Si apre con un presagio questa progettualità teatrale che ha capito
che il teatro non basta a sé stesso perché ha bisogno del pensiero,
della complessità e degli affetti per alimentarsi.
Perché il teatro non è degli artisti. O perlomeno non è solo degli
artisti ma anche della comunità degli spettatori che fa del teatro
"il luogo dello sguardo" come rivela l'etimo della parola stessa "theatron".
Si apre con una canzone di Laurie Anderson, geniale story-teller elettronica,
figura ponte tra teatro e musica.
E' "Oh Superman", una citazione ironica che dimostra da subito che
rievocare Nietzsche oggi non significa ripercorrere per forza i "lied"
ottocenteschi e le ridondanze filosofiche. C'è qualcosa del pensiero
di "Friz" che ci riguarda e si proietta nel futuro. Ed è proprio questo
che il progetto
vuole mettere in campo, cogliendo sia i riflessi teatrali che quelli
musicali (collegando anche l'idea dell'opera totale wagneriana con
la minimal music e la techno-trance ) che quelli di una teoria dell'alterità
come risorsa, che, in particolare sviluppo in un ipertesto
che trova ( o meglio troverà, ora è solo al primo stadio) luogo "dentro"
l'animazione in Flash di una delle citazioni di Nietzsche che amo
di più.
Della serata d'apertura del progetto raccogliamo qui alcuni feeback
di spettatori disponibili a lasciar traccia è un piccolo diario di
bordo che non raggiunge la complessità di alcuni laboratori
di scrittura connettiva (anche perchè non era previsto, è di
fatto un "fuori programma").
E' comunque un altro tassello del mosaico d'iniziativa che ho attivato
in questi ultimi anni lavorando sull'arte dello spettatore in rete,
un momento che rivela comunque la necessità di fondo: dare luogo alle
visioni teatrali di cui lo spettatore è autore. Chiunque volesse lasciare
il segno mi contatti. (carlo
infante)
20.11.2000. 19.56. Le apparizioni
in galleria subalpina
Oh Superman
Lo aspettiamo dalla finestra. Chi? Nietzsche che proprio lì, ancor
prima che edificassero la galleria subalpina, cent'anni fa circa,
abitava quella mansarda, lì in alto. A dargli volto è Walter Malosti
che, con questa piccola apparizione, dà il via al progetto "Il viandante
e la sua ombra" che nella serata si svilupperà al teatro Carignano
con lo spettacolo "la danza sull'abisso" per poi estendersi, in un
dopo-teatro contemplato finalmente nella progettualità, in una cena
nicciana .
Aspettiamo mentre una musica evoca, su un piano ulteriore di significato
(è "Oh Superman" di Laurie Anderson) il "superuomo" nicciano. Malosti
gioca, sa giocare, con le citazioni musicali superando anche la semplice
condizione del climax sonoro, sa creare di fatto un sottotesto sensoriale
denso di riferimenti e combinazioni analogiche. Così come quello scalpitio
di cavalli che rimbomba nella galleria, come un suono panico e accompagna
il Walter-Friz nella fuga verso il Carignano dove sta per iniziare
lo spettacolo.
Molti lo seguono altri vanno a farsi un aperitivo, magari con un moscato
all'assenzio già annunciato nel menù della sera. (carlo)
Indizi e presagi
La realtà, compreso il teatro, è fatta d'indizi che ciascuno di noi
seleziona, metabolizza e poi interpreta.
E si riconosce ciò che già si conosce. Nell'attesa dell'apparizione
nicciana l'unico vero indizio che si può raccogliere è la canzone
di Laurie Anderson, "Superman", ma sono pochi a coglierla. Nessuno
dei ragazzi del DAMS la riconosce (ma cosa gli insegnano?). E' questione
di generazione, mi dicono, certo. Ma di Pirandello e Ronconi hanno
la testa piena. E perchè non sanno niente di Laurie Anderson, figura
cardine della performance americana? A riconoscerla è invece un negoziante
che stranito e divertito mi chiede: "ma cosa sta accadendo?" Gli rispondo
"è un presagio teatrale". Aumenta l'interrogativo ma anche l'interesse.
E' una cosa dedicata a Nietzsche al centenario dalla sua morte...
"Ah ecco", scatta lui, "ecco perché Oh Superman". Wow, hai centrato
il bersaglio, amico.(cain)
Lo spirito che tenta l'ignoto
Se per i santi tanta gente fa pellegrinaggi dove questi hanno vissuto
e bivaccato, anche per Nietzsche, anticristo per eccellenza, penso
che valga spendere un bel ricordo nei luoghi dove ha vissuto e creato.
