...spettacoli

LE IMPRESSIONI DEGLI SPETTATORI

Un afflato spirituale attraversa la rappresentazione del regista-autore Cecchi: il Merisi non accetta la visione barocca nascente che esalta la gloria di Dio. Contadino bergamasco sa che l'incarnazione è al centro del cristianesimo, non la gloria. Simpatia per Francesco e i Filippini, azzarda l'autore, ritrosia per la visione trionfalistica di Paolo Borghese e dei Gesuiti. Possibile, forse.

Certamente eterno dualismo della ricerca di Dio tra terreno e divino, tra carnale e mistico che l'uomo-Dio sintetizza e risolve e che il nostro tempo rivive tra inquietudini, oroscopi e cammino interiore.

Al centro, all'inizio, alla fine, malgrado il grido di dolore, la rabbia che esplode, il canto della gloria di Dio a cui Michelagnolo Merisi si unisce, tassello anche lui del mosaico della ricerca del tutto e del bello. Un applauso, dunque. Al Caravaggio anzitutto, a Zappalaglio e alla sua performance audace, a Cecchi e alla sua voglia di uscire dalla banalità e un applauso all'uomo che cerca, malgrado tutto, l'impronta del bello (di Dio?) dentro di sé.

Paolo Curtaz

Lo spettacolo di ieri sera: buon teatro su drammaturgia miserella. Quello che non funzionava erano le parole (troppo presto abbandonato il bergamasco, che almeno lasciava un velo di magica incomprensibilità); talvolta le parole soffocavano il teatro.

Giulio Cappa

C’erano pochi “furori”. Mi aspettavo maggiore intensità, maggiore tragicità. I toni erano troppo lievi per un genio violento. Apprezzabile il gioco di luci. Le ombre sul fondo infondevano quell’inquietudine che mancava all’attore, pur bravo. La percezione era doppia:  drammacità nelle ombre del personaggio;”sordina” del personaggio in luce, evanescente come un fantasma. Ho apprezzato il testo: pregevole la trasposizione di fatti e notizie storiche.  

Elena Nelva Stellio

"Caravaggio"..... Bello!!! Emozionante!!!

Grande interpretazionedi un uomo interiormente solo in una Roma sporca e decadente in mano a pochi potenti.

Piacevoli ed intense le sensazioni percepite attraverso la recitazione dialettale.

Bravissimo nel recitare zoppicando per tutto lo spettacolo, rendendo così più vero il personaggio, che claudicando dava maggiormente l'impressione, come nella recitazione ,di essere  ora nel presente, ora di ritornare al suo passato.  

Franco Curinga 

Caravaggio è uno spettacolo sottile e costruito con sapienza. Appartiene al teatro di narrazione.

La sua struttura drammaturgica non è drammatica ma epica. Non un’epica eroica come nell’Iliade, ma un’epica debole che sembra di paese. Comunica non per molta emozione, ma per coinvolgimento della mente. A suo modo, è uno spettacolo “epico” anche in senso brechtiano, cioè fa entrare e uscire lo spettatore dall’immedesimazione emotiva col personaggio. L’attore è bravo, naturalistico nella parola, antinaturalistico nei movimenti. Con un linguaggio artigianale e pochi mezzi, (16 riflettori e sei drappi rossi), riesce a dare una visione inconsueta di Caravaggio: non tanto in preda ai furori (che non si vedono, sono fuori scena, in un prima da immaginare), ma come svuotato dalle Furie del suo secolo (la Chiesa, le convenzioni…), consapevole dell’impotenza dell’individuo di fronte alla forza del mondo. Così lo spettacolo riflette sulla vicenda dell’uomo moderno, l’uomo che crede solo in se stesso. Tutto questo risulta da un uso debole, delicato, dell’energia teatrale, (del testo e della recitazione), che sul momento (per la debole intensità), può procurare a tratti anche un po’ di noia, ma il piccolo gruppo di lavoro teatrale Piccolo Parallelo, è intelligente e sensibile e non certo da buttare.

Lo spettacolo è del 1996. Ma ora il rovello di molti teatranti è come uscire dal teatro di narrazione, che ha di molto esaurito la sua creatività, senza ricadere nel teatro di rappresentazione naturalistica.

Valeriano G.

Ho assistito all’affascinante spettacolo di Piccolo Parallelo e avverto il sottile piacere di fare una modesta critica: Caravaggio, secondo me, mette la propria volontà, il proprio io, la propria personalità maschilista al primo posto… Lui crede solo in se stesso e non accetta la dipendenza da nostro Signore Gesù Cristo. E’ privo di pazienza, di umiltà, di rispetto per Dio, per la Santa Madre Chiesa, per i potenti.

Anna Maria d’Amico

Il testo di E. Cecchi mi è parso alquanto privo di mordente: afflitto da una “narratività” piuttosto monocorde… Ha salvato la serata l’attore, Gian Marco Zappalaglio, che con la sua interpretazione ha invece offerto notevoli sollecitazioni per l’esercizio dell’intelligenza. Una su tutte: i ripetuti impeti di aggressività che rampollavano furiosi per poi calare repentinamente e spegnersi proprio al momento in cui ci si sarebbe aspettato di vederli toccare il loro acme. Un modo, questo, per presentarci un Caravaggio né violento e tracotante, (secondo il solito cliché), né perseguitato e incompreso (secondo il cliché di segno opposto), ma come personaggio in bilico fra la ribellione e accidia, coscienza della propria grandezza e senso della propria impotenza ad imporla stabilmente di fronte al mondo.  

Vincenzo Scherma

In un ambiente semplice – ma con drappi di porpora che creano, quasi con invadenza, chiazze di colore- si muove un Caravaggio che pare adolescente nel suo riflettere su se stesso, sulla sua vita, e raccontarsi con fanciullesca dolcezza. Sussurra pacato, sommesso a tratti, come per lenire le proprie ferite, e va smorzando, quasi sul nascere, i momenti di “furore”.  Il racconto si snoda in un semivuoto di immagini e di suoni, in cui la fiamma vitale pare sopita, vacillante, come l’andatura dell’attore sulla scena.  Si assiste a un vacillamento, come di una candela che sta per spegnersi, con un’ultima vampata finale, prima della fine. Si avverte come uno spasimo doloroso trattenuto, che percorre tutta l’opera, quasi a rispecchiare un dibattersi del fuoco creativo interiore e della sua magnificenza divina, contro le sponde fangose del mondo.  E’ la consapevolezza di una scissione insanabile tra arte e vita, quella che si disegna sulla scena, attraverso le parole dell’attore, e la percorre dall’inizio alla fine, rendendo questo Caravaggio del Piccolo Parallelo un eroe sconfitto estremamente attuale.      

Lauretta Cigolini

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