Un
limpido teatro interattivo
|
![]() La multimedialità interattiva trova in questo spettacolo un'ideale misura di relazione sensibile con il corpo e con la parola. Libera un'energia ludica che dalla scena invade la platea in uno scambio di empatia (grazie alle sottili citazioni teatrali e musicali, dalle performance della Postavanguardia alle Musiche Possibili di Brian Eno) e, fondamentalmente, di simpatia. Si raggiunge, finalmente, un limpido teatro interattivo senza retoriche tecnologiche. L'uso del computer collegato al videoproiettore come sorgente di scena immateriale è un dato consolidato da tempo ma la fortuna di "Storie Zip" risiede nell'armonizzazione tra narrazione e visione in una fenomenologia che amo definire "digital storytelling", un termine che arriva, come abbiamo visto, da sollecitazioni diverse (anche psicoanalitiche, come quelle di provenienza statunitense), sviluppate intorno alla ricerca necessaria di nuova sensibilità in ambiente elettronico. Necessaria perché nella dimensione tecnologica percepiamo il rischio di perdere qualcosa di "umano". Ecco perché forme come il cosiddetto "digital story telling", nell' affermare un rapporto facile e felice con quella dimensione tecnologica, possono aprire nuove piste. E' infatti necessario trovare spazi in cui liberare nuove energie creative per dare forma culturale e sociale alla comunicazione digitale. E' opportuno sottrarre all'idea che si ha delle nuove tecnologie quella dimensione meccanicistica che tende a distanziarla dall'esperienza umana. Marshall McLuhan lanciò una lucida intuizione: "surriscaldare il medium!". Rendere caldi i mezzi di comunicazione, usandoli, per non farsi usare come accade con la televisione. E io rilancio questa intuzione, cercandone lo sviluppo non solo teorico ma operativo sul campo di una spettacolarità elettronica che dopo anni di sperimentazione astratta e visionaria (importante proprio per questo) sta ora trovando una via di narrazione. Gli ambienti ipermediali elaborati dal computer offrono straordinarie opportunità per svolgere una complessità di linguaggio in cui l'aspetto audiovisivo si coniuga con quello alfabetico ed iconico. Uno sviluppo che tende a ridefinire un rapporto possibile tra narrazione e visione. Ma l'aspetto principale della spettacolarità digitale è nell'interattività, ovvero sulla liberazione di un potenziale interumano che dà luogo a un ruolo attivo, creando procedure che investono di fatto il concetto stesso di comunicazione alla sua radice . Lo rifondano attraverso quello che é il valore basilare dell'interattività: lo scambio biunivoco di relazioni. E' attraverso questo rapporto che riguarda principalmente il corpo stimolato a "cliccare" per fare accadere qualcosa, che si sta delineando una ricerca tra teatro (la prima grande "tecnologia" di comunicazione) e nuovi media. ![]() Un ambiente in cui i processi cognitivi possono interagire in modo creativo con soluzioni multimediali che espandono la coscienza percettiva. In questo senso è opportuno pensare di rilanciare il principio attivo che stava alla base dell'animazione teatrale che negli anni settanta cercava un rapporto ludico-educativo tra corpo e spazio (dalla scuola alla città) e che oggi potrebbe essere rilanciato in una sperimentazione con i nuovi spazi-tempo dell'universo elettronico. (carlo) |
Già
nel 1991 ne venni a conoscenza da Derrick De Kerckhove, direttore del
McLuhan Program di Toronto, che ne presentò in un convegno veneziano
le prime applicazioni del Vivid Group (anche loro di Toronto). I loro
videodocumenti mostravano una sorta di bricolage pantomimico, tanto
banale quanto era geniale lo sviluppo informatico che gli ingegneri
ludici del Vivid avevano approntato. Qualche anno dopo, a Charleroi
in Belgio, ho assistito ad una performance con un Mandala System condiviso
in videoconferenza con un set allestito in Canada: eccellente evoluzione
tecnologica (qui si usava anche il cromakey) ma deludente azione coreografica,
ancora una volta.
