provi
a quantificare le abilità verbali di suo figlio/a in base a questa scala
(abilità = qualità degli enunciati verbali relativamente alla
forma della lingua italiana ed ai contenuti espressi)
Prima Insufficienti ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10--- eccezionali
Dopo
Insufficienti ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10---
eccezionali
5. Provi a quantificare il “desiderio” di comunicare di Suo figlio in base a questa scala (desiderio = voglia e/o di comunicare, indipendentemente dalle abilità verbali ):
Prima Irrilevante ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10--- Molto rilevante
Dopo Irrilevante ---1----2----3----4----5-----6-----7-----8-----9-----10---
Molto rilevante
6. Esiste, un momento della giornata, in cui la conversazione e la comunicazione di tutti i membri della famiglia sono favorite? * Si * NO
7. In caso affermativo, qual è questo momento? ( quello dei pasti, del pranzo, della cena, altro)
Specificare___________________________________________________________________________________________________________________________________________
8. Con chi, Suo figlio/a è più portato a comunicare?
* con gli adulti ² genitori ² familiari in genere ² altri
* con i coetanei ² fratelli ² familiari in genere ² amici ² altri
9. Il numero delle occasioni di comunicazione e le persone con cui Suo figlio/a comunica, sono aumentate a seguito di questa esperienza?
* SI * NO
10. Suo figlio/a, quando conversa con Lei o con altri, usa la sua voce ad intensità:
Prima *bassa *media *alta
Dopo *bassa *media *alta
11. Suo figlio/a, quando conversa con Lei o con altri, usa l’intonazione e l’enfasi, dando “colore” alle cose che dice, tanto da farLe cogliere i sentimenti della collera, tristezza, gioia, disprezzo, tenerezza, paura ?
Prima * NO * SI, abitualmente * SI, raramente
Dopo
* NO *
SI ,abitualmente
* SI ,raramente
12. Suo figlio/a, quando conversa con Lei o con altri, usa il “silenzio”? ( non risponde, lunghe pause)
Prima * NO * SI, abitualmente *SI, raramente
Dopo * NO *
SI, abitualmente
* SI, raramente
13. In caso affermativo, cerchi di indicare quando, con chi, per che cosa,con quale significato.
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
14. Suo figlio/a, quando conversa con Lei o con altri, “inciampa” sulle parole, ripetendone talvolta la sillaba iniziale, prolungandone il suono iniziale, esitando molto tra una parola ed un’altra?
Prima * NO * SI, poco * SI, molto
Dopo
* NO *
SI, poco *
SI,molto
15. A che distanza si mantiene Suo figlio/a quando comunica con Lei?
Prima * meno di 50 cm * tra 50 cm ed 1 m *oltre 1 m
Dopo *
meno di 50 cm *
tra 50 cm ed 1 m *oltre
1 m
16. Vi toccate, in genere, durante una conversazione?
Prima * NO * SI, solo casualmente * SI, deliberatamente
Dopo *
NO *
SI, solo casualmente
* SI, deliberatamente
17. Durante una conversazione, Suo figlio/a usa i gesti, come supporto, completamento della parola?
Prima * NO * SI, poco * SI, molto
Dopo *
NO *
SI, poco *
SI, molto
18. Durante una conversazione, Suo figlio/a usa abitualmente i gesti, come sostituzione della parola? (Ad esempio: il segnale di OK, il gesto per indicare “buono”, i movimenti con l’indice per indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza).
Prima * NO * SI, poco * SI, molto
Dopo *
NO *
SI, poco *
SI, molto
19. Durante una conversazione, Suo figlio/a usa abitualmente “l’espressione del viso”, come supporto, per esprimere il suo stato d’animo in relazione a quanto sta dicendo?
