LE COSE SI FANNO DIFFICILI
Partiamo dai testi così ci togliamo di mezzo un peso: i testi in questo spettacolo non erano importanti (e questo l'ha detto un attore di loro a Davide), e già questo mi delude, vorrei dire subito "Allora non mi può interessare un teatro senza contenuti", ma mi sbaglierei. Penso infatti a tutti quegli scrittori e poeti che hanno scritto prosa e poesia ad altissimo valore stilistico ma bassissimo livello di contenuti (non sarò io a dire chi). Queste persone vengono rispettate e considerate ancora artisti, e io non mi metto a fare polemica.
Comunque nel nostro caso allora la cosa importante era "il resto".Ma se riguardo mentalmente lo spettacolo, mi rimane una sensazione unica, o meglio il ricordo di un'unica idea. Senza dubbio è una grande idea, una
grande ricerca, ma in qualche modo conclusa, spenta. Il paesaggio mobile dietro gli attori, i giochi di luce, la potenza della musica, il movimento, mi sembravano tutti talmente accordati assieme, che
appunto come ho già detto bastava uno sguardo per cogliere tutto. (…)
Volevo solo dire un'altra cosa: nell'Orphèon gli attori hanno recitato scrittori inglesi, francesi, tedeschi e
italiani (Pirandello, Leopardi e Colli) e hanno recitato in inglese francese e tedesco…qual è che manca? Non è per esageratezza, ma sentire prima con piacere che si recita nelle lingue originali e poi che Leopardi (un poeta è non un romanziere: "Alla primavera o delle favole antiche", vv.1-19) viene tradotto in francese, non è stato molto piacevole.
Parlo in nome di tutta la parte sinistra della tribuna di spettatori che c'erano il 23 settembre al Galoppatoio: ringraziamo vivamente il fotografo per aver fatto approssimativamente diecimila fotografie, e averci scandito il tempo con una scatto al secondo, rendendoci più piacevole la visione. Vista la maleducazione nei confronti nostri, ma soprattutto degli attori, vogliamo dargli un consiglio: una cinepresa crea 24(?) fotogrammi al secondo, per due ore di spettacolo fanno 172800 fotogrammi; ora perché non stamparli e avere così 172800 fotografie? La cinepresa è molto più silenziosa e conveniente. (Michele D.) <back

 

IL TEATRO "JOLI"
Amabile, Bello, Carino, Grazioso, Simpatico. Questi i significati della parola joli che in questo caso diventa chiave: il teatro joli potrebbe essere definito commerciale, accademico, ma anche quel teatro sperimentale che viene apprezzato soprattutto da quella larga fetta di pubblico a cui piace fare la parte degli intellettualoidi per far bella figura in società. (Davide O.) <back

 

UN'ESPERIENZA POLITICA
Non so se sia giusto fare un discorso politico in ambito teatrale, anzi inadeguato, forse anche un po' provocatorio (nel senso di poco rispettoso). Dico questo perché raramente gli artisti ci "azzeccano" con la politica. Forse riescono ancora a trasporre il reale del sociale, ma quando si parla di guerra, come loro hanno proposto in un dibattito successivo allo spettacolo, allora, secondo me, l'hanno fatto in parte ma con la presunzione di trasporre allegoricamente un'esperienza come quella balcanica e non un generico concetto di conflitto. Nel dibattito il loro essere "teatranti" non gli ha permesso l'umiltà di non parlare di questa guerra con una superficialità, lo ribadisco fino alla nausea, estetica. Ne hanno parlato come tra intellettuali, scene, immagini, appunto, rappresentazioni. In più mi ha sorpreso il loro proporsi una presa di posizione e tuttavia identificarsi con quella statale. Mi ha sorpreso perché ricordo il ruolo della Francia nella guerra in Kossovo: chiusura dei loro confini all'immigrazione.
Mi scuso per aver fatto a mia volta un discorso politico ma penso che questa compagnia volesse suscitare una reazione. La mia è questa: queste persone mi si sono presentati in un eurocentrismo limitante rispetto alle problematiche che si sono posti. Ma forse tutto questo rientra nella loro finzione, nella finzione del reale che forse hanno frainteso con un modo di mentire sul reale. Saranno pure attori ma a me, ripeto, mi si sono presentati soprattutto come persone, è su questo piano che mi sono permessa di criticarle, da persona a persona. Niente di così scandaloso nella lo recitazione. Mi domando però, viste le premesse, quanto loro distinguano la trasposizione teatrale dal reale. E se è come mi è parso di intuire, poca la distinzione, allora questo modo di "spettacolarizzare" è tutto sbagliato. ( Rosa D.S) <back

 

UN SOGNO
Del sogno aveva quel misto al tempo stesso di assoluta confusione e assoluta chiarezza, la compresenza di invenzione e realtà, mescolate in maniera insensata e irrazionale in modo da dare alla realtà una sembianza di sogno allucinato e all'invenzione un ruolo di norma. Però riuscire a dare una realtà fisica al sogno è qualcosa di incredibile, secondo me. Perché è necessario scavare in un luogo al quale noi non abbiamo l'accesso, il nostro inconscio. Attraverso quali canali poi questo spettacolo riesca a parlarci, questo è un mistero sul serio. Perché era stata abolita qualunque illusione scenografica e anche la cosiddetta scatola magica spesso veniva eliminata. (Irene T) <back

 

ESERCIZIO DI STILE
Si è visto uno spettacolo eccessivamente perfezionato dalla lunga tournée, nel quale mi è sembrato mancare quella scintilla creativa che rinnova ogni volta la rappresentazione (che sono andato a vedere due volte, anche per la distrazione causatami dall'eccessiva dilatazione dei tempi privi di nerbo drammatico) e ciò mi è parso ambiguo rispetto al concetto di Campement (l'accampamento montato al lido dalle compagnie francesi). E' vero cioè che lo spettacolo è nato nella Tenda e non è rappresentabile altrove, ma ciò vale anche per la Baraque e il Tonneau, dove però si crea un rapporto direttissimo con il pubblico; anche la Tenda, con le panche per il pubblico come appendice della scena, estremamente più grande, si presta al contatto con il pubblico e invece "l'interno mentale" di Tanguy mi è sembrato lontano anni luce. L'innovativa messa in scena, una miniera d'idee che meriterebbe un saggio a parte per essere analizzata, è tutta organizzata attorno alle quinte che si spostano cambiando i piani come fossero inquadrature. L'effetto scenico è notevole ma nello spettacolo risulta troppo meccanico e ripetitivo per raccordare efficacemente le scene che, così "giustapposte", non lasciano emergere il filo che collega i vari testi. Tuttavia l'apparato scenico (le luci, i costumi, gli objects trouvée che estendono la scena) è perfetto e resta impresso nella memoria il contatto tra i gioielli della drammaturgia occidentale (Shakespeare, Von Kleist, Pirandello, Kafka) e un materiale scenografico così "grezzo", tra la concreta fisicità degli attori in scena e l'evanescente luminosità diffusa nell'ambiente. (Massimo D.) <back