La domanda di alterità ce la portiamo dentro in tanti, anche quelli
che "tutti a modo", con la cravatta anche intorno all'ipofisi, credono
che la vita si svolga dentro canoni prestabiliti.
Sono a volte proprie questi individui che rivelano le forme di schizofrenia
più pericolose, decisamente dissimulate da un ordine sociale che spesso
legittima le forme di cinismo e di violenza egoista più acute.
Attenzione però a quando si tratta di alterità, cercare "altro" e fuori
di noi non significa necessariamente quell' "andar di fuori" indotto
esclusivamente dall'abuso d'alcool o di sostanze stupefacenti.
Le dimensioni più interessanti in cui trova luogo l'alterità sono quei
stati modificati di coscienza che derivano dalle pratiche rituali della
trance e della possessione che nella nostra contemporaneità sono ormai
oggetto di ricerca etnologica, si pensi solo al fenomeno del tarantismo
salentino che fino a qualche decennio fa perpetuava la valenza dionisiaca
delle ritualità della "grecìa" .
Ma ci sono alcune esperienze di "deep listening" che danno luogo a intense
emozioni acustiche che attraverso l'ascolto profondo possono far diventare
il corpo-luogo di sperimentazione, condizioni che, per altri versi
(l'iterazione collettiva del movimento), attraverso la techno arrivano
in situazioni particolari, come i raves, a livelli decisamente surriscaldati.
Ci sono altre situazioni che possono essere individuate tra quelle possibili,
dissimulate in una società dello spettacolo che tende ad esasperare
e a confondere i piani della rappresentazione.
Tra queste una vale la pena la pena rilevare come la più plateale rispetto
a ciò che amo definire "nuovi dionisismo", è la Fura dels Baus.
Un atto di estremismo vitale. Un "teatro della crudeltà" impossibile
e mai realizzato se non intuito in una trasmissione radiofonica mai
andata in onda ("Pour en finir avec le Jugement de Dieu" censurata dalla
radio francese il giorno stesso della sua messa in onda, 2 febbraio
1948) e nella partecipazione estatica alle ritualità trance balinesi
e tarahumaras.
Oggi, nell'era del virtuale, all'ultimo stadio della comunicazione mediata,
il corpo appare come un estremo luogo dello scontro tra vita e finzioni,
e Artaud non solo risale alla mente ma nuove forme di spettacolarità
lo evocano, rilanciandone l'estremismo vitale.
La selvaggeria panica
catalana e il cyber
Il successo della loro formula spettacolare è questo: coniugare la selvaggeria
delle feste paniche catalane, echi di riti dionisiaci, con le nuove
sensibilità cyber delle tribù elettroniche. Un micidiale cocktail più
antropologico che teatrale.
Dai primi happening selvatici - come "Accions" (1984), "Suz/o/suz" (
1985) e "Tier Mon "(1988), alcuni passati per l'Italia, in particolare
a Milano, all'ex Ansaldo - sono riusciti nel tempo ad evolversi sul
piano spettacolare, saturando sempre più la scena, campale e condivisa
con il pubblico, di suoni techno ed immagini elettroniche.
Un buon esempio è "M.T.M"
una buona occasione per misurarsi con una spettacolarità-limite in
grado di attrarre spettatori che il teatro non riesce più ad intercettare.
E' un punto, questo, sul quale vale spendere una breve riflessione.
La sperimentazione teatrale in Italia è riuscita fino a qualche anno
fa a generare un immaginario condiviso da una generazione di spettatori
disponibili a mettersi in gioco , a proiettarsi in particolari forme
di narrazione e di visionarietà . Per anni si è mantenuto un "patto",
uno scambio di sensibilità, che ha fatto del teatro di ricerca una
sorta di ecosistema culturale capace di soddisfare la voglia di aggregazione
e di alterità ( quel sentirsi "diversi") espressa dalla generazione
alla deriva degli anni Settanta. Quelle tensioni non potevano che
estinguersi, come anche tutte le intemperanze ideologiche dell'Avanguardia.
Oggi, nei confronti della nuova generazione di spettatori, il teatro,
nella sua accezione più aperta possibile di "spazio-tempo da condividere",
si trova in difficoltà nel conquistare un'attenzione che possa collocarsi
nel "sentire" contemporaneo. Il mass-media televisivo fa troppo rumore,
copre tutto. E la Fura dels Baus gioca proprio su questo. Fa più rumore.
Scaraventa il proprio volume di suono e azione secondo un principio
che loro stessi rivendicano come "teatro d'impatto". Occupano spazi
enormi come i Palasport, o fabbriche in disuso come l'ex Ansaldo a
Milano , e li riempiono di evento, oltre che di pubblico. Un pubblico
che in buona parte è riconoscibile in quello dei Centri Sociali, ma
non solo.