Prima * NO * SI, poco * SI, molto
Dopo *
NO *
SI, poco *
SI, molto
20. Quando Suo figlio/a conversa con Lei, La guarda in viso, cerca i suoi occhi e mantiene lo sguardo?
Prima * NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
Dopo *
NO *
SI, raramente *
SI, spesso *
SI, sempre
21. Suo figlio/a prende l’iniziativa nel cominciare la conversazione?
Prima * NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
Dopo *
NO *
SI, raramente *
SI, spesso *
SI, sempre
22. Definirebbe, Suo
figlio/a un “buon ascoltatore”?
* SI * NO
23. E Lei, si definirebbe un
“buon ascoltatore”?
* SI * NO
24. Suo figlio/a tende ad interromperla o a sovrapporsi alla Sua voce quando comunicate?
Prima * NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
Dopo *
NO * SI,
raramente *
SI, spesso *
SI, sempre
25. In caso affermativo, l’interruzione:
* riguarda l’argomento della conversazione in atto
* introduce nuovi argomenti, ma pertinenti
* è solo occasione di disturbo
26. E Lei, tende ad interrompere o a sovrapporsi alla voce di Suo figlio/a quando comunicate?
* NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
27. Suo figlio/a, mentre Lei gli/le parla, Le dà la conferma di ascoltarla, usando espressioni verbali come “SI”, “GIA’”, “VA BENE”, “D’ACCORDO” oppure atteggiamenti non verbali come la negazione o l’affermazione col capo per manifestare disaccordo o approvazione?
Prima * NO * SI, raramente * SI, spesso * SI, sempre
Dopo *
NO *
SI, raramente *
SI, spesso
* SI, sempre
28. Quali sono gli argomenti abituali della conversazione tra Lei e suo
figlio/a?
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
29. Provi a dare, brevemente, un giudizio complessivo sulle capacità di Suo figlio/a di “comunicare” e di “mettersi in relazione” con gli altri. Se esistono, ne indichi le difficoltà, descrivendole e le possibili cause, se ne è a conoscenza. Indichi anche, se tali difficoltà costituiscono un importante problema nella vita di Suo figlio/a e se per tale ragione è stato richiesto l’intervento di personale esperto (sanità, scuola, altre agenzie).
*Prima
________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
*Dopo
____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Risultati
Sez. A.
Hanno risposto 26 soggetti su 27.
Per quanto riguarda le risposte alle domande aperte (item 1-2), la Comunicazione è stata identificata correttamente dai più come un processo di scambio che sottende ed identifica la relazione.
Tutti i 26 soggetti ritengono che non si comunichi esclusivamente con il linguaggio verbale (item 3), ma anche (item 4) con il corpo, la voce, i gesti, le posture, i silenzi, i colori, i numeri, il tatto, il gusto, la scrittura, la mente, la musica, la telematica, l’informatica, le emozioni, le azioni.
Il 92% (24 soggetti) degli intervistati valuta l’importanza del parlare bene, ma anche degli altri linguaggi, tra 8 e 10 (item 5-6), in una scala dove 1 è irrilevante e 10 essenziale; solo l’8% (2 soggetti) esprime una valutazione intermedia, tra 6 e 7. Più interessante il rapporto tra le valutazioni intraquestionario relativamente agli item 5 e 6: per un 42% degli intervistati, verbale e altri linguaggi hanno pari importanza, per un altro 42% prevale in importanza il linguaggio verbale, solo per il rimanente 16% prevalgono gli altri linguaggi sul verbale.(fig.1)
fig. 1 Importanza dei linguaggi verbale e non verbali
Sez. B.
Hanno risposto 27 soggetti su 27.
Item 1. Per 21 (77,7%) di essi è utile che i figli abbiano esperienze di socializzazione al di fuori della famiglia e/o che vadano incoraggiati a cercare, accettare o rifiutare la conoscenza, ad avere proprie opinioni e a difenderle anche se non coincidono con quelle dei genitori. 5 (18,7%) aggiungono a queste convinzioni quella che i figli hanno il diritto di esprimere e difendere le proprie idee, ma che le opinioni dei figli e dei genitori sulla vita debbono coincidere. Solo 1 soggetto (3,7%) aderisce a tutte le opzioni offerte dall’item ritenendo, quindi, che sia anche necessario proteggere i figli rispetto ad opinioni diverse da quelle della famiglia ed agli aspetti più duri e difficili della vita e che la vita sociale si debba svolgere prevalentemente in famiglia.
