Poesia fonica. Teatro sonoro. La voce prima di manifestarsi è
dissimulata nel silenzio del corpo, degli sguardi attoniti. Poi
diventa elemento fondante, forza archetipa dotata di interno dinamismo
creatore.
Voce vociante fatta per battolare, ciangolare, berciare ma anche
voce/fiato per sussurrare, bisbigliare, biascicare, suggerire.
Con tiritere, gerghi, idiomi, idiotismi, blocchi fonici, singulti.
Voce a volte tonitruante, a volte suadente, a volte sudante.
Il tutto come impasto caleidoscopico, di volta in volta differente,
in cui si mescolano intonazioni e termini dialettali o di lingue
ignote, vocaboli strani, fànfole, onomatopee, assonanze,
echi.
E' una sfida alla regressione quella che Catalano vuole tentare,
regressione del linguaggio e della ragione oggi evidente in molti
campi.
E ciò attraverso la costruzione di una comunicazione meticcia,
alta eppure semplice, fondata su emozioni e pensieri "leggeri",
a metà tra logicità e pulsioni dell'inconscio, in
cui non si sa se prevale il grottesco della parodia o il dialetto
del sogno.
I suoi non sono giochi o manierismi fonetici, ma una instrumentazione
che trasfigura e allude alla storia dell'uomo stesso, al groviglio
della nostra esistenza vissuta al limite dell'imprecazione e del
grido, ma anche, qualche volta, nella santità dell'idiozia
e del distacco.
|
|