Gli insegnanti della scuola superiore


Rosa

L’attuale status della scuola lascia insoddisfatte molte richieste e bisogni non adeguandosi a livello istituzionale ai cambiamenti sia dello sviluppo interno alle discipline sia del piano stesso della crescita soggettiva avvenuta nei nostri studenti.
Da qui il bisogno di sperimentazione e di introduzione nella scuola di altri supporti.
Sembra che la scuola ancora oscilli nella dicotomia tra dimensione educativa, di crescita e sviluppo della persona e dimensione d’istruzione apprenditiva. Mentre tanta energia e diffusione sono state assegnate ai contributi provenienti da certa psicologia negli ambiti dell’esplorazione dei comportamenti apprenditivi delle strategie motivazionali, degli stili comunicativi della ricerca di strategie cognitive e metacognitive e quant’altro, poco si è fatto perché fosse riconosciuta e resa operativa una dimensione che avesse veramente efficacia sulla crescita complessiva degli individui investiti da una corretta pratica educativa.
Nel concretizzare il nostro progetto le prime contraddizioni si sono riscontrate proprio sui vincoli imposti dall’istituzione, che si presenta allo stato attuale rigida e incapsulata nella didattica curriculare concepita in modo disciplinare.
Il grosso limite riscontrato, infatti, è proprio negli stessi studenti che hanno interiorizzato tale rigidità che si esprime in modo stereotipato, riconoscendo come insegnamento solo quello che si presenta sotto forma di “sapere disciplinare” imposto in modo
direttivo (non autodeterminato) ed accettato in forma acritica.
La nostra proposta riguardo al coinvolgimento e all’introduzione del vissuto nell’esperienza didattica induce ad alcune riflessioni: Il coinvolgimento del corpo ….
Il vissuto degli adulti merita un’ attenzione particolare: esso, infatti, è il più difficile da raggiungere in quanto mette in discussione il sé come elemento critico su cui costruire la sperimentazione. La forte strutturazione del già acquisito e la resistenza al cambiamento che risulta spesso faticoso e poco incentivato dall’Istituzione, diventa il problema centrale del rapporto docente/discente. Si parte da una correlazione forte ed imprescindibile nell’azione educativa, da una co-azione. L’adulto è risultato in grado di condizionare lo svolgimento dei lavori. Nella pratica è emerso che più era forte la capacità di guidare, di coinvolgersi e di mettersi in discussione dell’adulto, più pertinente e adeguata è risultata la risposta.
Il teatro di partecipazione, quindi, risulta un’ ottima intuizione da parte dell’istituzione scolastica che, in via sperimentale, dimostra la necessità di un’ ulteriore riflessione.
Dall’esperienza diretta è risultato problematico il ruolo dell’adulto: può essere l’insegnante curriculare la guida del percorso? Oppure deve essere necessariamente una figura specializzata a condurlo?
Dall’esperienza effettuata sul campo e a nostro parere, risulta difficile che l’insegnante da un lato coaguli generalità della richiesta, dall’altro che sia in grado tout court di adeguarsi alle competenze richieste.
Un aggiornamento, inteso come formazione alla ricerca di una nuova modalità di porsi verso sé, verso i saperi e verso l’altro in generale, non è sufficiente a risolvere la complessità del problema né dà le competenze tecnico - metodologiche richieste.
Il mettere in gioco e in discussione il proprio modo di agire da parte dell’insegnate appartiene alla scelta soggettiva; quello che, invece, compete all’Istituzione è assicurare una visione più complessiva e strategica e l’introduzione di maggiori opportunità e strumenti al servizio di finalità più adeguate al cambiamento sociale e alle nuove richieste d’istruzione. TENENDO CONTO CHE IL PROCESSO CONOSCITIVO MUOVE IN CONTINUAZIONE LE SOGLIE DI CONOSCIBILITA’ E LE MODALITà PER ATTRAVERSARLE, la scuola deve saper coniugare i bisogni individuali con la realtà sociale, rendendosi interprete attivo della contemporaneità. L’apprendere come “andare a prendere”, secondo noi, diventa, allora, una scelta soggettiva di libertà. Si potrebbe ancora dire che compito specifico della scuola è quello di alfabetizzare; compito individuale, invece, è quello di scegliere i contenuti. E’ difficile oggi ipotizzare di coinvolgere i ragazzi, almeno nelle scuole secondarie, sulla scelta dei contenuti e che questo diventi parte di una co-azione che veda interagire gli alunni nella programmazione didattico educativa; probabilmente questa è una via sulla quale ci siamo già incamminati. Quello che la scuola può è fornire gli strumenti e il percorso che accrescano la motivazione.Qualsiasi percorso di conoscenza non può essere scisso dalle radici emozionali e dinamiche della persona. Per questa premessa, risulta abbastanza adeguata la scelta di introdurre nella scuola una disciplina come il “teatro di partecipazione” o quant’altro vada in questa direzione. Adeguato è anche pensare tutto questo come un percorso che accompagni lo studente sin dal suo primo ingresso nella scuola.




