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Autore: Oggetto: 2004! Ipermedia e Teatro_ Uni.LECCE_STAMMS_II anno
time rocker
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 12:42


CANTIERI TEATRALI GINO SANTORO
presentano


ATRO (DA SE’)
Il teatro senza (di) te

A cura di Adriana Poli Bortone


con gli spettacoli


ALICE 6 (sei) TU: gli spettatori vengono posti per un’ora di fronte ad un enorme specchio che riempie il palcoscenico e che riflette l’intera platea. Non succede niente: questo è lo spettacolo. Giudicato dai critici: “Geniale”, “Avvincente”, “Splendidamente recitato”. All’uscita visita agli stand dell’omonima rete adsl.

E I RAGAZZI SONO AGNELLI: ispirato ad una strofa di una canzone di Marco Masini, uno spettacolo multimediale: un enorme schermo proietta sul palco le interviste di Giovanni Minoli allo scomparso avvocato Gianni Agnelli nel corso delle puntate di Mixer. Sul palco, dal vivo, Sergio Castellitto nella parte di Agnelli risponde ripetendo perfettamente le risposte date a suo tempo dell’avvocato nella trasmissione. Regia di Sergio Spina.

GENIUS LOCI: Mike Bongiorno interroga su domande di cultura generale i ragazzi-prodigio del posto. Primo Premio: un weekend allo Spazio Itaca, dove partecipare allo stage di cucina mediterranea organizzato dal corso di laurea STAMMS in collaborazione con la trasmissione televisiva “La prova del cuoco”. Regia di Carlo Infante.

LA PASSIONE DEL PIRATA: con la regia di Mel Gibson, una ricostruzione delle ultime dodici ore di vita di Marco Pantani, solo nella sua stanza d’albergo. Il ciclista è interpretato dal grande Sergio Castellitto. Una polemica è stata lanciata dal “Processo di Biscardi – 24esimo anno” riguardo alla svolta finale quasi da musical dello spettacolo: Castellitto/Pantani intona “E adesso pedala”, la mitica sigla cantata dal Pirata per il Giro d’Italia.

LE CECORE A PIGNATU: affresco neorealista in dialetto leccese, che racconta le tribolazioni di un povero contadino salentino alla ricerca tra le sperdute strade di campagna della sua terra delle “cecore reste” da mangiare “a pignatu”. Nei suoi vagabondaggi il nostro triste eroe incontra due strani figuri, Vladimiro ed Estragone, che stanno aspettando Totò. Memorabile la risposta del contadino a Vladimiro, che gli aveva chiesto verso che ora pensava che il Principe della Risata sarebbe venuto: “’A da passà ‘a nuttata”. Regia di Rina Durante.

DAMOSE DA FA’: Giovanni Paolo II, solo sul palco, con una (o un) mitra, racconta le sue memorie: gli inizi, la passione per lo scii, l’attentato. In caso di affaticamento del Pontefice, Sua Santità sarà sostituito da Sergio Castellitto che lo interpreterà alla perfezione. All’uscita vendita di t-shirts con la faccia di Giovanni Paolo II e la dicitura: “volemose bbene”.

COME UNA CANZONE: per i più piccoli. Il cantante Mariano Apicella, vestito da trovatore, interpreta un cantastorie medievale, che accompagna con la sua chitarra il suo inseparabile compagno d’arte, il cavaliere Silvio Berlusconi, il quale vestito da giullare racconta ai bambini in sala le favole più belle e fantasiose: Cappuccetto Azzurro, Hansel e Gretel mangiati dalla strega comunista, la situazione attuale dell’Italia. L’esilarante spettacolo termina con i piccoli spettatori che cantano in coro la canzone che il simpatico giullare ha loro insegnato: “E forza Italia/che siamo tantissimi”.

IL CAVALLO DI RICCARDO: nuova sperimentale versione del Riccardo III di Shakespeare. Si parte dalla battaglia finale dell’Atto V. Mentre Riccardo III, interpretato da Gabriele Lavia ma doppiato in diretta da Giancarlo Giannini, urla: “un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo”, compare in scena Iago, interpretato da Sergio Castellitto ma doppiato in diretta da Tonino Accolla, in sella ad un destriero, e sbotta: “salta su, Richard. Ti ho prenotato una stanza nell’Hotello. Se non ci si dà una mano tra noi cattivi…”. Al che Riccardo fa per salire sul cavallo ma ci impiega dieci minuti, durante i quali si perde in interminabili gesti con la mano e in fantasiose torsioni del corpo, come in preda ad una crisi epilettica, mugulando improbabili parole senza senso e strabuzzando gli occhi. Poi infine monta su e lo spettacolo – durata 15 minuti – finisce coi due che si allontanano al tramonto mentre Lee Marvin canta “I was born under a wand’rin star.” Regia di Eugenio Barba.

