Stagione in corso / Roccu u Stortu / 2
il logo di Viartisti, disegnato da Emanuele Luzzati

 

Roccu u Stortu

/ il testo dello spettacolo

Ci sono dialetti che sono sempre stati usati in teatro e nella vita, dialetti ostentati e riconosciuti dalla comunità. E ci sono dialetti considerati "minori", celati fra le mura domestiche e la cui pronuncia è vissuta come una vergogna.

Il calabrese
, con la sua forza vitale, la sua ricchezza di termini e sfumature che riescono a variare nel raggio di luoghi relativamente vicini, fa parte di queste lingue oscure.
Il personaggio Roccu u stortu si esprime in dialetto calabrese servendosi dei proverbi, delle filastrocche e delle sue canzoni, riuscendo a ridare, attraverso questa lingua, suoni e coloriture che sembrano rigenerarsi in un idioma incredibilmente contemporaneo. Roccu u stortu è una sorta di monologo interiore, uno sfogo furente, un viscerale attacco all'ordine militare in guerra, una denuncia dell'ingiusto, il racconto di uno spirito libero, anarchico, come spesso in questi ultimi due secoli i calabresi sono riusciti a essere, nonostante abbiano vissuto in una terra di padroni e conquiste.
Roccu un fante della brigata Catanzaro, che prima di essere soldato è uomo di paese della Calabria, una persona che vive raccogliendo le olive, frutto che in queste terre ha sempre goduto di una sorta di venerazione e rispetto religioso.

Ma Roccu è anche stortu, ovvero il pazzo di paese, lo scemo del villaggio, l'uomo che ha subito un "danno" e a lui non resta che vagare per le strade della Calabria. Roccu racconta la sua storia della grande guerra, coi suoi "poveri" mezzi, usando il dialetto calabrese e spesso cambiando ruolo in un balletto delle parti.
Il raccoglitore di olive parte per la guerra con la vana speranza di tornare vincitore e proprietario di un pezzo di terra e quindi di potersi maritare: "Jeu figghiu di 'nu contadinu e di una raccoglitrice di aliva, (...) avia a fari a guerra".

Ma l' "irrealtà" della guerra gli farà conoscere un'ingiustizia abnorme, gli farà saggiare l'incubo che ogni soldato ha vissuto in trincea. Roccu è anche storico, uno storico che espone in italiano una semplice e terribile cronaca, della 1° guerra mondiale: l'ammutinamento e la successiva decimazione della brigata Catanzaro a S. Maria la Longa, un sacrificio che ancora oggi chiede delle risposte.

"Omaccione calabrese che si avanza tra latrati di cani e urla di bambini, Roccu u Stortu reincarna l'eterna vicenda dell'uomo condannato ad un destino militare, come Svejk o il soldato dell'Histoire.
Dopo una premessa da raccoglitore di olive, eccolo imbarcato nella Brigata Catanzaro col miraggio di conquistarsi nella Grande Guerra un campo da coltivare e una moglie, mentre gli toccherà l'inferno della trincea sotto soprusi d'ogni genere prima di finire fucilato nella decimazione del suo drappello accusato di rivolta e insubordinazione. Questa infame e ben documentata epopea ce la riversa addosso lui stesso in un lungo monologo in cui, passando da un italiano burocratico ad una ricostituzione del suo dialetto vitale, assume volta a volta le figure dello storico, soldato, ufficiale, senza esimersi dall'intonare canzoni o filastrocche.
Stortu era stato l'entusiasmo per la fortuna militaresca, ma coinvolgente e atrocemente efficace ne è il racconto grazie ad una popolare povertà densa di dettagli quotidiani e di macabra ironia". (Segnalazione Premio Riccione per il Teatro 1999).


Roccu u Stortu

drammaturgia di:
Francesco Suriano

in regia e in scena:
Fulvio Cauteruccio

musiche:
Peppe Voltarelli, Amerigo Sirianni e Salvatore De Siena

 
               
 

 

© Viartisti 2003 - tutte le informazioni contenute nel sito possono essere diffuse liberamente con l'obbligo di indicarne la fonte in Viartisti.it
per segnalazioni webm@ster - design del sito nousab.org