In Italia a sviluppare le prime applicazioni con il Mandala System sono stati i Giovanotti Mondani Meccanici (GMM) già precursori della creatività digitale, con alcuni fumetti realizzati al computer, pubblicati dalla rivista Frigidaire (vera mecca delle alterità culturali degli anni ottanta). Da subito si è colto uno salto qualitativo, non tanto sul piano coreografico ma su quello dell'ambientamento, nella progettazione di installazioni interattive caratterizzate da soluzioni ironiche e intense, d'evocazione sia mistica che psichedelica. Ma l'esperienza che focalizzo in questa mia ricognizione teorica è quella espressa da Massimo "Contrasto" Cittadini, già sviluppatore del software Mandala System con i GMM. Tra le sue installazioni una in particolare è da individuare per il suo principio ludico: "Mr.Regular",un gioco da delirio psichico come la definii in occasione di "Salon b.it" in cui venne presentata. I corpi degli spettatori, ripresi e digitalizzati, entrano a far parte di una sorta di allucinato mondo dove ogni loro gesto determina una trasformazione della computer animation. Il gioco è di fatto una sintesi di video, fumetto, musica, interattività e teoria sull'immaginario di fine millenio. Gli spettatori possono indossare una maschera e rappresentare così, anche loro, personaggi da fumetto che interagiranno all'interno di ambienti virtuali più deliranti di un videogioco "crazy". Mr. Regular può essere vissuto proprio come una serie di avventure di un "computoon" ( un cartoon fatto interamente al computer), che avrà come protagonista lo spettatore-navigatore alle prese con oggetti alieni, computer molesti e prati dove fiori si trasformano in insetti insidiosi. Contrasto dopo aver strettamente collaborato con Avventure in Elicottero di Claudio Prati e Ariella Vidach, creando, finalmente, un'operazione efficace per l'uso coreografico del Mandala come "Exp", è entrato a far parte di Zone Gemma, un gruppo autorale rivolto principalmente verso l'espansione performativa del digital storytelling. Nel gruppo ritroviamo Giacomo Verde, la giovane studiosa Anna Maria Monteverdi e il drammaturgo Andrea Balzola; un ensemble intenso come intensa e rivelatrice suona la citazione brechtiana che campeggia nel loro web e che vien voglia di rilanciare: "di nulla sia detto è naturale, di tutto si dica può cambiare (Bertolt Brecht da "L'eccezione e la regola"). Fa riflettere su come troppo spesso ci si adagi su ciò che si considera "naturale", stabilizzato per via tradizionale attraverso la consuetudine mentre la vita, e la nostra domanda di mondo, ci porta costantemente nel corso evolutivo del cambiamento. Con "Storie mandaliche" hanno inaugurato un work in progress che ha visto diverse tappe, tra cui quella al Museo Pecci di Prato, all'interno del progetto "Alveare" del Festival "Contemporanea" . La performance si basa su ambienti infografici che si trasformano e generano segni e suoni al tocco di un "cybercontastorie", come lo definiscono. Funziona proprio come con il tabellone dei cantastorie della tradizione orale; il "cunto" (come viene detto il recitar-cantando della scuola siciliana) trovava nei disegni l'evocazione iconica del loro narrare, scenette disegnate come archeo-fumetti di un complesso affresco figurale. Nelle prime versioni delle storie mandaliche si è cercato di dare eco al significato del termine stesso di "mandala" che in sanscrito significa "cerchio magico" ed evoca la dimensione cosmogonica che, come suggerisce Carl Gustav Jung, trasmuta il Se nella totalità psichica. Il gioco simbolico del mandala diviene così la chiave per inanellare delle storie che tendono ad assecondare le potenzialità ipertestuali invitando lo spettatore ad intervenire su alcuni nodi dell'affabulazione. Il cyber-contastorie (Giacomo Verde) sarà in grado d'intercettare gli umori, componendo lo spettacolo secondo i principi saldi di un'interattività di misura. Bisogna riconoscere in Verde una delle anime pulsanti di questa nuova spettacolarità multimediale che, dai teleracconti a quella che egli stesso