L'incontro delle
scritture e degli sguardi
Gli "sguardincampo"
iniziano ad incontrarsi e a scambiarsi visioni ed opinioni a Venezia l'8
giugno 2000, già dopo la prima al teatro Goldoni, nella calca dei
camerini in attesa di abbracciare Ermanna e di andare a cena nella notte
veneziana. |
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Accanto a Gianguido e Alessandra inserisco lo sguardo di Marianita (già componente della taskforce alla Biennale 99), la loro figlia. Trovo stimolante questa combinazione, visioni di generazioni diverse così a confronto; un'opportunità che avrebbe senso trovasse ulteriore sviluppo. Marianità lancia poi un indicazione importante: "riconquistare le favole". Rosa, anche lei intensa e severa spettatrice della taskforce veneziana, rivela dei particolari dettagli e un'associazione immaginaria, "il verde del rancore e lo shining di Kubrick". Sabina, friulana impegnata nel teatro possibile della Serenissima, imposta una bella lucida analisi del suo sguardo. Da Cervia, giocando in casa, le Albe iniziano piano piano a raccogliere sguardi eccellenti. Ecco Francesca,con autoironia, spiazzante in "cagna offresi". Sfogliando il settimanale "il diario" prendiamo poi il bel testo di un nostro amico critico, che qui titoliamo "Un exploit di tensione psichica" |
Bisanzio 2000
Una sorpresa:
non me lo aspettavo. Sopratutto dopo aver visto il Laboratorio su Orlando
lo scorso settembre a Venezia, sempre per la Biennale, e poi in inverno
a Udine i "Polacchi". L'imprevedibile Isola di Alcina merita
di per sè un complimento: è il coraggio della vera ricerca
da parte di chi non si accontenta e vuole sperimentare strade nuove pur
senza distaccarsi. Teatro di Ascolto e di Visioni: non di solo ascolto
perchè ciò che rimane non sono solo suoni e voci ma immagini
forti. |
E Ariosto non c'entra |
E
Ariosto non c'entra: a me non interessa e non trovo sinceri legami con il
Laboratorio d'Orlando di settembre . Questa è un'Opera Sola che non
ha bisogno di trilogie o di puntate precedenti e seguenti.
Ma cosa rimane ? Ce lo
dobbiamo chiedere di un'Opera , di uno Spettacolo, come di un Film, di un
Concerto.... cosa rimane di Alcina ? Una
sola immagine indelebile sulla mia retina : un monolite d'oro, Bisanzio
2000. Un solo suono in testa, continuo e ibrido: sintesi di voce e tempesta.
Una sola sensazione in pancia : l'angoscia. Chissà
come avrebbe reagito Franco Basaglia a questa "messa in scena"
della Follia ? Un solo difetto : i cani . Via maschere e pantaloni ! Noi, esseri umani, siamo abbastanza animali "nature", senza bisogno di costumi di scena ridondanti. Complimenti Martinelli & Montanari : è anche merito vostro scegliere gli altri e le altre. (gianguido) |
Il dolore cantato Appena si è
alzato il sipario ed Ermanna ha iniziato la sua cantata, per voce
romagnola, ho capito che nell'Isola di Alcina sarebbe successo qualcosa,
per me. A farmelo capire, fin da subito, sono state le parole, i loro
suoni. |
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Ma
sono le parole di mio padre, di mia nonna, della fata buona Pasquina,
analfabeta,che con amore mi portava a spasso, quando ero znina, quando
ero piccola. Sono parole,suoni che ho respirato e forse sono diventati
parte della mia carne. |
Marcel Jean, Le Gulf Stream, 1946
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Buon ascolto e buona
visione ci augura Marco nel prologo-istruzioni per l'uso dell' "Isola d'Alcina".
E' da qui che si parte per entrare dentro un'opera teatrale che nega l'azione
e la mimesi per affermarsi come un'oratoria "barbara", mirabile performance
d'attrice che evoca in romagnolo di pene e peripezie d'amore e di follia. Tutta
da ascoltare in quel gioco d'escursioni vocali da "free climbing",
d'arrampicata libera e azzardata per inesplorati registri attoriali. Un percorso
irto di sonorità drastiche, elettroniche, composte da Luigi Ceccarelli,
che fa dei rumori dei veri e propri sottotesti drammaturgici, ovvero elementi
che determinano il senso della scena.
