La messa in vita
Per dare vita all'alchimia del teatro e far nascere l'evento, la rappresentazione deve essere guardata, o meglio, vissuta dallo spettatore che chiude il cerchio magico dell'opera, della "messa in vita". Per questo meglio, vissuta dallo spettatore che chiude il cerchio magico dell'opera, della "messa in vita". Per questo cerchiamo insieme di diventare spettatori consapevoli, in quanto parte attiva di un rito a cui scegliamo di partecipare per necessità. Ci scambiamo tutto ciò che di solito rimane in un ambito privato: i traumi e le gioie del dopo spettacolo. Dopo la visione, le visioni. L'interscambio fertile così prosegue, nella speranza che la nostra ricerca sia poi una risposta per coloro che all'evento hanno dato forma. Ci serviamo del gioco delle libere associazioni per cercare di evitare i collegamenti logici che sono più immediati con un sapere accumulato, che viene pesato in chili e che di vitale ha solo i chili di polvere. Invece cerchiamo un collegamento con allucinazioni e sogni. Ne esce un frutto primigenio, mitologico: cerchiamo in rete la dea Kali, perché a questo ci ha rimandato Ermanna. Troviamo immagini blu e rosse di una dea sanguinaria: la più efficace è quella di lei con gli occhi sbarrati, i capelli neri, la falce in mano, collane di teste di sfortunati amanti morti. La ricerca presegue in quell'enorme magazzino che è la rete e può andare in qualunque direzione, sulla scia di suggestioni (la maschera di Dioniso che ti pietrifica per l'orrore)... L'importante è lasciarsi suggestionare infinitamente. (cinzia)