Una giovane donna, un po' Ilse, un po' Cotrone, si sposta di paese
in paese percorrendo l'Italia da Sud a Nord col Gran Teatro Musicale
di Lucania, Capitanata e Trinacria.
Spettacolo di piazza, un po' rivista un po' sceneggiata,
museo popolare di storie, oggetti d'uso quotidiano, reperti fantastici,
figure oleografiche, citazioni di personaggi del mondo dello spettacolo
dalla rivista alla sceneggiata -, omaggio insieme nostalgico
e ironico al Sud del cuore, terra d' origine e universo mitico che
la figlia vorrebbe sottrarre alle trasformazioni del tempo.
Simbolo e sostanza di quel Sud è un carro barocco e surreale
che Tilse porta con sé e sul quale è stata costretta
a far posto anche alla madre defunta, che rifiuta di abbandonare
il proprio corpo e di essere seppellita se non dopo aver visitato
l' America, sogno di libertà e felicità per lei nata
e vissuta in terra di emigranti.
Ogni nuova piazza è l'occasione per il rinnovarsi del
conflitto tra madre e figlia, tra le ragioni della memoria,
della tradizione del mondo contadino e quelle del cambiamento, della
modernità e dello spettacolo, paradossalmente sostenute le
prime dalla figlia e le seconde dalla madre. E se da una parte la
figlia tenta ogni volta di convincere la madre a riposare nel camposanto
del paese, organizzandone con la complicità degli spettatori
la veglia funebre; dall' altra aumenta sempre più il suo
attaccamento a quel mondo perduto, di cui sente drammaticamente
la fragilità e il rischio di una perdita definitiva.
Alla fine, quando tutto sembra perduto e la madre definitivamente
morta insieme al mondo popolare che rappresentava, è l'arte
a indicare una via d'uscita: nella straordinaria creatività
popolare di quel Sud, nel suo sentimento della vita c'è ancora
spazio per il sogno di un paradiso, di una utopica Youkali, di un'
America che si raggiunge navigando "tutto a Sud!"
Al linguaggio popolare del teatro di piazza, dei cantastorie, dei
musicanti, della commedia dell'arte, a quello comico e struggente
dei poeti popolari, ai tipi della sceneggiata e della rivista polare
si ispira anche la scelta artistica, che si avvicina con ironia
e passione all'universo popolare e privilegia un rapporto diretto
di vicinanaza con lo spettatore con un apparato tecnico molto semplice
pensato per essere proposto anche negli angoli delle piazze e dei
cortili.
L'idea dello spettacolo è nata da una raccolta di
canti registrati da Ernesto de Martino negli anni Cinquanta in Lucania.
E da un dato autobiografico: nella mia storia personale e in quella
della mia famiglia c'è un destino di viaggio, di allontamento
dal proprio luogo d'origine, di "migrazioni".
Ma prima di essere un'idea, Youkali era per me un' emozione musicale:
la dolente habanera dal titolo omonimo scritta da Kurt Weill quando
nel 1943 abbandonò definitivamente la Germania per l' America;
e lo struggente canto d'amore denominato "per la raccolta delle
olive" di tradizione orale.
I due canti evocavano due luoghi meravigliosi: il paradiso di pace
e libertà cantato da Weill e quello di una terra mitica,
collocata in un "Sud" popolare sempre festoso e canterino,
immaginifico e creativo. Visioni ingannevoli come un miraggio, che
però danno al pellegrino la forza di proseguire il cammino.
E Tilse è un personaggio errante che insegue le "Visioni".
Ma il pellegrino contemporaneo viaggia con una drammatica consapevolezza
che gli "intossica" per così dire la visione: il
poveraccio non fa in tempo ad illudersi che già la coscienza
è lì in agguato ad avvertire come un nero corvaccio
che solo di quello si tratta: miraggio. Ti viene voglia di zittirla:
"E lasciami questa prerogativa, no? E lasciami in pace a vedere
ciò che non esiste, a immaginare, fantasticare! Come hanno
fatto i miei antenati. Perché proprio a me tocca seppellire
questi relitti di antiche invenzioni che davano una mano a sentire
meno grave il peso della propria condizione umana? Lascia che quel
mondo antico sia ancora a colloquio col cuore nostro, contemporaneo".
Caterina Pontrandolfo
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