PRIMAVERA
DEI TEATRI
2mila1
Laboratorio d'arte dello spettatore
in rete
diario 150601
entra
nel forum!
Saverio e Dario portano nella cornice del paesino
di montagna la loro stagionata "Stanza della memoria",
mentre appare uno strano cubo con del "teatro genitale"
dentro.
Nel pomeriggio incontro ravvicinato con Ivanov,
esperto di teatro russo.
PROGRAMMA
|
Le
lotte sponsorizzate dai santi
Una stanza che è una piazza. La memoria che sono racconti.
Nel cuore del paese di Civita, in uno scenario naturale perfettamente
azzeccato, è stato presentato lo spettacolo di Scena Verticale
"La Stanza delle Memoria".
Racconti, o meglio memorie, dei tempi che furono(dalla guerra alla conquista
della Luna). Memoria narrata nei ricordi di chi ha avuto la capacità
di "conservare" e tramandare gesti semplici, vicende vissute
che hanno fatto la storia.
Memoria che diventa patrimonio di tutti in una piazza(luogo di condivisione
popolare per eccellenza- è questo che mi ha maggiormente impressionato)
dove a volte la "memoria" viene indegnamente "calpestata"
da una 126 che arriva incurante di ciò che avviene in quel momento,
o di pacchi di patatine rumorose agitate dai bambini non per niente abituati
alla "conservazione della memoria".
Lo vivo così lo spettacolo, tra rabbia interiore, voglia di urlare
per il fastidio che provo nel poco rispetto di me che voglio ascoltare,
della memoria che passa sotto gli occhi di tutti ma che molti preferiscono
non guardare.
Poi una nota positiva. Sfinito dalle continue distrazioni alzo la testa
e mi godo il cielo stellato che fa da tetto naturale alla rappresentazione.
Stelle luccicanti, testimoni di storia passata, presente e futura. Affido
a loro i pensieri di questa notte di memorie.
Dario e Saverio raccontano, dalle feste paesane alloccupazione delle
terre, dalla guerra alla malattia di una nonna, alle lotte politiche "sponsorizzate"
dai santi "locali". Rivedo tutta una terra, la mia terra, che,
come in un libro di fiabe, viene fuori da un baule(dal quale si tirano
fuori gli oggetti utili per la caratterizzazione dei personaggi). Il baule
contenitore di memoria, la mia memoria. E ripenso a quello grande di mia
nonna, nella casa vecchia, ancora lì nellingresso a custodire
la storia di una famiglia, la mia famiglia. Penso a mia nonna, simbolo
vivente di una storia narrata attraverso vecchi racconti, aneddoti, dicerie
che diventano realtà. E la rivedo con la sua faccia segnata dagli
anni nei racconti che Dario e Saverio continuano a sfornare per il pubblico.
Poi mi guardo in giro e vedo unanziana donna appollaiata sul balcone
di casa sua intenta quasi a "vigilare" sulla veridicità
dei discorsi di Dario e Saverio. Che bel quadro a guardarlo da dove sono
io, se solo non ci fossero tutti questi rumori a sporcarlo. Memoria
la memoria
.
la mia memoria
.
Lanima del mondo, da conservare, da difendere, da cercare, da fare
propria. Tutto si consuma velocemente. Non so spiegarlo. Mi disinteresso
dello spettacolo a tratti per guardarmi dentro. Riguardo il cielo stellato,
la gente che ho accanto, loro recitano ancora
.E io mi sono perso
nella mia testa. (vincenzo)
La poetica genitale
di De Sade
Quel cubo sarebbe stato un figurone in mezzo ad una piazza. Di quelle
con gente e bambini scorazzanti di giorno.
Circondato dalla vita quotidiana. Così come un oggetto alieno caduto
lì in mezzo alla vita terrena.
Sarebbe stata unoperazione geniale e coraggiosa. Così sul
palco, invece, troppo pacifico.
Avrebbe esaltato la dimensione aliena, astratta, che si coglie in questo
"Quartetto" di Heiner Muller che Vesuvioteatro ha avuto laccortezza
di metter inscena in quattro spicchi di pochi metri, in un incontro ravvicinato
con gli spettatori seduti sui quattro lati del cubo.