Per par condicio quanto meno. Sul lato della casa di Via Carlo Alberto
dove visse e scrisse, nel 1888, "Ecce Homo", ritroviamo una lapide
che recita: "qui conobbe la pienezza dello spirito che tenta l'ignoto".
Sottoscriviamo. Ci piace l'ignoto. (luca)
20.11.2000. 23.05. Lo spettacolo
al Teatro Carignano
Il culo di sua sorella
Prima cosa: Nietzsche in scena non ha i baffoni. E nella bella, e
funzionale (concepita seguendo il lavoro delle prove) drammaturgia
di Sonia Antinori non si scivola mai nella rievocazione storica del
grande filosofo ma si entra le pieghe della sua visionarietà.
E per far questo i baffi non servono. Qualcuno non ci ha trovato Nietzsche.
Ma perché ce l'ha cercato?. Mi domando.
E' l'ombra di quel viandante passato per Torino che c'interessa. Un'ombra
lunga che entra nelle nostre coscienze, nelle nostre visioni di mondo.
Ma è un'ombra tutt'altro che lugubre, è ludica ed edonista.
E' l'ombra che rivela l'altra faccia delle cose, la loro alterità.
E di conseguenza la nostra disponibilità di uscir fuori dai canoni
correnti per trarre da quell'alterità un valore, un superamento della
staticità dell'essere, un'estasi intesa come pratica di conoscenza.
Circondato dalle donne (la bella cameriera Alwine, la seducente Lou
Salomè, la perfida Elisabeth) "Friz" vaga nella sua mente a voce alta,
afferma l'indicibile, sonda i limiti della sua coscienza. Tra erotismo
e pulsione di morte s'interroga sulla vita senza mediazioni, senza
"false testimonianze". Soggiogato dalla solitudine e dalla malattia
finisce però "prigioniero" della sua famiglia, della sorella in particolare.
Personaggio che abilmente Michela Cescon disegna sulla scena in tutta
la sua pesantezza, con il culo grosso (a tal punto da far scoppiare
la gonna) e le strategie sottili del ragno che intrappola. Sarà quella
sorella la maggiore responsabile del riduzionismo del pensiero nicciano
da parte del nazismo.
Eppure quei due bambini che giocano nel buio della loro stanzetta,
evocando quello stupore infantile che affascinava Nietzsche ( a cui
Zolla ha dedicato un libro, "Lo stupore infantile" appunto), rappresentano
una delle chiavi per entrare in relazione con quella ricerca di dionisismo
che passa attraverso la leggerezza e il gioco.
"Non conosco altro modo più serio di affrontare i problemi della vita
che non sia il gioco"
Friedrich Nietzsche
Una leggerezza ludica che danza sull'orlo dell'abisso che rischia
di separare l'identità dall'alterità. (carlo)
L'avvolgente cavalcata finale
al CAOS INTERNO-uterino-intestinale del "malosto" non è seguito, nostro
malgadro, la GENERAZIONE DI UNA STELLA DANZANTE, ma forse un "aborto"...
se "il presente è quello che dovrebbe essere e invece è" (O. WILDE),
questo teatro "invece E'" resta l'avvolgente cavalcata finale e frastuonante
risacca oceanica su base sonoro-surrounding ad emblema-metafora del
"più abissale" dei pensieri niciani, quello dell'ETERNO RITORNO ma
ha da essere anche così per il teatro? saremo ineluttabilmente costretti
ad accontentarci ed accondiscendere a quest' unica ed univoca "via
teatrale" registoide ed attorialmente smunta, accademica, non empatizzante?
ai PRESENTI il DOVERE di un'ardua RISPOSTA-RIPROPOSTA dell'arte
"il futuro sono gli artisti", dice sempre il nostro amato dandy, ma
perchè non già il PRESENTE ? (maurizio)
Quei piccoli, goffi, passi di danza
La mente era leggera, volava alto, ma il corpo era pesante, infagottato
e addolorato. Nietzsche viveva sulla propria pelle quella contraddizione
generata dalla divisione tra corpo e mente che la cultura occidentale
ha cristallizzato. In questo iato il filosofo trovava il motivo originario
di quella crisi evolutiva che per altri versi riguarda la dicotomia
tra Apollo e Dioniso. E' su questo punto di crisi che è possibile
andare a cercare il rapporto con l'altro grande poeta dell'alterità,
Antonin Artaud, che nello spettacolo viene evocato con un frammento
della sua trasmissione radiofonica (mai andata in onda per censura)
"Per farla finita con il giudizio di Dio". Nietzsche-Malosti abita
la scena con il suo dolore e il suo stupore, danza, si tratta di una
danza immobile quasi invisibile, minima, con i piedi scalzi che si
muovono impediti. Un dettaglio. Sufficiente per trasmetterci quel
senso d'impotenza ed emozionarci. (cain)
ENTERING THE CHAT...
