Gli insegnanti della Scuola Media: libere valutazioni

Dino
L’esperienza è stata positiva perché le attività svolte hanno coinvolto i ragazzi, che hanno mostrato entusiasmo e sempre si sono “aperti” con sincerità. Questo ha portato a buoni risultati riguardo ai loro rapporti: si sono conosciuti meglio ed hanno superato le iniziali difficoltà d’inserimento.
Da non trascurare è stata la migliore conoscenza che noi insegnanti abbiamo avuto dei ragazzi, dei loro problemi, di loro sentimenti, emozioni ed anche paure.
Francesco in qualche occasione è sembrato poco partecipe, ma ha dato comunque il suo contributo e di conseguenza c’è stato un miglioramento nei rapporti con i compagni e con gli insegnanti, con i quali, col passar del tempo,collabora di più.
Per quanto mi riguarda ritengo quest’esperienza positiva, anche se non mi ha “trapassato”, visto che era la prima in questo campo e abbastanza lontana dalla mia formazione.
Ho avuto difficoltà a trovare in quello che si è fatto spunti di collegamento con la matematica, mentre più facile è stato con le scienze, perché spesso i giochi che i ragazzi hanno svolto riguardavano gli animali.
A causa della lontananza dalla mia esperienza, il momento della formazione è stato per me abbastanza difficile. … ho cercato quindi di dare il mio contributo in altro modo. Ho cercato di cogliere, con l’obiettivo fotografico, i momenti più significativi delle attività e di rendermi utile nell’organizzazione, come mi riprometto di fare in caso di prosecuzione del progetto…