Il valore di questo
spettacolo è così da trovare nel "teatro di percezione"
che si fa lo spettatore, elaborando dentro di sé le sollecitazioni forti
rese dai suoni, dalla "phoné" di Ermanna, dalle luci di Vincent
e, fondamentalmente, dalla regia di Marco.
Mi vengono in mente
poi le icone bizantine,
anche perché quella parete dorata alle spalle di Alcina sembra fatta
apposta per farmici pensare. Penso al fatto che le icone rappresentano il minimo
del rappresentabile (al contrario di ciò che fa una pittura con la Prospettiva)
con la loro bidimensionalità, non narrano con le immagini, sollecitano
bensì la visione. Quella che devi farti te, entrando "dentro"
nel nero e nell'oro dello sfondo. Come un'icona questa scena del teatro delle
Albe (che dimostra ancora una volta di rilanciare, spiazzando sia la propria
poetica sia l'aspettativa dei suoi spettatori-cultori). Come un'icona si staglia
nel vuoto, immobile, algida e ghiacciata, ma in fondo rovente per quelle sensorialità
che accendono e scottano. Ghiaccio bollente? (carlo)
Andare al di là Caro diario, spero che il messaggio del mio sguardo non sia troppo lungo o 'pieno', ma quando scrivo in determinate condizioni, non mi fermo facilmente. In ogni caso ci sono sempre molte cose da dire ma poi bisogna dare comunque 'un taglio'. Sarebbe bello poter dialogare anche in un secondo tempo sugli stimoli di quello che viene percepito degli scritti e andare ancora al di là. Mi sembra peraltro che questa sia l'intenzione della 'rete'. Con il gruppo veneziano di "Shylock" nei prossimi giorni parleremo più approfonditamente di questo progetto. Spero di sentirti presto. Credo che assisterò il 6 luglio alla generale delle Albe a Santarcangelo. Salutale da parte mia se le 'vedi'! In bocca per tutto e grazie per questa opportunità (sabina)
Leonor Fini, Streghe Amauri, 1948
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Se sento ancora spaventi, fratture, i sensi sospesi è solo colpa di quell'Isola di Alcina Quel teatrino epifanico, con colori che nascevano dal buio, dal nero; quel concerto per corno e voce romagnola , voce che diceva e suonava e comunicava anche senza farsi capire del tutto, raggiungendo anche gli orecchi meno allenati a quei suoni e quelle cadenze, a quelle vibrazioni vertiginose. E anche se ho potuto codificare solo frammenti, questi sono bastati a svegliare reminiscenze che mi hanno rapita e trasformata in una di quelle loro bestie. È difficile scrivere perché quando qualcosa rapisce tutti i tuoi sensi e riesce addirittura a risvegliarne di nuovi, cade qualsiasi considerazione predominante che possa dare il verso a ciò che vorresti dire. Sono rimasta stregata anch'io da questo straniero, che dal mio punto di vista era Alcina e il suo mondo, la sorella e i cani, la loro lingua, le risate, i suoni, l'insieme: un quadro entro il quale sembravano essere state rinchiuse queste due donne pazze per amore, iconiche, congelate e d'improvviso rianimate. Riconquistare le favole, i miti e la lingua con cui venivano raccontati, perché tutto fa parte di noi, perché noi siamo anche quello, nasciamo anche da questo mondo ormai un po' tralasciato e se qualcosa di Alcina ci ha scosso è perché Lei ha risvegliato una parte di noi, con i colori giusti, la musica giusta, il ritmo adeguato. (marianita)
"Il verde del rancore e lo "shining" di Kubrick"
"Un exploit di tensione psichica"
"La passione per lendecasillabo e la Ferrari"
"La voce alla ricerca della cudeltà"
"La
seconda opera del Cantiere Orlando: Il Baldus"