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Si esplora il senso della mutazione digitale

Secondo giorno del master mentre l'italia è divisa in due.
Qui nel nord, nell'intenso e splendido Friuli inizia a far freddo, piove e arriva, irreversibile, l'autunno (e trovo anche i funghi nel prato del teatro "postmoderno" Giovanni da Udine) mentre a sud è riesplosa l'estate.
Ma si lavora bene, si esplora il senso della mutazione digitale, nelle aule scolastiche in cui siamo asserragliati.
Gli insegnanti scrivono, indagando le tematiche esplorate nella mia ricognizione teorica sul rapporto tra corpo ed elettronica, Filippo (il lucido preside pugliese) scrive a quattromani un curioso testo, "il diavolo buono alla ricerca di hot words" con Rita, attenta scrutatrice di Pomigliano d'Arco. La giovane Sara, preziosa collaboratrice di Massimo "Cinghialone" Ciccolini (il nostro webmaster campale) rivela alcune sue intuizioni ("lo stupore ci libera"), così come Giovanna dice la sua a proposito dei "virus tra i virus" e Maria Teresa, vivissima referente ministeriale, ci offre alcune sue riflessioni a proposito de "la rete che accoglie".
L'incontro con Carlo Presotto ci porta poi dentro il merito delle interazioni teatrali possibili tra multimedialità e teatro, inaugurando un ciclo di ricognizione su ciò che definisco "i nuovi cantastorie elettronici".
Mentre parla e fa (e gioca con la telecamera) traccio una "mappa concettuale" che Maria Giovanna gentilmente ricostruisce,e che Iride analizza con precisione, rilanciando un concetto importante: "lo sguardo che colma".
Giovanna e Maria Teresa ("perdersi e trovare nuovi mondi") lasciano altre tracce.
Anche dagli altri gruppi di lavoro, quelli condotti da Loredana Perissinotto ("la passione come unico lusso della professione docente") e da Alessandro Marinuzzi ("l'opera aperta che autorigenera"), arrivano i contributi che iniziano a dare corpo compiuto al diario di bordo di questo master.
(carlo)

 

Il miracolo di un angelus vagulus

Immerso totalmente - par hasard, azzardo più che caso- nelle nuove proposte tecnologico-digitali, rimango stordito più che stupito dal meraviglioso del digitale, dal virtuosismo del virtuale, e penso al marinismo, al barocco. Non ad altro fa pensare questo vestire di sensori una danzatrice, un cervo, finanche il braccio di un uomo per captare i campi elettrici prodotti dall'energia muscolare e animare dei burattini digitali: facendone ombre docili, doppi fedeli.
Cercando risposte a queste domande fermo l'attenzione su alcune frasi di Carlo, uomo che lavora con entusiasmo. Egli dice che sta provando a coniugare il freddo della tecnologia con il caldo della teatralità; sostiene che se si fa un percorso di ricognizione dello spazio tra corpo ed elettronica si può anche comprendere cosa c'è dietro la tecno-music. Carlo avverte che alcuni percorsi non sono di tipo logico-sequenziale, ma procedono per sinapsi e per saturazione. Ed insiste, citando anche i misteri eleusini, sui concetti di spiazzamento, di spaesamento, di e-stasi. Ripete che non si deve confondere il video come mezzo di espressione e comunicazione con la televisione passivizzante. E' un uomo i-spirato questo Carlo. Dice che si lascia contaminare, ma in realtà ha spemerintato l'en-thusìa, e sta riflettendo sull'esperienza dell'essere invasato da un dio o da un demone buono. Bisogna beatificare Marshall Mc Luhan che ha raccomandato di "surriscaldare" il medium, egli aggiunge. Di lui bisogna almeno dire che è assai bravo se mi ha trasmesso la sensazione concreta di un'energia animatrice, quasi di un angelus vagulus che dà anima agli oggetti e agli strumenti del teatro e li fa vivere.
(filippo)

 

Lo stupore ci libera

Il multimediale sa coglierci di sorpresa, non dà tempo alla logica di inquadrare, di capire, di ordinare; spogliàti di questo "cappottone " pesante (ma utile) che è la logica, l'avvicinamento é vissuto come gioco.
Lo stupore ci "libera" lasciando carta bianca al pensiero connettivo, all'emotività della visione, vissuta ora con occhi quasi da bambino affascinato, che si lascia prendere dal gioco, che sa bene che c'è un trucchetto sotto che potrebbe spiegare la magia, ma é troppo incantato per stare lì (per starsene "dentro di sé") a pensarci.
E' trascinato fuori da sé e vuole vivere questo momento fino in fondo con curiosità che è curiosità di cuore, non curiosità analitica,
Curiosità di vedere e vivere, e la voglia di capire é felicemente accantonata a favore dello sguardo-spugna che é coinvolto e ammaliato, che esce da sé per entrare nelle cose e ballarci un po' dentro, per abitarle il più a lungo possibile prima di rientrare in sé, di creare distacco che porta domande in cerca di spiegazioni,
Spiazzata la logica, vince la fame dello sguardo.
(sarah)

