Note a margine

Ho un rimorso ed ha la faccia di Antonio.

Antonio che, a differenza dell’anno passato, quest’anno non ha condiviso con noi l’esperienza del Laboratorio.

Antonio che frequenta la classe III, mentre noi, sin dall’inizio, abbiamo deciso di inserire nel Progetto solo ragazzi di I media.

Antonio che preferisce lavorare esclusivamente in classe e invece, per essere inserito nel nostro Laboratorio, avrebbe dovuto allontanarsi dai suoi compagni.

Antonio che è troppo grande rispetto ai ragazzi della I D, la classe impegnata nel Progetto.

Antonio che in cambio mi ha aiutato, senza saperlo…

Si discuteva, qualche giorno prima, tra insegnanti di sostegno, di integrazione di ragazzi disabili nella scuola, del ruolo (e del destino) dell’insegnante di sostegno, di obiettivi (possibili) da raggiungere, di strategie educative (speciali?)… sembrava che ciascuno avesse la risposta pronta, la ricetta giusta.

Sono tornata a casa: che cosa mi stava succedendo? Perché quel "magone"? a 25 anni dall’entrata in vigore della L. 517 mi sembrava ci fosse ancora tanta confusione e (forse) approssimazione.

Il giorno dopo, a scuola, ho chiesto "consiglio" ad Antonio. Gli ho chiesto:

- Ma tu, dall’insegnante, dai compagni, che cosa vuoi?

E il "consiglio" è arrivato. I pensieri e le parole sembrava facessero fatica ad assumere una forma.

Ogni tanto Antonio si alzava di scatto dalla sedia, si distendeva sul tavolo, rideva, tornava a sedersi e poi a rialzarsi, a dare un calcio alla sedia, a correre per la stanza, e di nuovo a sedersi…

Dall’insegnante io voglio…

Che mi vuole bene, che mi pensa quando sto ammalato.

Che fa la brava ( ma lei è già brava).

Che non gridi.

Che non mi sgridi. Neanche i miei compagni.

Che non metta le note.

Che mi metta buono o distinto invece di sufficiente che a me non piace.

Che mi promuove alla fine dell'anno.

Che la professoressa mi insegna a parlare in inglese, come i miei compagni.

Che mi insegni a crescere un po', perché Cristian e la Lucrezia non pensano che io sia grande e possa crescere di più. A me questo mi da fastidio.

Che non mi prenda in giro come fa Maicol che dice che sono brutto.

Voglio che mi apprezzi di più. Secondo me la Lori non mi apprezza, perché a volte mi prende in giro, a volte no.

Voglio che la professoressa di inglese non mi dica: "Mo' ti mando fuori dalla classe, in corridoio, se parli in continuazione".

Che mi insegni a scrivere, un po'. Per crescere.

Che abbia fiducia in me.

Che non faccia domande sceme.

Le professoresse a volte danno i compiti troppo difficili. Alla fine i ragazzi sono troppo stanchi.

I professori dovrebbero fare cose nuove, non sempre gli stessi compiti. Perché poi i ragazzi si scocciano. Io li capisco. Non è detto che loro non sappiano.

Dai compagni io voglio…

Che non mi prendono in giro, come fa Maicol

Che mi vogliono ancora più bene

Che non vengono a riferire a te quello che ho fatto

Che non si mettono a ridere e che mi dicono cose belle

Che non pensano che non so fare niente. Io non voglio fare il vagabondo. Qualche cosa io la so fare. Qualche cosa io la voglio fare

Io mi voglio impegnare a studiare

Io voglio ridere

Qualche volta mi voglio alzare

Io voglio avere la logica

Io a scuola ho imparato a crescere. Ad Aprile c'ho 17 anni

A scrivere con la penna

A guardare le figure sul libro degli animali che mi hai dato tu. Io osservo e imparo più in fretta

Ho imparato a conoscere i miei compagni e le compagne. Ho conosciuto pure professoresse che prima non conoscevo, come la professoressa di ed. artistica. Adesso la conosco bene. Ho imparato passando il tempo.

Ho imparato a vivere la mia vita. Voglio che la Marta mi sposi e pure mi ami.

Prima non mi impegnavo. Passando il tempo, alla fin fine mi sono impegnato.

Ma più di tutto voglio che la professoressa diventa una professoressa vera non una professoressa di sostegno. Una professoressa diventa vera quando avrà capito.

Chiaro, no?