Detto questo rimane la bellezza dellattrice (Imma Villa), e la presenza
di spirito di Paolo Coletta, agili in questo gioco di massacro, erotico
e psicologico, che dallevocazione del Marchese De Sade e della sua
poetica genitale arriva a sfiorare registri ancora più morbosi.
Bellezza e morbosità che sommati al buon stile interpretativo e
allambientazione scenica danno come risultato un teatro che piace
ma non resta. (carlo)
La razionalità labirintica
del cubo di Rubik
Dopo "Quartett": Il cubo (rivisitato) di Rubik. Del piccolo Flavio, come
da programma, nessuna traccia. In compenso, la piccola Claudia, in vestito
blu con le gale proprio della festa, ci introduce -l'ideale sarebbe una
lunga catena di mani ma, tant'è!, nessuno è perfetto!-,
e all'interno, troviamo lo spazio suddiviso in quattro parti grazie a
pannelli di cellophane trasparenti e a un'asse che, girando su sè,
permette la comunicazione degli ambienti; su di essa è appesa una
forbice fatta a metà, fondamentale in finale per la risoluzione
del dramma. Anche l'anima dei personaggi appare in sprazzi incompleti,
sempre in bilico tra realtà e finzione. Valmont diventa mantenendo
la propria voce la presidentessa, mentre la bravissima Merteuil si trasforma
nella fanciulla oggetto di scontro e -udite!udite!- in Valmont. Entrambi
credibilissimi in ogni ruolo recitato. La poca distanza ci permette di
cogliere gli ansiti, i sopprassalti, le gelide chiusure, la labirintica
razionalità mentre le battute ci inchiodano ai nostri seggi, avvinti
forse pù dell'edera dai continui cambiamenti di "fronti"(ginestra)
Quel dialetto soave e lieve
Per la terza volta rivedo "La stanza della Memoria" di Saverio e Dario.
Siamo a Civita, in una suggestiva piazzetta che sembra avvolta a spirale.
La gente, quando arriviamo, ha già occupato le sedie disponibili,
ma altre ne arrivano; dalle loggette che si aprono come fiori nel buio,
occhieggiano le chiome bianche di qualche signora in età, troppo
stanca per scendere; le stelle ci sorridono dall'alto dei cieli, ma qui
vicino a noi pestiferi bambini gridano incontrollati. Mentre il pensiero
vola a Erode, i nostri - professionali che di più non si potrebbe!-,
sciorinano la saga di nonna Francesca, che passa dall'abbandono alla malattia,
forse sorte ria per chissà quante vedove bianche al di qua e al
di là del Pollino. Intanto, la vita passa al lato del tranquillo
paesetto, colorato da personaggi-macchiette che ne ricordano altri. Forse
per i miei antecedenti e discendenti di pari suono, questa volta il dialetto,
soave e lieve, me gusta (come direbbe Manu Chao). Ho un dubbio: ch'io
sia un'inguaribile romantica? (ginestra)
E solo primo morso
Appunti sullincontro con Valentina Valentini.
Ho poco tempo per parlare di un evento speciale, lincontro con Vladislav
Ivanov storico di teatro russo. "La Formazione dellattore e
del regista nella Russia Sovietica" coordinato da Valentina Valentini.
Non posso esaudire gli stimoli, i chiarimenti che Ivanov ha generosamente
regalato. Questione di partenza che la Valentini pone è la diversità
della relazione che cè tra Russia e occidente con Giganti
(notato giganti, scritto con la maiuscola? esagerata? No e lo rivendico)
del teatro. Vakhtangov, Stanivslaskij, Meyerchold, da noi rappresentano
rottura, riformano, rifondano lidea del teatro; in Russia non cè
stata un? avanguardia teatrale, è una tradizione che si evolve.
Tradizione che continua, germi ed evoluzioni che trovano allievi pari
ai maestri. Ivanov ci parla di episodi di vita, del regime comunista che
influenza il suo ruolo di studioso, ma anche necessità di uomini
e artisti. Con una semplicità straordinaria espone poetiche complesse.
