I fili e i nodi Tutti insieme, appassionatamente,
nell'aula magna dell'istituto tecnico Deganutti che ci ha ospitato in
questi quattro giorni d'intenso master di "educazione al teatro". Si cerca
di recuperare i diversi fili dell'esperienza e legarli tra loro, fare
rete, proprio secondo il principio pedagogico dei "fili e dei nodi" di
cui parlava Freinet. |
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Ci ragiono e Fo. Manuale minimo dellattore-autore Fo non è attore
"da manuale", eppure ne ha scritti due nella sua maturità.
a breve distanza luno dallaltro: Manuale minimo dellattore
e Totò.Manuale dellattor comico |
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Alle tracce inerenti
il laboratorio teatrale di Marinuzzi centrato sul "personaggio"
e meglio ancora su struttura scenica e racconto, emergono altre sul laboratorio
di Maria Mazzei sui "corpi in movimento e le voci narranti". |
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Il convegno sul "Teatro
delle lingue le lingue del teatro" si apre con un intervento
di Jo Farrell sui rapporti tra Dario Fo e la tradizione. Nella scia della
memoria del giullare, Fo commenta i fatti socio-politici nella chiave
del comico con la sua pregnante presenza scenica. Più generale
e in parte fondante, lintervento di Mario Porro rileva la pressoché
infinita traducibilità del testo teatrale in linguaggio scenico.
Il teatro, inteso come spettacolo è una rete polisemica di arti:
un insieme di linguaggi che mutano il testo, anche quando si impongono
il rispetto. La poliedrica gamma delle interpretazioni va dal tradimento
alla ricreazione non solo del testo, ma anche delle suggestioni di messainscena
suggerite dallautore. Conclude Roberto Cuppone entrando nel vivo
del dibattito su Fo. Non importa "capire" secondo criteri di
pura logica, Fo è tanto più "comprensibile" quando
"finge" sulla scena antichi dialetti fino al grammelot. La mirabile
gestualità e la lingua usata come "fonè", esercitano
sullo spettatore un fascino ed una partecipazione che danno la misura
delleccezionalità dellattore.
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Approdare in nuovi porti Il
teatro... aiuta a crescere, valorizza e completa il compito "educativo"
della Scuola perché conduce i giovani attraverso un viaggio con
la mente, col cuore e col corpo nel mondo dei nostri padri e li accosta
ai loro valori. |
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"La
tradizione è tuttaltro che unabitudine, è unaccettazione
cosciente e deliberata. Una vera tradizione non è testimonianza
di un passato remoto, è una forza viva che anima ed alimenta il
presente." Così diceva Stravinskij nella Poetique musicale,
ma può valere benissimo anche per quel che riguarda il caso particolare
di Dario Fo. Nella sua produzione (ora che ha vinto il Nobel si può
dire "letteraria"?) egli usa "canti, balli e un linguaggio
reinventato tra onomatopea e grammelot" che rimanda esplicitamente
a "origini culturali diverse" (Fo, Introduzione a Il diavolo
con le zinne) riuscendo dunque a conciliare tendenze opposte, ma che risultano
essere intime necessità dellartista: innovazione e tradizione.
Ed è per questo credo che Joe Farrell al convegno Il teatro delle
lingue-le lingue del teatro abbia utilizzato nei confronti di Fo termini
quali "inattuale" e "tradizionalista" volendo appositamente
tralasciare laspetto prettamente politico del suo "fare"
teatro (anche proprio come poiein). Nel personalissimo pantheon di questo
"arlecchino marxista" (come lo definisce sempre Farrell) lara
principale è esplicitamente dedicata a Ruzzante (si ricordi il
discorso alla consegna del premio Nobel), lautore-attore villano
che con la sua lingua padovana, ma anche latineggiante, spagnoleggiante
ha saputo creare una parola teatrale, una parola che è gesto. Tra
Fo e il Beolco si può veramente parlare di totale identificazione,
cosicché questa scelta poetica diventa anche politica in quanto
permette di ribaltare la tragedia nel grottesco, di fondere rabbia e riso
in uno sghignazzo minaccioso per lestablishment politico. |
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Tutto è cominciato
qualche giorno fa quando Carlo mi ha detto/raccontato di questo corso.
Mi sono chiesta, ma io cosa ci faccio, non sono un'insegnante, lavoro
sì nelle scuole, ma sono la controparte, che partecipa a un convegno
dedicato agli insegnanti. |