MI RICORDO, Sì, IO MI RICORDO: il professore Giuliano Capani, solo sul palco con (o come) un cardioide, racconta le sue memorie: gli inizi, la passione per il cinema, l’insegnamento. Una prima versione del monologo fu tenuta per Mimmo, Eleonora e Giacomo a pranzo durante la preparazione della trasmissione per la rete satellitare. Sergio Castellitto ha dichiarato: “Potevo recitarlo io.”

SERATA FINALE CON I TRETTRE’: lo storico trio napoletano leggera a turno la lista degli appuntamenti della stagione dei cantieri teatrali. Poi, all’unisono, come ai vecchi bei tempi, i tre comici proferiranno la loro leggendaria battuta: “A me, me pare ‘nna strunzata.”
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carlo
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 12:50
hai talento. occhio a non sprecarlo.


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Originariamente scritto da time rocker
CANTIERI TEATRALI GINO SANTORO
presentano


ATRO (DA SE’)
Il teatro senza (di) te


non è male

è roba da zelig
(veramente, senza ironia)
c'è da lavorarci su...

ma stiamo attenti a non far sbracare questo forum

sarò impietoso
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time rocker
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 13:59


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Originariamente scritto da carlo


ma stiamo attenti a non far sbracare questo forum

sarò impietoso


per carità
giuro che mi fermo qui.

sergio
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carlo
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 14:55
il baratro


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Originariamente scritto da time rocker
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Originariamente scritto da carlo


ma stiamo attenti a non far sbracare questo forum

sarò impietoso


per carità
giuro che mi fermo qui.

sergio


non mi prendere troppo sul serio...

quella drammaturgia (chiamiamola cosi... + che altro un "concept" da sviluppare...)
non è male

falla vedere a gino santoro

se ne parla sabato
ma attento alla goliardia...
sei a un passo dal baratro
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chelsea girl
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 17:04
sul teatro


...eppure io l'abbonamento alla stagione ATRO (DA SE')lo farei...e dirò di più: riguardo il teatro che si fa oggi mi sembra eloquente un'affermazione di Fried sull'arte minimalista(che richiede la partecipazione dello spettatore): l'adesione literalist all'oggettività è di fatto solo un pretesto per un nuovo genere di teatro,e il teatro è allo stato attuale la negazione dell'arte". Questo è stato detto nel 1987...ma le cose non mi sembrano poi tanto cambiate...ma Time Rocker lo sa:qesto è The Trouble with the classicist...
intanto allego la foto "rubata" alla mostra di Warhol a Salerno che sono riuscita a rimpicciolire...il metodo "alla pari" fa miracoli!!!-clara
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chelsea girl
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 17:09
foto




nico bonsai.jpg - 6kB
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AngelaP
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[*] Inviato il 2-3-2004 at 22:58


Ho letto un pò il forum indicatomi dal prof. ma sinceramente non riesco a cambiare idea. Tutti parlano delle sensazioni che da il teatro visto, fatto o ascoltato che sia ma a questo punto io direi di non generalizzare. Non dico che il teatro non sie bello, perchè a me piace (anche se non tutto), ma penso che sia soggettivo. Studio danza classica da circa 13 anni e la insegno da 3 e le emozioni che mi da non sono minimamente paragonabili a quelle che mi da il teatro. Il motivo per cui ho deciso di fare questo mestiere che, vi assicuro, non è molto "comodo"? Non ritengo di essere una "brava" ballerina e non ho mai pensato di poterlo fare come lavoro ma l'adrenalina che sale da sotto i piedi ogni volta che comincio a ballare è troppa e così mi ritrovo ad insegnare quello che è il piacere di ballare(su di un palco scenico o in una sala di una scuola di danza). Non credo che ci sia molta differenza tra chi recita chi balla chi suona ecc..., credo invece che qualsiasi forma d'arte possa riempire l'uomo in egual misura.
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Mimmo Capozzi
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[*] Inviato il 5-3-2004 at 17:35
richiesta


causa indisponibilità per il seminario del 6.03 professore le chiedo se ci sarà la possibilità di poter avere qui nel forum alcune note dei temi dibattuti e magari le conclusioni...o si potrebbe continuare a sviscerarne i contenuti, ampliando il nostro dibattito multimediale. chiedo troppo??
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Mimmo Capozzi
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[*] Inviato il 5-3-2004 at 17:40


