Quando il teatro nasce a scuola
di Rina Durante
Quotidiano del 9 giugno 2000

 

Lo spazio è quello dei Cantieri Teatrali Koreja, a Lecce. Questa sera, alle 19,30, il laboratorio teatrale della scuola media “Antonio Galateo porterà in scena “Piccoli profughi”, uno spettacolo prodotto dagli alunni, con la collaborazione dell’insegnamento di Storia del teatro e dello spettacolo della Facoltà di Beni Culturali dell’Università di Lecce.

Un’esperienza singolare nel panorama generale delle manifestazioni di fine anno scolastico, periodo in cui nelle nostre scuole si moltiplicano le iniziative teatrali, sorta di saggi, come si faceva una volta, che le scuole vogliono offrire al pubblico, a dimostrazione dell’efficienza e della bravura raggiunte dai discenti.

Queste manifestazioni sono anche un’occasione di divertimento, un modo per chiudere l’anno in bellezza e in allegria, da condividere, una volta tanto, con le famiglie degli alunni e le autorità scolastiche.

Che cosa rappresentino i  ragazzi in queste occasioni è presto detto: un po’ di Goldoni, Pirandello, qualcuno si spinge fino a Shakespeare, altri ripiegano sul teatro dialettale o sul repertorio classico.

Un paio d’anni fa ci gustammo un Plauto tradotto in dialetto leccese, dagli alunni di un liceo scientifico. Non male.  Giorni fa, un racconto di Tommaso Fiore, “Il cafone all’inferno” adattato per le scene da una scuola media di Taurisano. Un’operazione ardita, a pensarci o quanto meno originale.

Ognuno sceglie il suo testo e lo inventa come può. Ma il fatto è che non si esce dall’ambito della filodrammatica. Il teatro nelle scuole leccesi, salvo rare eccezioni è filodrammatica. Non è ancora maturata una concezione del teatro come ricerca, come conoscenza di sé e degli altri, come scoperta dei propri limiti corporei e psicologici, come superamento dei pregiudizi, schemi, chiusure mentali, stereotipi, come liberazione delle proprie potenzialità nascoste. Quello che è stato una conquista della ricerca teatrale del ‘900, da Stanislavskij a Grotowski, a Barba, a Bene, non è ancora entrato nella nostra scuola.. peccato, perché è soprattutto in questa accezione che il teatro può assolvere a una funzione altamente formativa.

Eppure sono anni che nel nostro territorio agiscono forze teatrali d’avanguardia, molto attrezzate. Ci sono cose che una scuola ormai vecchia non può fare e che invece riesce a fare il teatro.

Poco tempo fa venne a Lecce Richard Olivier, figlio del grande Lawrence, e tenne un work shop con studenti e insegnanti di varie scuole. Fu prodotto un video. “Teatramando” che spiega come il teatro sia un percorso individuale e collettivo, liberatorio e affascinante, prima ancora di diventare spettacolo; come vadano superati i pregiudizi riguardo allo spazio scenico, non più e solo all’italiana, bensì suscettibile di espansione e inediti coinvolgimenti degli spettatori. Promosso dagli insegnamenti di Storia del teatro e dello spettacolo e di Storia e critica del cinema, della locale Università, in primo luogo, “Teatramando” è uno dei tanti interventi che il responsabile, Luigi A. Santoro va compiendo da anni in direzione del rinnovamento delle attività teatrali soprattutto nelle nostre scuole. Fu anche stilato un protocollo d’intesa tra Provveditorato agli Studi e Facoltà di Beni Culturali, per un’iniziativa a largo raggio, cui avevano aderito i tanti gruppi teatrali presenti sul territorio. Ma è rimasto lettera morta. Eppure esiste una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione che raccomanda l’inserimento delle attività teatrali nelle scuole italiane.

“Piccoli profughi” è uno dei pochi esempi di spettacolo costruito su questi presupposti: c’è la collaborazione esterna di una studentessa e di una laureata della Facoltà di Beni Culturali, insegnamento di Storia del teatro, Titti Dollorenzo e Benedica Giulio; c’è la scelta consapevole della preside della scuola “Antonio Galateo”, Rita Bortone, di creare un laboratorio teatrale, la professionalità dei docenti di sostegno, Beatrice Chiantera, Francesca Pantaleo, Rosa Favilla, na c’è anche di più.

