Il serrato scambio comunicativo, nella "pluriversità" (tanti, molteplici,
universi possibili) determinata dall'elettronica, sta estendendo le
funzioni del nostro corpo, come evocava, decine d'anni fa, il grande
"profeta" della Società dell'Informazione, Marshall
McLuhan.
L'adattamento del corpo nell'ambiente digitale può essere analizzato
anche attraverso quelle condizioni extraordinarie che riguardano le
esperienze artistiche e teatrali.
Colgo queste specificità, che a qualcuno potranno apparire sovrastrutturali,
perché si tratta di interpretare le intuizioni di chi è andato in
avanscoperta, anticipando gli standard di relazione tecnologica e
i modelli antropologici di comportamento. Penso a quella categoria
di nomadi culturali, artisti e ricercatori che hanno provato le condizioni
spaesanti della trasformazione elettronica. Nel fronte dell'arte e
della performance, nel campo della sperimentazione, vi sono decine
di sperimentatori che hanno verificato le proprietà dei linguaggi
e degli atti pubblici fino alla soglia del possibile.
E' sulla base del testing di alcune di queste operazioni che si è
spostato in avanti il senso dell'esperienza sensibile, facendo comprendere
che alcuni atti o comportamenti potevano essere declinati al plurale,
verso l'insieme della società in mutazione. Proprio come i pionieri,
scout perlustratori, proiettati in avanti per sondare le perigliosità
del terreno. E' in fondo qualcosa che è sempre accaduto ma che oggi,
nella transizione verso il futuro digitale, acquista una valenza particolarmente
delicata.
Dovrebbe confortare il fatto che tutta la storia dell'arte può essere
letta come un'avventura antropologica, una mappatura di visioni del
mondo e di pratiche per interpretarle, reinventando il mondo già dato.
La civiltà umana ha imparato, da millenni, a condividere lo spazio-tempo
fisico, partecipando a liturgie e a riti teatrali, ludici o agonistici.
Ora inizia ad interrogarsi se è possibile concepire la condivisione
di un altro spazio-tempo, come quello digitale delle reti telematiche
in particolare.
Una delle domande cruciali da porsi è: in che termini il corpo si
può mettere in gioco nella dimensione elettronica delle telecomunicazioni
e della simulazione virtuale?
Chi pensa che venga solo sottratta fisicità non intende cogliere le
sottili modificazioni che produce l'interazione con i sistemi digitali,
a partire dall' estensione protesica del mouse:
quell'estensione, sia fisica che mentale, attraverso cui si articola
l'interazione con il computer.
Sì, è proprio accettando la complessità data dal modo di estendere
le funzioni del corpo e della mente che si può comprendere il senso
reale, sia biologico che cognitivo, dell'evoluzione umana. In tutti
i tempi e oggi più che mai.
Avete mai pensato, a proposito, che ridurre la distanza possa significare
aumentare la durata del tempo?
Sottrarre lo spazio con una velocità sempre maggiore è stato, ad esempio,
il compito della tecnologia dei trasporti; compito oggi esaltato,
paradossalmente, dalla telematica, che non trasporta uomini e cose
ma informazioni. Ma è proprio sul traffico di queste informazioni
che si sta costruendo un sistema di relazioni produttive che sta sostituendo
quello industriale. Le tecnologie della comunicazione stanno così
contribuendo ad una modificazione strutturale della società, rilasciando
più tempo da spendere per la persona; un tempo liberato
dal processo della produzione.
La forza meccanica non è più centrale nei processi produttivi e le
tecnologie digitali iniziano ad aprire nuovi orizzonti di funzionalità:
le applicazioni virtuali e telematiche mettono in essere proprietà
che, attraverso la modellizzazione tridimensionale e l'interattività,
ci permettono di agire e fare limitando l'uso la forza.
Questa trasformazione di procedure che si sta delineando trova una
sua affascinante definizione in questa visione teorica sintetica ed
evocativa: "dalla forza alla forma". E' un'affermazione di Ellémire
Zolla, rilasciata in una videointervista che realizzai
per un evento dal titolo "Il rito della visione" presentato a Narni
nell'ottobre 1992 per il progetto "Scenari dell'Immateriale".
Dalla forza meccanica alla forma digitale della simulazione virtuale,
quindi.
Il fatto stesso di rendere possibile un'azione in un ambiente remoto,
ci pone di fronte ad un paradosso che riconfigura il concetto di azione
nello spazio-tempo.
Saltano, o perlomeno vengono considerate più relative, le coordinate
spaziotemporali in cui ci collochiamo per dare luogo ad ulteriori
corsi d'esperienza che vanno oltre i sistemi interpretativi predefiniti.
Il concetto stesso di rappresentazione viene messo in discussione,
dato che una navigazione immersiva in uno scenario di realtà virtuale
comporta un superamento della visione, nel produrre un'illusione cognitiva
tale da farci "abitare" quell'ambiente.
Non siamo più solo spettatori attoniti delle rappresentazioni del
mondo, come il teorema della Prospettiva del Rinascimento ci ha viziato
a credere, ma spettatori attivi, componenti di un ambiente che solo
ora si è disposti a comprendere in tutta la sua complessità. Attraverso
il feedback proprio della multimedialità interattiva, e del virtuale,
agiamo nello spazio artificiale, a tutti gli effetti, come ho detto
più volte nei capitoli precedenti.
E' possibile estendere, oltre la soglia della realtà materiale, il
nostro punto di presenza che si muove, vive, s'incrementa d'informazioni
ed esperienza, nella dimensione immateriale dell'elettronica. Un fatto
che trova i suoi sviluppi interessanti nelle procedure più avanzate
di condivisione a distanza genericamente intese come "tele-operazioni"..
Le interfacce,sempre più amichevoli, agevolano la relazione che ancora,
ma per poco si suppone, viene ancora definita "uomo-macchina". Sì,
perché le macchine informatiche, i computer, i sistemi digitali, diventano
infatti sempre meno "cose", sempre meno oggetti fatti di atomi, per
acquisire attraverso la progressiva miniaturizzazione dei processori
e la connessione in rete la nuova natura di "tessiture" di bit.
E il nostro corpo sta iniziando a familiarizzare con queste nuove
entità, in un progressivo avvicinamento. Un incontro sempre più ravvicinato,
se non simbiotico.
Si pensi ai progetti di "vita artificiale" e alle "reti neurali".
Aspetti radicali ma inscritti in uno spostamento progressivo delle
sensibilità.
Segnali di una mutazione culturale e antropologica che corrisponde
ad un'espansione della coscienza evolutiva.
L'ipertesto
è parte del progetto "Il
viandante e la sua ombra" del
teatro di Dioniso è verrà ultimato in occasione della
conferenza-navigazione il 16 febbraio 2001