Lévy: Ipertesto e lettura virtuale

Le nuove tecniche di comunicazione su supporto digitale hanno innescato un processo di "potenzializzazione" delle informazioni capace di donare ubiquità al sapere. Con milioni di percorsi differenti e prensili ad altrettante potenziali geografie semantiche, i dispositivi ipertestuali delle reti informatiche permettono agli utenti di unire le loro forze intellettuali in un gioco di sinergie che, ribaltando i tradizionali ruoli di scrittura/lettura, creano le condizioni epistemiche per il sorgere di una nuova "intelligenza collettiva".
Si può dire che un atto di lettura sia una attualizzazione dei significati di un testo, attualizzazione e non realizzazione poiché l'interpretazione comporta una parte ineludibile di creazione. L'ipertestualizzazione è il movimento contrario della lettura, nel senso che produce, a partire da un testo iniziale, una riserva testuale e degli strumenti compositivi che consentiranno al navigatore di progettare infiniti altri testi. Il testo è trasformato in problematica testuale. Ma, ancora una volta, perché vi sia problematica occorre considerare degli abbinamenti uomo-macchina e non solo dei processi informatici. Allora si può parlare di virtualizzazione e non di semplice potenzializzazione. Infatti, l'ipertesto non è deducibile logicamente a partire dal testo originario, ma è il risultato di una serie di decisioni: regolazione della grandezza dei nodi e dei moduli elementari, disposizione delle connessioni, struttura dell'interfaccia di navigazione, ecc. Nel caso di una ipertestualizzazione automatica, tali scelte (l'invenzione di un ipertesto specifico) saranno intervenute al momento della progettazione e della selezione del software.
Dopo aver enunciato queste constatazioni quasi tecniche, non si può parlare della potenzializzazione e della virtualizzazione come di fenomeni omogenei. Al contrario, ci dobbiamo confrontare con una estrema diversità che dipende essenzialmente dalla combinazione di tre fattori: la natura della riserva digitale iniziale, quella del software di consultazione e quella del dispositivo di comunicazione.
Un testo lineare tradizionale, anche se digitalizzato, non si leggerà come un vero e proprio ipertesto, né come una banca dati, né come un sistema che genera automaticamente dei testi in funzione delle interazioni di cui il lettore lo nutre.
Il lettore si rapporta in misura maggiore a un software di lettura e di navigazione che a uno schermo. Non è forse vero che il programma consente solo uno svolgimento sequenziale (come i primi software di videoscrittura che, per un attimo, hanno fatto regredire la lettura a noiosa manipolazione dell'antico rotolo, addirittura a prima delle pagine del codex)? Quali funzioni di ricerca e di orientamento offre il software? Permette di costruire dei "legami" automatici tra diverse parti del testo, di portare delle annotazioni di genere differente? Può il lettore personalizzare il proprio software di lettura? Queste importanti variabili influiranno fortemente sulle operazioni intellettuali che il lettore effettuerà.
Inoltre, il supporto digitale consente nuovi tipi di letture (e di scritture) collettive. Un continuum vario si estende così tra la lettura individuale di un testo particolare e la navigazione all'interno di vaste reti digitali in cui un numero imprecisato di persone annota, arricchisce, collega i testi gli uni agli altri grazie ai legami ipertestuali.
Un pensiero si attualizza in un testo e un testo in una lettura (una interpretazione). Risalendo la china dell'attualizzazione, il passaggio all'ipertesto è una virtualizzazione. Non per ritornare al pensiero dell'autore ma per fare del testo attuale una delle figure possibili di un campo testuale disponibile, mobile, riconfigurabile a piacere, persino per collegarlo e farlo entrare in composizione con altri corpi ipertestuali e diversi strumenti di supporto all'interpretazione. In questo modo l'ipertestualizzazione moltiplica le occasioni di produzione di senso consentendo di arricchire considerevolmente la lettura.
E rieccoci confrontati al problema della lettura. Sappiamo che nei primi testi alfabetici non vi era separazione fra le parole. Solo progressivamente furono inventati gli spazi tra i vocaboli, la punteggiatura, i paragrafi, le suddivisioni in capitoli, gli indici, gli apparati, l'impaginazione, la rete dei rimandi delle enciclopedie e dei dizionari, le note a piè di pagina... insomma, tutto ciò che serve a facilitare la lettura e la consultazione dei documenti scritti. Contribuendo a piegare i testi, a strutturarli, ad articolarli oltre la loro linearità, queste tecnologie ausiliari costituiscono quello che potremmo definire un apparato di lettura artificiale.
L'ipertesto, l'ipermediale e il multimediale interattivo proseguono quindi un processo secolare di artificializzazione della lettura. Se leggere significa selezionare, schematizzare, costruire una rete di rimandi interni al testo, associare ad altre informazioni, integrare le parole e le immagini alla propria memoria personale in perenne ricostruzione, allora si può davvero affermare che i dispositivi ipertestuali costituiscono una sorta di oggettivazione, di esteriorizzazione, di virtualizzazione dei processi di lettura. In questa sede non ci limiteremo a prendere in esame solo i processi tecnici di digitalizzazione e di visualizzazione del testo, ma considereremo l'attività umana di lettura e di interpretazione che integra i nuovi strumenti.