“Piccoli profughi” è un montaggio di materiali multimediali, frutto del lavoro scolastico svolto con gli alunni, tra i quali sono presenti soggetti disabili e in vario modo “disagiati” chi per impedimenti fisici, chi per turbe emotive o conseguenti ad alterazioni del nucleo familiare, infine ragazzi albanesi, giunti anche loro, come i genitori, sui gommoni.

Sono le storie raccontate da questi soggetti a dare lo spunto per uno spettacolo, di sicuro impatto emotivo.

Storie che opportunamente sono state raccolte in un volumetto ciclostilato, che si spera possa interessare quanto prima un buon editore.

L’iniziativa organizzata presso la scuola media “Antonio Galateo” ha avuto anche l’adesione del Distretto scolastico provinciale n.36 e quella di Quotidiano.

 

 

Scrivere e recitare per crescere insieme

 

“Teatro a scuola? Credo che nella nostra scuola esistano vari elementi che hanno consentito la realizzazione di un Laboratorio teatrale”,  spiega la preside della scuola “Galateo” di Lecce, istituto che ha organizzato la messinscena di “Piccoli profughi”, “si tratta di elementi relativi alla vocazione e agli obiettivi della scuola stessa e alla presenza di persone con interessi specifici e professionalità adeguate. Il nostro alunno è una persona globale, che si nutre contemporaneamente di cognitività e affettività, di saperi e di relazioni. Siamo consapevoli che l’apprendere e lo stare bene non sono momenti diversi dello sviluppo, ma viaggiano in sintonia.  Accanto al sapere formale, ci sono le attività espressive, ludiche, integrative, che promuovono la scoperta e la liberazione del sé, la dimensione relazionale e affettiva, il piacere dello stare e del crescere insieme, con gli altri e attraverso gli altri”.

Come nasce “Piccoli profughi”?

“Nasce sulla base di un’idea iniziale di Beatrice Chiantera, il viaggio come metafora della vita e della ricerca di sé, un’idea che si è andata articolando e si è arricchita delle esperienze raccontate dai ragazzi, dal confronto fra gli insegnanti che hanno condiviso l’esperienza della formazione e della animazione, delle letture scelte, e dei testi scritti dai ragazzi e via via messi insieme, a volte spontanei, a volte guidati. E poi c’era l’intenzione di offrire percorsi di crescita a ragazzi che le circostanze della vita hanno reso meno uguali degli altri, ma che dagli altri e con gli altri hanno potuto raccogliere pezzi di gioia, di emozione, di conoscenza.”

E’ stato facile lavorare in questo modo?

“Un elemento favorevole credo sia stato il clima di lavoro nel quale ci troviamo ad operare: un clima esigente e libero insieme, dove il rigore dei metodi e dei risultati attesi è vincolo professionale del singolo o del gruppo, ma senza mai burocratizzarsi. Un clima di riconoscimento delle competenze individuali da parte del gruppo e di crescente abitudine al lavoro in team.  Un cl,ima che consente a ciascuno di spendere le proprie competenze col massimo di impegno e insieme col massimo di piacere e di gratificazione. E’ chiaro che attività come queste richiedono una cultura della flessibilità: di tempi e di spazi, di utilizzo congiunto di risorse interne ed esterne, di relazioni positive co territorio per un utilizzo efficace delle diverse risorse in esso presenti, come l’università, il distretto scolastico, Koreja…”.

Il teatro a scuola…

“Il senso del teatro nella scuola dell’obbligo è quello che richiama un teatro inteso come costruzione e ricerca di sé, come elaborazione di un copione tratto dalla propria vita, più che improbabile, e spesso mediocre, recitazione di copioni d’altri. Perché iniziative simili abbiano un senso e un risultato, occorrono docenti non solo in possesso di competenze specifiche, ma anche capaci di mettersi in discussione e di giocare essi stessi sul proprio ruolo.”