La lingua come "fonè"

Il convegno sul "Teatro delle lingue — le lingue del teatro" si apre con un intervento di Jo Farrell sui rapporti tra Dario Fo e la tradizione. Nella scia della memoria del giullare, Fo commenta i fatti socio-politici nella chiave del comico con la sua pregnante presenza scenica. Più generale e in parte fondante, l’intervento di Mario Porro rileva la pressoché infinita traducibilità del testo teatrale in linguaggio scenico. Il teatro, inteso come spettacolo è una rete polisemica di arti: un insieme di linguaggi che mutano il testo, anche quando si impongono il rispetto. La poliedrica gamma delle interpretazioni va dal tradimento alla ricreazione non solo del testo, ma anche delle suggestioni di messainscena suggerite dall’autore. Conclude Roberto Cuppone entrando nel vivo del dibattito su Fo. Non importa "capire" secondo criteri di pura logica, Fo è tanto più "comprensibile" quando "finge" sulla scena antichi dialetti fino al grammelot. La mirabile gestualità e la lingua usata come "fonè", esercitano sullo spettatore un fascino ed una partecipazione che danno la misura dell’eccezionalità dell’attore.

(mia)