Come abbiamo visto, la lettura artificiale esiste da molto tempo. Ma allora qual'è la differenza tra il sistema che si era cristallizzato sulle pagine dei libri e dei giornali e quello che si sta inventando oggi a partire dai supporti digitali?
L'approccio più semplice all'ipertesto che, ripetiamolo, non esclude né i suoni né le immagini, è di descriverlo, in opposizione al testo lineare, come un testo con struttura reticolare. L'ipertesto sarebbe costituito da nodi (gli elementi d'informazione, paragrafi, pagine, immagini, sequenze musicali, ecc.) e da collegamenti tra questi nodi (riferimenti, note, link, "pulsanti" che indirizzano il passaggio da un nodo all'altro).
La lettura di un'enciclopedia tradizionale è già di tipo ipertestuale, poiché utilizza gli strumenti di orientamento che sono i dizionari, i lemmari, gli apparati, i glossari, gli atlanti, le tabelle, i sommari e i rimandi alla fine delle voci. Ma il supporto digitale introduce una differenza considerevole rispetto agli ipertesti del periodo che precede l'informatica: la ricerca negli indici, l'uso degli strumenti di orientamento, il passaggio da u nodo all'altro avvengono con una grande rapidità, dell'ordine di qualche secondo. Inoltre, la digitalizzazione permette di associare sullo stesso medium e di assemblare finemente i suoni, le immagini animate e i testi. Secondo questo primo approccio, l'ipertesto digitale potrebbe essere definito come una serie di informazioni multimodali strutturata reticolarmente a navigazione rapida e "conviviale".
Rispetto alle precedenti tecniche di lettura in rete, la digitalizzazione introduce una piccola rivoluzione copernicana: non è più il navigatore a seguire le istruzioni di lettura spostandosi fisicamente nell'ipertesto, sfogliando le pagine, spostando pesanti volumi, percorrendo la biblioteca, ma vi è ormai un testo mobile, caleidoscopico, che mostra tutte le sue facce, gira, si piega e si spiega a volontà di fronte al lettore. Oggi si sta inventando una nuova arte dell'edizione e della documentazione che cerca di sfruttare al meglio l'inedita velocità di navigazione tra masse di informazioni condensate in volumi sempre più piccoli.
Secondo un altro approccio, complementare, la tendenza contemporanea all'ipertestualizzazione dei documenti può essere definita come una tendenza all'indistinzione, alla parziale sovrapposizione delle funzioni di lettura e di scrittura. Ci confrontiamo qui con il processo di virtualizzazione vero e proprio che, come spesso accade, ha l'effetto di creare un movimento ininterrotto tra esteriorità e interiorità, nella fattispecie l'intimità dell'autore e l'estraneità del lettore rispetto al testo. Questo costante passaggio dal dentro al fuori, come in un anello di Mœbius, è già caratteristico della lettura tradizionale poiché il lettore, per capire, deve "riscrivere" mentalmente il testo e dunque addentrarsi. Esso riguarda anche la redazione, dal momento che la difficoltà della scrittura risiede nella rilettura che deve essere fatta per correggersi, nello sforzo, cioè, di prendere le distanze dal proprio testo. Ora l'ipertestualizzazione oggettiva trasforma in azione ed eleva alla potenza del collettivo questa identificazione incrociata del lettore e dell'autore.
Incominciamo con l'osservare la cosa dal punto di vista del lettore. Considerando l'ipertesto come spazio di possibili percorsi di lettura, il testo appare come una particolare lettura dell'ipertesto. Il navigatore partecipa quindi alla redazione o quantomeno all'edizione del testo che "legge" poiché è lui a determinare la sua organizzazione finale (la dispositio della retorica antica).
Il navigatore può divenire autore in modo più profondo che percorrendo una rete prestabilita: partecipando alla strutturazione dell'ipertesto, creando nuovi collegamenti. Alcuni sistemi registrano i percorsi di lettura e rafforzano (rendendoli per esempio più visibili) o indeboliscono i collegamenti a seconda di come vengono attraversati dalla comunità dei navigatori.
Inoltre, i lettori possono modificare i collegamenti, aggiungere e cambiare dei nodi (testi, immagini, ecc.), unire due iperdocumenti in un unico ipertesto o tracciare dei legami ipertestuali tra una moltitudine di documenti. Oggi questa pratica è ampiamente utilizzata in Internet, segnatamente nel World Wide Web. Ormai tutti i testi pubblici ai quali si può accedere in Internet fanno virtualmente parte di un unico gigantesco ipercorpo in continua espansione. Gli iperdocumenti aperti accessibili attraverso una rete informatica sono dei potenti strumenti di scrittura-lettura collettiva.
In questo modo la scrittura e la lettura si scambiano i ruoli. Colui che partecipa alla strutturazione dell'ipertesto, al tratteggio delle possibili sfaccettature del senso è già di per sé un lettore. D'altra parte, colui che attualizza un percorso o manifesta un determinato aspetto della riserva documentaria contribuisce alla redazione, per un istante dà compimento a una scrittura mai compiuta.
Le collazioni e i rimandi, i percorsi di senso originali che il lettore inventa possono essere incorporati alla struttura stessa dei vari insiemi. Con l'ipertesto ciascuna lettura è un atto di scrittura.
Pierre Lévy, Il virtuale, traduzione di M. Colò e M. Di Sopra, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997.