 

Virus tra virus

Il corpo d'attore diventa oggetto e reagisce allo spettatore che su di esso cammina e con esso interagisce;
il burattino assume la personalità dell'attore, con lui e come lui si muove, ride, parla.
E' virtuale?
E' reale?
Il corpo d'attore diventa oggetto, entra in relazione con altri oggetti, che gli riconoscono la loro stessa identità, lo vedono virus, ma virus tra virus, e con lui si muovono e danzano.
(giovanna)

 

Il diavolo buono alla ricerca di key words

Riflessioni a proposito dell'iperbole teorica sui nuovi media di Carlo Infante. L'ambiente digitale si va antropizzando. Di questo invita a prendere atto Carlo Infante quasi a commento della sua opera dia-bolica di riscaldamento dei media. Le key-words sulle quali egli lavora sono la rete intesa come ambiente che comporta partecipazione-memoria-mutazione; l'interattività, la connettività, l'ipertestualità, l'ipermedialità. Lo scenario che queste magiche key-words aprono è una strepitosa congiunzione tra teatro e ipermedialità. Quest'ultima è una struttura che permette di organizzare un discorso seguendo il proprio modo naturale di intendere la realtà, collocandola su diversi piani e percependola attraverso un processo senso-percettivo che non si riduce ad un asettico livello cognitivo.

Coniugata con il concetto di scrittura connettiva, l'ipermedialità consente la costruzione di una comunità di dialogo, la quale dispone dei suoi siti web, crea e/o utilizza intelligentemente parole calde e links, acquisisce finanche un orgoglio di status di gruppo che, senza il timore di essere sopraffatto dagli altri media, on line si impone alla comunità di quanti sono impegnati a :

  • cercare di sapere, sapendo cercare anche con intelligenti strumenti protesici;
  • rendere comprensibile il possibile ( D. De Kerckhove) ;
  • imparare ad imparare.

Quella di Carlo non è pero l'impegno di un singolo, giacché egli da tempo ha offerto alla comunità scientifica, che li ha validati, numerosi e profondi contributi ( l'ultimo suo recente lavoro edito da Boringhieri è Imparare giocando) e condivide l'interesse per il teatro multimediale con altri cantastorie elettronici, i giovani capaci ed entusiasti come Carlo Presotto. Di quest'ultimo egli parla con sincera ammirazione commentando con trasporto l'abilità di usare "l'oggetto trovato per caso" ( quante prospettive ci apre la visione di un interno di tazzina di caffè !) e quanta poesia consente una scheda elettronica accarezzata dallo sguardo curioso di una telecamera che trasforma le gocce di stagno in lacrime sul cielo di Sarajevo ( nel video "Fiori rossi sulla pelle" ).
E questo è teatro, è tele-teatro, è tele-racconto. Perchè il teatro è simulazione di uno spazio mentale, mentre il virtuale è la simulazione mentale/grafica/artificiale di uno spazio fisico. Per questo i bambini e i ragazzi amano il computer e il suo linguaggio infinito: se clicchi su un adulto, questi non sempre ti dà retta, se clicchi sul computer, invece, ricevi sempre una risposta.
Riflettete gente, riflettete...
(rita e filippo)

 

Guardare negli occhi la maschera

Il mezzo multimediale usato in modo extraquotidiano, non causando l'abbassamento della cortina della coscienza critica ma letto e vissuto come maschera elettronica, terra di mezzo tra palco e platea, tra attore e spettatore che può evidenziare e sottolneare il lavoro dell' attore e la sua pesantezza in scena.
Attraverso gli occhi di questa maschera lo sguardo può vivere la visione di oggetti che non si mostrano fino in fondo da subito, che giocano un po' a fare i preziosi finché non vengono chiamati per nome, finché il loro nome non viene condiviso: solo in quel momento si spiegano come fogli accartocciati e si raccontano, e si lasciano usare per raccontare.
La percezione diventa associazione, diventa fascino e stupore.
Chi vuole guardare negli occhi della Maschera?
(sarah)

 

Perdersi e trovare nuovi mondi

Il video come maschera che mette in relazione due immaginari.
Il video come comunicazione tra due popoli: i giovani mutanti che aprononuve immagini. Nel teleracconto l'oggetto è sempre presente: con le parole diviene una visione, un binomio fantastico.
L'immaginario come mediatore tra reale e virtuale. Con il mio immaginario creo nuove immagini, mi metto in gioco, mi perdo e trovo nuovi mondi.
(mariateresa)

 