Item 2. Le opzioni proposte nell’item coincidono con le categorie di Robert F. Bales sui processi di interazione. E’ estremamente difficoltoso ricavare dati generali utili dalle risposte fornite che non consentono, come peraltro prevedibile, di rifarsi a modelli omogenei di riferimento. In 8 soggetti (30%) non si verifica variazione alcuna dei processi tra il prima e il dopo. In 17 casi (63%), apparentemente non esistono problemi di integrazione, in quanto il ragazzo “mostra solidarietà con gli altri e da’ aiuto agli altri” anche prima dell’esperienza. Solo in 2 casi (7%) compare questo tratto del comportamento, prima assente. Nessun soggetto “era spesso in disaccordo con gli altri, faceva resistenza alle loro iniziative, era formale, non dava aiuto” oppure “ mostrava antagonismo, sminuiva gli altri, tendeva a difendersi e ad imporsi”. 1 solo caso (3,5%) di soggetto prima “teso, senza entusiasmo che chiede aiuto” che farà parte del gruppo di 5 (18,5%) che dopo rientra nella categoria “rilassato, scherza, ride, mostra soddisfazione”. A quest’ultima categoria appartengono dall’origine 14 individui (52%). In 6 soggetti (22%) dopo compaiono funzioni strumentali prima non utilizzate in ordine al dare suggerimenti, opinioni, all’esprimere sentimenti, al chiedere opinioni, valutazioni, analisi, orientamenti etc.
Naturalmente, l’analisi delle variazioni intrapersonali individuali potrebbe fornire spunti molto interessanti nel corso di un eventuale studio longitudinale.
Sez. C.
Hanno risposto 27 soggetti su 27.
Item 1. Alcuni aspetti della reciprocità e del turno nella comunicazione: fa riferimento a coppie adiacenti di atti linguistici.
Tutti rispondono
al saluto con il saluto.(punto a)
Solo 3 soggetti (11%) non rispondono ad una domanda; in un solo caso (2,7%), questo comportamento dopo si modifica.(punto b). Nessuno rifiuta un’offerta o un invito.(punto c)
23 le risposte al punto d riguardante la richiesta: nel 70% (19 soggetti) non c’è variazione di comportamento (reagiscono 18 con l’accordo, 5 con la protesta); nel 15% (4 soggetti) dopo si verifica un cambiamento ( in 3 casi la protesta si tramuta in accordo, in 1 caso l’accordo si tramuta in rifiuto); 4 (15%) non rispondono.
Al punto e si assiste a variazione solo in 2 casi (7,4%): il rifiuto e la protesta si trasformano in obbedienza.
Al punto f , stante il comportamento più diffuso, quello di difendersi (13 soggetti), in 17 casi (63%) non si verifica alcuna variazione. 6 (22%) non rispondono. 4 (15%) modificano i loro comportamenti: in 2 casi la difesa e la confessione diventano ammissione, negli altri 2 l’ammissione diviene difesa.
Item 2. E’ collegato al punto b
dell’item precedente. Su 15 risposte
fornite, in 8 casi il ragazzo fa richiesta di conferma, di ripetizione della
domanda o di specifici dettagli. Non ci sono variazioni tra prima e dopo.
Item 3. E’ collegato ai punti c-d-e dell’item 1. 15 risposte su 16 casi di protesta/rifiuto. Nessuna variazione in 13 casi (12 i SI, 1 il NO); 2 soggetti manifestano, invece, una variazione negativa: dopo non forniscono alcuna spiegazione.