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Mimmo Capozzi
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[*] Inviato il 5-3-2004 at 17:50



[img]Jan02_21[/img]
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carlo
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[*] Inviato il 7-3-2004 at 11:48
una domanda molto seria


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Originariamente scritto da Mimmo Capozzi


le immagini che rompono la cornice del forum
vanno ridimensionate!

fallo te, ti prego

non è giusto rovinare questo ambiente

ma parliamo di cose serie
molto serie

dove eravate sabato
durante quel seminario aperto concepito x voi

è una domanda molto seria


P.S.
l'immagine l'ho tolta io
era troppo grande
disturbava il forum
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Ira di Dio
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[*] Inviato il 7-3-2004 at 12:14
La risposta nei dadi


Eravamo intenti, chi più chi meno, a cercare di capire se vale davvero la pena di ipermediare il teatro piuttosto che teatralizzare l'ipermedia. E se l'interattività ha una sua drammaturgia o la drammaturgia ha una sua interattività.
Nel contempo siamo arrivati sul ciglio di quel baratro chiamato STAMMS e nessuno ha fatto più un passo per cadervici dentro...
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salvator
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thumbup.gif Inviato il 8-3-2004 at 20:33


:-)
Se non stessi lavorando probabilmente
avrei preferito spegnere il mio cervello piuttosto che fissare inebetito le note che escono dalla bocca dei partecipanti!

parole parole parole

Forse quello che dico sminuisce e offende
il ruolo e gli sforzi di chi nell'università ci lavora
ma scusate se non sono l'ipocrita che preferisce stare zitto, e questo non è moralismo, per non crearsi un'aurea nera!

Agli studenti STAMMS è sufficiente
essere considerati "artisti",
il furuto è una cosa troppo grossa
per cui preoccuparsi!


P.s.: Una domanda Prof. Infante:
quante richieste di tirocinio, tra quelli da lei proposti, ha ricevuto?
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carlo
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[*] Inviato il 8-3-2004 at 22:39
chi si fa avanti?


Quota:
Originariamente scritto da salvator
:-)
Se non stessi lavorando probabilmente
avrei preferito spegnere il mio cervello piuttosto che fissare inebetito le note che escono dalla bocca dei partecipanti!

parole parole parole

<<<
per progettare fatti si deve parlare

e ci sono parole e parole
credo che alcuni di noi in quel seminario
CHE AVETE DISERTATO
hanno cercato di attivare dei processi...
<<<


Forse quello che dico sminuisce e offende
il ruolo e gli sforzi di chi nell'università ci lavora
ma scusate se non sono l'ipocrita che preferisce stare zitto, e questo non è moralismo, per non crearsi un'aurea nera!

Agli studenti STAMMS è sufficiente
essere considerati "artisti",
il furuto è una cosa troppo grossa
per cui preoccuparsi!

<<<
artisti si diventa con l'esperienza

si ndeve iniziare a lavorare
a progettare
<<<


P.s.: Una domanda Prof. Infante:
quante richieste di tirocinio, tra quelli da lei proposti, ha ricevuto?