Rosa Maria

L’attività svolta con la classe III B ERICA durante le ore d’italiano ha avuto la durata di 20 ore curricolari e di 10 ore svolte in co-presenza con le docenti di Inglese e di Educazione fisica.
Essa ha riguardato la scrittura creativa da sviluppare attraverso la metafora del viaggio.
Perché questa scelta? Semplice: la scrittura è un viaggio per mezzo del quale si scoprono nuovi mondi fuori e dentro di sé.
Dal punto di vista più strettamente didattico la scrittura creativa stimola l’immaginario adolescenziale notevolmente insidiato da appiattimenti e stereotipi, aiuta a comprendre gl’intimi segreti della scrittura favorendo nuove associazioni mentali, potenzia il bagaglio lessicale, fa soffermare sul valore, talvolta magico, della parola, favorisce infine l’apprendimento dei testi letterari raffinando il gusto. E’ stata privilegiata la poesia, perché da essa s’impara la disciplina linguistica necessaria ad ogni altro tipo di linguaggio.
Il viaggio è stato il filo conduttore: un viaggio, sia pure pieno di insidie e ostacoli, inteso come distacco alla ricerca di una nuova consapevolezza di sé.
Ecco, quindi, che il cammino interiore di crescita e di ricerca della propria identità è stato un viaggio talvolta faticoso che ha condotto non ad un approdo certo e definitivo, ma ha aperto l’animo e l’emotività dei ragazzi in modo semplice ed emozionante, dando risposte alle loro aspettative e bisogni.
Sono stati composti semplici testi poetici, comprendendo, per esempio, l’uso della metafora e della sinestesia; in essi è possibile leggere emozioni e desideri, ma anche inquietudini e paure.
Sono state scambiate esperienze e pensieri realizzando ciò cui gli adolescenti tengono di più: l’amicizia. Tra i temi preferiti c’è naturalmente l’amore e non a caso: la costruzione dell’identità passa anche attraverso lo sviluppo della sessualità. Dal punto di vista dell’insegnamento è stato questo l’approdo più significativo: si è parlato molto di amore, affetti e anche sesso, con molto interesse ma senza curiosità distorte.
Ho percepito forte la richiesta di essere guidati, di avere punti di riferimento. Tanto che i loro giudizi più positivi sono stati quelli sulle attività guidate di cui intravedevano il fine.
Francamente credo che un certo tipo di sperimentazione, soprattutto nella scuola superiore, debba essere pensato in modo diverso. Sicuramente la scuola deve rinnovarsi ed aprirsi anuove esperienze, ma devono partire da:
a) una profonda conoscenza dell’universo adolescenziale
b) docenti motivati a condurre un certo tipo di attività
c) un miglioramento della qualità e della quantità dell’apprendere
d) una stretta interdipendenza con il curricolo delle discipline interessate
e) esperti che operino e programmino con i dcenti, sia pure con competenze diverse.
Ho voluto sottolineare delle cose ovvie, perché dal giudizio dei ragazzi si percepisce la sensazione di aver perso empo, soprattutto per un certo tipo di attività di cui non riconoscevano il fine. Mentre molto positiva è stata valutata la presenza degli alunni diversabili, compresi quelli delle altre classi.
Come docente ho percepito un uso strumentale della nostra presenza.
L’integrazione è, dunque, possibile a patto che sia frutto di una ricerca continua, che non insegua un modello a tutti i costi, poiché quando si tocca l’interiorità si sconfina nella sfera della soggettività che tanta parte ha nell’insegnare e che tanto dipende da quel clima che un docente insieme ad un certo tipo di ragazzi, solo quelli e non altri, riesce a creare. Questa non è una visione esclusivista del ruolo docente che mette ipoteche di proprietà sulla classe, ma dipende dall’esperienza che ciascuno di noi si costruisce, pur mantenendosi sempre disponibile e aperto all’innovazione.