Item 4. Percezione delle variazioni delle abilità verbali secondo una scala in cui 1 è insufficiente e 10 eccezionale.
25 su 27 le risposte.
Nessuna variazione nel 41% dei casi (11 soggetti). “Miglioramento” nel 52 % (14 soggetti). (fig. 2) Interessante il dato riferito all’ordine di scuola: dei 14 “migliorati”, 7 sono di scuola elementare (87,5% degli 8 inclusi nell’analisi), 7 sono di scuola media (37%dei 19 inclusi ). (fig. 3)
Il dato medio delle abilità verbali prima è di 6,70, partendo da un minimo di 2 in un caso; dopo di 7,50, mantenendosi invariato il dato minimo di 2.
fig. 2 Prima e dopo: variazione delle abilità verbali.
fig. 3. Prima e
dopo: variazione delle
abilità verbali su campione ripartito per ordine scolastico
Item 5. Percezione delle variazioni nel “desiderio” di comunicare secondo una scala in cui 1 è irrilevante, 10 molto rilevante.
25 su 27 le risposte.
In 15 casi (56%) nessuna variazione; in 10 casi (37%) un incremento del desiderio.(fig. 4). Anche in questo caso, rispetto al campione ripartito per ordine scolastico le maggiori variazioni riguardano i ragazzi di scuola elementare, 63% ( 5 soggetti su 8), rispetto a quelli di scuola media, 26% (5 soggetti su 19). (fig. 5)
Interessante anche il dato medio del “desiderio” che passa da 7,90 a 9,10 con un valore minimo attribuito prima di 5 in tre casi e, successivamente, di 6/7.
fig. 4. Prima e dopo: variazione del desiderio di comunicazione
fig.
5. Prima e dopo: variazione del
desiderio di su campione ripartito per ordine scolastico
Item 6-7. Esiste nel 93% dei casi un momento, nella giornata, in cui la conversazione e la comunicazione di tutti i membri della famiglia sono favorite. Esso coincide, prevalentemente, con quello dei pasti
Item 8. 27 risposte su 27. Solo in 8 casi (30%) la comunicazione è più agevole con i coetanei. Per il resto, (70%), è indifferente l’età, anche se, fra gli interlocutori adulti, di gran lunga i più rappresentati sono genitori e familiari in genere.
Item 9. 26 risposte su 27. Nel 35% dei casi (9 soggetti) non c’è variazione; nel 65% (17 soggetti) si è verificato un incremento sia delle occasioni di comunicazione sia delle persone con cui i ragazzi comunicano. (fig. 6). Non vi è differenza tra i due ordini di scuola (5 su 8 le variazioni nella scuola elementare, 12 su 19 quelle nella scuola media, percentuale del 63% in entrambi i casi).
fig.
6. Prima e dopo: incremento delle
occasioni di comunicazione e delle persone con cui i soggetti comunicano
Item 10-11-12-13. Riguardano alcuni degli aspetti sovrasegmentali della comunicazione verbale. La voce viene usata in 24 casi su 27 ad intensità media, come anche abitualmente, in 20 su 27, si fa ricorso all’enfasi, all’intonazione per esprimere i sentimenti. Non vengono usati, 19 casi, o usati molto raramente i silenzi, 6 casi. Questi hanno il significato di ammissione di colpa a seguito di un rimprovero, di incertezza, di paura o timidezza, di opposizione e rifiuto. Unica variazione significativa, in 3 casi (11%), l’uso dell’enfasi da raramente ad abitualmente.
Item 14. Riguarda la fluenza verbale. L’81% dei soggetti (22 s.) non balbetta (19 s.) o balbetta poco (3 s.), comunque non manifesta modificazioni apprezzabili della fluenza. 4 soggetti, pari al 15%, modificano positivamente il disturbo. Complessivamente, quindi, 7 su 27 soggetti (26%) balbettano; di essi, 4, pari al 60%, migliorerebbero.