<<<
non lo so
è santoro che tiene le fila

so solo che conto su di voi x l'iniziativa che
preparo x il 17-18.03
e conto su di voi
e non solo sulla vostra presenza
correi individuare un gruppo di lavoro che s'impegni nell'organizzazione
chi si fa avanti?

manadetmi via email i vostri tel.mobili
o chiamatemi
3393669717

attendo

e allego il comunicato

Allegato: Teatri d'Ascolto_sambin.rtf (11kB)
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Mimmo Capozzi
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[*] Inviato il 10-3-2004 at 14:45
...politiche e poetiche...


allo stato attuale non penso che le competenze che stiamo acquisendo potranno giovarci sostanzialmente; ci vorranno ancora alcuni anni perché l'improvvisazione di molti (falsi)operatori riveli tutta la sua inadeguatezza e solo giungendo al cosiddetto punto-di-non-ritorno emergerà col carattere di urgenza e necessità la richiesta di figure professionali che sappiano effettivamente rapportare gli eventi culturali e gli spettacoli con il mercato, il pubblico e le istituzioni.
la politica oggi, troppo legata alla logica dell'alternanza (peraltro espressione di democrazia), veicola processi socio-culturali frutto di scelte politiche, di propaganda o di becere cambiali elettorali: la meritocrazia, quella vera, non esiste!
ma non c'è nichilismo in queste affermazioni, abbiamo le armi culturali per riappropriarci dei nostri spazi e alla lunga la preparazione e lo spirito di abnegazione pagano.
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Mimmo Capozzi
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[*] Inviato il 10-3-2004 at 14:58


l'iniziativa a Melpignano non doveva essere nei giorni 16-17.03? sono cambiati anche gli orari?
prof. le chiedo gentilmente se è possibile avere alcuni dettagli in merito allo svolgimento delle attività.
circa l'aiuto vorrei tanto, ma l'esame di letteratura del 19 non lascia molto spazio
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carlo
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[*] Inviato il 11-3-2004 at 01:13
chi si mette in pista?


Quota:
Originariamente scritto da Mimmo Capozzi
l'iniziativa a Melpignano non doveva essere nei giorni 16-17.03? sono cambiati anche gli orari?
prof. le chiedo gentilmente se è possibile avere alcuni dettagli in merito allo svolgimento delle attività.
circa l'aiuto vorrei tanto, ma l'esame di letteratura del 19 non lascia molto spazio


le date sono quelle
da tempo

spero che tu possa esserci
quantomeno

chi di voi si mette in pista
x collaborare?

e poi attivo il forum teatri d'ascolto
http://www.teatron.org/forum/viewthread.php?tid=177


radiopaz è con noi
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AngelaP
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[*] Inviato il 13-3-2004 at 21:05


Quota:
Originariamente scritto da Mimmo Capozzi
< ci vorranno ancora alcuni anni perché l'improvvisazione di molti (falsi)operatori riveli tutta la sua inadeguatezza e solo giungendo al cosiddetto punto-di-non-ritorno emergerà col carattere di urgenza e necessità la richiesta di figure professionali che sappiano effettivamente rapportare gli eventi culturali e gli spettacoli con il mercato, il pubblico e le istituzioni. >>
sono daccordo con quello che dici anche se sinceramente penso che non ci vogliano solo alcuni anni per cambiare il sistema. A mio parere al posto di andare avanti stiamo tornando indietro, pensa per esempio al teatro Paisiello o al Politeama Greco. Il problema penso che sia principalmente il "pubblico": ci troviamo davanti a gente ignorante che va a teatro solo per il piacere di andarci e di cacciare le "pelliccie puzzolenti di naftalina" (come dice Toni Candeloro) e non perchè c'è un bel cartellone con spettacoli interessanti; quindi se il pubblico approva ciò che si fa il sistema non cambierà. A questo punto direi di cominciare a lavorare nelle scuole per fare conoscere alle nuove generazioni ciò che si chiama arte.