Francesca
Il mio viaggio nel teatro è incominciato qualche anno fa, per caso.Mi sono avvicinata in punta di piedi con il timore ma, anche, con la curiosità e il desiderio di fare nuove esperienze. Allora, non immaginavo quello che sarebbe stato, poi, in questi anni, il mio percorso. Le storie che ho attraversato e mi hanno attraversata, sono molteplici e
ognuna di loro, ha lasciato, dentro di me, un segno, un tratto indelebile.
Il teatro inteso come laboratorio di libera espressione è per me un “posto magico” perché mi ha insegnato ad essere una “persona vera” che non si preoccupa più del giudizio degli altri che fa le cose in cui crede e non per compiacere altri.
Anche quest’anno abbiamo preso il nostro bagaglio in mano (è il diario di bordo che ci ha accompagnato per annotando e raccontando tutto ciò che è avvenuto) e ci siamo ritrovati tutti, pronti a partire, sull’ immaginaria banchina di un porto : c’ero io, Beatrice, Cristina, un’assistente arrivata quest’anno nella nostra scuola, tutti i ragazzi della I D, Ilenia e Antonio due ragazzi disabili inseriti in due differenti prime; c’era Sara alla sua seconda esperienza che ci ha lasciati quasi subito
Perché come dice lei “ ognuno deve essere libero di scegliere “ e lei, quest’anno, ha scelto di rimanere sulla terra ferma, e siamo partiti, senza di lei.
Quando parti accade sempre che, se da un lato sei felice perché vai incontro a situazioni nuove, dall’altro un sottile velo di nostalgia ti fa rimpiangere cose o persone che ti sei lasciato alle spalle.
Il nostro errare è cominciato proprio da qui, dalla nostalgia che ciascuno di noi si porta dentro.
Ogni parola porta dentro di se delle storie, quello che abbiamo chiesto ai ragazzi è stato di raccontare le loro storie e noi abbiamo raccontato le nostre. I ragazzi, in questo, sono stati molto più bravi di noi adulti e lo hanno dimostrato, di volta in volta, attraverso le loro pagine di diario.
Trovo che sia eccezionale la capacità di osservazione, di analisi e di riflessione che hanno sviluppato, tutti, anche se in misura diversa. Le cose “speciali” che ciascuno ha scritto sono venute fuori da profonde riflessioni di ognuno. Sono convinta che questo sia accaduto perché a questi ragazzi è stata offerta un’opportunità diversa di fare scuola, in luogo destrutturato rispetto all’aula dove apprendere vuol dire “ scoprire”.
Il laboratorio è il luogo che ci ha permesso di vivere a pieno noi stessi, liberandoci della timidezza e da ogni forma di paura perché le paure, nel laboratorio, le abbiamo affrontate e molte volte sconfitte.
E’ sicuramente il luogo che ci ha dato la possibilità di crescere, di misurarci con noi stessi, di conoscerci, di conoscere, capire e accettare gli altri, diversi da noi, fino in fondo. È questo ciò che è accaduto nella scuola del cerchio ( questo è il nome scelto per il laboratorio) dove i conflitti i momenti di crisi, potevano essere superati grazie al fatto di essere una comunità che interagiva, partecipava, viveva nello scambio reciproco. Non ci sono state differenze e non si è avvertito né il peso della diversità né quello delle prestazioni. Qui, il corpo, molto spesso trascurato e non ascoltato, ha trovato lo spazio giusto per sentirsi, per esprimersi, ha raccontato di se, ha giocato ha scaricato ansie le ansie e le paure. I ragazzi sono stati talmente coinvolti in questo lavoro da essere assaliti dalla delusione nel momento in cui, per esigenze organizzative o didattiche, hanno visto sospese, anche per pochi incontri le attività di laboratorio.
Ricordo Antonio che invece era contento. Antonio che sin dall’inizio era combattuto se frequentare o meno il laboratorio: quest’esperienza gli piaceva ma no la faceva con i suoi compagni. I suoi compagni rimanevano in classe a fare altro rispetto a lui e quando rientrava, salvo qualche attenzione, ciò che Antonio aveva sperimentato nel laboratorio rimaneva suo. Non c’era, forse, ne il tempo ne si riusciva a trovare l’occasione per condividere quell’esperienza con gli altri. Così anche Antonio ha fatto la sua scelta. Conosco benissimo quale è il carico di lavoro e di impegno che ogni docente deve affrontare ma, forse, è proprio qui la risposta. Siamo sicuri di aver fatto, come insegnanti, ogni tentativo possibile? Quest’esperienza, nonostante tutto è servita ad Antonio che è cambiato: continua ad avere sempre momenti di opposizione nei quali si chiude a riccio ma ha anche imparato che non sempre il proprio punto di vista è l’unico possibile. Antonio ha abbandonato il laboratorio di libera espressione fatto in orario curriculare ma non quello pomeridiano che frequenta insieme alla madre da lui sollecitata con insistenza.
Anche per Ilenia questo percorso ha segnato dei cambiamenti, è riuscita a tirar fuori la sua “malinconia”. Oggi ne parla ma con più serenità, e racconta del suo grande amore per gli animali, e scrive poesie…
A differenza di Antonio, per lei, il trade union fra le attività di classe e quelle di laboratorio è stato garantito dalla presenza di due dei suoi insegnanti inseriti nel progetto.
Pertanto credo di poter affermare che questo progetto sul piano dell’integrazione ha risposto pienamente all’ipotesi iniziale; i ragazzi hanno lavorato con entusiasmo e si sono affiatati sempre più e anche Francesco, che non sempre riesce a trovare il suo spazio, ha capito di poter contare su di loro.
Ciò che invece deve, a mio avviso, farci riflettere è l’importanza che la libertà di scelta (per adulti e ragazzi) e la motivazione, hanno per la riuscita di un progetto (ne è prova la diversa partecipazione che c’è stata tra il laboratorio curriculare e l’extracurriculare dove la motivazione è stata l’elemento trainante.
Se ripercorro con la mente le esperienze fatte negli anni precedenti quella che ritengo sia stata la più significativa sul piano dell’integrazione è, senz’altro, il percorso fatto con “piccoli profughi”. Lì veramente c’è stata integrazione, lì sono stati i ragazzi che hanno scelto, liberamente, di salire su quella zattera affrontando le insidie del mare per raggiungere, dopo un lungo vagare, la terra ferma.
In tutto questo progetto che ha visto coinvolti alunni, docenti di ordini di scuole differenti e genitori, una rilevanza notevole ha avuto per me, la formazione. Non un indottrinamento, ma un attraversamento di esperienze che ha prodotto riflessioni, non una trasmissione di saperi ma una continua scoperta e riscoperta di se stessi e degli altri, che ha prodotto nuove conoscenze.
Non è superfluo sottolineare che il trasporto, il coinvolgimento, l’entusiasmo che mi hanno accompagnato in questa fase, in parte, è attribuibile allo spessore delle persone che ho conosciuto, in parte, alla motivazione forte di mettermi in gioco.
Non è stata una strada facile da percorrere, ciò nonostante, non ho mai pensato di mollare.


