Memoria della Non Scuola

 

I personaggi tirati fuori dalla nostra stessa carne

Quella volta Marco aveva scelto per il laboratorio della "non scuola" l'Orlando innamorato raccontato in prosa da Celati.

Quell'anno (1996) eravamo numerosissimi. Abbiamo iniziato portando ognuno qualche cosa che ci appartenesse: chi un dialetto, chi uno strumento musicale, chi un'abilità acrobatica, chi un'energia comica o poetica. Ognuno aveva una caratteristica che lo rendeva paladino o dama alla corte di re Carlone.

Dei primissimi incontri mi ricordo che Marco ci cantò la prima ottava del poema, come al tempo in cui i cantastorie lo raccontavano oralmente. Questo ci diede un'idea della musicalità del testo che in seguito avremmo fatto rivivere, facendo sentire agli spettatori le "voci di tutta la gente della terra" (come dice Celati).

Un giorno abbiamo visto "Cosa sono le nuvole" di Pasolini. Era come vedere un teatrino di marionette, con la faccia blu di Totò e quell'altra di Otello-Ninetto Davoli.

Alla fine il pubblico sovverte la conclusione tragica in una gran baruffa comica.

Così siamo venuti in contatto con le maschere dei personaggi, quegli stessi che Marco ci avrebbe tirato fuori dalla nostra stessa carne.

In ognuno di noi c'erano le pulsioni, le frenesie, le rabbie, le schizofrenie e gli amori propri dei paladini, prototipi dell'uomo di ogni epoca, dei sentimenti immutati ed immutabili al di fuori delle categorie di tempo e spazio. I personaggi emergevano dalle nostre corse al terzo piano del liceo. Si partiva con un riscaldamento guidato da un ragazzo che faceva karaté. Piegati sulle gambe, nella posizione del guerriero cantavamo Bella Ciao, anzi Ciao-Bella, al modo delle Officine Schwartz. Il canto era abbastanza disastroso: eravamo stonati e steccavamo sempre negli acuti. Marco chiamò Serena Bandoli a farci fare un paio di lezioni sul respiro e su paessaggi sonori. Ci divertimmo molto, soprattutto imitando i versi degli animali, ma non migliorammo.

Inizialmente lavorammo moltisssimo sulla prima scena corale: partiva un suono di flauti, sostenuto da un battito di mani, per indicare l'ingresso dei cavalieri, riuniti per un grande torneo, che avrebbe visto il più valoroso conquistarsi l'amore di Angelica, la più bella dama del mondo.

Filo conduttore era Orlando e la sua smania amorosa e i suoi incontri con maghi e diavoli dell'inferno, fate in giardini dove si perde la memoria, fontane e fiumi dalle acque fatate, pini, uccellini, muri, mostri, draghi, asini, frati... tutto era fatto coi nostri corpi e con la vitalità degli insulti e della poesia che ci lanciavamo uno contro l'altro. Molte scene erano duelli in cui spesso lo scontro si risolveva nel digrignare i denti, altre erano momenti cinici in cui i paldini davano corpo a sogni e fantasie. (cinzia)