< ma non c'è nichilismo in queste affermazioni, abbiamo le armi culturali per riappropriarci dei nostri spazi e alla lunga la preparazione e lo spirito di abnegazione pagano.
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[*] Inviato il 14-3-2004 at 18:44


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Originariamente scritto da AngelaP
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Originariamente scritto da Mimmo Capozzi
< ci vorranno ancora alcuni anni perché l'improvvisazione di molti (falsi)operatori riveli tutta la sua inadeguatezza e solo giungendo al cosiddetto punto-di-non-ritorno emergerà col carattere di urgenza e necessità la richiesta di figure professionali che sappiano effettivamente rapportare gli eventi culturali e gli spettacoli con il mercato, il pubblico e le istituzioni. >>
sono daccordo con quello che dici anche se sinceramente penso che non ci vogliano solo alcuni anni per cambiare il sistema. A mio parere al posto di andare avanti stiamo tornando indietro, pensa per esempio al teatro Paisiello o al Politeama Greco. Il problema penso che sia principalmente il "pubblico": ci troviamo davanti a gente ignorante che va a teatro solo per il piacere di andarci e di cacciare le "pelliccie puzzolenti di naftalina" (come dice Toni Candeloro) e non perchè c'è un bel cartellone con spettacoli interessanti; quindi se il pubblico approva ciò che si fa il sistema non cambierà. A questo punto direi di cominciare a lavorare nelle scuole per fare conoscere alle nuove generazioni ciò che si chiama arte.


< ma non c'è nichilismo in queste affermazioni, abbiamo le armi culturali per riappropriarci dei nostri spazi e alla lunga la preparazione e lo spirito di abnegazione pagano.


Forse il problema non è solo nostro,
una formazione con gli strumenti adatti
è quello che ci serve.
La sopravvivenza non è una teoria!
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salvator
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[*] Inviato il 14-3-2004 at 19:11
il non-spettacolo


Ho letto una cosa a mio parere interessantissima che racchiude in sè molte domande sui vari argomenti che affrontiamo su questo forum.
Un certo Massimo Murano ha portato in teatro l'Edipo che è l'esatto contrario del teatro!
L’etimologia stessa delle parole "teatro" e "spettacolo" rimanda al vedere, mentre lo spettatore di questo Edipo non vede assolutamente nulla: "è bendato e vive l’esperienza come un sogno. Il teatro è un’esperienza collettiva, ma qui lo spettatore è uno solo, sprofondato in una oscurità autistica. Oltretutto, in una sovrapposizione di ruoli che trascende ogni proiezione o immedesimazione nell’attore, questo unico spettatore è egli stesso il protagonista del dramma, l’Edipo del titolo, come gli viene sussurrato all’inizio. Infine, l’esperienza è talmente forte e insolita da spostare decisamente il confine tra la finzione ricostruita del teatro e la realtà delle sensazioni ed emozioni personali che provoca questo "non-spettacolo". Cancellando la mediazione dell’attore, anche quella intellettuale dell’immagine viene azzerata. Restano le reazioni fisiche, i turbamenti, le pulsioni riaccese: paura, eccitazione, colpa, abbandono, disgusto, pudore – sperimentati sulla pelle, nei gesti, nei sensi. Il teatro è la distanza dello sguardo che va dallo spettatore all’attore, questa "tragedia dei sensi per uno spettatore" è la prossimità dell’abbraccio.
Scalzo, accompagnato da mani premurose lungo gradini e corridoi, lo spettatore-protagonista viene privato di ogni punto di riferimento, della sensazione del mondo. Viene fatto girare su se stesso, nel nulla, fino a perdere ogni orientamento in una leggera vertigine.
La passività dello spettatore (non più voyeur ma masochista, ridotto quasi a oggetto e accudito da otto attori in un gioco che lo coinvolge e lo trasforma) viene violata. Le azioni fisiche e gli stimoli sensoriali – le dita sconosciute che sfiorano le labbra – l’odore e il sapore di una mela, una carezza e un abbraccio, il suono del pianoforte – attivano strati profondi della psiche. "
Il teatro in questo caso non è vissuto (o visto) da molte persone ma è l'insieme
delle sensazioni che prova lo spettatore stesso in quanto protagonista!
Per quanto possa essere allucinante
si tratta di teatro o no?
Se si, allora cos'è veramente il teatro?
Se no, come si può parlare di suono del teatro?


Molte cose sulla compagnìa del "Teatro del Lemming" le trovate su questo sito ricco anche di filmati:
http://www.teatrodellemming.com

Oppure sul forum di teatron:
http://www.teatron.org/forum/viewthread.php?tid=16

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carlo
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[*] Inviato il 14-3-2004 at 23:20
i sensi del teatro