Svela relazioni importanti. La natura sperimentale di Stanivslaskij trova
coincidenza con quella di Vassilev, coincide la loro capacità di
rimettere in discussione tutto, Vakhtangov maestro di NeKrosius. Nella
Russia di Gorbaciov la acquisita libertà crea disagio, prima cera
un nemico da combattere, i registi erano abituati a vivere in una situazione
di lotta.Il regime comunque controllava e commissionava il lavoro "Per
un regista, per un attore fare spettacoli così è come montare
cessi". Necrosius era stato fortunato viveva fuori da Mosca e in
una città che è una capitale. Non mostrava il suo lavoro
ai critici di Mosca, aveva paura, il regime non poteva accettare ciò
che proponeva. Caratteristica comune degli spettacoli di Nekrosius è
di rappresentare uomini vivi ma che hanno già visto la morte, come
se avessero attraversato la morte. Morte come presenza, come luce e buio
non esistono luna senza latra, esiste una fonte del buio per
Nekrosius, la morte nel cerchio delle rappresentazioni mitologiche. In
me avviene qualcosa, mi emoziono, ho la pelle doca, rivedo tutte
le morti di Nekrosius che ho visto a teatro, rivivo le sensazioni. Hamletas
mi ha fatto star male per tre giorni, era un male sano però, sensazione
nella quale mi perdevo con dolcezza. Ofelia moriva mentre la vita la chiamava,
e più la chiamava battendo le mani e più lei si abbandonava
alla morte. I morti non se ne vanno, si avvicinano, è leucaristia
della morte, in Nekrosius. Nello studio (presentato lanno scorso
alla Biennale di Venezia) su Otello ho visto morire Desdemona in una danza
di resurrezione e ancora
Le sento ancora le emozioni provate con
la stessa violenza, durante la pausa parlo con Ivanov è mi spiga
come la genialità di Nekrosius riproduca esattamente questo, lo
definisce "La metafisica a distanza" ed è importante
capire cosa avviene nel corpo perché la sua metafisica è
reale concreta, la senti la vivi. Lo so dovrei a questo punto parlare
di Vassilev, Dodin e ancora di questo incontro che vorrei non avesse mai
fine (ormai poche volte accade). Concludo invece perché voglio
perdermi in ciò che sento e come ci ha lasciato Ivanov "Non
abbiamo mangiato la mela, abbiamo solo dato il primo morso". (marialuigia)
Un baule in una
stanza
Un baule (quello dello spettacolo "La stanza della memoria")
che racchiude cappelli, fazzoletti rossi, scialle della nonna, scarpe...
ricordi.
Chiusi, conservati, custoditi dalla macchina annientatrice del tempo.
Personaggi che prendono forma, che ritornano tratteggiando i colori antichi
della nostra terra, i nostri suoni, le nostre posture, il nostro modo
di giocare con la vita.
Un fluire di personaggi che risveglia la memoria ( dove questo è
fattibile) o che comunque da la possibilità ( ai più giovani
o agli "stranieri" nella nostra terra) di assaggiare ingredienti
essenziali della nostra bella Calabria.
Un baule carico di magia evocatrice, in un angolo di una stanza, "la
stanza della memoria", con una sua notevole valenza storico-antropologica,
che narra della nostra terra, delle sue credenze, delle sue fissazioni,
delle sue paure, della sua ignoranza, della sua comicità.
Una concentrato di caratteri che vivono nel nostro passato, appartenendoci.(paola)
La scatola dei
giochi.
Si tratta di un gioco, ma crudele . E il gioco della seduzione ,
del potere, dellimpossibilità di relazionarsi con laltro.
E la messa in scena e la rivisitazione del testo di Heiner Muller
Quartett, da parte di Carlo Cerciello di Vesuvio Teatro. Entriamo a gruppi
allinterno di un grosso cubo, la scena è occupata da quattro
pannelli trasparenti che la tagliano diagonalmente. Non cè
possibilità di contatto tra i due bravi personaggi che si aggirano
allinterno di questi spazi vuoti, come vuote di emozioni e sentimenti
risultano le loro parole. (ivana)
|