Item 15-16. La prossemica, in particolare la distanza ed eventuali contatti che i partner hanno tra loro durante la comunicazione. La distanza è quella “intima” nel 63% dei casi. Solo in un caso è superiore al metro (4%). Per il resto è compresa fra 50 cm ed il m. (33%). I contatti sono: presenti in 18 casi su 27 (67%), ma deliberati solo in 12; assenti in 7 casi (26%). Unica variazione osservata la trasformazione del contatto in 2 casi (7%) da casuale a volontario.
Item 17. L’uso dei gesti come
supporto, completamento della parola. Solo due soggetti ( 7%) non usano i
gesti; 14 (52%) li usano poco; 11
(41%) li usano molto. Nessuna variazione tra prima e dopo.
Item 18. L’uso di gesti come sostituzione della parola. 25 risposte su 27. Nel 78% dei casi non c’è variazione ( 11 NO, 7 si poco, 3 si molto). In 4 casi (15%) compare o si incrementa l’uso simbolico del gesto.
Item 19. L’espressione del viso come supporto per esprimere lo stato d’animo: non viene usata solo in 3 casi; in 12 casi viene usata molto, in 9 poco. Complessivamente, questi sottogruppi costituiscono l’89% dei soggetti che non manifestano variazioni che, invece, compaiono nell’11% del campione (3 soggetti), con un incremento nell’uso dell’espressione del viso.
Item 20. Il contatto oculare. Nessuna variazione nel campione fra prima e dopo. Significativo il fatto che il 15% dei soggetti, raramente o mai cerchi il contatto.
Item 21. L’iniziativa nel cominciare la conversazione. Anche qui nessuna variazione. Solo il 7% non prende mai l’iniziativa ed un altro 7% la prende raramente.
Item 22. Suo figlio è un buon ascoltatore? NO nel 30% dei casi (8).
Item 23. E lei si definirebbe un buon ascoltatore? NO nel 4% (1)
Item 24-25. Le interruzioni e le sovrapposizioni da parte dei ragazzi durante la comunicazione. I risultati che emergono sono omogenei, in buona parte, con le risposte fornite all’item 22: 7 soggetti (30%) interrompono sempre o spesso; 12 (44%), raramente; 6 (22%) mai. In essi non si assiste a variazioni. Queste riguardano solo 2 soggetti (8%) che riducono la loro tendenza ad interrompere.
In tutti i casi, tranne che in uno, le interruzioni riguardano l’argomento della conversazione o introducono nuovi argomenti, ma pertinenti.
Item 26. Le interruzioni del genitore: costui non interrompe e non si sovrappone solo in 2 casi (7%), lo fa raramente in 17 casi (63%) e addirittura spesso nel 30% (8 casi)
Item 27. Alcune delle funzioni fatiche (uso di espressioni verbali o atteggiamenti non verbali per dimostrare interesse ed attenzione alla conversazione). Sono presenti nel 96% dei casi. In 21 soggetti (78% del campione), rimangono immodificate; già presenti, vengono usate con maggiore frequenza in 5 soggetti (18% del campione).
Item 28. E’ una domanda aperta riguardante gli argomenti abituali di conversazione in seno alla famiglia, che sono, nell’ordine: scuola, amicizie, altro o tutto, famiglia, giochi, sport, problemi sociali, rapporti interpersonali, letture, sentimenti, ordine, pulizia del corpo.
Item 29. E’ l’item nel quale
si è chiesta, in forma aperta, una valutazione complessiva sulle
capacità di comunicazione e di mettersi in relazione dei ragazzi ed un
giudizio sulle eventuali variazioni tra il prima e il dopo.
Anche per questo item risulta difficoltoso mettere insieme i dati che emergono.