Lo sguardo che colma il divario tra reale e virtuale

Dove si vede come si può drammatizzare un testo con il linguaggio del video e come lo sguardo dello spettatore colma il divario che c'è tra il reale ed il virtuale.
Questa è la storia dei nuovi cantastorie elettronici, moderni mestieranti che inventano inediti percorsi per realizzare il rapporto NARRAZIONE/VISIONE, reinterpretando la tradizione.
Essi giocano con il video e con gli OGGETTI TROVATI per raccontare , attraverso la COMBINAZIONE DI IMMAGINI, le mille storie possibili ( o impossibili).
Partendo dall'ambito reale propongono allo spettatore di interpretare, con uno sguardo dinamico sostenuto dall'IMMAGINAZIONE personale, l'oggetto reale che in un baleno diventa altro. Si snoda così una storia dove il gioco dell'immagianzione è duplice: si rivela nel testo e nell'oggetto "trasformato" e reinterpretato in senso analogico.

(iride)
 

L’oggetto che si racconta

L'immaginario dell'attore - l'immaginario dello spettatore
uno sguardo da dentro a fuori - uno sguardo da fuori a dentro
l'attore recita per lo spettatore - o spettatore recita per l'attore.
Ciascuno tra dall'altro la propria forza, il proprio respiro, il proprio battito cardiaco, e lo comunica agli oggetti che lo circondano, i quali si animano, vivono e raccontano una oro storia, provocando un cambio di prospettiva, uno shock percettivo, un salto di stupore cognitivo.
Il reale si connette all'immaginario e diventa virtuale.
L'oggetto diventa corpo d'attore, racconta, si racconta.
(giovanna)

 

La passione come unico lusso nella professione docente

Una speranza remota. Confesso, molto remota, di trovare persone e progetti concreti. Poi una giornata densa di dialoghi, di partecipazione a un progetto comune che, una volta delineato da Loredana e Angela, attrae subito: fare qualcosa perché la nostra esperienza venga tenuta in conto - per quel che vale, intendiamoci, non di più - in un progetto per la scuola che per una volta non ci passi sopra la testa, non prescinda da quel tessuto diseguale e franto, ma concreto e vissuto dell'esperienza di noi insegnanti, di qualunque ordine, la carne viva della scuola, quelli che soffrono sulla pelle le contraddizioni e i paradossi di una scuola che vuole cambiare senza voler cambiare. Gattoparescamente ancorata a quel fondo melmoso che, come sa qualunque diportista, non dà affidamento, fa slittare l'ancora, lascia andare, sotto vento, la barca ad arenarsi sotto costa. Non è forse questo il nostro rischio?... ovvero quello della scuola italiana, di cui mai come in queste occasioni ci pare di far parte con ogni fibra. Visione troppo passionale? Forse, anzi certamente. Ma la passione nella professione, rima permettendo, è l'unico lusso che possiamo permetterci. E non intendiamo, da edonisti, rinunciarci.
A domani.
(lucilla)

 

Parole vibranti

Parole, parole pesanti di saperi, di incontri, esperienze, passioni, colori, storie...nostri.
Parole, non chiacchiere. Parole vibranti.
Bastano le parole a descrivere il teatro?
Ci provano.
(mariuccia)

 

I più attivi sono da un’altra parte?

Quando ascolto le testimonianze sui bellissimi lavori di teatro con / per / dei (?) ragazzi, mi viene da pensare : come è che nella mia città è tutto così difficile ? C'è stata una specie di selezione per cui i più bravi, i più attivi, i più stakanovisti tra gli insegnanti sono da un'altra parte?
(annamaria)

 

 

 

 

 

L’opera aperta che si autorigenera

IL LABORATORIO .: IL PERSONAGGIO, struttura e racconto,coordinato da Alessandro Marinuzzi, è partito dalla impostazione dei modelli antropologici del fare teatro:
sogno gioco festa rito
Se i 4 modelli interagiscono, la struttura teatrale diventa un processo, cioè un' opera aperta per autorigenerarsi. Il luogo emblematico della struttura dinamica è il cerchio.

Nel cerchio si lavora sulla ATTENZIONE utilizzando prima lo sguardo e poi l'ascolto con una serie di esercizi che coinvolgono tutti.

Così senza un testo si sono create le condizioni per una comunicazione testuale anche se non verbale.

Si passa a lavorare sulla messa in scena di un testo letterario prendendo le prime battute di Tutto è bene quel che finisce bene di Shakespeare.
Dapprima si riflette accuratamente su ogni singola parola che già individua una biografia, considerando il potenziale drammaturgico delle scelte di traduzione e senza perdere di vista il gioco con lo spettatore quale possibile interprete.

Si tenta poi un abbozzo di drammatizzazione con due personaggi in scena scegliendo per l'una la posizione fissa, per l'altro quella mobile ed impostando gesti e sguardi.

Si conclude con una riflessione calata nella scuola per cui il teatro in essa è:
  1. Lavoro di gruppo
  2. in vista di un obiettivo
  3. misurato con le risorse reali
  4. all'interno di un progetto.