Rosanna
La mia partecipazione al progetto d’integrazione teatrale è scaturita dal desiderio di acquisire competenze tali che mi permettessero di avere un rapporto migliore con gli alunni in difficoltà e di essere in grado di attivare processi relazionali diversi per favorire l’integrazione del singolo con il resto della classe.
Nel corso della mia carriera di docente ho incontrato diversi alunni con problemi vari, con i quali sono riuscita ad instaurare un buon rapporto affettivo, influendo positivamente sulla loro formazione umana, ma mi è stato, a volte, difficile migliorare la loro capacità di relazionarsi con gli altri.
La partecipazione a questo progetto mi ha insegnato che l’integrazione può avvenire anche attraverso altri strumenti comunicativi, come il teatro e che attraverso il corpo si possono esprimere molte più cose di quelle che si potrebbero dire con le parole. Sentimenti, emozioni e desideri trovano una più facile forma espressiva negli atteggiamenti e nei gesti che bisogna imparare a leggere per capire meglio, non solo gli altri, ma anche se stessi.
Ho imparato ad interpretare in modi diverso alcuni atteggiamenti degli alunni che prima mi sembravano strani, mentre oggi, alla luce di quanto ho appreso durante il corso di formazione, ritengo che siano espressione di desideri nascosti o di malesseri non manifesti, che spetta a noi docenti capire, per permettere all’alunno “diverso” di aprirsi agli altri ed integrarsi con gli altri.
Dal punto di vista didattico, la storia, intesa come racconto del passato, è entrata solo occasionalmente nelle attività di laboratorio, che ha visto gli alunni scrivere testi, alcuni molto significativi, riguardanti le loro paure, le loro esperienze, le loro emozioni, a cui hanno dato poi vita con i gesti e con il corpo.
La storia quindi è entrata nel progetto come racconto di esperienze vissute o immaginate e la mia partecipazione, un’ora settimanale, è consistita nell’osservazione diretta degli atteggiamenti assunti dagli alunni e, in particolare, da Francesco che inizialmente era del tutto disinteressato, ma pian piano, ha iniziato a “giocare”, avvicinandosi positivamente ai compagni e agli insegnanti.
Questo atteggiamento più sereno lo si nota anche in classe: oggi, infatti, Francesco è tranquillo, osserva ciò che si fa e lo vuole fare anche lui, parla con i compagni e non ha più quegli atteggiamenti violenti che aveva prima; Francesco oggi è molto diverso da come era all’inizio dell’anno scolastico.
Il merito di tutto questo è solo del teatro?
A questa domanda non so dare una risposta, ma posso dire che il teatro dell’integrazione è stata un’esperienza positiva per me e, soprattutto, per gli alunni.


