La
visione in corpo
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Se
penso che il teatro nasce più nel mio sguardo che nell'azione,
posso accettare di seguire un corpo in movimento attuando un transfert
di forte empatia.
E' una considerazione che si basa sul fatto che la sinestesia della scena, la compresenza dei diversi piani di espressione e di percezione, può arrivare a creare un processo combinatorio, analogico ed evocativo, in grado di farsi drammaturgia anche senza scrittura. Il punto centrale risiede nella capacità di un corpo nell'incarnare la visione, attraverso una consapevolezza che induca lo sguardo teatrale. E' un'abilità che concerne molte di quell'esperienze proprie delle tradizioni del teatro orientale (dove non esiste , o quasi, separazione tra teatro e danza) e in alcuni momenti felici e incidentali delle felici e confuse stagioni dell'avanguardia teatrale e che, in particolare, ho ritrovato qualche anno fa nel gruppo Agar. Nel loro "teatro fisico" c'è in fondo quello che ho sempre cercato ( e solo a volte trovato) in quelle azioni esemplari che dal Living Theatre alla Gaia Scienza romana hanno fatto del corpo uno straordinario medium drammaturgico. Si tratta del corpo consapevole della visione, quell'eco interiore che attraverso più una postura, uno stop dell'azione improntato come un "tableau vivant", che una coreografia. Penso alle immagini della pittura "patologica" di Frida Kahlo e a come Paola Bianchi l'ha rilanciata nella visionarietà incarnata dal suo corpo. Quel sentimento di teatro ancora lo porto dentro. (carlo) |