In 12 casi (45%) non vengono rilevate variazioni di sorta ed il dato è omogeneo rispetto alle valutazioni in set chiuso. In 4 casi (14%), emerge una incongruità in quanto vengono evidenziate variazioni positive dei comportamenti nelle risposte alle parti chiuse del questionario, ma non in quelle fornite in set aperto. Nel restante 41% ( 11 casi) si rilevano, in set aperto, variazioni omogenee rispetto a quelle rilevate in set chiuso. Tali variazione vengono identificate in: maggiore attenzione all’ascolto, maggiore sicurezza nelle espressioni non verbali, uso di nuovi linguaggi (mimo), migliorate capacità di relazione con l’adulto, maggiore disinvoltura, accrescimento del desiderio e dell’abilità nel comunicare, migliore inserimento nel gruppo-classe, capacità di esternare i propri sentimenti e le proprie emozioni, capacità di farsi valere.
Discussione.
Occorre fare delle considerazioni preliminari. Un elemento temporale condiziona fortemente i risultati: la brevità dell’ intervallo di tempo tra l’inizio delle attività ed il momento della compilazione dei questionari da parte delle famiglie.
Quattro-cinque mesi probabilmente sono pochi sia per considerare lo strumento “teatro” utile alla promozione di modalità comunicative nuove e soprattutto alla loro generalizzazione, sia per considerarlo non/poco adeguato allo scopo; siamo convinti che la modificazione, l’implementazione, l’educazione ed anche la rimediazione di comportamenti a variabili complesse come quelli comunicativi abbiano necessità di tempi piuttosto lunghi per prodursi e manifestarsi. Inoltre, tali comportamenti risentono fortemente, trattandosi di processi che si svolgono all’interno di sistemi, la famiglia e la scuola, della stazionarietà o della circolarità delle relazioni. Vogliamo dire, cioè, che l’evoluzione di un assetto relazionale-comunicativo può sicuramente derivare dal miglioramento delle risorse del singolo ma altrettanto sicuramente non può prescindere dal riassestamento attivo e consapevole di tutti i membri facenti parte del sistema famiglia e scuola. Noi non sappiamo, ad esempio, fino a che punto gli altri soggetti coinvolti nella nostra indagine, i genitori, siano stati parte attiva dei presunti cambiamenti o semplici osservatori di essi. In quest’ultimo caso potrebbe essere anche effimero qualsiasi effetto derivato dall’esperienza svolta dai ragazzi. Ancora, la valutazione della “prestazionalità” comunicativa che abbiamo affidato ai genitori ha comportato da un lato la frantumazione di un atto globale in segmenti, dall’altro la necessità di procedere ad una osservazione e ad una rievocazione sistematiche dei segmenti medesimi, per riunire poi, in un giudizio globale di impressione, quanto emerso. E’ potuto quindi accadere: che siano state riconosciute le variazioni di singoli segmenti dell’atto ma non della globalità del comportamento comunicativo; che i singoli segmenti siano stati giudicati invariati ma sia emersa l’impressione del cambiamento in senso lato; che si siano colte le variazione dei segmenti e dell’atto globale; che non si sia colta variazione alcuna. Una domanda ci viene legittima: quanto adeguati sono stati i genitori nell’osservare? Il loro pregiudizio sull’esperienza, l’essere favorevoli, indifferenti o addirittura contrari, quanto ha condizionato la valutazione? Sono stati osservatori neutri, iperosservatori o hanno tralasciato elementi importanti? E quando sono stati neutri, l’esperienza di “teatro” dei loro figli, ed eventualmente anche la loro, può aver avuto un “effetto alone” condizionandoli inconsapevolmente nei giudizi?
Queste ed altre considerazioni ci inducono a ritenere forse utile affidare l’interpretazione analitica dei dati, come scomposti nel questionario, a chi è e sarà coinvolto nell’esperienza e nella relazione con i ragazzi. Non perché ognuno possa leggervi quello che si aspetta di trovare, ma perché possa trarre spunto per il lavoro futuro.
