Produzioni Viartisti > Ginestre a Portella > note di regia
L'idea nasce da un desiderio: quello di raccontare a teatro i fatti tragici di Portella e di continuare ad interrogarci, ad interrogare, sul presente che da quei fatti discende, su quanto è cambiato da allora e su quanto deve ancora cambiare.
All'inizio Portella sembrava una storia lontana, di cui solo qualcuno fra noi aveva ricordo.
E invece troppe son risultate poi le vicinanze, le analogie con altre stragi: con Piazza Fontana, con Piazza della Loggia, con la stazione di Bologna, con...
Innanzitutto la mira cieca, il colpire nel mucchio. La singola storia delle persone colpite dal mitragliatore o dal tritolo non conta nulla per chi preme un grilletto o il pulsante di un timer.
Conta solo mantenere la paura, la sudditanza. Conta solo destabilizzare, fermare i cambiamenti.
E poi la cifra ambigua delle connivenze e la constatazione che lo Stato non è mai riuscito a indicare le vere finalità delle stragi, a colpire i veri mandanti, perché alcuni suoi bracci operativi, deputati a fare chiarezza, a indicare nomi e cognomi, hanno operato invece per confondere, per cancellare, per imbrogliare piste e tracce.
Ricostruire, attraverso un teatro di azioni e di emozioni, quanto avvenne a Portella della Ginestra la mattina di quel primo maggio, i giorni precedenti e quelli seguenti, ripercorrere le vicende umane e sociali di quegli anni attraverso l'invenzione e il gioco teatrale, non vuole essere un'esercitazione votata a retorica ma, semplicemente, uno dei modi possibili di fare memoria.
Dunque, in qualche modo, di rendere giustizia. Perché memoria è vita.
Nel testo si intrecciano storia minima e storia grande, vicende note e vicende sconosciute, fatti reali e fatti immaginari.
C'è una ricostruzione del percorso storico che portò a Portella: l'occupazione delle terre, la reazione degli agrari e della mafia, il ruolo del bandito Giuliano, le connivenze con la politica, ecc. ma c'è anche uno sguardo sulla gente di Sicilia, sui suoi sogni e bisogni, di ieri e di oggi.
Alle storie individuali si incrociano i riti collettivi legati alla terra e al calendario rituale contadino: la seminagione, la sposa di maggio, le giovanili cacce notturne. Una Sicilia antropologica che vuole essere tutto un Sud, un pezzo importante di Europa meridiana.
L'opera poetica di Ignazio Buttitta, grande e appassionato cantore, ci ha sorretti fornendoci rime, ritmi, sospensioni. Così alcune pagine di Pirandello e di Tomasi di Lampedusa.
Ma nello spettacolo la parola (un impasto di siciliano e italiano) si alterna all'azione e si contamina con la danza, i movimenti corali, i canti di tradizione mediterranea.
Per i quattordici attori abbiamo messo insieme persone di varie età ed esperienze.
Tra di loro un gruppo consistente di San Giuseppe Jato, un paese accanto a Portella della Ginestra, con cui da anni si lavora per un teatro di testimonianza e d'impegno civile.
E lo spettacolo, in seguito, continuerà così: aggregando intorno a un nucleo di attori altre persone delle città in cui esso verrà portato, con laboratori, incontri, prove.
Il primo maggio di quest'anno, a 55 anni esatti di distanza dalla strage, abbiamo portato un pezzo dello spettacolo proprio a Portella: quel pianoro tra due valli sotto grandi roccioni, un luogo carico d'anima, oggi cosparso di pietre testimoniali. Era una giornata piena di sole e di bandiere.
Di fronte a migliaia di persone i gesti, le parole e i canti della nostra azione teatrale hanno creato, prima di tutto in noi, una fortissima emozione.
Speriamo di ritrovare anche nelle sale teatrali la magia di quel momento.