Infinite diramazioni

Questo succede quando un certo modo di 'fare teatro' stimola le arterie, crea improvvisi subbugli, provoca il riso sano, prorompente, magari subito smorzato e chissà perché. Già 'concerto per corno e voce romagnola' è una traccia non indifferente. E mi entra subito, a livello viscerale, questo dialogo tra la voce di Ermanna e le composizioni musicali/effetti speciali/rumori/ armonie (non so veramente come chiamare quello che mi ha 'avvolto'-e meglio così!) che riempiono il Goldoni sin dall'inizio dello spettacolo. Ho apprezzato che uno spazio all'italiana sia stato giustamente utilizzato al meglio per sortire effetti calzanti. Anche tutto l'impianto scenico, comprese ovviamente le luci, mi tiene inchiodata alla sedia e nello stesso tempo crea una incredibile 'sospensione': quello che mi fa intuire la 'strana' immobilità delle due interpreti principali. E' un'immobilità che colgo solo apparente. Il movimento della voce, il dialogo ora ad incastri, ora a scontri, ora divertito, con il 'sonoro', i diversi piani di lettura linguistica, visiva, sensoriale direi, hanno azionato quella fondamentale situazione psico-fisica/gastrointerica che mi permette raramente di 'stare e voler evadere/volare' con quello che vivo a teatro: sospensione emotiva totale appunto di cui accennavo prima. L'apparente stabilità diviene a poco a poco relazione tra due sorelle/fate e un uomo, dopo tutto presente e fantasma nello stesso tempo. Il legame di dipendenza/amore/odio sotto vari aspetti- tra le due donne è fortissimo e si percepisce sempre: è necessario, nonostante e proprio per quello che 'è successo'. E le 'relazioni' si fanno sempre più forti e si 'sgrana' subito dopo l'eliminazione simbolico-visiva del toulle nero, con il costante variare materico del pannello, stupendamente concepito per rimandare ad altro, ma sempre in armonia con quello che succede nel racconto-storia che, grazie alla breve ma puntuale introduzione di Marco, diviene emotivamente chiara a livello personale, credo per ogni spettatore in modo differente. Questo forse anche perchè ho ritrovato alcuni momenti di allusione implicita con la mia lingua madre , il friulano. Mi ha ulteriormente aperto delle strade la potenza di un'altra relazione: quella tra la tensione che il 'piano' delle sorelle crea con quello dei cani-magma, una costante presenza che fin dall'inizio ho percepito ( e bravi i ragazzi con il loro respiro-ritmo ed il lavoro vorticoso ma mai confuso che vivevano nella loro gabbia-habitat!). Un altro movimento che credo di assoluta attrazione tra le parti spaziali, mentali e fisiche degli attori-personaggi, umani-animali. E' come se la parte più convenzionale, quella che dobbiamo esporre socialmente, pubblicamente, all'aperto, quindi più statica e 'composta' dovesse fare i conti con quella più spontanea, diretta, 'sguinzagliata', animale che c'è comunque in noi, relegata , per difesa, in basso, perchè la convenzione e il perbenismo dominano 'apparentemente' in alto appunto. Il movimento quindi spicca il volo e più forte ancora il legame-desiderio di contatto con questi due mondi separati ma di fatto uniti inscindibilmente l'ho percepito col gesto di rovesciamento della testa coi capelli dorati della sorella bella dalla forza ingenua, che si contaminavano gioiosamente coi cani-maschi del meandro sotterraneo. (sabina)

Leonor Fini, La guardiana delle fonti, 1967
(dai materiali di ricerca iconografica per i sottotesti drammaturgici de "L'isola di Alcina)