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Chi sbaglia, riprova.
Nel teatro, chi sbaglia riprova. A scuola, chi sbaglia
paga.
Lo scopo dell’impegno, a scuola, è il “profitto”.
Tu non lavori perché ti piace o perché devi realizzare qualcosa,
finisci col lavorare perché devi essere valutatato. Ti si chiede
di parlare per valutarti, di scrivere per valutarti, di collaborare per
valutarti, d’impegnarti per valutarti. E allora la logica del voto
e del profitto finiscono per ingabbiarti, e l’errore ti fa paura,
perché viene utilizzato per giudicarti, più che per correggerti.
Se tu fai lo sforzo di esprimere un pensiero difficile, e ci riesci, e
sei contento, e invece di dirti bravo qualcuno ti dice tutto quello che
hai sbagliato, è chiaro che ci stai male e non hai più tanta
voglia di rischiare…Ed è chiaro che alla fine impari anche
tu a giudicare gli altri per i loro errori, a valutarli per quello che
non sanno e non sono, più che per quello che sanno e che sono.
Sbagliare invece è normale. Sbagliano tutti, proprio tutti. E riprovare
serve, per fare meglio, ma devi capire, non temere.
Una scuola della partecipazione promuove la partecipazione, non la inibisce.
Promuovere la partecipazione significa valutare per quello che si sa e
che si è, piuttosto che per quello che non si sa e non si è.
Una scuola di partecipazione gli errori li fa comprendere e correggere,
piuttosto che sottolinearli e giudicarli.
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