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Originariamente scritto da salvator
Ho letto una cosa a mio parere interessantissima che racchiude in sè molte domande sui vari argomenti che affrontiamo su questo forum.
Un certo Massimo Murano ha portato in teatro l'Edipo che è l'esatto contrario del teatro!
L’etimologia stessa delle parole "teatro" e "spettacolo" rimanda al vedere, mentre lo spettatore di questo Edipo non vede assolutamente nulla: "è bendato e vive l’esperienza come un sogno. Il teatro è un’esperienza collettiva, ma qui lo spettatore è uno solo, sprofondato in una oscurità autistica. Oltretutto, in una sovrapposizione di ruoli che trascende ogni proiezione o immedesimazione nell’attore, questo unico spettatore è egli stesso il protagonista del dramma, l’Edipo del titolo, come gli viene sussurrato all’inizio. Infine, l’esperienza è talmente forte e insolita da spostare decisamente il confine tra la finzione ricostruita del teatro e la realtà delle sensazioni ed emozioni personali che provoca questo "non-spettacolo". Cancellando la mediazione dell’attore, anche quella intellettuale dell’immagine viene azzerata. Restano le reazioni fisiche, i turbamenti, le pulsioni riaccese: paura, eccitazione, colpa, abbandono, disgusto, pudore – sperimentati sulla pelle, nei gesti, nei sensi. Il teatro è la distanza dello sguardo che va dallo spettatore all’attore, questa "tragedia dei sensi per uno spettatore" è la prossimità dell’abbraccio.
Scalzo, accompagnato da mani premurose lungo gradini e corridoi, lo spettatore-protagonista viene privato di ogni punto di riferimento, della sensazione del mondo. Viene fatto girare su se stesso, nel nulla, fino a perdere ogni orientamento in una leggera vertigine.
La passività dello spettatore (non più voyeur ma masochista, ridotto quasi a oggetto e accudito da otto attori in un gioco che lo coinvolge e lo trasforma) viene violata. Le azioni fisiche e gli stimoli sensoriali – le dita sconosciute che sfiorano le labbra – l’odore e il sapore di una mela, una carezza e un abbraccio, il suono del pianoforte – attivano strati profondi della psiche. "
Il teatro in questo caso non è vissuto (o visto) da molte persone ma è l'insieme
delle sensazioni che prova lo spettatore stesso in quanto protagonista!
Per quanto possa essere allucinante
si tratta di teatro o no?
Se si, allora cos'è veramente il teatro?
Se no, come si può parlare di suono del teatro?


Molte cose sulla compagnìa del "Teatro del Lemming" le trovate su questo sito ricco anche di filmati:
http://www.teatrodellemming.com

Oppure sul forum di teatron:
http://www.teatron.org/forum/viewthread.php?tid=16



bene
trovo eccellente questa tua scoperta...
è un'esperienza che conosco bene quella del Lemming
merita una riflessione

nella lezione del 17.02 ad Arnesano
ne parleremo

conosco anche altre esperienze che vanno in quella direzione

c'è chi ha lavorato con degli ipovedenti x creare spazi teatrali da esplorare nel buio

un linea che comporta altri sviluppi ancora
verso l'idea aperta
dei possibili sensi del teatro

oltre la vista

a partire dall'ascolto

il 17 pomeriggio a Itaca presenteremo l'esperienza che il Tam e Sambin hanno fatto nel carcere di padova

è un cd rom-art game

avete visto il comunicato?
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marikomori
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[*] Inviato il 15-3-2004 at 20:31


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Originariamente scritto da carlo


ma stiamo attenti a non far sbracare questo forum

sarò impietoso


per carità
giuro che mi fermo qui.

sergio
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[*] Inviato il 15-3-2004 at 20:35


ma sti scemi nn lo sanno che sta cosa l'hanno già fatta diversi anni fà? probabilmente nn erano nati.... ed è stata tutta fatica sprecata... fortunatamente ..................... non per altri.
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time rocker
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[*] Inviato il 15-3-2004 at 20:58


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Originariamente scritto da marikomori
ma sti scemi nn lo sanno che sta cosa l'hanno già fatta diversi anni fà? probabilmente nn erano nati.... ed è stata tutta fatica sprecata... fortunatamente ..................... non per altri.


spiegati meglio (mi devo sentire chiamato in causa in quanto scemo?).
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carlo
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[*] Inviato il 16-3-2004 at 10:08
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Originariamente scritto da marikomori
ma sti scemi nn lo sanno che sta cosa l'hanno già fatta diversi anni fà? probabilmente nn erano nati.... ed è stata tutta fatica sprecata... fortunatamente ..................... non per altri.


spiegati meglio (mi devo sentire chiamato in causa in quanto scemo?).


stop
attenti a non perdervi nelle schermaglie da 4 soldi
neanch'io ho capito cosa intendesse mariko mori

l'ho conosciuta quella vera... è bellissima e geniale... una performer giapponese ultravisionaria USA GOOGLE e vedrai!

e a noi

possibile che alcuni del II pensavano che ci fosse lezione oggi, 16.03...

domani facciamo chiarezza


ragazzi
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