ok
è un gioco di parole
parto da I teatri dell'Impossibile
titolo del
festival di volterra
uno di quei titoli che fanno pensare e cercare dentro di se' quelle risposte che fuggono dalle certezze e dagli autocompiacimenti culturali rassicuranti
penso ad un teatro passibile d'equivoco
come quello delle Ariette che con 'Assenti'
rilascia un altro amorevole gesto rivolto alla disponibilità dello spettatore
quella che porta ad interrogarsi
su dove nasce il proprio teatro
si
il teatro non nasce solo fuori
ma anche dentro
anzi
meglio
ci da' l'opportunità di uscire da noi stessi
x andare incontro ad altro
all'altro
ma di quale equivoco parlavo?
quello dell'assenza/presenza della voce di paola
che in tempo reale
leggeva il testo della Duras
questa presenza (remota) non era evidente
poteva essere riprodotta:registrata
un potenziale teatrale inespresso?
e quel cibo...
se fosse stato sufficente il suo odore?
per essere offerto alla fine come premio a chi si fosse fermato x rilasciare un po' del proprio prezioso feedback?
(e' questa una delle risorse + importanti del teatro
sulle quali mi pèroietto con il lavoro in rete...)
ma alla fine dei fatti
nasce (dentro) qualcosa
secondo il principio di barthes per cui
'l'ascolto è in fondo come un piccolo teatro'
e quell'equivoco risuona
s'accresce come un nodo teatrale non sciolto
attiva la domanda
allerta la coscienza
e questo basta
anzi
da senso al nostro cercare teatro
al nostro errare x errori
dicevo
no
non è solo il solito gioco delle parole
hai mai sentito parlare di pedagogia dell'errore?
quell'approssimarsi al centro delle cose
procedendo x sottrazione...?
è in fondo qualcosa che corrisponde a quel bricolage antropologico di cui parla Levi Strauss quando cerca di definire la nostra evoluzione
passando x la sperimentazione di tecnologie diverse
vogliamo dimenticare che uno dei primi salti tecnologici è quello del passaggio dal crudo al cotto?
e nel caso de Le Ariette
c'è una contraddizione tra la presenza e la voce mediata
che potrebbe anche essere riprodotta
ma...