martedì 6 luglio, surplace
Una
rete di allusioni
Dai liguri ai partenopei di Rosso Tiziano non si registrano salti di qualità.( ), al chiuso del cinema Italia la prova si faceva davvero dura. L'aria all'interno era completamente consumata, il senso di soffocamento minava la concentrazione dei trenta spettatori ammessi alla festa di matrimonio di Otello. Tarallucci, agrumi e vino per il pubblico davanti ai cui occhi calava materialmente la rete delle pericolose allusioni creata da Jago per suscitare la cieca gelosia del generale Otello. La tragedia scespiriana, scelta dalla giovane compagnia campana come primo testo classico di teatro, non trova altra necessità di essere rappresentata se non la buona interpretazione di Jago e lo sguardo limpido e innocente della rossa Desdemona. Un burattino (o guattarella), il pubblico limitato, gli oggetti di scena (un tavolo, delle panche, le reti calate dall'alto e una finestra con ingiustificate ombre cinesi), la musica dal vivo, la diversità di un Otello dal viso vistosamente colorato di scuro sono elementi che la regia collettiva dello spettacolo (Fabio Cocifoglia, Alessia Innocenti, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione) non riveste di senso aggiuntivo a una lettura centrata sulla figura di Jago.( )(maria manganaro, estratto dal Corriere Adriatico del 7 luglio '99) |
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Quello
che c'è all'aperto
C'è un po' di Nord Africa, un po' di Italia del dopoguerra, giochi e nonsense di bambini, animali e numeri in dimensione tridimensionale, disegni surreali. Zucche di Halloween, poemi di mori contro cristiani, un kamasutra in fluido movimento. (lk-g) Strani movimenti "L'aperto"; uno spettacolo teatrale strano; con pochi dialoghi; gli unici mezzi di comunicazione sono stati il corpo e la musica. Movimenti strani; meravigliosi intrecci di corpi; ma per il resto l'ho trovato molto poco significativo. Nessuna scena ha catturato più di tanto la mia attenzione: la danza di Arbalete è di qualità ma non è risultata ai miei occhi come qualcosa di coinvolgente. (micaela) |
Interiore
e ignoto
( )Arbalete presenta in prima assoluta un lavoro scenografico, "L'aperto", che ha per tema lo spazio interiore e l'ignoto, sviluppato per spunti disparati che portano il segno della guerra, della morte, dell'amore. La resa scenica dei diversi movimenti è frammentaria e irrisolta in ogni sua parte (anche quando l'ispirazione è data dai versi di scuola siciliana sulla battaglia tra cristiani e saraceni) a cominciare dall'uso povero dell'apparato tecnico (e dire che hanno vinto il premio Giovani Autori al concorso di video danza Stabat). Un'illuminazione dispersa, un ridotto fondale celeste, un'acustica insufficiente. Costumi, maschere e oggetti di scena poco significativi se non addirittura riduttivi quando sul mitico brano di Domenico Modugno "U piscispada" la fiocina e il pesce simbolicamente rappresentati non rendono alcuna giustizia drammatica della struggente vicenda di amore e morte. Coreograficamente, infine, non c'è affondo né grottesco, né fantastico, né passiononale.( )(maria manganaro, estratto dal Corriere Adriatico del 7 luglio '99) |
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