Comunque, sperando di smentire quanto scritto da Mark Twain in Autobiography: “Esistono tre tipi di bugie: le bugie, le bugie infami e le statistiche” , riteniamo che qualche conclusione di tipo più generale possa essere tratta.
Il linguaggio principale è, per i più, il verbale; solo raramente prevalgono gli altri linguaggi che, più spesso, vengono affiancati in importanza al verbale. Questa è la situazione di partenza con la quale occorre fare i conti alla ricerca di un giusto equilibrio tra il linguaggio moderno della mente e della ragione, quello verbale, ed i linguaggi antichi dei sentimenti e delle emozioni, quelli del corpo, dei gesti, della voce e via discorrendo. Purtroppo la nostra esperienza ci dice che il riconoscimento dell’importanza degli altri linguaggi non è scontato: essi vengono considerati secondari ma non complementari, talvolta supplementari o parzialmente sostitutivi in situazioni di minus.
E’ confortante il dato relativo al clima comunicativo familiare; prevalgono le famiglie pluralistiche in cui i ragazzi vengono incoraggiati a cercare, accettare o rifiutare la conoscenza, ad avere opinioni personali e a difenderle e le famiglie consensuali in cui, pur avendo i figli il diritto di esprimere le proprie idee, le loro opinioni tendono a coincidere con quelle dei genitori.
Il miglioramento delle abilità verbali e l’incremento del desiderio di comunicare sono, invece, le variazioni nel dopo più interessanti: riguardano una fetta consistente del campione globale, coinvolgono la maggioranza dei ragazzi di scuola elementare; fatto, quest’ultimo, prevedibile ed attinente sì all’evoluzione fisiologica, ma anche alla maggiore facilità nelle età precoci nell’apprendere o deuteroapprendere comportamenti (o nel modificare comportamenti appresi). Apparentemente, quindi, il “peso” dell’esperienza è diverso, relativamente ai parametri sopra menzionati, nella scuola elementare e nella scuola media.
Significativo anche l’aumento, omogeneo però nei due ordini di scuola, delle occasioni di comunicazione e delle persone con cui i ragazzi comunicano.
Altro elemento interessante il miglioramento apprezzabile della fluenza in oltre la metà del campione “disfluente”.
Riguardo ad alcuni aspetti del turno, invece, risalta frequentissimo ed immodificato, il mancato rispetto dell’alternanza nella comunicazione, sia da parte dei ragazzi che dei genitori. Questo apre una finestra sulla assoluta necessità di coinvolgere, secondo modalità da individuare di volta in volta, tutti i partners della relazione nell’acquisizione di qualsiasi nuova regola di comportamento.
Infine, il giudizio finale dei genitori espresso in forma aperta; nel 41% dei casi la prestazionalità comunicativa e relazionale dei ragazzi è globalmente migliorata: maggiore attenzione all’ascolto, maggiore sicurezza nelle espressioni non verbali, uso di nuovi linguaggi (mimo), migliorate capacità di relazione con l’adulto, maggiore disinvoltura, accrescimento del desiderio e dell’abilità nel comunicare, migliore inserimento nel gruppo-classe, capacità di esternare i propri sentimenti e le proprie emozioni, capacità di farsi valere. Emerge chiara la percezione di cambiamento.
Naturalmente, nulla sappiamo circa la “tenuta” dei “miglioramenti” nel tempo; fra due, sei mesi, un anno ci sarà ancora traccia di essi o essi si spegneranno, soprattutto l’accresciuto desiderio di comunicare, con l’esaurirsi dell’esperienza di teatro?
Mi piacerebbe, e forse lo farò, procedere ad un retest più in là nel tempo, alla ricerca della stabilizzazione e della generalizzazione di quanto è sembrato emergere da una esperienza sicuramente affascinante la cui portata è, però, ancora tutta da scoprire.
Danilo Patrocinio
Settore Disturbi della Comunicazione
Servizio Centrale di Riabilitazione AUS LE 1