Una techno-opera
Eventi
furiosi della Fura, come "Accions" e "Suz a Suz" non avevano una struttura
drammaturgica, procedono per onde d'energia, come coreografie adrenaliniche
in cui,oltre ai corpi dei performer (spesso basati su gestualità ispirate
al "butoh" giapponese), ad agire sono macchinerie mostruose, "macchine
celibi" e ordigni che producono rumori oppure odori. Una pratica di
"automatics" (così chiamano le loro macchine) che fa pensare ai mitici
californiani del Survival Research Laboratories che organizzano veri
e propri rodei automatici.
"M.T.M" è quindi una "techno-opera" e tende a potenziare quella sensibilità
cyber che già uno di loro, Marcel.lì Antunez Roca, come ho detto sopra,
sta sviluppando per suo conto in performance che spostano ancora più
in avanti i termini del gioco interattivo.
La Fura dels Baus ha comunque al suo interno diverse velocità, funziona
come una factory, produce eventi su committenza, sia pubblica (le Olimpiadi
di Barcellona) che privata (la Mercedes), mette in scena opere liriche
(un "San Sebastiano" con Miguel Bosè) e testi drammaturgici ( come il
"Faust"), eppure ruggisce sempre, dentro di loro, l'energia più brada.
Uno spettacolo come "Manes" emerge infatti da questa energia.
La Fura dels Baus da più di quindici anni percorre le scene internazionali
come l'"orda d'oro" di Gengis Khan: invade con le sue azioni furiose,
semina panico spettacolare e va oltre senza erigere steccati di genere
teatrale.
Conquistano attenzioni perchè sanno mettersi in gioco e riescono così
a mettere in gioco, a coinvolgere gli spettatori in eventi che non è
eufimistico definire tribali. "Manes"
è uno spettacolo che richiama le modalità originarie de La Fura, quelle
più semplici e brutali che vedono acqua spruzzata e fiaccole agitate
contro gli spettatori, un delirio, brado ma coinvolgente, efficace come
pochi altri eventi in giro per le scene.
Con
"Manes" tornano a quell'orgia dionisiaca che li aveva caratterizzati
all'origine e che sembra corrispondere proprio alla domanda che
molti giovani spettatori si portano dentro. La scena privilegia
così l'azione dei corpi dei performer in stretta relazione a quelli
degli spettatori in fuga per non farsi sporcare ma gli urti sono
spesso inevitabili e alcune delle ragazze in azione, vere e prorpie
cyber-amazzoni, non esitano a toccare altre donne e qualcuna, stretta
al fidanzato un allucinato, viene toccata un po' di più. Terrore
nelle altre che scappano. La Fura lo sa, lo fa da tempo, da quando
(già più di quindici anni fa) con "Accions" assaltava gli spettatori
con mortaretti e vernici colorate (lavabili però). E' il modo proprio
della "feira" catalana, festa nel senso carnascialesco, se non dionisiaco,
che la gente di Barcellona anche in pieno 2000 non ha rimosso. Di
questo temperamento in gioco la Fura fa teatro: un teatro che nasce
più dentro, in quanto principio attivo, biochimico, direttamente
connesso all'adrenalina dello spettatore coinvolto, che fuori, in
un'azione teatrale che si muove al di qua della drammaturgia. Un
teatro al suo "grado zero" di compiutezza ma pervaso da sonorità
elettroniche techno che infondono un pathos apocalittico al primitivismo
dell'azione.
La Fura agisce anche on line , dove sta progettando un evento telematico
ad ampio raggio BOM 2000 (Big Opera Mundi) che in qualche
modo, ha già avuto una sua prima tappa con il Capodanno del Millennio
a Barcellona (www.millenni.navegalia.com).
e tra i vari web si segnala quello ufficiale ( www.lafura.com)
in cui è possibile trovare interviste , immagini degli spettacoli e
l'opportunità per contattarli.
In "Manes" appaiono continuamente oggetti, richiami archetipici
come uova, croci, autodafè, braceri, carrozzine che fanno sguinzagliare
la fantasia degli spettatori che cercano associazioni logiche a vari
riferimenti dell'immaginario collettivo (da quelli biblici con Erode
che massacra i neonati e la solita Babele, per non parlare delle crocifissioni
e degli emblemi "post-catastrofe" tipo MadMax e altro ancora ) ma
in fondo è un'attività inutile. O perlomeno funzionale solo ad un
rassicurante procedimento di interpretazione e di riconoscimento.
Ma è come per la musica (chi vi cercherebbe mai significati?) o come
per una commedia dell'arte di fine millennio: un gioco in cui ha senso
solo il gioco dell'attore, inteso come un medium di energia rituale,
ludica e sacrificale al contempo . Solo che qui , in questa commedia
furiosa, in questo "woodoo" post-metropolitano, ha senso anche quello
dello spettatore coinvolto in un gioco allucinato ed extraordinario,
ludico nel senso più forte del termine..
L'ipertesto
è parte del progetto "Il
viandante e la sua ombra" del
teatro di Dioniso è verrà ultimato in occasione della conferenza-navigazione il 16 febbraio 2001