Un
progetto come il laboratorio d'arte dello spettatore
in rete all'interno di Teatro
e Impegno civile intende usare internet principalmente come
luogo di scambio culturale, come circolo dell'empatia, un ambiente
in cui far circolare un po' di energia mentale, senza troppe sovrastrutture
ma con molta di quella disponibilità al confronto che è
così rara di questi tempi. (Carlo)
25.01.01 il primo incontro
Gli spettatori sul palco
Iniziamo il laboratorio d'arte dello spettatore con un primo incontro
al teatro Perempruner e un aperitivo.
Non siamo in molti e pensiamo che non sia una cattiva idea radunarci
intorno ad un tavolo sul palco.
Pier porta del buon vino e s'inizia a parlare: illustro le caratteristiche
del progetto mentre Pietra dà le coordinate culturali dell'intera
rassegna che, dice con lucidità, vuole "andare oltre
l'autorederenzialità del teatro". Bene, è proprio
di questo che si tratta. Espandere cioè, attraverso il confronto
on line, quel principio di condivisione che dà senso al teatro,
al di qua delle sue belle poetiche. Coinvolgiamo anche Paola Bianchi
che poco più tardi andrà in scena con il suo "Triptychos"
nelle vicine Serre. Non c'è molto tempo, bisogna andare allo
spettacolo, ma troviamo il modo di dare delle informazioni sull'avventura
produttiva di questo progetto "Balcalia" in cui è
inserito il lavoro di Paola. Ce ne parla Vincenzo che, come Il Mutamento
ZC, ha seguito la produzione in Montenegro, tanto per complicarsi
la vita. Tanto per alimentare la propria domanda.
Ecco una buona domanda da rilanciare a quel manipolo di spettatori
che sul palco si sono incontrati e hanno qualcosa da dire, a partire
da loro. Qual'è la tua domanda di teatro? Perchè hai
partecipato a questo progetto? (Carlo)
Uscire diversa da come sono entrata
Mi hanno domandato:Perché sono venuta al dibattito? E perché
ho accettato di partecipare all'iniziativa "Diario di bordo
on line"?
Mia sorella me lo ha chiesto. Ho detto di sì quasi subito
senza pensarci troppo. Ho poi pensato che potesse essere un'esperienza
che mi avrebbe consentito di riflettere su cose per me non usuali,
che avrei scambiato opinioni con altre persone, interagito con persone
che si occupano di cose diverse da quello che faccio io.
Ti parlo di me , così mi inquadri
Credo ti interessi:
me lo hai già chiesto quando ci siamo incontrati dopo lo
spettacolo di Catalano, ma può darsi che ti sia sfuggito
di mente.
Io faccio l'impiegata in un'azienda.
Il mio lavoro mi piace abbastanza. Tra i miei colleghi ho degli
amici.
Mi piace il cinema. Leggo. Vado un po' in palestra così muovo
un po' le ossa della schiena abituate a posture da scrivania di
ufficio. Ascolto musica. Vado ogni tanto a vedere mostre d'arte.
A teatro ci sono sempre andata in maniera sporadica. Quando andavo
all'università usavo gli abbonamenti per studenti. Adesso
ho fatto per la seconda volta l'abbonamento metti una sera a teatro:
la prima volta è stata due anni fa, questo per dire che l'anno
scorso non l'ho fatto: mi sono presa una pausa
in questo senso
sporadica.
Sono uno spettatore casuale (per usare le parole di Piera). E distratto.
Semi-casuale se contiamo il legame di parentela con Raffaella, che
mi ha invitata. Non nascondo che in questo modo le sono più
vicina e non mi spiace.
Spero di non averci girato troppo intorno.
Ma mi sono segnata un'altra domanda: Cosa ti interessa del teatro?
Effettivamente non te l'ho detto nelle righe di sopra.
Perché prendevo gli abbonamenti universitari per andare a
teatro ad esempio? Mah, forse te l'ho detto quando ti ho descritto
i miei interessi "spot".
Cercavo e cerco qc che mi piaccia. Che mi faccia uscire dal teatro
o luogo di rappresentazione con delle sensazioni diverse da quelle
di quando ci sono entrata. Questo è quello che mi è
successo ieri sera.
Sento un bisogno di teatro? Non so... (Daniela)
Il silenzio della platea che riempie il teatro
Grazie dell'attenzione, è raro sentirsi ascoltati, immagina
compresi.
In questi giorni ero sospeso tra Amburgo e Monaco (con un salto
a Hiroshima a organizzare il talk show interattivo con Pinketts).
Stavo riflettendo in volo sulla serata al Perempruner. Come spesso
i conti non mi tornano. La prima sensazione è che si stesse
già facendo teatro, senza ammetterlo. Voglio essere distruttivo.
Tra tutte le persone sul palco (e dove altrimenti?) una sola ha
raccontato le sue intenzioni e i suoi progetti creativi (fuori dal
palco). E gli altri? (perchè non mettete il pubblico sul
palco e gli attori nella platea e fate loro raccontare?)
Ancora: si parla delle esigenze del teatro, mai di quelle della
platea; si, ma è il silenzio attento della platea che riempe
il teatro. E le casse del teatro.
Se il teatro va condiviso, perchè non tenere conto anche
dei desideri degli altri, dell'altro (il pubblico)? Dov'è
il limite tra proporre e imporre?
E poi: perchè ostinarsi sulle differenze rispetto agli altri
"spettacoli"? perchè vi siete accalorati dicendo
che il teatro non è spettacolo?
E' stato citato il caso frequente di spettatori che pongono domande
su questo o quel dettaglio come un punto di forza del teatro, ma
a me succede normalmente quando suono nei rave.
Torniamo a bomba e gettiamo via tutte le infrastrutture e congetture
e teorie e riflessioni: a me (solo a me?) interessano la carne e
lo spirito, il limite dell'una e la vastità del secondo.
Dimensioni che sono, quando sono, lì a portata di sguardo
e di mano sul palco. Dimensioni che nascono dalle persone, non dai
manifesti. Durante lo spetttacolo che abbiamo visto alle Serre ti
ho indicato una persona che mi mostrava queste dimensioni. Una e
precisamente una. E tu mi hai confermato essere una persona dalla
lunga storia artistica.
Appunto.
Lindo Ferretti che legge una lettera dalla Yugoslavia (anche lei
"ex", come molte altre cose) è anima e carne, sua
e di mille sconosciuti attraverso lui. Contraddizioni e lacerazioni,
difficili, ma che muovono mille altre persone senza problema.
Appunto.
E ancora: il teatro non va finanziato, va scoraggiato. Perchè
solo così per sopravvivere sarà costretto
a mutare crescere ed adeguarsi. Come ogni tipo di organismo.
Fare teatro deve ritornare immorale, perchè solo così
si potrà eliminare la zavorra di tanti aspiranti e cosiddetti
artisti che "cercano una loro dimensione".
Queste prime sparse righe servono solo per dirti che le parole della
sera al Perempruner non sono cadute nel vuoto, non certo per trarre
conclusioni, non tocca a me. ...e che ne so, mica faccio teatro,io
vado a lavorare! (Motor)
|