WAITING OTHER PARTY TO RESPOND...
>>>>>La prima cosa che mi hai detto uscendo dallo spettacolo è stata
che la metafora del cavallo ti aveva ingannato perché ti aveva costretto
a cercare una lettura metaforica del resto dello spettacolo. E poi
cosa era successo?
>>>>Tutte le altre metafore erano o troppo complesse o comunque situate
a profondità di lettura differenti dalla prima: i conti non tornavano,
il castello di metafore non c'era.
>>>>Sei convinto che non c'era? Io all'inizio non avevo nemmeno capito
a quale scena ti riferissi, credevo che fosse quella finale, quella
dove si sente solo il galoppo.
>>>>Invece io mi riferivo a quella dove c'è Oxana sopra un tavolo
con un frustino in mano e Silvia che la traina e compasce N. "umano,
troppo umano" finché lui alla fine l'abbraccia e cade ai suoi piedi.
Difatti il finale l'ho trovato una ripetizione neppure troppo evocativa:
del cavallo si era già parlato: probabilmente è l'unica scena della
vita di N. che un torinese conosce.
>>>>Ah, io quella scena lì non l'ho considerata come un elemento chiave:
non mi sono posta il problema di cosa fosse delirio e cosa fosse realtà,
perché comunque per N. in quanto personaggio in quel momento delirio
e realtà non erano..
>>>>distinguibili?
>>>>non solo non erano distinguibili ma anche il punto non era distinguerli:
perché distinguere tra delirio e realtà era una cosa che faceva la
sorella, la sorella si preoccupava di distinguere tra delirio e realtà,
non N. Quando N. per esempio dice di essere dio, non ha senso chiedersi
se lo dice perché sta delirando o perché sta esponendo un pezzo della
sua filosofia. Non aiuta a comprenderlo meglio, è solo un modo per
sminuirlo.
>>>>Quindi secondo te la mia lettura è simile a quella della sorella?
cerco di distinguere tra la rappresentazione della vita / della follia
di N., tra delirio e realtà, tra eventi della sua vita e metafore
della sua filosofia. In effetti ci sono cascato: alla prima rappresentazione
di un evento della sua vita mi sono messo a cercare di attribuire
ad ogni scena un significato preciso incasellabile come evento, follia
o pensiero, all'interno di una struttura generale. Quindi appena mi
sono accorto che parecchie scene non avevano un ruolo definito in
questa struttura, l'ho attribuito ad un cattivo "confezionamento del
prodotto". Io mi aspettavo di scoprire in N. la maschera di Enrico
IV: la pazzia mista alla finzione di una vita in un mondo costruito:
là il pubblico è in combutta con Pirandello che gli lascia intravedere
i meccanismi della finzione.
>>>>Ma tu non potevi essere un pubblico cosciente,non c'era uno stratagemma
da scoprire perché non è stato usato... il personaggio di N. è privo
dei segni convenzionali del matto. In un certo senso è una forma di
rispetto per N., il liberarlo dallo stigma della follia.
>>>>Quando N. accusa la sorella e la madre di attaccarlo proprio nei
momenti in cui è più vicino alle vette della divinità e quindi meno
attento a difendersi, in quel momento lui vive la separazione fra
due realtà, quella in cui esistono sua madre e sua sorella, e in cui
lui è debole, e quella del mondo di cui lui è il dio. Questa separazione
da una parte è caratteristica della schizofrenia, dall'altra ricadeva
a pennello nelle mie caselle...
>>>>Hai ragione, a cercarli i segni della follia ci sono, qua nessuno
ti dice che N. non è pazzo, ma i contorni tra il N. sano e il N. malato
si sfocano intenzionalmente. La cosa non influisce sul giudizio della
sua opera.
Se una distinzione si vuole fare, e lo spettacolo la fa, e' quella
tra il N. vivo e il N. morto. Il primo capace di difendersi dagli
"attacchi dei vermi velenosi", il secondo ormai succube all'azione
della sorella che della sua filosofia e della sua esistenza ha cancellano
gli impulsi dionisiaci, gli slanci incomprensibili e disordinati e
conservato i tratti riconducibili ad un sistema di valori "sano" :la
potenza, la volonta la forza. (da&da)
Sballottato tra le donne
Ciao,caro diario, scusa tanto per il ritardo..ieri notte ce ne sono
successe di tutti i colori!
