Altri sentire
Le nuove sensibilità estatiche come pratica
di conoscenza.
Le orecchie non hanno palpebra: il rumore del mondo ci invade e sta
a noi, alla nostra percezione chiamata ascolto, vivere, esperire.
Si tratta di una qualità che prescinde dalla sfera razionale : quella
determinata dalle funzioni dell'emisfero sinistro del cervello in
cui riconosciamo , in cui colleghiamo un'esperienza ad un concetto.
Tutto questo è inscritto nella nostra "cornice mentale" strutturata
sul riconoscimento alfabetico: sulle parole date alle cose.
Su questo principio si fonda tutta la cultura occidentale e la sua
conseguente neurofisiologia.
Vediamo, sentiamo, cio' che riconosciamo.
Ma non basta. Non può bastare. Vogliamo conoscere e non solo riconoscere.
Vogliamo espandere la nostra dimensione cognitiva coniugandola con
quella percettiva. E' qui il punto.
L'ascolto è una soglia attraverso cui si accede al mondo e questo
comporta una coscienza che fa della percezione un valore decisivo,
quello filogeneticamente primario, per conoscere.
Non è ovvio per niente. Ma lo abbiamo dimenticato.
"I concetti s'interpongono fra noi e le cose." Sostiene Marius Schneider,
in un prezioso libricino ormai introvabile "Minimal,trance music e
elettronica incolta" di Gaetano e Tomangelo Cappelli .
"Per introdurci nel ritmo fondamentale e comune agli oggetti unificati
dall'analogia - continua il musicologo tedesco - bisogna cercare uno
strumento immateriale. Tale possibilità ci è offerta dalla musica,
che sola saprà realizzare un ritmo puro, perchè spoglia di ogni immagine
concreta e di ogni figura concettuale".
Entrare con l'ascolto in un mondo sonoro affina la conoscenza intuitiva,
una disponibilità che è stata definita anche l'"essere afferrati":
l'essere posseduti dal flusso organico dei suoni, entrando in risonanza.
Valori che è possibile riscontrare sia nelle composizioni iterative
di Steve Reich e Terry Riley che nel Gamelan balinese, sia nelle ambient
music di Brian Eno e i Frippertronic di Robert Fripp che nel "sama"
derviscio e nelle immersioni techno-trance.
Valori che esistono da sempre se consideriamo che il suono è la base
primaria di quasi tutti i culti. Valori che le sovrastrutture culturali
hanno mediato a tal punto da renderli quasi esoterici, eccezioni,
alterazioni.
Il corpo come luogo di sperimentazione
La nostra civiltà è talmente satura d'informazioni che ne svaluta
ormai il valore d'uso, quel senso della comunicazione che da una parte
può essere riattivato dall'evoluzione delle tecnologie interattive
e dall'altra da una fisicità che riconquisti una posizione forte nello
scambio sociale.
Questa insorgenza di fisicità è il segnale che è opportuno cogliere
se vogliamo comprendere quanto sia scatenante la necessità di conoscenza
diretta e di esperienze psicoattive nelle nuove generazioni. Ancor
più oggi in un mondo sempre più complesso e sempre meno disposto ad
essere interpretato dalle ideologie.
Le illusioni umaniste sono dissolte: è il mondo, la complessità della
natura, ad essere la misura dell'uomo e non il contrario.
Il corpo diventa il luogo dell'impatto estremo, vero, con la realtà:
un luogo di sperimentazione, anche traumatico se si pensa ad alcune
forme di "piercing". La dimensione collettiva in cui venivano liberate
le energie antagoniste e libertarie venti-trent'anni fa non ci sono
più ma vengono ricreate in forme d'aggregazione tribale, rivendicando
orgogliose insofferenze verso il "comune sentire".
Raves: zone temporaneamente autonome
La ricerca diffusissima di alterazione sensoriale non riguarda solo
il consumo di droghe più o meno pesanti ma la capacità di sollecitazione
del proprio corpo attraverso la veglia, la fatica, lo stress psichico.
Si tratta con la propria adrenalina, si scatenano i recettori meno
utilizzati del cervello. Aspetti che non possono essere liquidati
come una mera disfunzione generazionale, non più perlomeno.
Il fenomeno dei "raves" è sintomatico: si creano piccoli mondi-paralleli
fuori dagli orari della normalità, in cui vivere al massimo grado,
in una sorta di "potlach", le cerimonie dello spreco sacrificale.
In questi contesti, vere e proprie "zone temporaneamente autonome",
si mettono in gioco energie psicofisiche potentissime: parlare di
trance non è fuori luogo. Si tratta di aspetti ibridi, urbani, di
quelli stati alterati di coscienza di cui tanti studiosi, sociologi
e antropologi, stanno trattando da un pò di tempo a questa parte.
Tra questi George Lapassade è uno di quelli che seppe coglierne il
valore al di fuori del contesto antropologico in senso stretto: visse
in prima persona ,come performer del Living Theatre, la necessità
teatrale di esprimere quella radicalità fisica senza finzione. Erano
gli anni Sessanta e quel teatro di guerriglia libertaria portava in
Europa il contagio della prima rivoluzione sessuale. E nel 1969 ,
nell'incontro con i Gnawa in Marocco,impararono molto di quella "verità
del corpo" di cui aveva scritto, nel lucido delirio, solo Artaud.
Alterità pura.
Oggi, superate le avanguardie, le tendenze e le ideologie, rimangono
sul campo gran parte delle stesse domande. L'estasi intesa come rottura
dell'inerzia statica del comune sentire è una ricerca che vale la
pena intraprendere. Anche perchè è proprio nella cura di queste nuove
sensibilità dell'ascolto e della sensorialità dinamica che è possibile
rilanciare gli approcci alla conoscenza in un mondo in cui la multimedialità
ristabilirà (si spera) un equilibrio tra i processi cognitivi e quelli
percettivi.
L'ipertesto
è parte del progetto "Il
viandante e la sua ombra" del
teatro di Dioniso è verrà ultimato in occasione della
conferenza-navigazione il 16 febbraio 2001