Un’organizzazione articolata e flessibile Il fenomeno della selezione e della dispersione, a volte palese a volte occulto, ancor prima che in fase di valutazione o di sedicente orientamento, è in agguato già nelle fasi della progettazione e della erogazione dell’offerta, quando a procedure cui si dà il nome di analisi dei bisogni legittimano interventi formativi che consapevolmente o inconsapevolmente non solo dimenticano di integrare le diversità, ma le stigmatizzano con l’attribuzione di ruoli e valori di chiara marginalità. La rigidità degli steccati disciplinari, la dominanza del cognitivo sull’educativo, la concezione della scuola come luogo di studio per il profitto individuale, la irrilevanza di attività non strettamente legate ad una palese spendibilità, l’angustia della classe come spazio relazionale, la centralità del valutare/giudicare come funzione fondativa del fare scuola, sono tutti fattori che inibiscono i processi reali d’integrazione e favoriscono, al contrario, pur nell’enunciazione di principi di solidarietà, egoismi individuali e meccanismi selettivi se non anche espulsivi. Tra le condizioni di una scuola che veda nella partecipazione e nella integrazione la sua funzione sociale essenziale, c’è un’organizzazione d’Istituto che renda tempi e spazi, gruppi e risorse, attività e saperi, funzionali ai bisogni di espressione, di relazione, di partecipazione, di persone globali diverse. Certo, la flessibilità organizzativa è necessaria, ma non sarà sufficiente lì dove manchino la sensibilità sociale e la flessibilità mentale. |
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