Linda
Partecipo con interesse e curiosità alle attività di laboratorio libera espressione il mercoledì.
Delle due ore settimanali ne seguo solo una, per cui a volte ho una visione parziale di ciò che in esso si svolge. Mi basta tuttavia per fare delle osservazioni e considerazioni.
Osservazioni sui ragazzi che ormai comunicano con il corpo in modo molto più sciolto e naturale e che ormai sanno quanto può essere incisivo il suo linguaggio. Giocano con il corpo e ad ogni gioco corrisponde una elaborazione di pensieri, di sensazioni, di emozioni strettamente legate alle esperienze di ognuno.
Ricordi, affetti, dolori, momenti di felicità riaffiorano e si traducono in testi che io, insegnante di italiano, non mi aspetto e che mi stupiscono per la linearità della loro analisi e, a volte, per la profondità e la sensibilità che manifestano.
Mi accorgo che sono momenti importanti di costruzione di identità: i ragazzi si sentono persone globali.
E mi accorgo di conoscerli e di guardarli anch’io come persone e non solo come alunni che “devono” apprendere.
Nelle ore di libera espressione “l’imprevisto” viene gestito e spesso diventa momento di apertura a nuovi percorsi e nuove esperienze. Si pongono problemi, si ipotizzano soluzioni, si prevedono risultati, si verificano più tardi, ci si corregge, si torna indietro.
I ragazzi seguono, divertiti, partecipano e quelli in difficoltà appaiono sereni: le differenze in questo contesto sono meno marcate, meno evidenti, si chiede loro di giocare con la fantasia e per loro il momentaneo distacco dalla realtà, forse, è quasi un rifugio, forse un’evasione consolatoria.
Si sentono valorizzati, diventano modelli.
Il problema vero è la conciliabilità con i curricoli disciplinari.
Lo stiamo sperimentando giorno per giorno sviluppando i moduli di italiano i cui contenuti si prestano bene alla libera scrittura e al teatro di partecipazione.
La fiaba e la favola diventano occasioni per liberare creatività, fantasia, desideri di ciascuno e occasioni, quindi, di autoconoscenza; la poesia può diventare un momento comunicativo orale fortissimo: le poesie si sussurrano, si bisbigliano e il concetto di denotazione e connotazione è più facilmente acquisibile attraverso giochi con le parole, con gli oggetti.
Tutto ciò avviene nello “spazio protetto” del laboratorio.
Nelle ore curricolari risulta più difficile crearsi spazi di inventiva, creatività, divergenza, perché i ragazzi e gli adulti sono sicuramente più condizionati dall’ambiente-aula. I ruoli sembrano ridefinirsi, le distanze sembrano di nuovo aumentare, i vincoli e gli impegni assunti si ripropongono.
Per questo io e Beatrice ci siamo posto delle domande: che significato può avere per un ragazzo in difficoltà riconoscere e individuare un predicato verbale se ancora non sa guardarsi intorno e “leggere” ciò che avviene vicino a lui? E’ per questo che i “pacchetti individualizzati” progettati dall’istituto non sono sembrati adeguati alla tipologia dei ragazzi in difficoltà presenti nella I D. Così abbiamo deciso di chiedere loro di registrare tutto ciò che avviene in classe: le sollecitazioni delle insegnanti, le risposte degli allievi, i contenuti trattati, i problemi che via via ci poniamo, le relative soluzioni che tentiamo di are. Lo scopo è quello di intervenire su questi testi, che i ragazzi sentono loro, ma anche di indurli all’attenzione e alla partecipazione consapevole alle attività scolastiche.
La risposta è stata positiva, il loro atteggiamento passivo, assente e quasi rassegnato è cambiato: ora sono loro a chiedere di seguire la lezione con questa modalità di lavoro. I loro testi, come dice Beatrice , sono “caldi” e per questo, forse, è facile rendere i ragazzi consapevoli dei loro errori e quindi correggerli. Forse impareranno a guardarsi intorno con occhi e mente critici, attivi. Intanto stiamo sperimentando.
Quanto al resto mi chiedo, forse con un po’ di presunzione: prestare attenzione ai bisogni reali degli allievi, motivarli, gratificarli del successo, valorizzare le differenze, stabilire rapporti di affettività pur mantenendo l’autorevolezza che il ruolo mi impone per promuovere e controllare relazioni interpersonali corrette, cercare di adottare e promuovere strumenti comunicativi efficaci, non significa forse creare contesti comunicativi positivi che incidono anche sugli aspetti cognitivi? Non significa tutto ciò sentirsi persona che promuove persone?
Sono convinta che i ragazzi sempre devono essere guardati negli occhi.
Ma mi pongo qualche altra domanda: il teatro e la libera scrittura riescono ad entrare sempre nella specificità della struttura delle discipline?
E quindi può il teatro di partecipazione integrarsi sempre con i curricoli disciplinari?
Come vede, cara preside, alle sue domande iniziali non sono ancora riuscita a dare delle risposte chiare e ad acquisire delle certezze. Non è facile.


Beatrice
Il Progetto INDIRE volge al termine. Siamo oramai alle battute finali. E’ tempo di bilanci.
Alcuni dati:
1. il Laboratorio di formazione per insegnanti (n. di ore 53) ha visto la partecipazione di:
∑ 5 insegnanti della Scuola Media Galateo
∑ 6 insegnati della Scuola Elementare L. Tempesta
∑ 4 insegnanti dell’ITAS Deledda (altri 2 ins. hanno rinunciato dopo i primi incontri, uno non ha fornito alcuna motivazione, l’altro ha abbandonato perché riteneva troppo oneroso il livello di coinvolgimento fisico ed emotivo richiesto dal corso)
a cui si sono aggiunti, su specifica richiesta:
∑ 7 insegnanti della Scuola elem di Guagnano
∑ 1 insegnante della scuola elem. Di Taurisano
∑ 1 ins. del Liceo scientifico di Squinzano
∑ una decina di studenti universitari dello STAMSM


