La cultura della rete E’ trasformazione culturale, perché significa riconoscersi per quello che si è e volersi costruire insieme senza usare l’altro a propri fini. Nella scuola dell’autonomia le reti vanno aumentando, ma va aumentando anche la competizione, la gelosia, la gara per il progetto più ricco. Accade alle scuole in rete quello che accade agli alunni di una classe: sono tutti nello stesso spazio, forse sono anche amici, fanno le stesse cose, ma ognuno per fatti suoi, o in competizione fra loro. Una scuola che voglia lavorare per la partecipazione e l’integrazione coltiva la cultura della rete perché è spazio di partecipazione, di scambio, di integrazione. Se non c’è un processo di comune costruzione di sensi, se non c’è un risultato condiviso, un vantaggio del gruppo ottenuto con l’apporto dei singoli, se la rete è solo erogazione di servizi, se scaduto il protocollo d’intesa non resta niente dell’esperienza, certo si saranno risparmiati dei soldi, si saranno utilizzati degli spazi, si saranno realizzate delle attività, ma non sarà avvenuta nessuna trasformazione culturale, se la rete non è stata teatro di partecipazione. Se non fossimo stati in rete, nel nostro progetto, avremmo avuto un processo di crescita molto più povero. Oggi, che stiamo chiudendo, ci stiamo domandando cosa vogliamo fare l’anno venturo. Ma se vogliamo continuare a lavorare insieme significa che c’è stato un comune profitto, un piacere condiviso, un successo di tutti, ottenuto col contributo che ciascuno di noi, poco o molto, ha saputo o potuto dare. La rete non è necessariamente tetaro di partecipazione e di integrazione, ma può diventarlo se chi ci sta dentro ne ha la voglia, la capacità, la cultura.
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