definisce "tekno-teatro", abbraccia una problematica vasta che lui stesso alimenta teoricamente. Ma prima di toccare alcuni dei suoi punti teorici sul "teknoteatro" è importante individuare un'altra delle esperienze di cui é stato protagonista. E' forse la più emblematica perché coniuga la dimensione antica del teatro di marionette con una delle soluzioni tecnologiche più avanzate: ![]() I personaggi, chiamati nelle diverse occasioni, "Virgilio" (a Mediartech di Firenze nel maggio1996), "Info" ( alla Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo, Torino aprile 1997), "Bit" (a Salon b.it,Torino dicembre 1998), svolgono la funzione di guida virtuale, relazionandosi al pubblico tramite un sistema video a circuito chiuso. L'aspetto più sorprendente del burattino sintetico è nel coinvolgimento diretto ed entusiasta degli spettatori "costretti" a dialogare con un cartoon che li riconosce, dal vivo, in dialoghi più reali che teatrali. L'abilità di Giacomo Verde emerge qui non solo dall'improvvisazione e dalla presenza di spirito ma dalla duttilità con cui dà anima al burattino con la voce e i movimenti della mano che pilotano l'interfaccia. Ogni gesto è parametrato per una funzione: l'apertura della bocca, lo strabuzzamento degli occhi, una zoommata avanti o indietro. Esprime insomma quella simbiosi tra naturalità teatrale e artificialità digitale che dimostra come tra quelle due condizioni possa attivarsi un fertile interscambio, vitale, ludico, coinvolgente. E' su questo punto che Verde s'interroga, rilanciando teoricamente, sulla base però di una nuova esperienza diretta, come quella del "cyber-contastorie". Al gioco di libera improvvisazione con il burattino interattivo si dà vita ad una linea di nuova narrazione (come era già accaduto con i teleracconti) con le già citate storie mandaliche. Giacomo Verde imposta così la sua visione teorica. "Il fatto di vedere sulla scena i corpi di attori e immagini elettroniche che entrano in dialogo diretto tra di loro può fare "magicamente" notare lo scarto e il dialogo possibile tra "persona-tridimensionale" e "cosa-bidimensionale", tra consistenza del corpo e immaterialità del mito: le loro intrinseche potenzialità possono mostrarsi ai nostri sensi aiutandoci a comprendere la "realtà tecnologica-mente aumentata" in cui ci troviamo a vivere. Ma perchè ciò accada bisogna che le immagini siano prodotte in tempo reale e che gli attori siano dei narratori, in grado di guardare gli spettatori in faccia e di modificare palesemente l'andamento della loro performance; insomma bisogna che si crei una sorta di "tekno-narrazione" che rivitalizzi l'arte antica della narrazione orale con nuovi strumenti comunicativi e che faccia sentire lo spettatore "necessario" alla rappresentazione..." Ampiamente condivisibile questa analisi di Verde. Sul fatto di considerare necessario lo spettatore ad un evento c'è, inoltre, da mettere un bel paletto epistemologico, affermando ancora, con più forza: lo spettatore è indispensabile all'evento; il teatro, appunto, non esiste se non condiviso. Detto questo, il valore stesso dell'interattività va riconosciuto fondamentalmente nel "pattern" (il modello di relazione) che si stabilisce dal vivo, investendo sulla partecipazione sensoriale. E' per questo che è decisivo in questi anni di passaggio culturale creare dei ponti esperienziali tra l'interattività ipermediale e quella relazionale e teatrale, procedendo anche per approcci da "artista educatore e prometeico" (come afferma lo stesso Verde, prendendo però le distanze). Se siamo d'accordo che educare significa principalmente "tirar fuori" la risorsa vitale, creando opportunità in grado di sollecitare disponiblità e attitudini, potremmo anche rilanciare la metafora mitica di Prometeo, incarnata magari da quei performer e sperimentatori in avanscoperta da anni nel "futuro digitale" . Da ciò che hanno intuito, possono essere generati modelli relazionali di nuova natura per un ambiente socio-culturale che va inventato anche attraverso esperienze spettacolari e ludiche. (carlo) |