Il Laboratorio si è mosso lungo tre direttrici:
a. acquisizione, attraverso l’esperienza diretta e la riflessione, di tutti gli elementi di paralinguistica e cinesica che costituiscono patrimonio consolidato della tradizione teatrale del ‘900 (A. Viganò, F. Ughi, M. Sapienza, J. Stanzak, G.Santoro);
b. appropriazione degli strumenti di base indispensabili alla gestione in rete dei materiali relativi alle esperienze pregresse e a quelle in itinere (C. Infante, M. Ciccolini);
c. verifica sul campo delle possibilità di coniugare progettualità, ‘improvvisazione’ e validazione, nonché delle modalità di gestione partecipata dei percorsi di azione e formazione (R.Bortone, G. Santoro)


La collaborazione tra insegnanti, studenti universitari e formatori, il livello di partecipazione, di coinvolgimento emotivo e di riflessione, sono stati molto alti, così come testimoniato dagli interventi sul forum e dalle valutazioni dei docenti formatori, oltre che dalla frequenza costante dei partecipanti (alcuni dei quali provenienti da paesi distanti da Lecce).

2. i Laboratori di libera espressione in orario curriculare.
Durata: il laboratorio nella scuola media Galateo è stato avviato il 28 ottobre 2002 e si concluderà il 21 maggio 2003.
N. ore: 58 (4 settimanali fino al 18 dicembre 2002, 2 settimanali fino al 21 maggio 2003)
Alunni: 28 (di cui 4 disabili)
Docenti:
- Chiantera (doc. sostegno e Tutor): 58 ore
- Pantaleo (doc. sost.): 58 ore
- Minonne (doc. italiano ):29 ore
- Rosato (doc. storia e geo.): 20 ore
- Caracuta (doc. mat.): 9 ore (a cui vanno aggiunte 8 ore in orario aggiuntivo, per la documentazione fotografica, prestate a titolo personale)
Spazi utilizzati: Aula Magna, Laboratorio polifunzionale, aula, aula multimediale.
Le attività svolte, i metodi e le strategie utilizzati, gli obiettivi perseguiti sono stati coerenti con quanto indicato nel Progetto iniziale d’Istituto. Si è avuto cura, tuttavia, di piegare sempre le attività, previste, alle esigenze e ai bisogni, alle proposte e alle sollecitazioni che di volta in volta emergevano, impreviste, dai ragazzi. Si è pertanto creato, all’interno del Laboratorio, un circolo virtuoso che si snodava intorno all’ascolto delle esperienze di ciascuno, dei bisogni e dei sogni, dello scambio di informazioni e della compartecipazione emozionale e riflessiva.
I risultati raggiunti sono spesso andati al di là di quelli previsti. In particolare:
- tutti i ragazzi, anche se in misura diversa, hanno acquisito capacità di osservazione, analisi e riflessione, oltre che nuove conoscenze ed esperienze relative agli ambiti di ricerca e di riflessione di volta in volta affrontati;
- hanno migliorato il rapporto con il proprio corpo e hanno acquisito maggiore controllo emotivo;
- hanno acquisito, in misura diversa e a seconda dei punti di partenza e delle situazioni familiari e personali di ciascuno, abilità linguistico-espressive in funzione comunicativa; si sono modificati sia in termini quantitativi che qualitativi gli interventi verbali, orali e scritti, individuali e nel gruppo (vedi quantità e qualità dei materiali prodotti: diari di bordo, cartelloni, racconti, testi ‘poetici’, situazioni performative ecc.);
- si è realizzato un ambiente realmente aperto allo scambio e all’integrazione dei compagni disabili.
Su quest’ultimo aspetto ci sembra che si siano ottenuti i risultati più significativi che hanno consentito una buona integrazione scolastica di Francesco, un alunno autistico con una situazione fortemente problematica e con una storia scolastica estremamente negativa alle spalle. Ciò ci consente di essere fiduciosi circa la possibilità di raggiungere, per lui, risultati più adeguati a livello cognitivo e di apprendimento nei prossimi anni.


