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L’orgia
dionisiaca della tribu’ elettronica
Manes de La Fura dels Baus |
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La Fura dels Baus è un gruppo catalano che da più di quindici anni percorre le scene internazionali come l’"orda d’oro" di Gengis Khan: invadono con le loro azioni furiose, seminano panico spettacolare e vanno oltre senza erigere steccati, senza rinchiudere in definizioni ciò che fanno. Conquistano attenzioni perchè sanno mettersi in gioco e riescono così a mettere in gioco, a coinvolgere gli spettatori in eventi che non è eufimistico definire tribali. "Manes" è uno spettacolo che richiama le modalità originarie de La Fura, quelle più semplici e brutali che vedono acqua spruzzata e fiaccole agitate contro gli spettatori, un delirio, brado ma coinvolgente, efficace come pochi altri eventi in giro per le scene. La Fura agisce anche on line , dove sta progettando un evento telematico ad ampio raggio, in cui è possibile trovare interviste , immagini degli spettacoli e l’opportunità per contattarli. Con Manes la Fura sembra ricercare la sua spontaneità , dopo qualche anno di progettualità di lusso: vedi l’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Barcellona, qualche buona committenza (come la Pepsi) e con "MTM" uno spettacolo di grande impatto ma sin troppo strutturato in un rigido impianto scenografico e audiovisivo. Ora tornano a quell’orgia dionisiaca che li aveva caratterizzati e che sembra corrispondere proprio alla domanda che molti giovani spettatori si portano dentro. La scena privilegia così l’azione dei corpi dei performer in stretta relazione a quelli degli spettatori in fuga per non farsi sporcare ma gli urti sono spesso inevitabili e alcune delle ragazze in azione, vere e prorpie cyber-amazzoni, non esitano a toccare (altre donne però) e qualcuna (stretta al fidanzato allucinato) viene toccata un pò di più. Terrore nelle altre. E scappano. La Fura lo sa, lo fa da tempo, da quando (già quindici anni fa) con "Accions" assaltavano gli spettatori con mortaretti e vernici colorate (lavabili però). E’ il modo proprio della "feira" catalana, festa nel senso carnascialesco, se non dionisiaco, che la gente di Barcellona anche se in pieno 2000 non ha rimosso. Di questo temperamento in gioco la Fura fa teatro: un teatro che nasce più dentro, in quanto principio attivo, biochimico, direttamente connesso all’adrenalina dello spettatore coinvolto, che fuori: in un azione teatrale che si muove al di qua della drammaturgia. Un teatro al suo "grado zero" di espressività ma pervaso da sonorità elettroniche techno-trance che infondono un pathos apocalittico al primitivismo dell’azione; In "Manes" appaiono continuamente oggetti, richiami archetipici come uova, croci, autodafè, braceri, carrozzine che fanno sguinzagliare la fantasia degli spettatori che cercano associazioni logiche a vari riferimenti dell’immaginario collettivo (da quelli biblici con Erode che massacra i neonati e la solita Babele, per non parlare delle crocifissioni a quelli "post-catastrofe" tipo MadMax e altro ancora ) ma in fondo è un’attività inutile. O perlomeno funzionale solo ad un rassicurante procedimento di interpretazione e di riconoscimento. Ma è come per la musica (chi vi cercherebbe mai significati?) o come per una commedia dell’arte di fine millennio: un gioco in cui ha senso solo il gioco dell’attore, inteso come un medium di una energia rituale, ludica e sacrificale al contempo . Solo che qui , in questa commedia furiosa, in questo wodoo metropolitano, ha senso anche quello dello spettatore coinvolto in un gioco allucinato ed extraordinario. (L'Unità, ottobre 1997) ^ |
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