Mentre tornavamo a casa (02:45..forse anche +..) ci si è fermata la
macchina (senza benzina..no comment!) e,dopo vari battibècchi,decidemmo
di avventurarci per "TROVARE la BRODA". Neanche 150 passi e..tàc..POLIZIA
DI STATO.."avete i documenti?".."certo!"... ...dopo circa un`ora di
paranoie (perquìsa ed interrogatorio "generale") ci lasciarono andare
incontro ai nostri bei 5km..da percorrere a piedi con un FREDDO NON
INDIFFERENTE... Neanche 23 passi e i nostri pensieri s`incrociarono.."non
ciò testa di fare tutta `sta strada..torniamo indietro e..dormiamo
in macchina!"..DETTO FATTO! Torniamo in macchina, chiamiamo le rispettive
case, dopodichè,ormai assuefatti della serata, cerchiamo la posizione
+ comoda per attendere i soccorsi........alle 05:20 arriva mia sorella
a soccorrerci in Via Rossini e......a che ora sono entrato nel letto.....?Erano
le 06:15......povero Cesco! Ha dormito davanti a scuola in macchina...chissà
se `sta mattina "ha frequentato".......IO NO! Tornando a Nietzsche..lo
spettacolo... Nietzsche,pur essendo uno dei grandi filosofi non era,
purtroppo, da noi conosciuto. La cosa su cui ci siamo soffermati è
stata che gli attori,sono stati capaci di farci vivere,emozionandoci,
"spìcchi di vita" di Nietzsche! La semplicità delle scene (per la
follia), lo "sballottarsi" tra le donne della sua vita, l`esclamare
complimenti per questa città ci ha lasciati stupiti ma allo stesso
tempo incuriositi. Pensiamo che se prendessimo i libri, riusciremmo
a capire il vero senso del VIANDANTE E LA SUA OMBRA..... Non pensiamo
di aver fatto un bel lavoro ma...ci abbiamo provato! (giànko- & -cèsco)
20.11.2000.
02.09. La cena e l'assenzio
E' tardissimo, la cena è stata lunghissima, ma bella e buona, chiacchiere
a volontà e buon roero.
La "cena
nicciana" con sotto sotto la colonna sonora dello spettacolo ha
coinvolto una quarantina di persone, quasi tutte fotografate dai ragazzi
dell'Istituto Bodoni che, con macchine digitali e non, hanno scattato
su tutti.
Una cena nel nome
di Friederich Nietzche
Nell'anno trascorso a Torino Nietzsche apprezza molto l'atmosfera
che vi si respirava. Non manca di parlarne nella sua fitta corrispondenza
con la sorella, con gli amici Peter Gast e Franz Overbeck.
A Torino era di ottimo umore e raccomandava anche agli altri di
prevedere un soggiorno nella città subalpina. Che cosa lo esaltava
particolarmente? Il clima allegro delle persone che incontrava
quotidianamente, dalla fruttivendola ai librai, dal gelataio al
signor Fino l'edicolante che gli affittava una stanza nella appena
nata Galleria Subalpina. Ma soprattutto amava sostare nelle osterie
e mangiare i piatti povere e molto nutrienti della cucina piemontese
che anche.
Una cena con i sapori di fine Ottocento è un' occasione per seguire
"Il viandante e la sua ombra". La sosta per noi prevede di allontanarsi
di pochi passi da piazza Carignano, raggiungere la Locanda da
Betty (storico ritrovo degli artisti negli anni Sessanta, oggi
con una nuova gestione) e sedersi a tavola per gustare il cibo,
con alcune varianti, che Nietzsche amava.
Il menù, preparato con la consulenza storica di Adele Orteschi
e Patrizia Borghetti (scrittrici ed esperte di cibo) ci offre:
- pinzimonio con verdure invernali e salsa all'aglio, tomini al
verde, salame poco salato come antipasto
- terrina con zuppa di cavolo verza passata in forno, tagliolini
con burro e salvia come primi piatti
- trippa con i fagioli oppure formaggi (Castelmagno e Raschera)
- Bounet con sapore amaro di Fernet come dolce
Dolcetto Cravanzola o Roero Cravanzola di Castellinaldo per accompagnare
la cena.
Per finire e avvicinarsi al piacere dionisiaco per l'alterazione:
"Bonmé vino moscato aromatizzato con Arthemisia Absinthium (in
altre parole l' assenzio).
Brindisi finale al moscato con assenzio, una scoperta che evoca
quel pizzico d'alterità che lo stesso Nietzsche si concedeva quotidianamente
magari seduto ad un tavolino del Caffè Fiorio.
(luca)
L'ipertesto
è parte del progetto "Il
viandante e la sua ombra" del
teatro di Dioniso è verrà ultimato in occasione della
conferenza-navigazione il 16 febbraio 2001