Le difficoltà incontrate hanno riguardato in prevalenza problemi di tipo organizzativo (l’accavallarsi di più iniziative negli stessi orari e/o negli stessi spazi), tuttavia sono state sempre risolte con il buon senso e con la capacità di adattamento delle persone coinvolte.
Un altro aspetto problematico del Progetto si è rivelato, a nostro avviso, quello riguardante l’utilizzazione del forum da parte di ragazzi e insegnanti: sia a causa della ‘novità’, si trattava infatti di uno strumento di comunicazione assolutamente nuovo per la maggior parte delle persone coinvolte, sia per la difficoltà di accedere ‘a caldo’ ad una postazione multimediale all’interno della scuola, sia per la scarsità di tempo a disposizione all’interno dell’orario scolastico da dedicare a tale attività, inoltre non tutti i ragazzi e/o gli insegnanti avevano a disposizione un computer collegabile ad internet a casa, e chi lo aveva, anche se più volte sollecitato, aveva difficoltà ad usarlo.
Riteniamo, tuttavia, che tale uso del forum (come spazio di comunicazione tra i soggetti della comunità) possa contribuire in maniera rilevante all’interazione tra i soggetti di una comunità e pertanto vada incentivato e sollecitato con nuove iniziative nel prossimo anno (un primo ostacolo alla sua realizzazione ci sembra, d’altra parte, sia stato già rimosso nella nostra scuola con l’attivazione di una sala multimediale con un numero adeguato di postazioni collegabili via internet).
Un’ultima considerazione riguarda il basso livello di interesse da parte dei colleghi del consiglio di classe non direttamente coinvolti nel Progetto. Questo, anche se non ci sembra abbia influito negativamente e in maniera sostanziale alla buona riuscita del Progetto stesso, non ha prodotto tuttavia reali ed effettivi cambiamenti al di fuori degli ambiti e delle persone direttamente coinvolte. Viceversa l’interesse e la disponibilità dei colleghi direttamente coinvolti è stata soddisfacente, anche in considerazione del fatto che, ad eccezione della prof. Pantaleo, si trattava di un’esperienza che richiedeva la messa in gioco di un ruolo, quello dell’insegnante, già consolidato ed in alcuni casi anche la messa in discussione di un modo di fare scuola anch’esso ben radicato.

3. il laboratorio teatrale interscolastico in orario pomeridiano (48 ore complessive).
Durata: dal 19 marzo al 14 giugno 2003 (mercoledì e giovedì)
N. ore: 48 (30 ore con i ragazzi + 18 ore con gli adulti) a cui andranno ad aggiungersi un n. di ore attualmente non quantificabile nella settimana dal 9 al 14 giugno in vista della preparazione della giornata conclusiva
Persone coinvolte: 60
Alunni: 31
- scuola elem. Tempesta 15
- scuola media Galateo12
- scuola sup.Deledda 2 (disabili) + 2 alunni disabili, ex alunni della sc. Media, e frequentanti l’Ist. Commerciale “Calasso” e l’Ist. Alberghiero di Lecce che negli anni precedenti avevano già frequentato i laboratori teatrali nella media Galateo.
Insegnanti: 14
- scuola elem. Tempesta 5 (a rotazione) + 1 ins. scuola elem. Di Taurisano
- scuola media Galateo 4
- scuola sup. Deledda 3 + 1 ins. Liceo scient. Di Squinzano
Genitori: 8
Studenti STAMSM: 7
Spazi utilizzati: Aula Magna Scuola Media Galateo (Teatrino della scuola elem. per gli incontri con J. Stanzak)


Il Laboratorio pomeridiano, tuttora in corso, alterna momenti di lavoro separati (adulti e ragazzi) a momenti in cui adulti e ragazzi giocano seriamente insieme. Il pre-testo è la messa in scena del quadro di Brueghel Giochi di fanciulli, obiettivo prioritario, in realtà, è l’analisi e la riflessione sul rapporto adulti/ragazzi, genitori/figli, alunni/insegnanti attraverso la messa in comune di esperienze e conoscenze, in un dialogo in cui “i giudizi sono sospesi e tutti fanno tutto”.
Le energie che si sono messe in moto, i risultati raggiunti, , il livello di partecipazione e di interesse, da parte dei ragazzi soprattutto, sono straordinari. Le riflessioni da loro prodotte lasciano stupiti, tanto da far sembrare inutile e mediocre ogni altra nostra considerazione.